La fantasia
divina dell'Amore
Pierangelo
Comastri, vicario generale del
Santo Padre per la Città del Vaticano
Saluto
Conserviamo
davanti agli occhi la scena bella e carica di fascino ... dei Magi che si
inginocchiano davanti a Gesù, che Maria tiene tra le Sue braccia. Immaginiamo i
loro occhi pieni di stupore, di emozione e di devozione dopo un viaggio lungo,
faticoso, pericoloso.
Vogliamo, oggi,
rivivere la stessa esperienza.
Santi Magi,
camminatori instancabili, pregate per noi!
Santi Magi,
cercatori di Dio, pregate per noi!
Santi Magi,
veramente liberi nel cuore, pregate per noi!
Santi Magi,
profondamente giovani nel cuore, pregate per noi!
Santi Magi,
coraggiosi adoratori di Dio, pregate per noi!
Il
cammino di Edith Stein
Qui a
Colonia, il 1° maggio 1987, Giovanni Paolo II proclamò beata la carmelitana
Edith Stein, morta in una camera a gas di Auschwitz il 9 agosto 1942.
Edith Stein ha
fatto lo stesso cammino dei Magi: non conosceva Gesù, ma l'ha cercato cercando
la Verità: cercando il senso della vita (che deve esserci!), Edith ha trovato
Gesù.
Partì da una
buona esperienza religiosa nella propria famiglia, ma poi sulla soglia della
giovinezza divenne atea. Però continuò a cercare, perché capiva che l'ateismo
non può dare le risposte che il cuore umano cerca: e andò oltre l'ateismo!
Come?
Nel 1915,
durante la prima guerra mondiale, si recò come volontaria al fronte per
rendersi utile nel soccorso ai feriti e ai soldati ammalati di tifo e di
colera: questo gesto poneva Edith già nella direzione di Dio.
Fu infatti
un'esperienza che le aprì orizzonti nuovi. Tutta la sua cultura improvvisamente
le apparve insignificante e arrivò ad esclamare: "Non la scienza ma la
dedizione (cioè la carità) ha l'ultima parola". Edith non lo sapeva ma,
vivendo la carità, stava avvicinandosi a Dio, perché Dio è carità. Malcolm
Muggeridge, il celebre giornalista della B.B.C. messo in crisi dalla carità di
Madre Teresa di Calcutta, in tempi più recenti ha esclamato: "Il cuore del
cristianesimo sta tutto qui: sta nell'annuncio inaudito che la carità vale più
della cultura".
Del resto,
attraverso l'apostolo Paolo, lo Spirito Santo con estrema chiarezza ci aveva
avvisati consegnandoci questo messaggio: "Se anche parlassi le lingue
degli uomini e degli angeli ... e se conoscessi tutti i misteri e tutta la
scienza ... ma non ho la carità, non sono nulla" (1Cor 13, 1-2).
Ma Edith Stein,
come i Magi, dovette camminare e camminare per arrivare all'incontro con Dio
... in Gesù!
Un altro passo
importante del suo viaggio verso Gesù avvenne un giorno apparentemente
normalissimo, nel quale ella entrò in una chiesa cattolica: il suo interesse
era puramente estetico, ma Dio stava preparando la strada per poter incontrare
l'inquieto cuore della giovane Edith.
Ebbene, varcando
la soglia di una chiesa, Edith è colpita da un fatto: vede una donna,
probabilmente una semplice casalinga, entrare con la borsa della spesa sotto il
braccio e sostare in preghiera come se stesse parlando con una misteriosa
presenza. "La cosa mi parve strana - dirà più tardi Edith - ,
perché nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti si entra soltanto durante
l'ufficio divino. Al vedere qui la gente entrare tra una occupazione e l'altra,
quasi per una faccenda abituale o per una conversazione spontanea, rimasi
colpita a tal punto che non mi riuscì più di dimenticare quella scena".
Edith stava scoprendo la bellezza consolante della Presenza Eucaristica: una
bellezza tutta cattolica!
