La vera
adorazione impegna tutta la vita
Domenico
Calcagno, vescovo di Savona-Noli
L'insieme dei
tre titoli delle Catechesi viene dettato dalla dinamica del racconto di Mt
2,1-12, individuata nei tre momenti: chiamata dei Magi attraverso i loro modi
di ricerca della verità; il riconoscimento del "re grande" e
l'adorazione "in casa"; il ritorno al paese di origine con il compito
della testimonianza.
L'adorazione e il riconoscimento attraverso i doni simbolici sono il punto
centrale del brano. La scelta di questo "racconto" non è estranea
alla presenza delle reliquie dei Re Magi nella Cattedrale di Colonia; la sua
interpretazione eucaristica è derivata dalla originale valenza cristologica e messianica.
Come non sottolineare la coincidenza tra l'anno dell'Eucaristia
(ott.2004-ott.2005) ed il tema della GMG di questi giorni che ne costituisce
una tappa particolare? Ricorda il Papa: "Portate all'incontro con Gesù
nascosto sotto i veli eucaristici tutto l'entusiasmo della vostra età, della
vostra speranza, della vostra capacità di amare" (MND 30).
Questa seconda
Catechesi viene intitolata «Incontrare Cristo nell'Eucaristia», Partendo dal
versetto "Videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo
adorarono" (Mt 2,11).
Alla luce del titolo generale della GMG ("Siamo venuti ad adorarlo"),
e della citazione biblica che introduce la liturgia della Parola
("Prostratisi lo adorarono") l'accento è posto sull'incontro
adorante, che conduce direttamente all'adorazione eucaristica. Però il titolo è
più ampio e non può prescindere dall'esperienza di Cristo in tutti gli aspetti
del mistero eucaristico. Anche il contesto del brano presenta l'adorazione come
"confessione", che non va disgiunta dalla significativa offerta dei
doni.
Da un punto di vista esegetico gli elementi che dobbiamo tenere presenti sono:
- l'entrata nella "casa" (la "casa" in Matteo spesso
significa "chiesa", dove Gesù può manifestarsi in tutta la sua natura
a coloro che lo accettano nella fede);
- l'incontro con il Bambino in braccio alla Madre;
- la proskinesis o adorazione perché si riconosce la presenza del
"re dei Giudei che è nato" o si intuisce la natura
dell'Emanuele";
- l'offerta dei doni che significano la fede.
Da Dio
all'uomo: l'incontro con Cristo
Volendo
guardare al tema che ci è stato proposto in un orizzonte più ampio è necessario
partire dalla considerazione del mistero dell'Amore infinito di Dio nei nostri
confronti. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
perché ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nel cieli in Cristo. In
Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati
al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per
opera di Gesù Cristo."(Ef 1,3-5)
Amici, noi siamo qui, oggi, perché da sempre Dio ci ha amati in un progetto di
amore più grande del nostro cuore ed ha impresso nella storia il progetto che
ripropone in termini credibili e visibili la sua grande passione per l'umanità.
Questo progetto è visibile e realizzato in Cristo Gesù. Infatti "Dio, che
aveva parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per
mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo
del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha
fatto anche il mondo."(Eb 1,1-2)
E' per questo che nel mistero del Natale noi abbiamo meditato e vissuto la
venuta del Figlio di Dio: il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo
a noi.
E' un mistero di grazia e di bontà che passa attraverso l'esperienza vissuta da
Gesù di Nazaret, Verbo incarnato.
E' un mistero che passa attraverso le sue azioni di ogni giorno: Gesù cresceva
in sapienza, in età e in grazia, viveva a Nazaret con Maria e Giuseppe, come
uno di noi. Tant'è che quando si presentò nella Sinagoga di Nazaret,
l'accoglienza non certo entusiastica che gli è stata riservata, partiva proprio
dalla affermazione 'non è costui il figlio del falegname?' Questa affermazione
mette in risalto quanto sia stata discreta la presenza di Gesù nel suo paese:
si è trattato di una presenza viva e semplice, che non aveva suscitato nessun
clamore particolare. Ma era pur sempre la presenza reale del Figlio di Dio, che
cresceva in sapienza, in età e in grazia.
Anche nell'Eucaristia troviamo una presenza discreta, silenziosa, ma reale e
preziosa per la nostra vita. Come vedremo, noi incontriamo nell'Eucaristia una
persona concreta, con il carico di esperienze vissute, radicate nella sua
personalità divina, perché parlare dell'Eucaristia non è altro che parlare di
Cristo.
Possiamo notare che le concrete esperienze di Cristo, quali ci sono presentate
nella Bibbia, sono molteplici: sia il Cristo storico (i discepoli, le folle, le
autorità, persone particolari, seguendo le loro professioni di fede), sia il
Risorto nel contesto delle apparizioni (le donne, la Maddalena, Pietro e
Giovanni, Tommaso, i discepoli di Emmaus…), sia il Risorto nell'esperienza di
Paolo di Tarso;
Possiamo inoltre considerare tutte le manifestazioni che indicano:
- lo stupore e l'ammirazione generati per il bene fatto o per il suo
"crescere in grazia" davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,40),
- il timore che viene generato quando i beneficati si rendono conto che
nella persona di Gesù agisce il "dito di Dio" (Lc 11,14-20),
- il gesto di adorazione timorosa di Pietro dopo la pesca miracolosa (Lc
5,8) o quando Cristo si dimostra dominatore della tempesta (Mc 5,35-41);
- l'adorazione di Tommaso davanti al Risorto nel contesto della sua
"confessione": "Mio Kyrios e mio Dio" (Gv 20,24-29).
