«Chi mangia di
questo pane, non avrà più fame»
Gianfranco
Todisco, vescovo di
Melfi-Rapolla-Venosa
Come i Magi,
anche noi ci avviamo verso la fine del nostro pellegrinaggio qui a Colonia, che
avrà il suo momento culminante nella giornata di Domenica, non solo giorno
dell'incontro con Papa Benedetto XVI, ma soprattutto giorno del Signore, giorno
dell'Eucaristia.
Coincidenza
suggestiva tra l'Anno dell'Eucaristia (ottobre 2004-2005) ed il tema della GMG
di quest'anno: "Siamo venuti per adorarlo". E' lo stesso Giovanni
Paolo II a spiegarne la connessione nella Lettera Apostolica Mane Nobiscum
Domine, nella quale da indicazioni pratiche sul modo di celebrare questo anno
dedicato al mistero dell'Eucaristia.
"Ad
orientarmi in questo passo non è mancata, poi, un'altra considerazione: cade in
questo anno la Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Colonia dal
16 al 21 agosto 2005. L'Eucaristia è il centro vitale intorno a cui desidero
che i giovani si raccolgano per alimentare la loro fede ed il loro
entusiasmo" (MND n°4)
Sappiamo bene
che nel bagaglio di vita di tanti giovani, anche se la fede e l'entusiasmo non
mancano mai, l'Eucaristia non rappresenta un motivo di grande interesse. Basta
dare uno sguardo alle nostre assemblee domenicali per rendersi conto che il
"grande assente" sono proprio i giovani.
Non c'è mai
stato un buon feeling tra Messa e giovani. Se proviamo a domandare ai giovani
perché non vanno a Messa, le risposte potrebbero essere: " Non ci trovo
niente di interessante; "Sempre la stessa cosa"; "Mi annoio da
morire"; "Non credo che sia necessario andare a messa per incontrare
Cristo; lo si può incontrare ovunque!" e giù di lì, per giustificare il
perché si va a messa solamente "quando uno si sente di andarci".
A nulla valgono
gli inviti dei genitori che presto si rassegnano a questo modo di fare dei loro
figli.
Ritorna il
problema di sempre, quello della maturità della fede dei giovani, che è rimasta
ferma alle esperienze della fanciullezza, dopo aver fatto la Prima Comunione e
Cresima, quando, quasi bruscamente, viene interrotta la pratica domenicale di
andare a Messa.
Già Paolo VI
aveva sottolineato la difficoltà di noi moderni ad ammettere la realtà di un
mistero come quello dell'Eucaristia che si comprende soprattutto vivendolo,
senza per questo fare alcun torto alla ragione, che vuole, giustamente, vedere
chiaro in tutto ciò che fa.
"A noi
moderni, formati alla mentalità razionale immaginosa, riesce difficile
ammettere la Realtà che questo sacramento ci presenta; occorre la fede,
l'adesione semplice e amorosa alla Parola, che ci annuncia il mistero
eucaristico; e questa adesione esige una nostra rieducazione a pensare con un
impegno ed una coerenza, che i nostri vecchi, più poveri di noi nella cultura,
ma più schietti e più fiduciosi nella Verità che viene da Dio, esercitavano,
anch'essi certo con fatica e con merito, ma più facilmente di noi. Noi moderni,
in compenso, siamo meglio disposti a capire il perché di questo sacramento. Il
come ci mette in uno sforzo interiore; il perché ci apre incantevoli
scoperte." (Paolo VI, 11 agosto 1964)
L'Eucaristia non
è mai il punto di partenza, ma di arrivo di un percorso di fede, proprio come
nel caso dei Magi che solamente al termine della loro ricerca "videro il
bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono".
L'incontro con
Cristo, se non è accompagnato dall'adesione semplice ed amorosa alla sua
Parola, è come un fuoco di paglia che non dura molto.
