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Catechesi proposta dai vescovi ai giovani italiani riuniti a Colonia

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  • Incontrare Cristo nell'Eucaristia (19 agosto 2005)
    • «Chi mangia di questo pane, non avrà più fame»
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«Chi mangia di questo pane, non avrà più fame»

Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa

 

Come i Magi, anche noi ci avviamo verso la fine del nostro pellegrinaggio qui a Colonia, che avrà il suo momento culminante nella giornata di Domenica, non solo giorno dell'incontro con Papa Benedetto XVI, ma soprattutto giorno del Signore, giorno dell'Eucaristia.

Coincidenza suggestiva tra l'Anno dell'Eucaristia (ottobre 2004-2005) ed il tema della GMG di quest'anno: "Siamo venuti per adorarlo". E' lo stesso Giovanni Paolo II a spiegarne la connessione nella Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine, nella quale da indicazioni pratiche sul modo di celebrare questo anno dedicato al mistero dell'Eucaristia.

"Ad orientarmi in questo passo non è mancata, poi, un'altra considerazione: cade in questo anno la Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Colonia dal 16 al 21 agosto 2005. L'Eucaristia è il centro vitale intorno a cui desidero che i giovani si raccolgano per alimentare la loro fede ed il loro entusiasmo" (MND n°4)

Sappiamo bene che nel bagaglio di vita di tanti giovani, anche se la fede e l'entusiasmo non mancano mai, l'Eucaristia non rappresenta un motivo di grande interesse. Basta dare uno sguardo alle nostre assemblee domenicali per rendersi conto che il "grande assente" sono proprio i giovani.

Non c'è mai stato un buon feeling tra Messa e giovani. Se proviamo a domandare ai giovani perché non vanno a Messa, le risposte potrebbero essere: " Non ci trovo niente di interessante; "Sempre la stessa cosa"; "Mi annoio da morire"; "Non credo che sia necessario andare a messa per incontrare Cristo; lo si può incontrare ovunque!" e giù di , per giustificare il perché si va a messa solamente "quando uno si sente di andarci".

A nulla valgono gli inviti dei genitori che presto si rassegnano a questo modo di fare dei loro figli.

Ritorna il problema di sempre, quello della maturità della fede dei giovani, che è rimasta ferma alle esperienze della fanciullezza, dopo aver fatto la Prima Comunione e Cresima, quando, quasi bruscamente, viene interrotta la pratica domenicale di andare a Messa.

Già Paolo VI aveva sottolineato la difficoltà di noi moderni ad ammettere la realtà di un mistero come quello dell'Eucaristia che si comprende soprattutto vivendolo, senza per questo fare alcun torto alla ragione, che vuole, giustamente, vedere chiaro in tutto ciò che fa.

"A noi moderni, formati alla mentalità razionale immaginosa, riesce difficile ammettere la Realtà che questo sacramento ci presenta; occorre la fede, l'adesione semplice e amorosa alla Parola, che ci annuncia il mistero eucaristico; e questa adesione esige una nostra rieducazione a pensare con un impegno ed una coerenza, che i nostri vecchi, più poveri di noi nella cultura, ma più schietti e più fiduciosi nella Verità che viene da Dio, esercitavano, anch'essi certo con fatica e con merito, ma più facilmente di noi. Noi moderni, in compenso, siamo meglio disposti a capire il perché di questo sacramento. Il come ci mette in uno sforzo interiore; il perché ci apre incantevoli scoperte." (Paolo VI, 11 agosto 1964)

L'Eucaristia non è mai il punto di partenza, ma di arrivo di un percorso di fede, proprio come nel caso dei Magi che solamente al termine della loro ricerca "videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono".

L'incontro con Cristo, se non è accompagnato dall'adesione semplice ed amorosa alla sua Parola, è come un fuoco di paglia che non dura molto.

Ecco perché l'adesione a Lui, ci ricorda Paolo VI, esige "impegno e coerenza": due caratteristiche importanti della nostra vita cristiana che spesso ci spaventano perché ci obbligano a non mollare, specialmente nei momenti di difficoltà, se vogliamo raggiungere la meta dei nostri progetti.