Il senso profondo dell'adorazione di Cristo è che egli è Dio. Non solo: egli è
Dio incarnato e quindi diventa per l'uomo il vero e unico luogo dell'incontro
con Dio, con il Padre.
Incontro con Cristo nella Chiesa
La
Chiesa sorge dall'incontro con Cristo: è la comunità dove Cristo e lo Spirito
fanno trasparire la loro presenza e che per questo incute timore e ammirazione
(At 4,33).
La natura stessa della Chiesa si presente a noi come luogo della presenza di
Cristo, secondo uno schema che parte dal senso della presenza di Dio negli
avvenimenti umani, o lo "Esserci di Dio" nella storia del popolo
dell'alleanza (teologia del "Nome" – JHWH: Io [ci] Sono – Ti
accorgerai che Io [ci] Sono: Incontro, esperienza , confessione) per
svilupparsi poi nel progressivo realizzarsi della Presenza secondo la visione
di Matteo:
- Gesù è la realizzazione perfetta di questo "Esserci di Dio":
è l'Emmanuele, Dio con noi con una presenza addirittura personale nel mistero
della Incarnazione e nel sacramento dell'Eucaristia;
- la Chiesa è il luogo della esperienza di Cristo: dove sono due o tre
riuniti nel mio Nome, Io Sono in mezzo a loro (Mt 18); l'esperienza della
presenza è legata al momento della preghiera comune (liturgia) per guadagnare
il fratello che pecca, in particolare nella celebrazione dell'Eucaristia;
- la Chiesa è inviata a battezzare e a insegnare: è il luogo
dell'esperienza del Pneuma o del Kyrios Risorto: Io sono con voi, tutti i
giorni sino alla fine del mondo (Mt 28,20). Si tratta di una presenza dinamica:
Mi è stato dato ogni potere: andate dunque… L'incontro è esperienza di una
dimensione divina.
Incontro con Cristo nell'Eucaristia
In
questo contesto ci viene in aiuto la visione cristologica di Marco. L'invito di
Gesù a mangiare con Lui la Pasqua è il culmine della sequela da parte del
discepolo. E' una serie di sei inviti che scandiscono la progressiva sequela.
Nella prima colonna viene indicata la tappa del cammino compiuto da Gesù con i
"suoi"; nella seconda viene ricordato il "sommario"
dell'attività di Gesù in questa tappa; la terza colonna presenta nelle ultime
tappe la difficoltà dei discepoli ad accettare l'insegnamento di Gesù
"Figlio dell'uomo"; l'ultima l'invito formale a seguirlo nonostante
le difficoltà:
tappa del cammino comune sommario su Gesù difficoltà invito a seguirlo
PRIMA: 1,14 3,6
vocazione individuale 1,14 15 1,16 20;
SECONDA:3,7 6,6a
costituzione come gruppo 3,7 12 3,13 19
TERZA: 6,6b 8,30
missione con potere 6,6b 7 6,8 13;
QUARTA: 8,31 10,52
invito a prendere la croce 8,31 32a 8,32b 33 8,34 9,1
invito a essere ultimi 9,30 32 9,33 34 9,35
invito a servire 10,32 34 10,35 40 10,41 45
QUINTA: 11,1 13,37
invito al culto nuovo 11,1 10 11,11 21 11,22 25
SESTA: 14,1 16,8
invito a mangiare la pasqua 14,1 3 14,19
e 14,19 e 14,10 11 1,412 16
L'insieme degli
inviti è un itinerario preciso di una esperienza-incontro sempre più decisivi:
- invito a seguirlo individualmente;
- invito a "a stare con lui" nel gruppo della Chiesa, che
costituisce la "sua nuova casa" i "suoi" a cui affida il
mistero del Regno;
- invio in missione con il potere dei miracoli per liberare il mondo
dalla schiavitù del demonio;
- invito ad essere i protagonisti della nuova alleanza nel suo sangue in
una liturgia che non sia apparenza, in una comprensione profonda della Legge e
in una realtà definitiva purificata dall'eredità del peccato
- invito a magiare con Lui la Pasqua: l'Ultima Cena come momento in cui
Cristo guarda in faccia la sua morte e ne vive in anticipo nello spessore del
sacramento il senso di vittoria.
"Mangiare la Pasqua con Lui" è un'esperienza che "ricorda"
il suo sacrificio, ma è anche un momento in cui il discepolo è chiamato, in
unione al sacrificio di Cristo, a guardare in faccia la propria morte, i propri
momenti di croce o di crescita dolorosa per viverne in anticipo il senso di
vittoria attraverso Cristo.
- triplice invito a seguirlo nel misterioso cammino che lo porterà a
Gerusalemme come Figlio dell'uomo;
Esperienza di Cristo nella celebrazione eucaristica
Ricevuto
il comando di celebrare la Pasqua "in sua memoria" la Chiesa vive i
suoi momenti più forti nella celebrazione di questo "grande mistero".