Ecco perché
l'adesione a Lui, ci ricorda Paolo VI, esige "impegno e coerenza":
due caratteristiche importanti della nostra vita cristiana che spesso ci
spaventano perché ci obbligano a non mollare, specialmente nei momenti di
difficoltà, se vogliamo raggiungere la meta dei nostri progetti.
Pensiamo
all'impegno dei Magi, a quanti disagi si sottopongono pur di raggiungere la
meta! Il cammino che li porta all'incontro con Cristo non è una gita oppure un
safari, se vogliamo metterla anche sul piano dell'avventura che piace tanto ai
giovani. Si tratta di un impegno fatto non soltanto di studio ma di non
arrendersi di fronte a difficoltà reali – disagio, freddo, fame, pericoli di
attentati - che però non li scoraggiano affatto, neppure quando non
vedono più la stella e, ciononostante, continuano la ricerca del bambino.
E poi c'è la
coerenza, di principi e di stile di vita, oggi diventata quasi una rarità,
visto gli scandali che le cronache ci mettono davanti agli occhi ogni giorno.
La tentazione di comportarsi come fanno gli altri è molto forte. La coerenza ci
obbliga a non venir meno ai nostri impegni, compresi quelli della fede. Non
basta la conoscenza di Gesù; bisogna essere coerenti nella vita con le idee
professate.
Cos'è allora
l'Eucaristia?
Come dice
l'etimologia della parola, è innanzitutto "azione di grazie" a Dio,
un sacrificio di ringraziamento al Padre, una benedizione con la quale la Chiesa
esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici.
Per il dono
della vita, della salute, della famiglia, degli amici, delle bellezze del
creato, di tutto ciò che rende la nostra vita piacevole, siamo debitori al buon
Dio che non cessa mai di stupirci con la sua bontà ed infinita generosità.
L'Eucaristia è
il memoriale della Pasqua di Cristo,e la Pasqua è l'evento centrale della Sua
vita e della vita della Chiesa. Attraverso il battesimo veniamo inseriti nel
mistero pasquale di Cristo.
Il Memoriale –
richiamare alla memoria - non è soltanto il ricordo di avvenimenti
passati, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli
uomini attraverso l'azione di Gesù. La celebrazione eucaristica rende questi
eventi in un certo modo presenti ed attuali, perché tutti coloro che credono in
Cristo ed aderiscono a Lui possano ricevere il frutto della sua opera di
salvezza, come ci ricorda S. Paolo: "da ricco che era, si è fatto povero
per voi, perché voi diventiate ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor
8, 9)
"Come
rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà?" si domanda
Giovanni Paolo II nel messaggio ai giovani per questa GMG.
In quanto
memoriale della Pasqua di Cristo, l'Eucaristia è anche un sacrificio, perché
ri-presenta (rende presente) il sacrificio della Croce.
La parola
sacrificio è una parola che – normalmente, non fa parte del nostro vocabolario
quotidiano, perché evoca subito l'idea di sofferenza, di rinuncia. Ma l'amore,
quello vero, sincero, non è frutto di sacrificio e di rinuncia? Non implica
fedeltà, attenzione all'altro? " Non c'è amore più bello che dare la
propria vita per gli amici. E voi siete miei amici", ci dice Gesù nel
Vangelo.
E tutti sappiamo
come Cristo ci ha amati, dando la sua vita per l'umanità, e quindi anche per
noi, fino al sacrificio di se stesso sulla Croce.
Avrebbe potuto
salvarci con una semplice parola, come ha fatto per tanti ammalati nel corpo o
nello spirito. Ed invece ha voluto condividere la nostra condizione umana
accettando la morte in croce, come se fosse un malfattore. L'Eucaristia ci
ricorda e ci fa rivivere questo amore illimitato ed incondizionato di Cristo,
inchiodato sulla croce per i nostri peccati, ma risorto per la nostra salvezza,
perché anche noi potessimo risorgere a vita nuova. Un sacrificio incruento,
ossia senza spargimento di sangue, perché il sangue versato sulla croce, una
volta per tutti, è stato sufficiente per salvare l'umanità.