Pensiamo all'impegno dei Magi, a quanti disagi si sottopongono pur di raggiungere la meta! Il cammino che li porta all'incontro con Cristo non è una gita oppure un safari, se vogliamo metterla anche sul piano dell'avventura che piace tanto ai giovani. Si tratta di un impegno fatto non soltanto di studio ma di non arrendersi di fronte a difficoltà realidisagio, freddo, fame, pericoli di attentati  - che però non li scoraggiano affatto, neppure quando non vedono più la stella e, ciononostante, continuano la ricerca del bambino.

E poi c'è la coerenza, di principi e di stile di vita, oggi diventata quasi una rarità, visto gli scandali che le cronache ci mettono davanti agli occhi ogni giorno. La tentazione di comportarsi come fanno gli altri è molto forte. La coerenza ci obbliga a non venir meno ai nostri impegni, compresi quelli della fede. Non basta la conoscenza di Gesù; bisogna essere coerenti nella vita con le idee professate.

 

Cos'è allora l'Eucaristia?

Come dice l'etimologia della parola, è innanzitutto "azione di grazie" a Dio, un sacrificio di ringraziamento al Padre, una benedizione con la quale la Chiesa esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici.

Per il dono della vita, della salute, della famiglia, degli amici, delle bellezze del creato, di tutto ciò che rende la nostra vita piacevole, siamo debitori al buon Dio che non cessa mai di stupirci con la sua bontà ed infinita generosità.

L'Eucaristia è il memoriale della Pasqua di Cristo,e la Pasqua è l'evento centrale della Sua vita e della vita della Chiesa. Attraverso il battesimo veniamo inseriti nel mistero pasquale di Cristo.

Il Memorialerichiamare alla memoria  - non è soltanto il ricordo di avvenimenti passati, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini attraverso l'azione di Gesù. La celebrazione eucaristica rende questi eventi in un certo modo presenti ed attuali, perché tutti coloro che credono in Cristo ed aderiscono a Lui possano ricevere il frutto della sua opera di salvezza, come ci ricorda S. Paolo: "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventiate ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor 8, 9)

"Come rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà?" si domanda Giovanni Paolo II nel messaggio ai giovani per questa GMG.

 

In quanto memoriale della Pasqua di Cristo, l'Eucaristia è anche un sacrificio, perché ri-presenta (rende presente) il sacrificio della Croce.

La parola sacrificio è una parola che – normalmente, non fa parte del nostro vocabolario quotidiano, perché evoca subito l'idea di sofferenza, di rinuncia. Ma l'amore, quello vero, sincero, non è frutto di sacrificio e di rinuncia? Non implica fedeltà, attenzione all'altro? " Non c'è amore più bello che dare la propria vita per gli amici. E voi siete miei amici", ci dice Gesù nel Vangelo.

E tutti sappiamo come Cristo ci ha amati, dando la sua vita per l'umanità, e quindi anche per noi, fino al sacrificio di se stesso sulla Croce.

Avrebbe potuto salvarci con una semplice parola, come ha fatto per tanti ammalati nel corpo o nello spirito. Ed invece ha voluto condividere la nostra condizione umana accettando la morte in croce, come se fosse un malfattore. L'Eucaristia ci ricorda e ci fa rivivere questo amore illimitato ed incondizionato di Cristo, inchiodato sulla croce per i nostri peccati, ma risorto per la nostra salvezza, perché anche noi potessimo risorgere a vita nuova. Un sacrificio incruento, ossia senza spargimento di sangue, perché il sangue versato sulla croce, una volta per tutti, è stato sufficiente per salvare l'umanità.

Qualcuno, che non conosce bene la nostra fede, ironizzando sul sacrificio di Cristo, paragona il suo sacrificio a quello dei kamikaze che sacrificano la loro vita per ridare libertà e dignità al loro popolo oppresso.