Questa esperienza può essere percepita e quindi guidata:
- seguendo i vari momenti della celebrazione:
- le due grandi mense della Parola e del Pane eucaristico
- la dinamica del progetto rituale in cui si snoda la celebrazione:
riunione in comunità, confessione della propria necessità di Cristo, ascolto
della Parola, confessione della propria fede, offerta di se stessi,
consacrazione e azione trasformante dello Spirito, comunione sacramentale;
- passando in rassegna i veri aspetti della natura della celebrazione
eucaristica:
- banchetto a cui Cristo ci invita e in cui egli è cibo e servitore;
- alleanza che si rinnova "in Spirito e Verità";
- sacrificio che da' senso al nostro vivere e morire;
- testamento in cui il Signore continuamente passa le consegne a chi si
ciba di lui.
- vivendo con acuto senso di verità e di onestà spirituale il confronto
con il Corpo del Signore, secondo le vibranti indicazioni di 1 Cor 11,17-34:
- il confronto viene fatto tra il "corpo ecclesiale" e il
"corpo eucaristico";
- il punto preciso del discernimento è l'unità del corpo ecclesiale;
- si tratta di vita o di morte non "discernendo il corpo del
Signore".
1.
Riflessioni finali:
a. La profondità e la grandezza dell'amore di Dio si sono rese visibili in
Cristo.
E' chiaro, quindi, che noi siamo chiamati a considerare l'Eucaristia anzitutto
nella sua funzione salvifica sia per le singole persone che per tutta la
Chiesa.
Per questo si può affermare che l'Eucaristia è il cuore della Chiesa, perché da
essa nasce il nuovo popolo di Dio, come la Pasqua ebraica aveva segnato il
sorgere del Popolo di Israele.
Per ragioni di tempo non possiamo sviluppare con ampiezza il tema della Pasqua
ebraica, ma dobbiamo comunque mettere in risalto il duplice aspetto che essa
aveva di fatto storico e di celebrazione rituale.
Ed è molto importante mettere in risalto che sia il fatto storico che la
celebrazione rituale della Pasqua ebraica erano segnati da una forte proiezione
verso la vita, verso il futuro.
Quella forte tensione aveva lo scopo di mantenere viva la promessa della realtà
futura intesa come definitiva liberazione del popolo in una nuova Pasqua che
avrebbe stabilito l'inizio di una nuova era, una nuova stagione, nella quale
l'Alleanza sarebbe stata definitiva e la legge sarebbe stata scolpita
direttamente nel cuore dell'uomo, reso capace, dalla presenza dello Spirito, di
amare e di pensare secondo il cuore di Dio. Il cuore di pietra sarebbe stato
trasformato in cuore di carne!!
b. Cristo Pasqua
della nuova Alleanza.
L'avvenimento che dà senso compiuto alla storia e porta a realtà definitiva ciò
che era stato adombrato con la liberazione dall'Egitto e con la stipula della
Alleanza, è la vicenda personale e misteriosa di Cristo.
Egli, venuto per compiere la volontà del Padre, porta a compimento le promesse
antiche con una alleanza che sarà universale, perché sancita nel suo sangue
sparso per la moltitudine, e interiore perché darà una legge scritta nel cuore.
E' da notare che mentre il sangue dell'alleanza del Sinai era asperso sui
dodici cippi che rappresentavano le dodici tribù, il sangue dell'Alleanza di Cristo
viene dato da bere ai dodici apostoli: questo fatto nuovo, già preannunciato da
Gesù con le parole "chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue
non ha in sé la vita" e ancora"Io sono il pane della vita; chi viene
a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete" mette in
risalto che non siamo di fronte a simboli esteriori o a cose, ma si tratta di
un rapporto personale profondo come quello che lega la vite ai tralci e indica
la necessità di una adesione personale interiore talmente radicale da sfociare
in opere che sono nello stesso tempo proprie della persona, ma sono rese
possibili dalla vita, dalla luce e dalla forza che viene da Cristo per mezzo
del dono del suo Spirito.
c. Le due
finalità presenti nell'unico sacramento pasquale.
Nella celebrazione dell'ultima cena troviamo chiaramente indicate le due
finalità che caratterizzano la Pasqua: la liberazione e la alleanza. Non si
tratta di un accostamento casuale.
Le due prospettive infatti hanno una loro logica che le tiene unite: la
liberazione –non più da una schiavitù materiale ma dal male – è in vista della
costituzione della alleanza nuova, di un nuovo rapporto con Dio: siamo liberati
per essere suoi, perché siamo sua particolare proprietà, suo popolo libero e
amato. Addirittura ci chiama e siamo suoi figli.
Il suo corpo dato per noi ed il suo sangue sparso sono per la liberazione dal
male e per la costituzione di un popolo nuovo e di un cuore nuovo, capace di
seguire il comandamento nuovo di Gesù.
L'arcano e libero disegno di sapienza e di bontà dell'Eterno Padre non si è
fermato quindi alla creazione, ma ha uno scopo molto più alto: elevare gli
uomini alla partecipazione della sua vita divina, averli come figli e come
amici, per sempre.
d. L'Eucaristia
è memoriale della morte e risurrezione di Cristo.
L'ultima Cena che Gesù ha vissuto con i suoi apostoli, per il fatto stesso che
si collocava nel contesto del rito della Pasqua ebraica, portava con sé
necessariamente un riferimento al rito "memoriale", per cui la
celebrazione che già la prima comunità cristiana ha effettuato della "cena
del Signore", non poteva che essere fatta "in memoria" di
Cristo.
Il comando di mangiare il suo corpo sacrificato e di bere il suo sangue versato
per la nuova alleanza, con riferimento al pane e al vino della celebrazione
pasquale, implicava che nel futuro fosse ripetuto "in memoria di
lui", artefice della rinnovazione del cuore dell'uomo e fonte di
riconciliazione con Dio.