Qualcuno, che
non conosce bene la nostra fede, ironizzando sul sacrificio di Cristo, paragona
il suo sacrificio a quello dei kamikaze che sacrificano la loro vita per ridare
libertà e dignità al loro popolo oppresso.
Noi che abbiamo
conosciuto Cristo, sappiamo invece che il sacrificio della sua vita non provoca
la morte di gente innocente o peccatrice. Tutt'altro. Esso ridona vita e
speranza a tutti, giusti e peccatori, poveri e ricchi. La sua morte in croce
non semina terrore ed angoscia ma dona coraggio e forza per eliminare ogni
forma di morte e di ingiustizia che esce dal cuore ammalato dell'uomo.
L'Eucaristia, però, è anche il sacrificio della Chiesa la quale, come corpo di
Cristo, partecipa all'offerta del suo Capo. Con lui, essa stessa viene offerta
tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di
tutti gli uomini. Nell'Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il
sacrificio delle membra del suo Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la
loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di
Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo.
Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull'altare offre a tutte le generazioni
di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta.
Per questo, quando partecipiamo alla Santa Messa, non siamo mai spettatori di
un evento passato ma protagonisti di una storia di salvezza che Cristo continua
a scrivere oggi, chiedendo la nostra libera partecipazione ed associazione al
suo sacrificio. Ciò spiega perché tanti santi, e naturalmente tanti cristiani,
non vogliono privarsi, neppure per un giorno, di questa possibilità di
ricambiare l'amore di Cristo per l'umanità, unendosi a Lui nella celebrazione
quotidiana dell'Eucaristia.
Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con
le braccia spalancate, in atteggiamento di orante. Come Cristo ha steso le
braccia sulla croce, così per mezzo di lui, con lui e in lui essa si offre e
intercede per tutti gli uomini.
Che mirabile mistero! Lo stesso Gesù, che ha percorso le strade della Palestina,
ha sanato tanti malati, ha ridato speranza a tanti peccatori, ha aperto gli
occhi non solo ai ciechi, ha risuscitato i morti, sta davanti a noi e desidera
entrare nella nostra vita, se lo accogliamo!
"Apri i
miei occhi, affinché io possa contemplare questo sublime mistero; dammi la
forza di credere in esso, con fede ferma", proclama l'autore
dell'Imitazione di Cristo.
MISTERO DELLA
FEDE, proclama solennemente il sacerdote, dopo aver mostrato il pane ed il vino
consacrati. In quel momento la Chiesa presenta di Cristo non un oggetto da lui
usato in vita oppure una piccola parte del suo corpo che ha resistito alla
corruzione - come una reliquia di un Santo – ma "il dono per
eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella santa umanità, nonché
della sua opera di salvezza", lo chiama Giovanni Paolo II, nell'Enciclica
Ecclesia de Eucharistia, con la quale annuncia la celebrazione dell'Anno
Eucaristico che si concluderà il prossimo mese di Ottobre .(EE n° 11).
Un dono che ha
fatto stupire i Magi, quando hanno finalmente trovato il bambino Gesù, e
continua a far stupire i cristiani che vedono nelle specie eucaristiche il dono
più prezioso che Dio potesse fare all'umanità, perché espressione di un amore
che va fino "all'estremo" (Gv 13,1), un amore che non conosce misura.
Fare comunione,
andare a ricevere la comunione, sono termini che usiamo molto spesso per
indicare l'Eucaristia, culmine di tutti i sacramenti nel portare a perfezione
la comunione con Dio Padre mediante l'identificazione col Figlio Unigenito per
opera dello Spirito Santo.
