Come
sentinelle
«Videro
il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono» (Mt 2,11) Cari
amici, "Cerco per tutta la storia il Tuo Corpo, / cerco la Tua
profondità": con questo verso scritto da Karol ...
Pietro
Fragnelli, vescovo di Castellaneta
"Cerco per
tutta la storia il Tuo Corpo, / cerco la Tua profondità": con questo verso
scritto da Karol Wojtyła nell'Invocazione della Veglia Pasquale 1966 vi
accolgo a questa catechesi sul tema "Incontrare Cristo
nell'Eucaristia".
1. Misteriosamente
contemporaneo
Anche voi
cercate Lui nella profondità del suo Corpo. Cercate l'incontro con Lui per
tutta la storia vostra e dell'umanità. In questo un appuntamento straordinario
Egli vuole consegnarsi tutto - a voi ed a tutti - nel suo Corpo.
Giovanni Paolo II ci guiderà alla riscoperta poetica e teologica del
"Corpo eucaristico", che rende Cristo misteriosamente
"contemporaneo" di ogni generazione. Lasciamoci introdurre dalla sua
testimonianza globale, così come l'ha consegnata nella conclusione
dell'Enciclica sull'Eucaristia:
« Ave, verum corpus natum de Maria Virgine! ». Pochi anni or sono ho celebrato
il cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio. Sperimento oggi la grazia di
offrire alla Chiesa questa Enciclica sull'Eucaristia, nel Giovedì Santo che
cade nel mio venticinquesimo anno di ministero petrino. Lo faccio con il cuore
colmo di gratitudine. Da oltre mezzo secolo, ogni giorno, da quel 2 novembre
1946 in cui celebrai la mia prima Messa nella cripta di San Leonardo nella
cattedrale del Wawel a Cracovia, i miei occhi si sono raccolti sull'ostia e sul
calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo « contratti » e il
dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la sua misteriosa «
contemporaneità ». Ogni giorno la mia fede ha potuto riconoscere nel pane e nel
vino consacrati il divino Viandante che un giorno si mise a fianco dei due
discepoli di Emmaus per aprire loro gli occhi alla luce e il cuore alla
speranza (cfr Lc 24, 13-35). (cfr. Ecclesia de Eucharistia, n. 59).
Una testimonianza – quella di Giovanni Paolo II – accolta e rilanciata da
Benedetto XVI in tante occasioni. Ricordiamo, per tutte, l'omelia tenuta a
Bari, durante la messa per la conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale:
"Il Figlio di Dio, essendosi fatto carne, poteva diventare Pane, ed essere
così nutrimento del suo popolo in cammino verso la terra promessa del Cielo.
Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del
viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per attingere
forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi
semplicemente un dovere imposto dall'esterno. Partecipare alla Celebrazione
domenicale e cibarsi del Pane eucaristico è un bisogno per il cristiano, il
quale può così trovare l'energia necessaria per il cammino da percorrere. Un
cammino, peraltro, non arbitrario: la strada che Dio indica mediante la sua
Legge va nella direzione iscritta nell'essenza stessa dell'uomo. Seguirla
significa per l'uomo realizzare se stesso; smarrirla equivale a smarrire se
stesso".
Siamo a Colonia proprio perché abbiamo superato o desideriamo superare ogni
forma di smarrimento. La meta finale ci interessa. Ci serve il pane che ci
permette di giungere alla meta, perché è il pegno del traguardo, come dice
Giovanni Paolo II:
Lasciate, miei carissimi fratelli e sorelle, che io renda con intimo trasporto,
in compagnia e a conforto della vostra fede, la mia testimonianza di fede nella
Santissima Eucaristia. « Ave, verum corpus natum de Maria Virgine, / vere
passum, immolatum, in cruce pro homine! ». Qui c'è il tesoro della Chiesa, il
cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche
inconsapevolmente, anela. Mistero grande, che ci supera, certo, e mette a dura
prova la capacità della nostra mente di andare oltre le apparenze. Qui i nostri
sensi falliscono – « visus, tactus, gustus in te fallitur », è detto nell'inno
Adoro te devote –, ma la sola fede, radicata nella parola di Cristo a noi
consegnata dagli Apostoli, ci basta. Lasciate che, come Pietro alla fine del
discorso eucaristico nel Vangelo di Giovanni, io ripeta a Cristo, a nome di
tutta la Chiesa, a nome di ciascuno di voi: « Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna » (Gv 6,68). (EdE, 60).