I gesti ripetuti e le parole che li accompagnano, diventano così il modo semplice
e misterioso di rendere in qualche modo visibile la realtà di ciò di cui si fa
memoria.
E questa visibilità di segni e di parole ha una duplice funzione: da una parte
mette di fronte a Dio le meraviglie del suo amore affinché egli si ricordi di
quello che ha fatto per la salvezza del suo popolo e anche perché,
ricordandosi, renda ancora e sempre efficace per noi la sua opera di salvezza.
Ma la visibilità del pane e del vino consacrati, mettono anche di fronte a noi
le meraviglie di Dio, Cristo che personalmente si offre al Padre per la
salvezza dei suoi fratelli: questa è la meravigliosa opera di Dio.
Gesù nell'ultima cena si colloca nell'atteggiamento di azione di grazie e nel
clima del memoriale, mettendo in evidenza il compimento in sé delle meraviglie
compiute dal Padre che aveva tanto amato gli uomini da mandare il suo Figlio a
salvare il mondo, non a giudicarlo (Gv 3,17).
Il suo sacrificio, offerto per tutti, consente di realizzare la nuova alleanza,
sottoscritta con il suo stesso sangue.
Quando Gesù siede a mensa con i suoi apostoli, sa di celebrare un rito
memoriale, ma egli sa anche che fra due giorni sarà Pasqua ed egli sarà
consegnato per essere condannato a morte: quella sarà la sua Pasqua, il suo
passaggio da questo mondo al Padre.
A questa realtà nuova, del suo sacrificio, faranno riferimento i suoi discepoli
celebrando le meraviglie compiute dal Signore attraverso un memoriale di natura
sacramentale: in questo modo si stabilisce un intimo e inscindibile legame tra
l'avvenimento ed i segni del rito pasquale.
e. Il memoriale
nell'Eucaristia della Chiesa.
Ciò che era stato promesso, in Cristo diventa realtà e quindi gli avvenimenti
celebrati nel memoriale superano la promessa ed esprimono una valenza di
redenzione eterna: il futuro ormai è quello che ci inserisce direttamente nel
mistero della vita di Dio, è l'oggi perenne di Cristo. Lui la vite e noi i
tralci, per portare frutti di vita.
Passando da questo mondo al Padre attraverso la morte e la resurrezione, Gesù
ha portato a compimento in se stesso la salvezza di tutti gli uomini e così,
per ritrovare l'amicizia di Dio, per essere liberati dal peccato ed essere
parte del popolo santo di Dio, occorre partecipare al mistero di Cristo nel
quale annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua resurrezione, in attesa della
sua venuta.
f. La presenza
reale nell'Eucaristia.
Il pane ed il vino consacrati per la nostra salvezza, sono destinati a
diventare nostro cibo e nostra bevanda: indicano un mistero di comunione e
identificazione, ma anche dopo la celebrazione, conservano sempre intatta la
nuova realtà di essere corpo di Cristo dato per noi e sangue di Cristo sparso
per la salvezza del mondo: sono la meravigliosa opera di Dio posta di fronte a
noi e conservano sempre l'intimo e inscindibile legame tra l'avvenimento di cui
sono memoria ed i segni del rito pasquale.
E' evidente quindi che anche nella adorazione Eucaristica noi ci troviamo di
fronte a Cristo salvatore presente per essere nostro cibo e bevanda, nostro
amico e fonte di vita.
I Magi, vedendo il bambino deposto nella mangiatoia, si prostrarono per
adorarlo. Noi, nell'Eucaristia, siamo di fronte a Cristo nel suo atteggiamento
di obbedienza e oblazione al Padre per essere dono di vita e di salvezza per
noi: dobbiamo a nostra volta metterci in adorazione di fronte al Santissimo
Sacramento per rendere continua l'esperienza della sua presenza vivificante
durante la giornata, in contemplazione e adorazione del mistero di grazia e di
vita del quale siamo stati resi partecipi.
La Eucaristia è veramente il cuore della Chiesa, è il culmine e la fonte di
tutta la vita cristiana: dal mistero celebrato, partecipato e adorato sgorgano
gli effetti di grazia nelle singole persone e nella Chiesa intera.
La configurazione a Cristo, l'appartenenza a Lui, come suo corpo dilatato nel
tempo e nello spazio, ci fa comprendere a quale profondità scende l'effetto
dell'incontro con Cristo Salvatore.
Il dono del suo Spirito rende la nostra debole umanità e l'umanità della Chiesa
capace di cose grandi, perché ci ristabilisce nella amicizia filiale di un
popolo liberato dal male e trasferito nel Regno del Figlio. Noi siamo a Lui
uniti, apparteniamo a Lui, chiamati ad osservare i suoi precetti di carità, di
umiltà, di servizio.
Maria, icona della Chiesa
In Maria la partecipazione alla vicenda di Cristo è piena e pienamente
condivisa: in Lei grandi cose ha fatto l'Onnipotente, da Lei è nato, per avere
accolto l'annuncio dell'Angelo, il Redentore. Da Lei, che per prima ha adorato
il redentore del mondo appena nato e conservava la Parola di Dio nel suo cuore
lasciandosi modellare dallo Spirito Santo, impariamo a vivere in atteggiamento
di ascolto, di fede e di com-passione con Cristo nostro Signore in attesa
dell'incontro definitivo in Cielo, finché Egli venga.