Con acutezza di
fede esprimeva questa verità Nicola Cabasilas, un insigne scrittore della
tradizione bizantina: nell'Eucaristia, "a preferenza di ogni altro
sacramento, il mistero [della comunione] è così perfetto da condurre all'apice
di tutti i beni: qui è l'ultimo termine di ogni umano desiderio, perché qui
conseguiamo Dio e Dio si congiunge a noi con l'unione più perfetta" (La
vita in Cristo, IV,10: SCh 355,270)
L'Eucaristia
crea comunione ed educa alla comunione. Non ci si può sedere alla stessa mensa
eucaristica e non stare in comunione gli uni con gli altri. Alla comunità di
Corinto, lacerata da divisioni al suo interno, l'apostolo fa notare la
contraddizione di celebrare l'Eucaristia senza prima essersi riconciliati.
"Non avete forse le vostre case per mangiare e bere? O volete gettare il
disprezzo sulla chiesa di Dio e fare arrossire chi non ha niente? Che debbo
dirvi? Devo lodarvi? In questo non vi lodo!" 1 Cor 11,22)
Contrarietà,
dissapori, litigi fanno parte del vivere quotidiano. L'orgoglio non favorisce
certo la loro eliminazione. Al contrario, alimenta le divisioni che a volte
portiamo con noi nella tomba.
L'Eucaristia, sacramento
di unità, unendoci a Cristo, obbediente al volere del Padre, ha la forza di
scardinare il nostro orgoglio e ricomporre la comunione non solo con Cristo ma
anche con i nostri fratelli.
La "frazione del pane" è un altro termine per indicare l'eucaristia
che mette in risalto la condivisione dei beni della vita. Essa diventa allora
non solo il motore della vita personale ma anche comunitaria.
Ce lo ha
ricordato anche il papa Benedetto XVI, durante l'omelia a Bari, a conclusione
del Congresso Eucaristico Nazionale:
"Nell'Eucaristia
Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E' una
presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé… e poi
ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui (cfr Confess.,
VII,10,16). In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei
fratelli." (Bari, 29 maggio 2005)
Ecco spiegato il motivo per cui facciamo tanta fatica ad uscire dal nostro
piccolo mondo per andare verso gli altri non solo quando sono colpiti da una
disgrazia oppure i mezzi di informazione ci presentano scene strazianti di
poveri, ammalati, rifugiati, oppressi o sfruttati.
Ricordate, all'indomani dello Tzunami, che gara di generosità, soprattutto da
parte dei giovani, che inviando un semplice SMS, permisero di raccogliere
milioni di euro a favore delle popolazioni colpite! La maggior parte di quella
gente, come del resto i tanti "poveri" - non solo di beni
materiali, perché la povertà cambia volto continuamente - che incontriamo
ogni giorno andando al lavoro o a scuola, ancora aspettano che una mano
generosa si tenda verso di loro. Quando invece è Cristo il centro della nostra
vita, perché tutto ruota attorno alla celebrazione eucaristica domenicale, la
nostra sensibilità cristiana aumenta e ci permette di captare anche i segnali
più deboli che Cristo ci invia attraverso coloro che hanno bisogno del nostro
aiuto.
I Santi ci hanno insegnato che la comunione con Cristo attorno all'altare
significa anche comunione con tutti i nostri fratelli, soprattutto con coloro
che sono oggetto dell'amore privilegiato del Padre: i poveri, i deboli, gli
ultimi.
Andare alla ricerca dei "poveri di Jhavé [!]" per riversare su di
loro l'amore che Cristo ha riversato su di noi, diventa tutto un programma di vita.
La Beata Madre Teresa di Calcutta, San Giovanni Bosco, Don Orione, Don
Guanella, Madre Cabrini, Charles de Foucald, tanto per citare alcuni nomi,
hanno tutti trovato nell'Eucaristia il motivo ispiratore della loro attività
apostolica e la forza per realizzare il loro programma di amore a servizio dei
poveri.
A chi un giorno le chiedeva di aumentare il servizio a favore dei poveri che
morivano abbandonati per le strade di Calcutta, madre Teresa rispondeva
serenamente: "Allora bisogna anche aumentare le ore di preghiera davanti
al SS.mo Sacramento".