2. Prepariamoci all'incontro
Sin dall'inizio
facciamo nostra l'esortazione del profeta Amos: "Preparati all'incontro
con il tuo Dio, o Israele!" (4,12). Prepàrati! Cosa vuol dire questa
parola? Alcuni vi trovano un vago sapore di battaglia: la preparazione appare
come evento della vita militare, come mobilitazione di tutte le forze in vista
dell'incontro decisivo; altri ci trovano l'allusione ad una convocazione
liturgica imminente, da impostare e gustare; altri, infine, il richiamo al
cambiamento morale, al pentimento necessario per avere un incontro personale
con Dio.
Anche tu, amico,
amica, preparati all'incontro con Dio in questo evento eccezionale di Colonia.
Ti piace sentirti chiamare sentinella? Allora preparati nella lotta spirituale
all'incontro con il tuo Comandante! Ti senti innamorato della preghiera e del
silenzio? Allora preparati all'incontro con il Santo, di cui sei e vuoi essere
servo, serva! Oppure avverti fortemente che sei peccatore, indegno di
accoglierlo nel tuo cuore? Allora preparati come Zaccheo a riceverlo nella tua
casa come misericordia che sorprende ed esige.
Preparati! Te lo
dice anche Giovanni Battista, comparendo nel deserto della vita tua e dei
giovani di oggi: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino"
(Mt 3,2). Convertitevi, preparatevi all'incontro con il regno dei cieli che è
Gesù stesso. È Lui che si rivolgerà in questi giorni ai giovani, facendo
risuonare a Colonia il messaggio che proclamò in Galilea: "Il tempo è
compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo"
(Mc 1,15). Anche con questa catechesi, proviamo a prepararci all'incontro con
Lui, nel quale ci consegnerà "la profondità del suo Corpo".
Siamo nell'Anno
dell'Eucaristia. La lettera del Papa Giovanni Paolo II (Mane Nobiscum Domine)
ci ha invitato a unire strettamente la GMG con questo Anno speciale. In due
paragrafi il Papa la cita esplicitamente (nn. 4 e 30). In un certo senso ci
invita a far ruotare tutta l'esperienza di Colonia attorno all'Eucaristia:
"L'Eucaristia è il centro vitale intorno a cui desidero che i giovani si
raccolgano per alimentare la loro fede ed il loro entusiasmo" (n. 4).
Perché questo legame così stretto? Proprio perché la fede e l'entusiasmo giovanili
cercano l'alimento, non si accontentano di parole vuote, di meri happening o di
esperienze solo virtuali.
La GMG deve
ruotare attorno all'Eucaristia – dice il Papa – perché voglio che i miei
giovani superino la crisi della loro epoca, incapace di nutrirli con vero cibo.
Tanti testimoni ci possono parlare dell'oggi che non nutre più. Riporto una
testimonianza per tutte: è questione di nutrimento, dice la scrittrice Tamaro.
Serve una nuova riserva di nutrimento per i nostri semi, per le nostre parole.
Cito: "Ogni parola è un seme. E come il seme, quando è fecondo, contiene
in sé il proprio nutrimento. Di notte, le piante, attraverso la linfa, fanno
arrivare le proteine, sintetizzate durante il giorno dalle foglie, alle parti
che hanno più bisogno di essere arricchite, i semi. Come madri amorose, sanno
infatti che, senza una riserva di nutrimento, quei chicchi non saranno mai
capaci di aprire il tegumento e di rompere la terra. Senza proteine, senza
amminoacidi, senza i mattoni dell'esistenza, lo stelo non troverebbe mai la
forza di crescere, di affondare le radici e di coprirsi di foglie, di salire in
alto, verso il cielo e diventare un albero. Da troppo tempo le nostre parole
- le parole degli uomini – non sanno più radicarsi. Girano stancamente
senza trovare il terreno che permetta loro, nel chiacchiericcio ormai cosmico
che ci avvolge, di aprirsi un varco. Uno spiraglio di senso, di verità, di
fondamento. Sono tante, troppe, sempre più inutili. Ci parliamo continuamente,
con i mezzi tecnologicamente più avanzati per non dirci niente. Anzi, più
discorsi facciamo, più difficoltà abbiamo a comprenderci".
