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Catechesi proposta dai vescovi ai giovani italiani riuniti a Colonia

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  • Ricercare la verità, senso profondo dell'esistenza umana (17 agosto 2005)
    • «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella» (Mt. 2,2)
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«Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella» (Mt. 2,2)

Siamo qui convenuti, da diverse parti d'Italia e del mondo, perché abbiamo accolto l'invito di Giovanni Paolo II a "ripercorrere idealmente l'itinerario dei Magi", le cui reliquie, secondo la tradizione, ...

Padre Gianfranco Todisco, Vescovo di MelfiRapolla - Venosa

Siamo qui convenuti, da diverse parti d'Italia e del mondo, perché abbiamo accolto l'invito di Giovanni Paolo II a "ripercorrere idealmente l'itinerario dei Magi", le cui reliquie, secondo la tradizione, sono custodite nella cattedrale di Colonia e soprattutto per incontrare "il Signore Gesù, il re dei Giudei che è nato. Abbiamo vistola sua stella e siamo venuti per adorarlo"

Lo abbiamo già incontrato? So che la maggior parte dei giovani qui presenti ha già incontrato il Signore, altrimenti non starebbe qui.

Altri sono ancora alla ricerca di Gesù, pur sapendo chi Egli sia. Il Gesù che hanno conosciuto attraverso i loro genitori, il Gesù del catechismo della Prima Comunione o della Cresima non basta più.

Ne sa qualcosa chi non s'è fermato a questa tappa della ricerca, perché la ricerca di Gesù non termina mai. E' come "uno scrigno dal quale si tirano fuori continuamente cose nuove cose e antiche" (Mt 13, 52)

Quanti giovani, oggi, abbandonano presto la pratica religiosamessa domenicale, lettura della Parola di Dio, ecc – ma grazie a Dio non abbandonano Gesù. Continuano a restare legati a Lui, anche se in modo tutto particolare.


I Magi non si arrendono quando non vedono più brillare nel cielo la stella che li sta guidando alla ricerca di Gesù. In quel momento così buio e delicato della loro esistenza, quando è normale essere presi dallo scoraggiamento perché ti vengono a mancare alcune certezze della vita, chiedono:

"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella" (Mt 2,3)

Cosa stanno cercando in realtà? Veramente una stella oppure qualcosa altro?

Sappiamo, dalla tradizione, che erano astronomi. Scrutavano il Cielo, luogo della presenza di Dio, e quindi cercavano una risposta agli interrogativi della vita che tutti, prima o poi, ci facciamo, altrimenti corriamo il rischio di cadere in balia delle onde, e quindi di perdere il controllo del timone della barca della nostra vita, sballottati come merce di consumo, proprio come i prodotti "usa e getta".

In realtà i Magi sono alla ricerca della felicità, del " tesoro nascosto, la perla preziosa", di cui parla Gesù nel Vangelo. Un bene che conserva intatta la sua bellezza, la sua capacità di attrazione.

In una parola, un bene che dura per sempre. Un bene che, col tempo, cresce di valore, non certo come il prezzo della benzina, che anche se aumenta ogni giorno di più, prima o poi dovrà essere sostituita – ce lo auguriamo - da un altro "bene" meno costoso. E non solo la benzina, ma tutti gli altri beni materiali, non hanno un valore assoluto ma relativo.

La ricerca dei Magi diventa allora il segno di quella ricerca che l'uomo non deve mai abbandonare, pena la perdita del senso della propria vita: la ricerca della Verità, della Libertà, ossia di ciò che porta alla scoperta della vera felicità.
"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella"

I Magi sono certi che il re dei Giudei – ossia Gesù -, anche se ancora non l'hanno trovato, è presente in mezzo a loro. Ne sono certi. Hanno visto sorgere la sua stella. Deve essere nascosto da qualche parte.

Di fronte alla difficoltà che incontrano – non sanno più dove andare, perché, non vedendo la stella, si sentono smarriti, proprio come tanti giovani che non sempre trovano risposte esaurienti e soddisfacenti.

"Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Perché la presenza del male? Cosa ci sarà dopo questa vita?"

Sono alcuni dei tanti interrogativi che si trovano non solo negli scritti sacri di Israele ma compaiono anche negli scritti di Confucio, Lao-Tze, oppure nella predicazione di Budda.

La ricerca della verità è proprio dell'uomo, a qualunque razza o religione appartenga.

Fino a qualche tempo fa c'era ancora chi sosteneva che la fede è una proiezione dei bisogni irrisolti o irrealizzabili dell'uomo. Anche Gesù, per alcuni, era un'invenzione dei cristiani.

Grazie a Dio, la storia e l'archeologia hanno sfatato anche questo mito. La fede, in qualunque modo essa si esprima o manifesti, (cristiana, mussulmana, buddista, ecc.) rappresenta sempre la sete di verità dell'uomo. E nessuno oggi si azzarda a dire che Gesù non è mai esistito.

E' stata la testimonianza chiara e coraggiosa di tanti cristiani – e non solo dei martiri che hanno versato il loro sangue per Cristo ma di tanti santi hanno speso la vita per Lui - a dimostrare che Gesù non è un'idea, ma la manifestazione visibile di un Dio, che decide di piazzare la sua tenda in mezzo al mondo, "perché il mondo creda".

Credere però all'esistenza di Gesù non implica necessariamente avere fede in Lui, fidarsi cioè di Lui, porre in Lui ogni attesa e speranza, in altre parole metterlo al centro della vita e farlo diventare il punto di riferimento costante di ogni azione.

Il fatto, poi, che molti ostentino un segno religioso, come il crocifisso, per esempio, non sempre è indice di accettazione di Cristo, della sua divinità, oltre che della sua umanità e del suo messaggio di salvezza.

A questo punto sorge spontanea la domanda: "Possono convivere fede e ragione? Si può dimostrare la fede, così come si dimostra la veridicità di un'affermazione scientifica, soggetta a ferree leggi che nessuno può negare? "

E perché si dice che "chi vuole credere deve farlo ciecamente? " Ma, allora, per credere, bisogna mettere da parte la ragione?
Il Catechismo della Chiesa cattolica definisce la fede " un'adesione personale di tutto l'uomo a Dio che si rivela. Comporta un'adesione della intelligenza e della volontà alla Rivelazione che Dio ha fatto di sé attraverso le sue opere e le sue parole." (176)
"Credere" ha perciò un duplice riferimento: alla persona e alla verità; alla verità per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma.( 177)
Potrei stare a parlarvi per ore o per giorni, senza darvi un briciolo di fede oppure farla crescere un po'. Se i ragionamenti e le spiegazioni sulla fede non sono accompagnati da gesti concreti che mostrano la fede, sarà difficile crescere nella fede e nell'amore di Dio. .

Ci siamo mai chiesti perché, dopo aver fatto la Prima Comunione e Cresima, tanti ragazzi e giovani abbandonano la pratica religiosa? Se lo sono chiesto i genitori, e se lo chiedono i catechisti ed i sacerdoti?

La mia, ovviamente, è una domanda retorica, perché tutti, genitori, catechisti e pastori si chiedono continuamente cosa fare per frenare questa "emorragia religiosa".

Le cause sono tante, a cominciare dalla nostra società secolarizzata, che ci bombarda di messaggi spesso in chiara contraddizione con il messaggio cristiano.

Ma c'è un'altra causa, a mio avviso, molto importante: il catechismo che abbiamo imparato e che quindi ha impegnato la nostra conoscenza intellettuale non è stato accompagnato da una vera esperienza di fede che porta ad una "adesione personale di tutto l'uomo a Dio".

La fede è vista piuttosto come una serie di cose da imparare o da fare: andare a Messa, fare i buoni, non fare certe cose. Il grande assente nella vita di tanti cristiani è proprio Lui, il Signore Gesù, anche se si parla di Lui e si scrivono bellissime preghiere, lette anche il giorno della Prima Comunione e della Cresima.