Questo desiderio di stare sempre in comunione con Cristo e con in fratelli,
anche quando non è possibile ricevere l'Eucaristia, ha originato nella Chiesa
la pratica della comunione spirituale, vivamente raccomandata da santi maestri
di vita spirituale.
Santa Teresa di
Gesù scriveva: "« Quando non vi comunicate e non partecipate alla messa,
potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa... Così in
voi si imprime molto dell'amore di nostro Signore » (Cammino di perfezione,
c.35)
Ci sono
situazioni in cui non è possibile mangiare il pane eucaristico. E non mi
riferisco solamente a chi non ha avuto la possibilità di confessarsi ma anche a
tante situazioni di divorziati o separati che si sono risposati oppure
convivono e vorrebbero accostarsi all'Eucaristia. San Paolo ci ricorda che
"chi mangia indegnamente l'Eucaristia, mangia e bene la propria condanna".
Non sono parole
di minaccia ma un invito a sederci alla mensa eucaristica con un cuore sgombro
da qualsiasi traccia di peccato, dopo esserci prima riconciliati con Cristo e
con i fratelli.
Il Papa,
nell'enciclica Ecclesia de Eucharistia: ha ribadito l'insegnamento della Chiesa
espresso dal Catechismo della Chiesa Cattolica: "« Chi è consapevole di
aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della
Riconciliazione prima di accedere alla comunione ».(n°1385) Desidero quindi
ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di
Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando
che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, « si deve premettere la
confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale » (n° 36)
In tale
situazione, coscienti cioè di aver commesso un peccato grave, la comunione
spirituale pone già le basi di quella sincera conversione che nel sacramento
della Penitenza trova concreta realizzazione, anticipando la gioia
dell'incontro reale con Gesù che ha luogo quando si riceve il pane eucaristico.
"Ma è così
indispensabile ricevere l'Eucaristia?" potrebbe obbiettare qualcuno.
"Perché la Chiesa insiste tanto sulla necessità di andare a Messa ogni
domenica?"
Alla fine di maggio
di quest'anno si è celebrato a Bari il Congresso Eucaristico Nazionale, il cui
tema è stato "Senza la Domenica non possiamo vivere". Durante
l'omelia già citata, Papa Benedetto XVI, dopo aver ricordato il sacrificio dei
martiri di Abitene che hanno affrontato coraggiosamente la morte, sfidando
l'ordine dell'imperatore che vietava loro di riunirsi per la celebrazione
eucaristica, parlando della necessità di ricevere l'eucaristia, ha detto:
"Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze
del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per
attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è
quindi semplicemente un dovere imposto dall'esterno. Partecipare alla
Celebrazione domenicale e cibarsi del Pane eucaristico è un bisogno per il
cristiano, il quale può così trovare l'energia necessaria per il cammino da
percorrere. Un cammino, peraltro, non arbitrario: la strada che Dio indica
mediante la sua Legge va nella direzione iscritta nell'essenza stessa
dell'uomo. Seguirla significa per l'uomo realizzare se stesso; smarrirla
equivale a smarrire se stesso." (Bari, 29 maggio 2005)
C'è qualcuno che dice che non ha bisogno di mangiare per vivere? C'è qualcuno
che può affermare che non si stanca mai, quindi non ha bisogno di riposo, che
possiede tutte le risorse umane e materiali, in pratica tutto ciò che gli
permetta di realizzare la sua vita, senza aver bisogno dell'aiuto di nessuno?
Dice San
Francesco di Sales: "Se i mondani ti chiederanno perché ti comunichi così
spesso, dirai loro che è per imparare ad amare Dio, e purificarti dalle tue
imperfezioni; per liberarti dalle tue miserie, e trovare conforto nelle
tribolazioni e nelle tue debolezze". (Da "Gesù Ostia", di
Giuseppe Giulino, Editrice Ancilla, 2002, pag.313)
Da quando
abbiamo scoperto che la contaminazione ambientale ha messo a rischio anche la
nostra salute fisica, siamo diventati molto più attenti sul cibo che ingeriamo.