Senza
nutrimento, senza i mattoni dell'esistenza i semi non diventano alberi. Senza
parole pregne di cibo siamo capaci solo di chiacchiere, non di comunicazione.
Gli incontri virtuali ci svuotano.
3. Lo incontriamo nel Vangelo
Perciò la
Chiesa, come madre amorosa, ci ha proposto di venire a Colonia per
"incontrare Gesù" nelle diverse tappe e modalità della sua vita e del
suo mistero. Ci invita ad incontrarlo a incontrarlo nell'umanità di Betlemme,
nella sofferenza del Golgota e nel pane del Cenacolo. Riascoltiamo le parole
del Papa nel messaggio per questa GMG 2005:
I Magi incontrano Gesù a "Bêt-lehem", che significa "casa del
pane". Nell'umile grotta di Betlemme giace, su un po' di paglia, il
"chicco di grano" che morendo porterà "molto frutto" (cfr
Gv 12,24). Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica Gesù, nel
corso della sua vita pubblica, farà ricorso all'immagine del pane. Dirà:
"Io sono il pane della vita", "Io sono il pane disceso dal
cielo", "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del
mondo" (Gv 6, 35.41.51). Ripercorrendo con fede l'itinerario del Redentore
dalla povertà del Presepio all'abbandono della Croce, comprendiamo meglio il
mistero del suo amore che redime l'umanità. Il Bambino, adagiato da Maria nella
mangiatoia, è l'Uomo-Dio che vedremo inchiodato sulla Croce.
Lo stesso Redentore è presente nel sacramento dell'Eucaristia. Nella stalla di
Betlemme si lasciò adorare, sotto le povere apparenze di un neonato, da Maria,
da Giuseppe e dai pastori; nell'Ostia consacrata lo adoriamo sacramentalmente
presente in corpo, sangue, anima e divinità, e a noi si offre come cibo di vita
eterna. La santa Messa diviene allora il vero appuntamento d'amore con Colui
che ha dato tutto se stesso per noi. Non esitate, cari giovani, a rispondergli
quando vi invita "al banchetto di nozze dell'Agnello" (cfr Ap 19,9).
Ascoltatelo, preparatevi in modo adeguato e accostatevi al Sacramento dell'Altare,
specialmente in quest'Anno dell'Eucaristia (ottobre 2004-2005) che ho voluto
indire per tutta la Chiesa.
Tre modalità di incontro con Gesù: nel mistero dell'incarnazione e nel mistero
pasquale, ma anche nel mistero della fede, che celebriamo in ogni Messa. Sono
incontri inseparabili.
Apriamo il
Vangelo: questi incontri con Gesù ci provocano e ci consolano.
Contempliamo gli incontri legati alla nascita di Gesù: Matteo ci parla dei
Magi, che lo videro bambino sulle braccia di Maria e lo adorarono (Mt 2,11).
Luca ci presenta tre incontri: quello con i pastori, che "andarono dunque
senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella
mangiatoia" (Lc2,16); quello con il vecchio Simeone, che "lo prese
tra le braccia e benedisse Dio" per la gioia di aver visto la salvezza
dell'umanità (cfr. vv. 28s); infine quello con la profetessa Anna, che "si
mise a lodare Dio e a parlare del bambino a quanti aspettavano la redenzione di
Gerusalemme" (v. 38). I Magi e i pastori, Simeone ed Anna: occhi
estasiati, ripagati della loro attesa interminabile. Incontri che non si
cancellano più dagli occhi e dal cuore.
Poi i Vangeli ci
spingono oltre e ci invitano a contemplare gli incontri della vita terrena di
Gesù, prolungamento del mistero dell'incarnazione e anticipo della redenzione.
Ci basti prendere il capitolo primo di Marco. Subito dopo il proclama del v.
15, Gesù incontra quattro pescatori, poi i frequentatori della sinagoga, l'uomo
posseduto da uno spirito immondo, la suocera di Pietro, il lebbroso (Mc 1). Eppoi
ancora la folla (Mt 17,14), la samaritana (Gv 4,7), le sorelle di Lazzaro (Gv
11,29). Un elenco interminabile! Gli occhi ed il cuore contemplano anche le
mani operose e sananti di Gesù. Incontri incancellabili.