Papa Giovanni Paolo II, al termine del Grande Giubilelo dell'anno 2000, nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte ha scritto:

"Non si tratta di inventare un « nuovo programma ». Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare…" NMI 29

La necessità di far conoscere innanzitutto la persona di Gesù ed il suo Vangelo, prima ancora delle conseguenze che scaturiscono dall'accoglienza del suo messaggio di salvezza - la vita sacramentale, il comportamento coerente con i principi morali e sociali che ne derivano – ha indotto la Chiesa a riproporre ai cristiani di oggi il Primo Annuncio di salvezza – il così detto kèrigma -, finalizzato alla presentazione di Gesù come Signore e Salvatore, all'accettazione del suo messaggio di salvezza, e suscitare in essi l'adesione a Cristo.

In altri termini, si tratta di riproporre tutto il cammino di fede che una volta era riservato ai catecumeni, che si concludeva con la ricezione del Battesimo, la Cresima e l'Eucaristia, chiamati appunto sacramenti dell'iniziazione cristiana.

La Chiesa Italiana, da qualche hanno, è impegnata in questo programma di nuova evangelizzazione, per arginare "l'ateismo pratico" di tanti fedeli i quali, pur essendo stati battezzati, fatta la Prima Comunione e ricevuto il Sacramento della Cresima, vivono senza far alcun riferimento all'insegnamento di Cristo. In pratica, vivono come se Cristo non esistesse per loro.
Ma la fede è anche un atto umano.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui un compendio è stato appena pubblicato alcune settimane fa, parlando della fede che non contraddice l'intelligenza umana, dice:
"Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità "prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela" [Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm., 3008] ed entrare in tal modo in intima comunione con lui." (Catechismo della Chiesa Cattolica 154)
Non sono pochi, anche tra i giovani, coloro che pensano che la fede è questione di bambini, di vecchiette, di coloro che non fanno lavorare troppo il cervello, ma credono passivamente tutto ciò che si dice loro. In altre parole, fede e ragione non possono andare d'accordo.

Nell'enciclica "Fides e ratio" del 1998 Giovanni Paolo II affronta proprio il tema del rapporto tra fede e ragione e dice: "La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità. E' Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo ed amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso." (n.1)

Fede e ragione possono benissimo coesistere. Per carpire il segreto della vitagiungere alla piena verità su se stessi, ci dice il Papa – bisogna volare alto e, per volare, c'è bisogno di due ali: la conoscenza e l'amore di Dio. Non è solo questione di usare il cervello, bisogna far muovere il cuore, come lo muove Dio. Per questo, la ricerca di Gesù, il re dei Giudei, spinge i Magi a non darsi pace, fino a quando non hanno trovato il bambino Gesù.

Non c'è dubbio che la GMG, soprattutto se ci si è preparati spiritualmente, è un'ottima occasione per approfondire la fede di tantissimi giovani.

Tanti giovani ritornano a casa non solo con il bellissimo ricordo di forti emozioni, a volte difficile anche da spiegare, ma soprattutto con una fede completamente rinnovata – con un nuovo look – perché queste giornate possono veramente contribuire ad un incontro personale con Cristo, ad un'esperienza di fede che permette a tanti giovani di lasciarsi alle spalle dubbi ed incertezze che ne frenavano lo slancio e l'entusiasmo.
 