Noi che abbiamo conosciuto Cristo, sappiamo invece che il sacrificio della sua vita non provoca la morte di gente innocente o peccatrice. Tutt'altro. Esso ridona vita e speranza a tutti, giusti e peccatori, poveri e ricchi. La sua morte in croce non semina terrore ed angoscia ma dona coraggio e forza per eliminare ogni forma di morte e di ingiustizia che esce dal cuore ammalato dell'uomo.
L'Eucaristia, però, è anche il sacrificio della Chiesa la quale, come corpo di Cristo, partecipa all'offerta del suo Capo. Con lui, essa stessa viene offerta tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di tutti gli uomini. Nell'Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull'altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta.
Per questo, quando partecipiamo alla Santa Messa, non siamo mai spettatori di un evento passato ma protagonisti di una storia di salvezza che Cristo continua a scrivere oggi, chiedendo la nostra libera partecipazione ed associazione al suo sacrificio. Ciò spiega perché tanti santi, e naturalmente tanti cristiani, non vogliono privarsi, neppure per un giorno, di questa possibilità di ricambiare l'amore di Cristo per l'umanità, unendosi a Lui nella celebrazione quotidiana dell'Eucaristia.
Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con le braccia spalancate, in atteggiamento di orante. Come Cristo ha steso le braccia sulla croce, così per mezzo di lui, con lui e in lui essa si offre e intercede per tutti gli uomini.
Che mirabile mistero! Lo stesso Gesù, che ha percorso le strade della Palestina, ha sanato tanti malati, ha ridato speranza a tanti peccatori, ha aperto gli occhi non solo ai ciechi, ha risuscitato i morti, sta davanti a noi e desidera entrare nella nostra vita, se lo accogliamo!

"Apri i miei occhi, affinché io possa contemplare questo sublime mistero; dammi la forza di credere in esso, con fede ferma", proclama l'autore dell'Imitazione di Cristo.

 

MISTERO DELLA FEDE, proclama solennemente il sacerdote, dopo aver mostrato il pane ed il vino consacrati. In quel momento la Chiesa presenta di Cristo non un oggetto da lui usato in vita oppure una piccola parte del suo corpo che ha resistito alla corruzione  - come una reliquia di un Santo – ma "il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella santa umanità, nonché della sua opera di salvezza", lo chiama Giovanni Paolo II, nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, con la quale annuncia la celebrazione dell'Anno Eucaristico che si concluderà il prossimo mese di Ottobre .(EE 11).

Un dono che ha fatto stupire i Magi, quando hanno finalmente trovato il bambino Gesù, e continua a far stupire i cristiani che vedono nelle specie eucaristiche il dono più prezioso che Dio potesse fare all'umanità, perché espressione di un amore che va fino "all'estremo" (Gv 13,1), un amore che non conosce misura.

Fare comunione, andare a ricevere la comunione, sono termini che usiamo molto spesso per indicare l'Eucaristia, culmine di tutti i sacramenti nel portare a perfezione la comunione con Dio Padre mediante l'identificazione col Figlio Unigenito per opera dello Spirito Santo.

Con acutezza di fede esprimeva questa verità Nicola Cabasilas, un insigne scrittore della tradizione bizantina: nell'Eucaristia, "a preferenza di ogni altro sacramento, il mistero [della comunione] è così perfetto da condurre all'apice di tutti i beni: qui è l'ultimo termine di ogni umano desiderio, perché qui conseguiamo Dio e Dio si congiunge a noi con l'unione più perfetta" (La vita in Cristo, IV,10: SCh 355,270)

L'Eucaristia crea comunione ed educa alla comunione. Non ci si può sedere alla stessa mensa eucaristica e non stare in comunione gli uni con gli altri. Alla comunità di Corinto, lacerata da divisioni al suo interno, l'apostolo fa notare la contraddizione di celebrare l'Eucaristia senza prima essersi riconciliati. "Non avete forse le vostre case per mangiare e bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e fare arrossire chi non ha niente? Che debbo dirvi? Devo lodarvi? In questo non vi lodo!" 1 Cor 11,22)

Contrarietà, dissapori, litigi fanno parte del vivere quotidiano. L'orgoglio non favorisce certo la loro eliminazione. Al contrario, alimenta le divisioni che a volte portiamo con noi nella tomba.

L'Eucaristia, sacramento di unità, unendoci a Cristo, obbediente al volere del Padre, ha la forza di scardinare il nostro orgoglio e ricomporre la comunione non solo con Cristo ma anche con i nostri fratelli.
 
La "frazione del pane" è un altro termine per indicare l'eucaristia che mette in risalto la condivisione dei beni della vita. Essa diventa allora non solo il motore della vita personale ma anche comunitaria.