Leggiamo attentamente cosa c'è scritto sull'etichetta, per sapere come, dove e
quando è stato prodotto l' alimento.
Rivolgendo la
stessa attenzione al Pane Eucaristico, facendo in modo da mangiarne
regolarmente – ogni domenica - è facile allora vederne gli effetti
benefici, sia nella vita personale che comunitaria.
Abbiamo
nell'Eucaristia non la speranza soltanto, ma la certezza della vittoria sulle
passioni, sul dolore e sulla morte.
S. Giovanni
Bosco soleva ripetere ai suoi giovani: "Vuoi ottenere grazie? Ricevi
l'Eucaristia. Non vuoi ottenere grazie? Non ricevere l'Eucaristia."
Ed allora le
parole di Gesù "chi mangia di questo pane non avrà più fame"
acquistano veramente un altro sapore, perché ricevendo l'Eucaristia non solo
saziamo la fame di verità insita in ognuno di noi, ma la stanchezza della vita
lascia il posto al desiderio di andare ogni giorno all'incontro con Cristo ed
al maggior impegno ed entusiasmo di comunicare agli altri la stessa gioia ed
energia.
" E, prostratisi, lo adorarono".
Vi lascio immaginare la gioia che provarono i Magi quando, finalmente dopo
tanto camminare, si trovarono di fronte al Bambino Gesù . "E, prostratisi,
lo adorarono", ci dice il Vangelo. Il loro atto di adorazione non
implicava soltanto un gesto di riverenza o di rispetto verso il Re dei Giudei,
ma il riconoscimento di trovarsi davanti al loro "Creatore, unico Signore
e Salvatore" ", come ci ricorda Giovanni Paolo II, Messaggio per la
GMG di questo anno. (n°4)
Per noi cristiani, adorare Gesù, significa riconoscergli il primo posto nella
nostra esistenza.
Il rischio che continuamente noi corriamo è quello di considerare Gesù alla
stregua dei nostri idoli della musica, dello sport, dello spettacolo e noi
semplici fans o tifosi. Passata l'euforia della festa, tutto ritorna come
prima, ognuno per la sua strada. Questo fenomeno viene di solito chiamato
"scollamento tra fede e vita".
Giovanni Paolo II ci mette in guardia da questa costante tentazione. Sempre
nello stesso messaggio rivolto ai giovani del mondo in occasione di questa GMG
dice:
"L'idolatria è tentazione costante dell'uomo. Purtroppo c'è gente che
cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede
cristiana. E' forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del
potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano
Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la
dottrina cattolica." (Messaggio GMG 2005, n°5)
Quanta verità in
queste parole. Quanta difficoltà a sottrarci a questa tentazione continua di
sostituire la nostra fede in Cristo con dottrine e credenze ormai diventate di
moda tra i giovani. E sapete perché? Perché ti fanno credere che tu sei un dio,
puoi ottenere tutto ciò che vuoi, non hai bisogno di alienare la tua volontà
per realizzare i tuoi sogni.
Giovani, non
cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico
vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della
subdola violenza che esercitano talora i mass-media.
L'adorazione del
vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di
idolatria. (Messaggio GMG 2005, n°5)
E' sempre lui,
Papa Giovanni Paolo II, ad incoraggiarci a tenere duro e a non farci sedurre
dai falsi idoli ma a riporre nel Cristo Gesù ogni nostra fiducia e speranza.