Ed ancora, nella stessa lettera apostolica NMI il Papa aggiunge:

"Non è forse Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore? Non è Cristo l'amico supremo e insieme l'educatore di ogni autentica amicizia? Se ai giovani Cristo è presentato col suo vero volto, essi lo sentono come una risposta convincente e sono capaci di accoglierne il messaggio, anche se esigente e segnato dalla Croce. Per questo, vibrando al loro entusiasmo, non ho esitato a chiedere loro una scelta radicale di fede e di vita, additando un compito stupendo: quello di farsi « sentinelle del mattino » (cfr Is 21,11-12) in questa aurora del nuovo millennio." NM19

Il motivo per cui tanti giovani trovano difficoltà a vivere la fede è perché spesso, il volto di Cristo, viene presentato loro in una forma sbiadita, senza alcuna attrazione, oppure mutilato, senza la radicalità del perdere la propria vita per guadagnarla, del rinnegare se stessi e soprattutto della necessità di abbracciare la propria croce e seguirlo. Paolo VI ripeteva spesso che "oggi non abbiamo tanto bisogno di maestri quanto di testimoni". E, grazie a Dio, non mancano, neanche ai nostri giorni, testimoni coraggiosi della fede che conquistano con il loro esempio.

La croce è il segno luminoso delle GMG. Questa croce ha già attraversato paesi, città, nazioni, continenti. Ha viaggiato per terra e per mare, col caldo e col freddo. Fino a quando non la abbracceremo con una vita coerente al Vangelo, non la ameremo. E' bello vedere i giovani fare a gara per portare la croce della GMG. Ma è ancora più bello vedere i giovani portare impresse nella loro vita i segni della passione di Cristo, con lo stesso amore con cui Cristo ha abbracciato la Croce e, quindi, tutti gli uomini

Cari Giovani, non abbiate timore di essere "sentinelle del mattino" per tanti vostri coetanei ancora addormentati o storditi dai rumori del mondo che impediscono loro non solo di ascoltare la voce di Cristo ma di seguirne le tracce. Contagiateli con il vostro schietto entusiasmo, radicato nell'esperienza di un incontro che non potete più tacere. Sapete bene che Cristo non ammette mezze misure: "Chi non è con me è contro di me" e "Non potete servire Dio e mammona". E la scelta radicale che Egli chiede ai suoi discepoli non deve affatto spaventare, perché essa è il banco di prova di chi è pronto ad affrontare le sfide della vita, anche se segnate dalla Croce. Proprio come ha fatto Gesù, "obbediente fino alla morte, e alla morte di croce".

Ritornando ai nostri Magi, osserviamo che la loro ricerca termina solamente quando si trovano davanti ad un bambino di fronte al quale si prostrano e lo adorarono.

Finalmente fede e ragione si incontrano. La caparbietà della loro ricerca viene premiata. Finalmente ci siamo. Quel bambino che sta davanti a loro non è un bambino qualsiasi, come tanti altri che hanno visto in braccio alle loro madri durante il cammino oppure, incuriositi, avvicinarsi alla loro carovana, magari tendendo loro la mano ed implorando la carità di qualcosa da mangiare.

I Magi credono che quel bambino, che giace povero in una mangiatoia, è il re dei Giudei. Ed allora, ciecamente, ossia senza fare ulteriori domandeoggi avremmo sottoposto quel bambino alla prova del DNA per sapere se era veramente il Figlio di Dio – si prostrano, lo adorano e gli offrono i loro doni.

Cari giovani, sapete bene quante difficoltà oggi incontrano tanti vostri coetanei non solo nella ricerca della fede ma anche nel credere che Gesù è vero Dio e vero uomo.

Fate loro capire che per un cristiano la fede non è un concetto astratto ma una persona: Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. In lui la verità di Dio si è manifestata interamante. Egli è "pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14), egli è la "luce del mondo" (Gv8,12). "Chiunque crede in lui non rimane nelle tenebre" (Gv12,46).

Parlate loro della vostra esperienza di fede, di come avete incontrato il Signore.

Fate comprendere loro che credere ciecamente in Gesù Cristo non significa mortificare la nostra ragione ma, come ci ha ricordato Papa Giovanni Paolo II poco fa, fede e ragione sono come due ali che ci permettono di dare stabilità alla nostra vita, per evitare quelle "brutte cadute" che, per alcuni, sono state molto gravi, procurando danni irreparabili.