Ce lo ha ricordato anche il papa Benedetto XVI, durante l'omelia a Bari, a conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale:

"Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E' una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé… e poi ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui (cfr Confess., VII,10,16). In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli." (Bari, 29 maggio 2005)
Ecco spiegato il motivo per cui facciamo tanta fatica ad uscire dal nostro piccolo mondo per andare verso gli altri non solo quando sono colpiti da una disgrazia oppure i mezzi di informazione ci presentano scene strazianti di poveri, ammalati, rifugiati, oppressi o sfruttati.
Ricordate, all'indomani dello Tzunami, che gara di generosità, soprattutto da parte dei giovani, che inviando un semplice SMS, permisero di raccogliere milioni di euro a favore delle popolazioni colpite! La maggior parte di quella gente, come del resto i tanti "poveri"  - non solo di beni materiali, perché la povertà cambia volto continuamente  - che incontriamo ogni giorno andando al lavoro o a scuola, ancora aspettano che una mano generosa si tenda verso di loro. Quando invece è Cristo il centro della nostra vita, perché tutto ruota attorno alla celebrazione eucaristica domenicale, la nostra sensibilità cristiana aumenta e ci permette di captare anche i segnali più deboli che Cristo ci invia attraverso coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.
I Santi ci hanno insegnato che la comunione con Cristo attorno all'altare significa anche comunione con tutti i nostri fratelli, soprattutto con coloro che sono oggetto dell'amore privilegiato del Padre: i poveri, i deboli, gli ultimi.
Andare alla ricerca dei "poveri di Jhavé [!]" per riversare su di loro l'amore che Cristo ha riversato su di noi, diventa tutto un programma di vita. La Beata Madre Teresa di Calcutta, San Giovanni Bosco, Don Orione, Don Guanella, Madre Cabrini, Charles de Foucald, tanto per citare alcuni nomi, hanno tutti trovato nell'Eucaristia il motivo ispiratore della loro attività apostolica e la forza per realizzare il loro programma di amore a servizio dei poveri.
A chi un giorno le chiedeva di aumentare il servizio a favore dei poveri che morivano abbandonati per le strade di Calcutta, madre Teresa rispondeva serenamente: "Allora bisogna anche aumentare le ore di preghiera davanti al SS.mo Sacramento".
Questo desiderio di stare sempre in comunione con Cristo e con in fratelli, anche quando non è possibile ricevere l'Eucaristia, ha originato nella Chiesa la pratica della comunione spirituale, vivamente raccomandata da santi maestri di vita spirituale.

Santa Teresa di Gesù scriveva: "« Quando non vi comunicate e non partecipate alla messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa... Così in voi si imprime molto dell'amore di nostro Signore » (Cammino di perfezione, c.35)

Ci sono situazioni in cui non è possibile mangiare il pane eucaristico. E non mi riferisco solamente a chi non ha avuto la possibilità di confessarsi ma anche a tante situazioni di divorziati o separati che si sono risposati oppure convivono e vorrebbero accostarsi all'Eucaristia. San Paolo ci ricorda che "chi mangia indegnamente l'Eucaristia, mangia e bene la propria condanna".

Non sono parole di minaccia ma un invito a sederci alla mensa eucaristica con un cuore sgombro da qualsiasi traccia di peccato, dopo esserci prima riconciliati con Cristo e con i fratelli.

Il Papa, nell'enciclica Ecclesia de Eucharistia: ha ribadito l'insegnamento della Chiesa espresso dal Catechismo della Chiesa Cattolica: "« Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione ».(n°1385) Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, « si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale » ( 36)

In tale situazione, coscienti cioè di aver commesso un peccato grave, la comunione spirituale pone già le basi di quella sincera conversione che nel sacramento della Penitenza trova concreta realizzazione, anticipando la gioia dell'incontro reale con Gesù che ha luogo quando si riceve il pane eucaristico.

"Ma è così indispensabile ricevere l'Eucaristia?" potrebbe obbiettare qualcuno. "Perché la Chiesa insiste tanto sulla necessità di andare a Messa ogni domenica?"