Non riusciremo mai ad immaginare e quindi ad ottenere anche noi gli stessi
effetti e benefici che hanno ottenuto i santi davanti a Gesù presente nel
Santissimo Sacramento, se non ci mettiamo con frequenza in atteggiamento di
contemplazione e di accoglienza di questo dono che Cristo ha fatto alla Chiesa
ed al mondo. Alla sua presenza succedono cose difficili da esprimere, veri
miracoli, come quello della conversione di Andrée Frossard che, raccontando la
sua conversione nel celebre libro di qualche anno fa "Dio esiste, io l'ho
incontrato", attribuisce la sua conversione non a ragionamenti umani
oppure ad incontri con persone che lo hanno convinto della bontà della fede
cristiana, ma ad una visita "da curioso" in una delle tante chiese di
Parigi, dove era entrato, attratto dal suono di un organo. Il ritardo
dell'amico all'appuntamento davanti a quella chiesa fu il "gancio" di
cui si servì il Signore per portarlo davanti all'altare dove era esposto il
Santissimo Sacramento. "Non chiedetemi" – scriverà poi nel libro che
parla della sua conversione – "cosa sia successo in quei pochi momenti in
cui mi sono trovato davanti a Lui. So solamente che entrai ateo in quella
chiesa ed uscii da credente!"
Situazioni intricatissime, stati d'animo in subbuglio, ricerca disperata di
risposte a problemi apparentemente insolubili, o semplicemente desiderio di
manifestare i tuoi sentimenti di lode, di gratitudine, di ringraziamento oppure
ascoltare tutto ciò che potrebbe dirti, davanti al Signore che ti sta davanti,
apparentemente muto, tutto cambia, tutto è possibile,tutto diventa più
semplice.
Perché? Cosa è successo?
Ti sei semplicemente fidato di Cristo, ti sei abbandonato a Lui. Hai toccato
con mano la verità delle sue parole: "Io sono la via, la verità, la
vita".
Hai accolto il suo dono, hai accettato di farti povero come Lui ed hai scoperto
un tesoro nascosto!
A conclusione di questo nostro incontro desidero rinnovarvi lo stesso invito
che Giovanni Paolo II ha rivolto ai giovani che si sono preparati a questo
incontro di Colonia: "Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il
vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace,
la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i
membri della famiglia umana. Portate all'incontro con Gesù nascosto sotto i
veli eucaristici tutto l'entusiasmo della vostra età, della vostra speranza,
della vostra capacità di amare."" (Messaggio GMG 2005, n°5)
Sono sicuro che l'invito del Papa delle GMG non resterà disatteso. Ha sempre
creduto nei giovani, capaci di costruire un mondo più giusto e solidale, se
accoglieranno il suo accorato appello di spalancare le porte del loro cuore a
Cristo e di costruire sulla solida roccia della sua Parola ogni loro progetto.
L'entusiasmo che genera queste giornate deve non solo accompagnarvi sulla via
del ritorno ma contagiare anche i vostri coetanei che, per diversi motivi, sono
rimasti a casa. Sappiamo bene che non si tratta di raccontare tanto la cronaca
di ciò che abbiamo visto o fatto quanto di raccontare la nostra esperienza
dell'incontro con Cristo, della gioia di aver incontrato un vero tesoro, che
tutti possono fare proprio.
Grazie a Dio non mancano nelle nostre comunità giovani generosi che sanno
trascinare con il loro impegno, esempio ed entusiasmo tanti coetanei. Giovani
che dopo aver incontrato Cristo, riconoscendolo anche come l'unico Signore
della vita, sono capaci di scelte coraggiose e prendere, se necessario,
decisioni a volte eroiche.
Giovani capaci di mettere al servizio di Cristo e della Chiesa tutta la loro
vita, maturando anche, al termine della GMG in terra tedesca, la loro vocazione
al sacerdozio o alla vita religiosa, iniziando così un'altra bellissima ed
affascinante avventura, alla completa sequela di Cristo.
Ci accompagni, in ogni nostro progetto da realizzare, l'esempio luminoso di
Maria, donna eucaristica, che seppe contemplare e custodire gelosamente la
presenza di Cristo nella sua vita, dai momenti gioiosi della sua nascita, a
quelli dolorosi della sua passione e morte, fino a quelli pieni di speranza,
dopo la sua resurrezione.
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