Vivere nel mondo come veri adoratori di Dio
L'insieme dei tre titoli delle Catechesi viene dettato dalla dinamica del
racconto di Mt 2,1-12, individuata nei tre momenti: chiamata dei Magi
attraverso i loro modi di ricerca della verità; il riconoscimento del "re
grande" e l'adorazione "in casa"; il ritorno al paese di origine
con il compito della testimonianza. L'adorazione e il riconoscimento attraverso
i doni simbolici sono il punto centrale del brano. La scelta di questo
"racconto" non è estranea alla presenza delle reliquie dei Re Magi
nella Cattedrale di Colonia; la sua interpretazione eucaristica è soltanto
derivata dalla originale valenza cristologica e messianica.
Questa terza
catechesi è intitolata: Vivere nel mondo come veri adoratori di Dio, partendo
dall'affermazione di Matteo: "Per un'altra strada fecero ritorno al loro
paese" (Mt 2,12)
Da un punto di
vista esegetico gli elementi che dobbiamo tenere presenti sono:
- l'entrata nella "casa" (la "casa" in Matteo spesso
significa "chiesa", dove Gesù può manifestarsi in tutta la sua natura
a coloro che lo accettano nella fede);
- l'incontro con il Bambino in braccio alla Madre;
- la proskinesis o adorazione perché si riconosce la presenza del
"re dei Giudei che è nato" o si intuisce la natura
dell'Emanuele";
- l'offerta dei doni che significano la fede.
- il ritorno a casa per un'altra strada.
Eucaristia culmine e fonte della vita della Chiesa
Certamente già avete riflettuto nella precedente catechesi sul mistero
dell'Eucaristia, culmine e fonte della vita della Chiesa.
Cerchiamo, in questa terza catechesi, di considerare la collocazione di questo
grande mistero all'interno della vita della Chiesa e della nostra vita. Meglio
dovremmo dire che dobbiamo collocare la nostra vita e la vita della Chiesa
all'interno del grande mistero dell'amore di Dio, l'Eucaristia.
Guardando al grande mistero, bisogna tenere presente che c'è un
"prima" della celebrazione, come per i Magi c'è stato un prima
dell'incontro adorante con Gesù.
Bisogna saper portare all'altare la realtà che forma la nostra vita; anche il
riconoscimento dei propri peccati o di quanto manchi ancora alla realizzazione
del disegno di Dio è punto sufficiente di partenza;
c'è un "durante" la celebrazione eucaristica:
- il rinnovamento dell'alleanza nel sangue del Signore;
- l'aspetto di sacrificio dell'Agnello "che toglie il peccato del
mondo";
- l'aspetto di "testamento" del Signore, nella consegna del
comando "nuovo"
Tutte le componenti teologiche ci possono far comprendere la realtà
dell'esperienza del cristiano nel "mistero della fede"; soprattutto
il lasciarci elevare dall'azione santificatrice e riunificatrice dello Spirito,
per formare il Corpo del Signore: la sua Chiesa;
c'è un "dopo" la celebrazione:
ci sono aspetti della celebrazione eucaristica che puntano soprattutto sul
dopo, come la consegna della responsabilità della Chiesa per il mondo: Cristo
morente lascia la Chiesa come sua sposa perché possa generare figli allo Sposo
di sangue attraverso la Parola seminata, la celebrazione dei sacramenti e la
testimonianza della vita.La presenza reale di Cristo anche dopo la
celebrazione, fa memoria di questo compito della Chiesa tutta.
Per il cristiano, quindi, l'Eucaristia deve essere esperienza di Chiesa, per
potervi incontrare Cristo:
- le singole persone devono inserirsi, con la loro fisionomia,
nell'organismo vivo della Chiesa, per vivere come carisma ecclesiale l'insieme
dei doni che esse hanno;
- l'esperienza viva del momento sacramentale si deve quindi proiettare
nel momento della testimonianza e del compito nei riguardi dell'umanità intera,
alla maniera dei Profeti che riconoscono l'azione di Dio, la preparano e
l'accompagnano.
L'oggetto della loro conoscenza e della loro predicazione non è il
"futuro", ma il progressivo inserirsi di Dio nella storia
dell'umanità.
Al tempo del NT l'inserimento di Dio è la sua presenza personale, che i profeti
del NT devono saper discernere, illuminare e proclamare. L'esserci di Dio, è
appunto l'Emmanuele, soprattutto nel momento della Resurrezione del Figlio
dell'uomo, e nel suo rimanere con noi.
La presenza di Cristo nella storia dell'umanità
Parallelamente alla serie di testi che parlano della presenza di Dio in
Cristo, di Cristo nella Chiesa che prega, del Risorto nella missione è
significativo considerare l'inserimento di Cristo nell'umanità nella visione
del vangelo di Matteo:
- Mt 5,1-16: Troviamo la proclamazione delle Beatitudini: all'inizio del
suo apostolato Cristo indica le categorie di persone che possono comprenderlo:
visivamente possiamo descrivere Gesù che si pone davanti a coloro che possono
avere una esperienza forte del Regno; chiama a sé i suoi discepoli perché
possano avere sollievo e forza: "Venite a me voi tutti che siete
affaticati .."( Mt 11,25-30.