L'adesione a Cristo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze ci rivela la verità dell'amore di Cristo. Un amore come dono di sé, sacrificio fino a dare la vita per i propri amici.

Un amore eterno, non come quello che si canta in tante canzoni e che a volte non dura neppure il tempo di una stagione.

Di quanti amori sono stati spettatori le Giornate Mondiali della Gioventù.

Mi auguro che gli amori che sbocceranno durante questa GMG 2005 siamo amori radicati non solo nella simpatia e nella bellezza esteriore – come certi amori che nascono durante le vacanze al mare o in montagna, amori a volte infedeli, perché basati sulla logica del "carpe diem": "approfittane, non lasciarti sfuggire l'occasione, in fondo non c'è niente di male" – ma amori radicati nella fede e nell'amore di Cristo. Amori che rendono capaci di dare la propria vita per gli altri, fino al sacrificio di se stessi.

Gli amori a cui mi riferisco non sono solamente quelli che potrebbero far maturale la vocazione al matrimonio, ma anche quelli che potrebbero portare a donare tutta la propria vita al servizio di Cristo nel sacerdozio e nella vita religiosa e, perché no, a quella dei "singles" per il regno dei cieli!

In molte chiese locali è ritornato a fiorire l'Ordo Virginum, la prima forma di vita religiosa nella chiesa che, per molti secoli, ha lasciato il posto agli Ordini e alle Comunità Religiose, ma che, dopo il Concilio, ha visto rifiorire questa antica forma di consacrazione a Cristo, restando nel mondo, senza abbandonare la propria famiglia o il lavoro, in mezzo agli amici di sempre, vivendo "radicalmente la vita cristiana" sull'esempio di Cristo obbediente, povero e casto. E mentre aumentano nella nostra società i "singles" che vivono da soli, perché non attratti né dal matrimonio né dal sacerdozio o dalla vita religiosa, auguriamoci che i "singles" per il regno dei cieli riflettano sempre nella loro vita "il volto splendente di Cristo", così come sono chiamati a fare gli sposi cristiani, i sacerdoti, le religiose ed i religiosi.

Tanti di noi siamo stati testimoni di dichiarazioni d'amore fatte pubblicamente in occasione della celebrazione del matrimonio di parenti o amici e poi, dopo qualche tempo, della negazione di quel amore, perché finito con la separazione ed il divorzio.

Di fronte ad una realtà che sta contagiando la vita di tante personeaumenta vertiginosamente ogni anno il numero delle separazioni e dei divorzi e, mentre diminuisce il numero dei matrimoni in Chiesa, aumenta il numero delle convivenze – molti si domandano: Dove sta la verità dell'amore? E la verità della pace? E quella della giustizia e della solidarietà?

Ma, allora, non c'è niente di assoluto? Ci stiamo abituando all'idea che tutto è relativo. A poco a poco, come un tarlo, si fa strada l'idea che oramai non esiste più una verità oggettiva o assoluta, ossia valida per tutti, ma verità parziali, tutte degne di rispetto. Non parliamo poi della trasgressione, che sta diventando una moda, approvata e giustificata da molti.

Dal pericolo del relativismo, soprattutto in campo morale, ci ha messo in guardia Papa Giovanni Paolo II in numerosissimi suoi interventi. Ne cito uno, durante la visita a Cuba nel 1998, in cui si dirige direttamente ai giovani, quando afferma:

Attualmente, purtroppo, per molti è facile cadere in un relativismo morale e in una mancanza di identità di cui soffrono tanti giovani, vittime di schemi culturali privi di senso o di ideologie che non offrono norme morali elevate e precise. Questo relativismo morale genera egoismo, divisione, emarginazione, discriminazione, timore e sfiducia nei confronti degli altri. Inoltre, quando un giovane vive «a modo suo», idealizza ciò che è straniero, si lascia sedurre dal materialismo sfrenato, perde le proprie radici e anela alla fuga. Pertanto, il vuoto prodotto da questi atteggiamenti spiega molti mali che minacciano i giovani: l'alcol, la sessualità malvissuta, la prostituzione che si nasconde sotto diverse ragioni, e le cui cause non sempre sono soltanto personali, le scelte fondate sul piacere o su atteggiamenti egoistici, sull'opportunismo, sulla mancanza di un serio progetto di vita nel quale non c'è posto per un matrimonio stabile, oltre al rifiuto di qualsiasi autorità legittima, il desiderio di fuggire e di emigrare, sottraendosi all'impegno e alla responsabilità per rifugiarsi in un mondo falso alla cui base vi sono l'alienazione e lo sradicamento. (Visita Pastorale A Cuba Omelia di Giovanni Paolo II Plaza Ignacio Agramonte di Camagüey, 23 gennaio 1998)

Sappiamo bene che le conseguenze di questo relativismo morale non riguardano solamente i giovani cubani a cui si riferisce la citazione, ma tutti i giovani del mondo. Il Papa sta parlando anche di noi, di tanti giovani italiani, vittime ignare di un modo di pensare, purtroppo condiviso da tanti.

Credere che "tutto fa brodo", che ognuno ha diritto di agire come meglio crede, di crearsi un "codice morale proprio", sta diventando una moda, per non dire una vera "epidemia sociale", le cui conseguenze negative sull'intera società non riusciamo neppure ad immaginare. Basti pensare all'approvazione della legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, come è già avvenuto nei mesi scorsi in Belgio, Olanda, Spagna ed ultimamente anche in Canada, per avere un'idea a quali grandi sfide sono chiamati oggi i cristiani e come riaffermare, in un mondo dominato dal relativismo culturale, la verità assoluta dell'amore, della morale e dell'istituto matrimoniale nella nostra società.

Sullo stesso tema del relativismo culturale è tornato più volta anche Papa Benedetto XVI, in questi primi mesi del suo pontificato. Intervenendo all'apertura del convegno ecclesiale della diocesi di Roma su "famiglia e comunità cristiana" nella basilica di San Giovanni in Laterano, ha detto:

"Dentro a un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune." (6 giugno 2005)

L'adesione a Cristo ed al suo insegnamento trasmesso dalla Chiesa, se da una parte ci porta al rispetto delle culture e quindi a non imporre a nessuno la nostra fede e le conseguenza morali che ne derivano, dall'altra non ci esimono dal dovere di affermare coraggiosamente la nostra fede e di proporre, mai imporre, le implicazioni che da essa derivano.

Le esperienza pre-matrimoniali, la convivenza senza matrimoniocivilereligioso, lo stesso matrimonio tra persone dello stesso sesso, tutte giustificate dalla libertà umana e dal principio che non possiamo imporre la nostra morale agli altri, nell'ottica della fede cristiana sono viste come un travisare l'insegnamento che ci ha dato Gesù sull'amore. Né tanto meno di tratta di optionals, lasciati al gusto di ognuno. La Chiesa, se vuole essere fedele a Cristo, deve avere il coraggio di proporre questo insegnamento a tutti i suoi figli, senza lasciarsi sedurre dalle ideologie e dalle mode correnti.

Al tema della morale Giovanni Paolo II nel 1993 ha dedicato un'intera enciclica, Veritatis Splendor, lo splendore della verità, su alcune questioni fondamentali dell'insegnamento morale della chiesa.

"Lo splendore della verità rifulge in tutte le opere del Creatore e, in modo particolare, nell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gn 1,26): la verità illumina l'intelligenza e informa la libertà dell'uomo, che in tal modo viene guidato a conoscere ed amare il Signore". (Veritatis splendor, Introduzione)

Se pensiamo a ciò che hanno saputo fare le prime comunità cristiane che, sebbene una sparuta minoranza, hanno portato la forza del vangelo al cuore delle istituzioni politiche, economiche e sociali, impregnando della presenza di Cristo la società del loro tempo, quanto resta ancora da fare alla Chiesa di oggi, per continuare ad essere "sale della terra e luce del mondo" per far risplendere la verità di Cristo non solo nell'uomo ma in tutte le opere del Creatore.