Alla fine di maggio di quest'anno si è celebrato a Bari il Congresso Eucaristico Nazionale, il cui tema è stato "Senza la Domenica non possiamo vivere". Durante l'omelia già citata, Papa Benedetto XVI, dopo aver ricordato il sacrificio dei martiri di Abitene che hanno affrontato coraggiosamente la morte, sfidando l'ordine dell'imperatore che vietava loro di riunirsi per la celebrazione eucaristica, parlando della necessità di ricevere l'eucaristia, ha detto:
"Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi semplicemente un dovere imposto dall'esterno. Partecipare alla Celebrazione domenicale e cibarsi del Pane eucaristico è un bisogno per il cristiano, il quale può così trovare l'energia necessaria per il cammino da percorrere. Un cammino, peraltro, non arbitrario: la strada che Dio indica mediante la sua Legge va nella direzione iscritta nell'essenza stessa dell'uomo. Seguirla significa per l'uomo realizzare se stesso; smarrirla equivale a smarrire se stesso." (Bari, 29 maggio 2005)
C'è qualcuno che dice che non ha bisogno di mangiare per vivere? C'è qualcuno che può affermare che non si stanca mai, quindi non ha bisogno di riposo, che possiede tutte le risorse umane e materiali, in pratica tutto ciò che gli permetta di realizzare la sua vita, senza aver bisogno dell'aiuto di nessuno?

Dice San Francesco di Sales: "Se i mondani ti chiederanno perché ti comunichi così spesso, dirai loro che è per imparare ad amare Dio, e purificarti dalle tue imperfezioni; per liberarti dalle tue miserie, e trovare conforto nelle tribolazioni e nelle tue debolezze". (Da "Gesù Ostia", di Giuseppe Giulino, Editrice Ancilla, 2002, pag.313)

Da quando abbiamo scoperto che la contaminazione ambientale ha messo a rischio anche la nostra salute fisica, siamo diventati molto più attenti sul cibo che ingeriamo. Leggiamo attentamente cosa c'è scritto sull'etichetta, per sapere come, dove e quando è stato prodotto l' alimento.

Rivolgendo la stessa attenzione al Pane Eucaristico, facendo in modo da mangiarne regolarmente – ogni domenica  - è facile allora vederne gli effetti benefici, sia nella vita personale che comunitaria.

Abbiamo nell'Eucaristia non la speranza soltanto, ma la certezza della vittoria sulle passioni, sul dolore e sulla morte.

S. Giovanni Bosco soleva ripetere ai suoi giovani: "Vuoi ottenere grazie? Ricevi l'Eucaristia. Non vuoi ottenere grazie? Non ricevere l'Eucaristia."

Ed allora le parole di Gesù "chi mangia di questo pane non avrà più fame" acquistano veramente un altro sapore, perché ricevendo l'Eucaristia non solo saziamo la fame di verità insita in ognuno di noi, ma la stanchezza della vita lascia il posto al desiderio di andare ogni giorno all'incontro con Cristo ed al maggior impegno ed entusiasmo di comunicare agli altri la stessa gioia ed energia.
" E, prostratisi, lo adorarono".
Vi lascio immaginare la gioia che provarono i Magi quando, finalmente dopo tanto camminare, si trovarono di fronte al Bambino Gesù . "E, prostratisi, lo adorarono", ci dice il Vangelo. Il loro atto di adorazione non implicava soltanto un gesto di riverenza o di rispetto verso il Re dei Giudei, ma il riconoscimento di trovarsi davanti al loro "Creatore, unico Signore e Salvatore" ", come ci ricorda Giovanni Paolo II, Messaggio per la GMG di questo anno. (n°4)
Per noi cristiani, adorare Gesù, significa riconoscergli il primo posto nella nostra esistenza.
Il rischio che continuamente noi corriamo è quello di considerare Gesù alla stregua dei nostri idoli della musica, dello sport, dello spettacolo e noi semplici fans o tifosi. Passata l'euforia della festa, tutto ritorna come prima, ognuno per la sua strada. Questo fenomeno viene di solito chiamato "scollamento tra fede e vita".
Giovanni Paolo II ci mette in guardia da questa costante tentazione. Sempre nello stesso messaggio rivolto ai giovani del mondo in occasione di questa GMG dice:
"L'idolatria è tentazione costante dell'uomo. Purtroppo c'è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana. E' forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica." (Messaggio GMG 2005, n°5)

Quanta verità in queste parole. Quanta difficoltà a sottrarci a questa tentazione continua di sostituire la nostra fede in Cristo con dottrine e credenze ormai diventate di moda tra i giovani. E sapete perché? Perché ti fanno credere che tu sei un dio, puoi ottenere tutto ciò che vuoi, non hai bisogno di alienare la tua volontà per realizzare i tuoi sogni.

Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media.