L'immagine del giogo ci indica Gesù che si abbassa fino ad offrirsi come
compagno di lavoro per portare insieme il peso della fatica e dell'oppressione,
e si identifica con i poveri. (Mt 25,31-46)
Anche il miracolo della moltiplicazione del pane e la ricerca di Gesù da parte
dei presenti, ci porta a considerare l'adorazione come riconoscimento di una
presenza, della presenza di Cristo.
E Luca, nel suo Vangelo e negli Atti degli Apostoli, ci presenta una serie di
impegni vissuti dalla prima comunità cristiana, dai quali non possiamo
esimerci:
- Condividere il pane eucaristico:
- Cristo lo si riconosce allo spezzare il pane
- Chiesa apostolica fedele alla didaché degli apostoli, alla koinonia,
alla frazione del pane, alle preghiere.
Il fedele che riceve e incontra Cristo nell'Eucaristia e ascolta la Parola:
accoglie, comprende, custodisce, ringrazia, adora, fa fruttificare.
Il sacrificio di Cristo ed il 'sacrificio spirituale' della Chiesa
nell'Eucaristia
I Magi,
compiuta la loro ricerca e trovato il Messia, sono ritornati al loro paese.
Avevano adorato il bambino e non si erano fermati, perché dovevano ritornare
alle loro case. Così è e sarà per noi: torneremo al nostro paese, alla vita di
ogni giorno, con la ricchezza del dono che viene da Cristo.
Faremo tesoro del comando che Gesù ha dato ai suoi discepoli: "Fate questo
in memoria di me, ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di
questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga" (1
cor 11,25-26).
Partendo da quel comando la Chiesa ha sempre inteso rinnovare il sacrificio di
Cristo celebrando l'Eucaristia e ha riconosciuto che il pane e il vino
consacrati, diventano il Corpo e il Sangue del Signore risorto, pur conservando
le apparenze di pane e di vino: sapremo anche noi riconoscere e adorare il
Signore Gesù nell'Eucaristia.
Come possiamo meglio esplicitare l'atteggiamento che ci è richiesto di fronte
all'Eucaristia?
Ancora oggi, le preghiere eucaristiche che utilizziamo indicano chiaramente che
anche noi abbiamo l'intenzione di collocarci nella prospettiva che aveva
caratterizzato Gesù quando si era proposto come liberatore-redentore e
fondamento della nuova alleanza:
• la lode di ringraziamento al Padre per tutti i benefici che ha donato, per le
meraviglie del suo amore, perché ha tanto amato gli uomini da mandare il suo
figlio come redentore e
• l'attenzione posta affinché i discepoli comprendessero che il mistero della
sua passione e morte non era 'per caso', ma era il compimento della volontà del
Padre, in un gesto di donazione piena per i suoi fratelli.
Gesù dunque ha ordinato ai suoi discepoli di prendere e di mangiare quel pane,
di prendere e di bere quel vino, dicendo che ogni volta che avrebbero compiuto
quel mistero, lo avrebbero compiuto in memoria di Lui, in attesa della sua
ultima venuta.
Mi chiedo con voi: che cosa voleva far comprendere Gesù ai suoi discepoli con
quelle parole?
Fate questo in memoria di me indica certamente il rito celebrativo riferito al
mistero della sua morte e resurrezione.
Ma il 'questo' cui Gesù si riferisce non è soltanto il rito: è anche e più
profondamente tutto il mistero di grazia e di redenzione che era espresso nei
gesti e nelle parole del rito.
Davanti al Padre Cristo una volta per tutte ha annullato il peccato con il
sacrificio di se stesso e di conseguenza Cristo non ha bisogno di offrire
sacrifici ogni giorno. Perché dunque Gesù chiede di rinnovare in sua memoria
quel rito sacramentale, finché Egli venga?
E' certamente riduttivo pensare solo al rito: occorre andare oltre e
comprendere ciò che nel rito è espresso, perché è quello che Gesù intende che i
suoi discepoli compiano, rinnovando il rito e prolungandone gli effetti nella
vita.
Torniamo allora a Gesù: che ha fatto nell'ultima cena?
- Cristo ha pregato con la preghiera di lode-ringraziamento rivolta al
Padre
- Ha presentato al Padre, in obbedienza e fedeltà l'offerta di se stesso
e ha fatto della sua vita un 'sacrificio spirituale', fatto secondo lo Spirito
di Dio.
- Affinché gli Apostoli comprendessero il senso sacrificale della sua
imminente passione e morte, ha trasferito nei segni sacramentali del pane e del
vino il riferimento al suo corpo sacrificato e al suo sangue versato per
l'alleanza: questo è il mio corpo, questo è il calice della nuova alleanza nel
mio sangue.
- Ha dato ai suoi Apostoli da mangiare il suo corpo e da bere il suo
sangue per indicare il mistero di immedesimazione-identificazione con il suo
sacrificio (che culminava negli eventi pasquali, ma era espresso in tutti i
momenti della sua vita), comandando, infine, che tutto questo d'ora in poi lo
facessero in memoria di Lui.
Comprendiamo allora, amici, che Gesù ha indicato non solo un rito, ma ha
indicato anche il modo in cui i suoi discepoli avrebbero dovuto celebrare quel
rito, rendendosi parte viva del significato e del contenuto del gesto rituale
con una preghiera di lode-ringraziamento al Padre per tutto quello che il Padre
ha fatto per mezzo del Figlio suo nello Spirito Santo e con un impegno
conseguente a fare essi, per Cristo e nello Spirito Santo, la volontà del Padre
ogni giorno della vita.