Non possiamo negare la difficoltà di conciliare la fede in Gesù con l'insegnamento che ne deriva, non solo nel campo della morale sessuale ma anche in quello sociale e personale. Solamente quando scopriremo che la fonte della moralità è sempre la stessa, il Vangelo, e quindi in ultima analisi la persona di Gesù che abbiamo accolto nella nostra vita come Signore e Salvatore, allora sarà possibile vivere con gioia la nostra adesione a Lui, anche se ciò comporta abbracciare la croce come ha fatto Lui.

"Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l'immagine di Dio e ha aperto la porta all'incredulità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui il loro intelletto possa parlare all'intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri."

Sono parole del Cardinale Ratzinger, pronunciate a Subiaco il primo Aprile 2005, pochi giorni prima di essere eletto Papa Benedetto XVI; parole che non hanno tanto bisogno di essere commentate quanto di essere accolte con fiducia e speranza.

Nella storia millenaria della Chiesa non sono mancati esempi luminosi di santi che hanno saputo illuminare con la loro chiara testimonianza di fede la ricerca della verità di tante persone, approdata poi alla conversione e adesione a Cristo.

Due esempi straordinari ci offre questa terra di Germania che ospita la XX GMG: S. Alberto Magno, le cui spoglie riposano a Colonia, e Santa Teresa Benedetta della Croce, morta nei campi di concentramento di Auschiwitz-Birkenau ai primi di agosto 1942.

Con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità ed illuminato con il loro esempio la vita di tanti credenti.

S. Alberto Magno (1100? – 1280): teologo, mistico e filosofo tra i più grandi nella storia della Chiesa.. Maestro di san Tommaso, scrisse anche opere di fisica e matematica, di botanica e zoologia, di chimica e mineralogia, di geologia e meteorologia, di astronomia e medicina, di agricoltura e arte nautica.

Ma se Alberto si mostrò un grande studioso di scienze naturali, egli fu innanzitutto un insigne maestro di teologia, alla quale si avvicinò ricco di un'ottima preparazione filosofica, cosa che gli permise di introdurre definitivamente e compiutamente il metodo razionale nello studio della verità, aprendo il cammino che porterà alla straordinaria sintesi di san Tommaso e comprendendo appieno che filosofia e teologia non dovevano essere confuse, ma rimanere autonome.

Ma qualsiasi ritratto della figura di questo protagonista della più genuina cultura cattolica risulterebbe parziale, se non ne ricordassimo la straordinaria spiritualità e l'alta levatura mistica.

Attento e acuto conoscitore e commentatore della Sacra Scrittura, Alberto Magno è giustamente considerato il padre della mistica medievale tedesca. Valga come esempio questa sua preghiera che ci mostra come fede e ragione possono veramente "farci volare" ed avvicinare sempre di più alla fonte della verità che è Gesù Cristo:

"Signore Gesù Cristo, che sei venuto in questo mondo per salvare i peccatori, congiungi la mia anima a te, unico vero sposo e bene insostituibile.

Fa che essa per tuo amore trascuri i sette mariti, cioè le sette arti liberali, e non si dedichi più alle scienze che si acquistano con lo studio. Viva invece con fede, speranza e carità secondo l'insegnamento della Sacra Scrittura e nell'annuncio della tua Parola, svolga il suo ministero durante questo pellegrinaggio terreno e possa aderire a Te con piena conoscenza e amore. E quando finalmente la carità sarà perfetta per la conformità al fine, l'elevatezza delle virtù e l'osservanza dei tuoi precetti, essa invaderà tutta l'anima e la trasformerà in modo che non potrà amare niente altro all'infuori di Te, e giungerà a vedere le cose non più nella loro immagine, ma in Te, che sei somma verità. Allora le forze dell'intelletto le permetteranno di riconoscere perfettamente Te, Dio e Uomo, invisibile ma visibile nel prossimo".