L'adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. (Messaggio GMG 2005, n°5)

E' sempre lui, Papa Giovanni Paolo II, ad incoraggiarci a tenere duro e a non farci sedurre dai falsi idoli ma a riporre nel Cristo Gesù ogni nostra fiducia e speranza.
Non riusciremo mai ad immaginare e quindi ad ottenere anche noi gli stessi effetti e benefici che hanno ottenuto i santi davanti a Gesù presente nel Santissimo Sacramento, se non ci mettiamo con frequenza in atteggiamento di contemplazione e di accoglienza di questo dono che Cristo ha fatto alla Chiesa ed al mondo. Alla sua presenza succedono cose difficili da esprimere, veri miracoli, come quello della conversione di Andrée Frossard che, raccontando la sua conversione nel celebre libro di qualche anno fa "Dio esiste, io l'ho incontrato", attribuisce la sua conversione non a ragionamenti umani oppure ad incontri con persone che lo hanno convinto della bontà della fede cristiana, ma ad una visita "da curioso" in una delle tante chiese di Parigi, dove era entrato, attratto dal suono di un organo. Il ritardo dell'amico all'appuntamento davanti a quella chiesa fu il "gancio" di cui si servì il Signore per portarlo davanti all'altare dove era esposto il Santissimo Sacramento. "Non chiedetemi" – scriverà poi nel libro che parla della sua conversione – "cosa sia successo in quei pochi momenti in cui mi sono trovato davanti a Lui. So solamente che entrai ateo in quella chiesa ed uscii da credente!"
Situazioni intricatissime, stati d'animo in subbuglio, ricerca disperata di risposte a problemi apparentemente insolubili, o semplicemente desiderio di manifestare i tuoi sentimenti di lode, di gratitudine, di ringraziamento oppure ascoltare tutto ciò che potrebbe dirti, davanti al Signore che ti sta davanti, apparentemente muto, tutto cambia, tutto è possibile,tutto diventa più semplice.
Perché? Cosa è successo?
Ti sei semplicemente fidato di Cristo, ti sei abbandonato a Lui. Hai toccato con mano la verità delle sue parole: "Io sono la via, la verità, la vita".
Hai accolto il suo dono, hai accettato di farti povero come Lui ed hai scoperto un tesoro nascosto!
A conclusione di questo nostro incontro desidero rinnovarvi lo stesso invito che Giovanni Paolo II ha rivolto ai giovani che si sono preparati a questo incontro di Colonia: "Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana. Portate all'incontro con Gesù nascosto sotto i veli eucaristici tutto l'entusiasmo della vostra età, della vostra speranza, della vostra capacità di amare."" (Messaggio GMG 2005, n°5)
Sono sicuro che l'invito del Papa delle GMG non resterà disatteso. Ha sempre creduto nei giovani, capaci di costruire un mondo più giusto e solidale, se accoglieranno il suo accorato appello di spalancare le porte del loro cuore a Cristo e di costruire sulla solida roccia della sua Parola ogni loro progetto.
L'entusiasmo che genera queste giornate deve non solo accompagnarvi sulla via del ritorno ma contagiare anche i vostri coetanei che, per diversi motivi, sono rimasti a casa. Sappiamo bene che non si tratta di raccontare tanto la cronaca di ciò che abbiamo visto o fatto quanto di raccontare la nostra esperienza dell'incontro con Cristo, della gioia di aver incontrato un vero tesoro, che tutti possono fare proprio.
Grazie a Dio non mancano nelle nostre comunità giovani generosi che sanno trascinare con il loro impegno, esempio ed entusiasmo tanti coetanei. Giovani che dopo aver incontrato Cristo, riconoscendolo anche come l'unico Signore della vita, sono capaci di scelte coraggiose e prendere, se necessario, decisioni a volte eroiche.
Giovani capaci di mettere al servizio di Cristo e della Chiesa tutta la loro vita, maturando anche, al termine della GMG in terra tedesca, la loro vocazione al sacerdozio o alla vita religiosa, iniziando così un'altra bellissima ed affascinante avventura, alla completa sequela di Cristo.
Ci accompagni, in ogni nostro progetto da realizzare, l'esempio luminoso di Maria, donna eucaristica, che seppe contemplare e custodire gelosamente la presenza di Cristo nella sua vita, dai momenti gioiosi della sua nascita, a quelli dolorosi della sua passione e morte, fino a quelli pieni di speranza, dopo la sua resurrezione.




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