Anche per i discepoli, per la Chiesa, per noi che siamo qui, l'incontro con
Cristo nell'Eucaristia deve diventare un sacrificio spirituale, reso possibile
dallo Spirito (pregate fratelli perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a
Dio Padre onnipotente..)
Il pane ed il vino portati all'altare per l'offerta, esprimono simbolicamente
la volontà del celebrante e di tutta la comunità di essere sacrificio
spirituale gradito al Padre ed il Padre vede in essi il medesimo valore che
avevano la sera dell'ultima cena: coinvolgono la Chiesa nell'offerta che Cristo
ha fatto di sé al Padre, per una vita di amore e di oblazione.
E' Cristo stesso che prende in mano il pane ed il vino offerti dai discepoli e
dà a quell'offerta la stessa consistenza del suo sacrificio spirituale offerto
una volta per sempre. Egli riconosce in quell'offerta, sebbene povera e debole,
la volontà di obbedienza e di fedeltà alla parola del Padre che aveva lui e
unendo a sé la sua comunità può ancora dire, su quel pane e su quel vino
'Questo è il mio corpo…questo è il calice del mio sangue..'
E' evidente che è sul pane e sul vino offerti sull'altare, nei quali il
sacrificio di Cristo si unisce al sacrificio della sua Chiesa, che sono
indirizzati il gesto e le parole di consacrazione, ma lo Spirito Santo invocato
nella celebrazione liturgica, agisce anche sulla Chiesa, il cui 'sacrificio
spirituale' viene integrato nel sacrificio di Cristo, 'per compiere quello che
manca alla Passione di Lui.' (Col 1,24)
'Fate questo in memoria di me' assume allora le dimensioni del vissuto
quotidiano in una configurazione a Cristo di tutta la Chiesa, per essere veri
adoratori di Dio, secondo la richiesta di Gesù. E infatti le parole usuali che
pronunciamo dopo la consacrazione ci ricordano bene questo legame inscindibile:
annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua
venuta.
Anche il fare la comunione, allora, e la adorazione eucaristica durante la
giornata, non esprimono semplicemente un atto di devozione, ma dicono dal
profondo del cuore l'accettazione-immedesimazione nel sacrificio di Cristo che
è pane di vita eterna: finalmente comprendiamo il significato di quel pane che
ci dà vigore e ci rende sempre più capaci di fare della volontà del Padre il
nostro cibo.
Ci ricorda Sant'Agostino che "nella sua umanità Cristo è sacerdote, anzi è
nello stesso tempo offerente e offerta. E di questa sua realtà egli ha voluto
che ne fosse sacramento quotidiano il sacrificio della Chiesa; in esso infatti
la Chiesa, essendo corpo di Cristo, impara ad offrire se stessa per mezzo di
lui". (De Civ. Dei 10,20)
Riflessioni finali
I sacramenti sono per noi uomini, perché possiamo incontrare Cristo e, aderendo
a Lui, possiamo essere compartecipi della sua stessa vita come Figli e amici di
Dio.
Questa affermazione vale in modo particolare per l'eucaristia: nella
celebrazione Eucaristica, infatti, il mistero di grazia e di bontà che fluisce
per opera dello Spirito Santo, ci configura a Cristo Gesù, ci rende parte viva
del popolo di Dio, popolo della nuova Alleanza, capaci di offrire il nostro
sacrificio povero e debole, ma che, unito al sacrificio di Cristo trasforma
anche noi interiormente a sua immagine, come veri adoratori del Padre.
La vera adorazione sgorga dal cuore rinnovato e impregna tutta la vita: è il
frutto dell'incontro personale con Cristo che produce in noi una vera
conversione e si esprime nel concreto delle nostre scelte quotidiane.
Il Vangelo precisa che, dopo avere incontrato Gesù, i Magi tornarono al loro
paese per un'altra strada.
Certamente avevano scelto di non tornare da Erode, ma quella scelta di 'tornare
per un'altra strada' indica anche a noi l'esigenza di una conversione profonda,
per diventare veri adoratori del Padre, come Gesù desidera.
Questo è reso possibile dal dono dello Spirito che Cristo fa ai suoi discepoli,
a coloro che ascoltano la sua Parola e vogliono seguirlo per le strade della
vita.
Non per nulla, come già ho ricordato, la preghiera eucaristica presenta due
invocazioni dello Spirito Santo: una prima, chiede che Egli trasformi le
offerte nel corpo e nel sangue del Signore; l'altra, chiede che egli produca in
noi il frutto di quella presenza, mediante l'amore che ci riunisce in un solo
corpo.
Grazie al dono dello Spirito, appare l'intima comunione di Cristo e della sua
Chiesa che si fanno reciproco dono.
C'è nell'Eucaristia un ricorrente rapporto tra corpo sacramentale e corpo
ecclesiale, come due forme diverse dell'unico corpo di Cristo, nato da Maria
Vergine ed ora glorioso alla destra del Padre"(ECC 17). Anche l'adorazopne
eucaristica deve richiamare questa realtà.
Il Concilio Vaticano II, parlando della Chiesa, la collega direttamente al
mistero della redenzione operato da Cristo. Questo vale non solo per il sorgere
della Chiesa, popolo della nuova alleanza, corpo mistico di Cristo, ma vale in
riferimento alla vita continua di grazia e di configurazione a Cristo: 'Ogni
volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale,
è stato immolato, viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra
redenzione'(LG 3).