Ma le sorprese
non sono finite. Gesù si dona all'incontro dopo la Pasqua: gli incontri
pasquali, le apparizioni danno la certezza che egli è vivo. Gesù risorto va
incontro alle donne, che, "avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo
adorarono" (Mt 28,9); poi si avvicina agli Undici sul monte che Egli aveva
loro fissato (Mt 28,17); infine appare ai due di Emmaus e si fa compagno di
viaggio per insegnare a tutti gli uomini che c'è un altro modo per incontrarlo:
nell'ascolto della Parola e nella memoria della Pasqua (cfr Lc 14, 15ss). Gesù
in persona si accostò a loro ed accettò di rimanere con loro: "Rimani con
noi, Signore!". (v. 29). Mane nobiscum, Domine! E rimase con loro:
all'inizio come pellegrino che si unisce al loro pasto, poi come cibo che si fa
loro nutrimento. È la mensa eucaristica, fatta di Parola e di Pane di vita!
4. Lo incontriamo nell'Eucaristia
Quella sera si
avviò l'ininterrotta sequenza di incontri con Gesù nell'Eucaristia.
Sant'Agostino è un anello prestigioso di questa sequenza. Egli dice che San
Paolo ha predicato Gesù non solo con la voce e con le lettere, ma anche
"con il Sacramento del corpo e del sangue di lui; corpo e sangue di Cristo
non chiamiamo né la voce di Paolo né le sue pergamene e il suo inchiostro, né
le sue parole, né i caratteri tracciati nei suoi volumi, bensì solo quanto noi
preleviamo dai frutti della terra, consacriamo con la preghiera mistica e
consumiamo ritualmente per la nostra salvezza spirituale, commemorando la
passione per noi sofferta dal Signore". Con poche parole sant'Agostino ci
racconta cosa vuol dire incontrare Gesù nell'Eucaristia: assumere i frutti
della terra, consacrarli con la formula eucaristica, consumarli come cibo che
salva. Il tutto è memoriale della passione del Signore e viatico "per il
nostro viaggio verso la Pasqua eterna" (Prefazio dell'Eucartistia, III).
Proseguendo
idealmente il cammino fino ad oggi, sul filo della teologia e del Magistero,
arriviamo all'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, da cui attingiamo le grandi
linee di questa catechesi. Il Papa si fa nostro sommo catechista per guidarci
all'incontro con Gesù nell'Eucaristia. In sei capitoli ci viene detto che
nell'Eucaristia Gesù si rivela amore e si fa incontrare in vari modi. Anzitutto
come agnello immolato in sacrificio per noi (Cap. I - Mistero della
fede). Non si tratta di un semplice banchetto: è una immolazione, un vero
sacrificio. Mi trovo di fronte al suo corpo spezzato ed al suo sangue versato:
è il mistero del Crocifisso, che "umiliò sé stesso, facendosi obbediente
sino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,8). Non celebro solo un
ricordo, una vaga memoria psicologica di quello che egli fece un giorno ormai
passato, ma vivo nell'oggi un memoriale, cioè un vero sacrificio, una "ri
-presentazione", ri - attualizzazione del suo sì totale al Padre e all'umanità.
In secondo luogo Gesù si presenta come cibo che edifica la Chiesa (Cap. II
- L'Eucaristia edifica la Chiesa): è il nutrimento della vita e della
solidarietà nuove. IN terzo luogo Gesù si presenta come sommo sacerdote che si
dona totalmente e partecipa il suo sacerdozio ai nuovi ministri dell'altare per
il servizio del sacerdozio comune dei battezzati (Cap. III: Apostolicità
dell'Eucaristia e della Chiesa). In quarto luogo Gesù si fa incontrare come
fonte della comunione ecclesiale (Cap. IV: Eucaristia e comunione ecclesiale):
viene a noi come radice e forza della nostra unità. Inoltre egli si rivela come
mistero di amore e bellezza, che domanda la nostra risposta decorosa e piena di
stupore (cap. V), come figlio innamorato dell'umanità e del Padre, che Maria, donna
eucaristica, ed i santi, plasmati dall'Eucaristia, ci riconsegnano ogni giorno
nella prospettiva del giorno ultimo, nel paradiso (cap. VI). Tutto il cammino
ed il contenuto della fede è raggiunto dall'Eucaristia.