L'altro esempio è quello di Santa Teresa Benedetta della Croce (18911942), al secolo Edith Stein. Undicesima figlia di una coppia di ebrei molto religiosa, fin dall'infanzia manifesta un'intelligenza vivace e brillante, che presto l'inclina a una visione razionalistica da cui deriverà il distacco dalla religione, proprio come succede nella vita di tanti giovani.

Vera amante della sapienza, accetta la fatica del pellegrinaggio esistenziale che, attraverso tante vicende che la Provvidenza sa usare – come, per esempio, la lettura degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola che fa, come ella stessa racconta, quando ancora era atea – la porta prima alla conversione e poi alla decisione di entrare nell'ordine carmelitano.

E' veramente interessante leggere la storia di questo travaglio spirituale che porta Teresa Benedetta ad abbracciare non solo la fede ma addirittura uno stile di vita non sempre compreso, come quello della vita di clausura.

Quando il 14 ottobre 1933 entra nel Carmelo di Koln-Linderthal, dopo aver interrotto la sua attività di conferenziera su temi filosofici e pedagogici e, in modo particolare, sulla questione femminile, impegnandosi per la promozione umana, sociale e religiosa della donna, scrive:

"Mi rivolsi al Redentore — si legge nella biografia scritta da Teresia Renata de Spiritu Sancto — e gli dissi che sapevo bene che era la sua croce che veniva posta in quel momento sulle spalle del popolo ebraico; la maggior parte di esso non lo comprendeva, ma quelli che avevano la grazia d'intenderlo, avrebbero dovuto accettarla con pienezza di volontà a nome di tutti. Mi sentivo pronta e domandavo soltanto al Signore che mi facesse vedere come dovevo farlo. Terminata l'Ora Santa ebbi l'intima certezza di essere stata esaudita, sebbene non sapessi ancora in cosa consistesse quella croce che mi veniva imposta".

Ancor prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (1939-1945), suor Teresa Benedetta della Croce giudica senza esitazioni gli avvenimenti, e interviene in essi, seguendo la logica di Dio, quella della croce.

In una lettera a madre Giovanna van Weersth, del Carmelo di Beek, in Olanda, scrive:

"[...] prima è venuto dall'oriente il Bolscevismo, con la lotta contro Dio, poi il Nazionalsocialismo, con la lotta contro la Chiesa. Ma né l'uno né l'altro vincerà. Vincerà alla fine Cristo".

 

Alla sua priora, nel marzo del 1939, chiede di poter offrire la propria vita per la pace:

"Cara madre, [...] mi permetta di offrirmi [...] in sacrificio di espiazione per la vera pace: perché il regno dell'anticristo sprofondi, se possibile senza un nuovo conflitto mondiale, e che un nuovo ordine s'impianti".

I magi, di fronte alla scomparsa della stella che li sta guidando alla ricerca del re dei Giudei, non si arrendono. Interrogano, studiano, cercano. Alla fine la loro caparbietà viene premiata con la scoperta del Bambino Gesù, l'oggetto della loro lunga ricerca.
Tutti sappiamo che le GMG sono esperienze indimenticabili nella vita dei giovani che vi partecipano, nonostante qualche piccolo inconveniente dovuto all'alloggio, alle condizioni climatiche, al trasporto.

Sono momenti forti di esperienza di fede che, se vissuti con sincerità ed impegno, possono veramente segnare una svolta nella loro vita. E' quello che ci auguriamo dalla partecipazione di tantissimi giovani a questa XX celebrazione della GMG a Colonia.

Che ritornando alle nostre case ed attività, non cessiamo mai di cercare la presenza del Signore nella nostra vita, come i sapienti Magi, venuti dall'Oriente.

La ricerca continua di Cristo, via verità e vita, ci permetterà di essere artefici di una nuova civiltà dell'amore e testimoni di speranza per il mondo intero.




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