La Eucaristia è veramente il cuore della Chiesa, è il culmine e la fonte di
tutta la vita cristiana: dal mistero celebrato e partecipato sgorgano gli
effetti di grazia nelle singole persone e nella Chiesa intera.
Eucaristia e Chiesa.
La configurazione a Cristo, l'appartenenza a Lui, come suo corpo dilatato nel
tempo e nello spazio, ci fa comprendere a quale profondità scende l'effetto
dell'incontro con il Salvatore. Il dono del suo Spirito rende la nostra debole
umanità e l'umanità della Chiesa capace di cose grandi, perché ci ristabilisce
nella amicizia filiale di un popolo liberato dal male e trasferito nel Regno
del Figlio. Noi siamo a Lui uniti, apparteniamo a Lui, chiamati ad osservare i
suoi precetti di carità, di umiltà, di servizio.
'Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane
eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: "poiché
c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi
tutti di uno stesso pane"(1Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di
quel corpo "e siamo membri gli uni degli altri"(Rom 12,5).
Siamo configurati a Cristo nel particolare atteggiamento che lo caratterizza
nella celebrazione della Pasqua: è Gesù che si dona al Padre per i suoi
fratelli, per radunare tutte le genti nell'unità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. L'atteggiamento che l'Eucaristia richiede alla Chiesa intera, è
un atteggiamento di adorazione-lode-riconoscenza verso il Padre e di donazione
per essere carità condivisa con tutti, come è stato Cristo che ci offre il suo
corpo dato a morte ed il suo sangue sparso in remissione dei peccati e per una
alleanza nuova.
La comunità di Gerusalemme, descritta nei primi capitoli degli atti degli Apostoli
e più sopra richiamata, ci ricorda che il fondamento della comunione ecclesiale
sta nello spezzare il pane e nella condivisione dei beni
Per edificare la Chiesa (pag. 23 ECC n. 26)
1. Educati alla testimonianza: nella Chiesa sono visibili le grandi opere di
Dio
2. Educati alla missione: inviati al mondo intero. Anche se Gesù non avesse
dato il mandato missionario, la assunzione del suo atteggiamento avrebbe
condotto alla stessa conclusione: Gesù è il Cristo, noi non possiamo tacere.
"Quello che abbiamo visto e contemplato con i nostri occhi, toccato con le
nostre mani, mangiato con la nostra bocca, non solo dobbiamo annunziarlo ma
viverlo, rendendo 'Eucaristia' tutti i nostri rapporti col mondo, fino alla
testimonianza del martirio al quale Cristo ci chiama per essergli
somiglianti" (Cat. Adulti pag. 244).
Se così è, anche
per noi vale l'esclamazione: senza Eucaristia non possiamo vivere! Non è una
esclamazione sentimentale; è un forte riconoscimento delle grandi opere
compiute dal Signore per cui senza l'incontro con il Signore, la nostra vita è
vuota e rischia di restare senza senso.
E' Cristo, infatti, la fonte viva, è lui il centro, il cuore della nostra
esistenza: di ognuno di noi e di tutta la Chiesa. Nel mistero della cena
riviviamo il nostro coinvolgimento personale ed ecclesiale in pienezza, in
attesa della liturgia del cielo.
Adorare è "servire" questa presenza
Come i
profeti: non con una predicazione da "ambasciator non porta pena", ma
con tutto il personale coinvolgimento nel messaggio che si porta, perché il
giudizio di Dio, la sua presenza di fuoco la dobbiamo prima di tutto provare in
noi stessi.
Si è "luce [di Cristo] per il mondo" e "sale che da' sapore alla
pasta" con la proclamazione personale delle beatitudini "in
situazione" e immergendosi nelle realtà umane con questa coscienza,
sapendo in particolare riconoscere e adorare il Signore Gesù nel Sacramento
dell'Eucaristia lungo tutto il trascorrere dei giorni;
Mangiando il pane eucaristico e incontrando il Signore Gesù nel Sacramento dell'Eucaristia,
dobbiamo imparare a con-dividere i beni della terra come condividiamo il pane
eucaristico:
- Cristo lo si riconosce allo spezzare il pane come i discepoli di
Emmaus,
- la Chiesa apostolica era fedele alla didaché degli apostoli, alla koinonia,
alla frazione del pane, alle preghiere.
Così la Chiesa eucaristica deve diventare un richiamo vivo alla società per una
sempre maggior giustizia sociale, per una equa distribuzione dei beni, per un
servizio reale dei poveri. L'adorazione della presenza di Cristo deve portare a
riconoscerlo particolarmente nei poveri e nei sofferenti, per una azione sempre
più decisa per la costruzione del Regno di Dio: come in cielo così in terra (Mt
6,10).
Come Maria
Come Maria, anello debole della catena dell'autosufficienza dell'uomo sempre
aperta al trascendente e capace di farlo incarnare in se stessa: ascolta la
Parola di Gesù, l'accoglie, la comprende, la fa fruttificare, la custodisce.
In Maria la partecipazione alla vicenda di Cristo è piena e pienamente condivisa:
in Lei grandi cose ha fatto l'Onnipotente, da Lei è nato, per avere accolto
l'annuncio dell'Angelo, il Redentore. Da Lei, che conservava la Parola di Dio
nel suo cuore, e si è lasciata modellare dallo Spirito Santo, impariamo a
vivere in atteggiamento di ascolto, di fede, di adorazione e di com-passione
con Cristo nostro Signore in attesa dell'incontro definitivo in Cielo, finché
Egli venga.
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