Incontrare Gesù nell'Eucaristia significa scegliere un nuovo stile di vita,
entrare in uno stupore speciale. La Chiesa vive del Cristo eucaristico:
"Nell'umile segno del pane e del vino, … Cristo cammina con noi, quale
nostra forza e nostro viatico. E ci rende per tutti testimoni di speranza"
(EdE 62). Il nostro stupore eucaristico è caratterizzato da cinque elementi:
a. Stupore 'capiente', che abbraccia tutti e tutto, il passato il presente ed
il futuro. Stupore storico ed escatologico insieme. Incontrarlo nell'Eucaristia
è provare il grande stupore dell'uomo davanti al mistero di Dio e dell'uomo da
lui creato e redento. L'Eucaristia è la via con cui Gesù ci raduna intorno al
progetto del Padre:
"Questo pensiero ci porta a sentimenti di grande e grato stupore. C'è,
nell'evento pasquale e nell'Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una «
capienza » davvero enorme, nella quale l'intera storia è contenuta, come
destinataria della grazia della redenzione. Questo stupore deve invadere sempre
la Chiesa raccolta nella Celebrazione eucaristica." (EdE ).
b. Stupore unitivo. Impegnarsi a camminare nella via dell'unità, della
comunione. Ce lo ha insegnato Giovanni Paolo II più volte:
"La via che la Chiesa percorre in questi primi anni del terzo millennio è
anche via di rinnovato impegno ecumenico. Gli ultimi decenni del secondo
millennio, culminati nel Grande Giubileo, ci hanno sospinto in tale direzione,
sollecitando tutti i battezzati a corrispondere alla preghiera di Gesù « ut
unum sint » (Gv 17,11). È una via lunga, irta di ostacoli che superano la capacità
umana; ma abbiamo l'Eucaristia e davanti ad essa possiamo sentire in fondo al
cuore, come rivolte a noi, le stesse parole che udì il profeta Elia: « Su
mangia, perché è troppo lungo per te il cammino » (1 Re 19,7). Il tesoro
eucaristico, che il Signore ha messo a nostra disposizione, ci stimola verso il
traguardo della sua piena condivisione con tutti i fratelli, ai quali ci unisce
il comune Battesimo. Per non disperdere tale tesoro, occorre però rispettare le
esigenze derivanti dal suo essere Sacramento della comunione nella fede e nella
successione apostolica." (EdE, 60).
c) Stupore
diaconale. Fare memoria della Sua passione significa entrare nelle
"passioni" dell'umanità, significa andare alla radice teologica della
nostra solidarietà: nell'Eucaristia incontro Cristo e in lui tutti i poveri di
ieri, di oggi e di sempre. Ci ricorda ancora Giovanni Paolo II:
« Mysterium fidei! - Mistero della fede! ». Quando il sacerdote pronuncia
o canta queste parole, i presenti acclamano: « Annunziamo la tua morte,
Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta ». In
queste o simili parole la Chiesa, mentre addita il Cristo nel mistero della sua
Passione, rivela anche il suo proprio mistero: Ecclesia de Eucharistia. Se con
il dono dello Spirito Santo a Pentecoste la Chiesa viene alla luce e si
incammina per le strade del mondo, un momento decisivo della sua formazione è
certamente l'istituzione dell'Eucaristia nel Cenacolo. Il suo fondamento e la
sua scaturigine è l'intero Triduum paschale, ma questo è come raccolto,
anticipato, e « concentrato » per sempre nel dono eucaristico. In questo dono
Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l'attualizzazione perenne del mistero
pasquale. Con esso istituiva una misteriosa « contemporaneità » tra quel
Triduum e lo scorrere di tutti i secoli." (EdE, ivi).
d. Stupore ministeriale. Di tale stupore fanno esperienza soprattutto i
sacerdoti. È uno stupore sacerdotale: non solo bocca e voce, ma tutto del presbitero
è messo a disposizione di Gesù sacerdote:.
"Ma in modo speciale deve accompagnare il ministro dell'Eucaristia.
Infatti è lui, grazie alla facoltà datagli nel sacramento dell'Ordinazione
sacerdotale, a compiere la consacrazione. È lui a pronunciare, con la potestà
che gli viene dal Cristo del Cenacolo: « Questo è il mio corpo offerto in
sacrificio per voi... Questo è il calice del mio sangue, versato per voi... ».
Il sacerdote pronuncia queste parole o piuttosto mette la sua bocca e la sua
voce a disposizione di Colui che le pronunciò nel Cenacolo, e volle che
venissero ripetute di generazione in generazione da tutti coloro che nella
Chiesa partecipano ministerialmente al suo sacerdozio." (EdE)
e. Stupore missionario. Incontrare Gesù nell'Eucaristia è ricevere il
"programma" per il nuovo millennio. Nell'Eucaristia c'è tutta la
sfida pastorale che la Chiesa riceve dal suo Signore e rivolge ad ogni uomo:
"Questo « stupore » eucaristico desidero ridestare con la presente Lettera
enciclica, in continuità con l'eredità giubilare, che ho voluto consegnare alla
Chiesa con la Lettera apostolica Novo millennio ineunte e con il suo
coronamento mariano Rosarium Virginis Mariae. Contemplare il volto di Cristo, e
contemplarlo con Maria, è il « programma » che ho additato alla Chiesa all'alba
del terzo millennio, invitandola a prendere il largo nel mare della storia con
l'entusiasmo della nuova evangelizzazione. Contemplare Cristo implica saperlo
riconoscere dovunque Egli si manifesti, nelle sue molteplici presenze, ma
soprattutto nel Sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue. La Chiesa vive
del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L'Eucaristia è
mistero di fede, e insieme « mistero di luce ».3 Ogni volta che la Chiesa la
celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo l'esperienza dei due
discepoli di Emmaus: « si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero » (Lc
24,31)". (EdE, 62)
Conclusione – L'Eucaristia al centro
Incontrare Gesù
nell'Eucaristia significa mettere la Messa al centro della propria vita. Nella
vita del sacerdote e di tutta la Chiesa, secondo le parole di Benedetto XVI al
clero romano il 13 maggio 2005:
"Poiché ha in Cristo la sua radice, il sacerdozio è, per sua natura, nella
Chiesa e per la Chiesa. La fede cristiana infatti non è qualcosa di puramente
spirituale e interiore e la nostra stessa relazione con Cristo non è soltanto
soggettiva e privata. È invece una relazione del tutto concreta ed ecclesiale.
A sua volta, il sacerdozio ministeriale ha un rapporto costitutivo con il corpo
di Cristo, nella sua duplice e inseparabile dimensione di Eucaristia e di
Chiesa, di corpo eucaristico e di corpo ecclesiale. Perciò il nostro ministero
è amoris officium (S. Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5), è
l'ufficio del buon pastore, che offre la vita per le pecore (cfr Gv 10,14-15).
Nel mistero eucaristico Cristo si dona sempre di nuovo e proprio
nell'Eucaristia noi impariamo l'amore di Cristo e quindi l'amore per la Chiesa.
Ripeto pertanto con voi, cari fratelli nel sacerdozio, le indimenticabili
parole di Giovanni Paolo II: "La Santa Messa è in modo assoluto il centro
della mia vita e di ogni mia giornata" (Discorso del 27 ottobre 1995 nel
trentennale del Decreto Presbyterorum ordinis). E questa dovrebbe essere una
parola che ognuno di noi può personalmente dire come parola sua: la Santa Messa
è in modo assoluto il centro della mia vita e di ogni mia giornata. Nello
stesso modo, l'ubbidienza a Cristo, che corregge la disubbidienza di Adamo, si
concretizza nell'ubbidienza ecclesiale, che per il sacerdote è, nella pratica
quotidiana, anzitutto ubbidienza al suo Vescovo. Nella Chiesa però l'ubbidienza
non è qualcosa di formalistico; è ubbidienza a colui che è a sua volta
ubbidiente e impersona il Cristo ubbidiente. Tutto ciò non vanifica e nemmeno
attenua le esigenze concrete dell'ubbidienza, ma assicura la sua profondità
teologale e il suo respiro cattolico: nel Vescovo ubbidiamo a Cristo e alla
Chiesa intera, che egli rappresenta in questo luogo".
Di fronte al Cristo eucaristico, concludiamo con la preghiera di Giovanni Paolo
II alla fine dell'enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003). Facendo
suoi i sentimenti di san Tommaso d'Aquino, sommo teologo e insieme appassionato
cantore di Cristo eucaristico, il Papa apriva il suo animo nella speranza alla
contemplazione della meta, verso la quale il cuore aspira, assetato com'è di
gioia e di pace:
« Bone pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserere... ».
"Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi".
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