Il cammino di Adolphe Retté
Qualcosa di simile all'inizio del secolo ventesimo (anni 1905 e 1906)
accadde ad Adolphe Retté, uno scrittore francese che potremmo definire
"pornografico". Egli, ad un certo punto della sua vita, sentì il
fango in bocca e cercò, cercò affannosamente, cercò tenacemente, cercò
umilmente di andare al di là del fango: e trovò Dio!
Un giorno,
mentre con l'animo inquieto stava passeggiando in un bosco nei pressi di
Fontainebleau, si squarcia la cappa di nebbia nella sua anima ed Adolphe Retté
riesce a intravedere la strada della verità. Egli stesso riferisce: "Da
quando gli uomini hanno posto il problema del 'perché siamo nel mondo', cento
religioni e altrettante filosofie hanno tentato di risolverlo. Ma esse sono
cambiate continuamente, adattandosi agli ambienti, alle circostanze, alle mode
e specialmente ai capricci dello spirito umano. I filosofi e gli scienziati si
sono ingegnati a dare una spiegazione dell'universo, ma non sono mai approdati
a nulla di stabile: un'ipotesi, ritenuta fino a ieri come verità, viene oggi
sostituita da un'ipotesi nuova, che domani sarà anch'essa detronizzata da
un'altra congettura. In mezzo a questo continuo fluttuare, solo la Chiesa
cattolica rimane immutabile. I suoi dogmi furono posti al tempo della sua
fondazione e sostanzialmente li troviamo già tutti nei Vangeli. Tutto questo
non si spiega umanamente: questa perseveranza e questa coerenza deve avere una
causa non umana, perché l'umanità in balia di se stessa non fa altro che
fluttuare. Ecco allora una fiaccola nelle tenebre: la Chiesa cattolica! E
siccome la Chiesa cattolica dichiara di essere nata da una rivelazione di Dio,
vuol dire che Dio esiste!"[1].
Appena pronunciò
queste parole, Retté sentì un senso di pace, di liberazione, di appagamento
dello spirito. A questo punto egli avrebbe dovuto correre da un sacerdote e
aprirgli la sua anima: ma ebbe paura, ebbe vergogna, temette di confrontarsi
con la verità ... e rimandò ancora.
L'orgoglio è
sempre il peggior consigliere dell'uomo: l'orgoglio allontana da Dio e dai
fratelli!
Nel frattempo,
nel marzo del 1906, lasciò la campagna di Fontainebleau e fece ritorno a
Parigi,: e i problemi se li portò tutti con sé.
Riprese a
frequentare i vari salotti mondani della capitale e riusciva sempre a essere
brillante, attirando su di sé l'attenzione di tutti. Ma, subito dopo, avvertiva
una profonda insoddisfazione e si sentiva talmente vuoto e talmente triste che
il pensiero del suicidio gli appariva come l'unica via di uscita: e questo
tremendo pensiero lo attanagliò più volte, spingendolo fin sul ciglio del
baratro della disperazione. E arrivò vicinissimo a compiere un folle gesto!
Intanto aveva
chiamato accanto a sé, a Parigi, la donna dagli occhi neri (così egli chiama
nel diario la sua amante) e con lei continuava una vita di litigi, che
sfociavano implacabilmente in orge di stomachevole sesso.
Racconta:
"Quante ore lugubri passai in quel tempo gironzolando per Parigi mentre
ruminavo angosce e incertezze! Tutto mi annoiava: i quadri del Louvre, dove mi
rifugiavo di quando in quando, la lettura dei giornali, i colloqui con i
colleghi e perfino la poesia. Riuscivo ad abbozzare alcune strofe ma non le
terminavo, stracciavo la carta dove le avevo buttate giù e mi interrompevo
dicendo: 'A che giova?'. Non potevo pensare che a Dio"[2]. È impressionante
questa affermazione: "Non potevo pensare che a Dio"!
E un pomeriggio
Retté decide di entrare nella cattedrale di Notre-Dame: la chiesa era quasi
deserta, alcune donne pregavano davanti alla statua della Madonna, posta a
destra del coro guardando l'altare maggiore. Esclama: "Vorrei fare come
loro!", ma poi una forza misteriosa lo spinge fuori. Si ferma però sulla
porta del tempio, si volta indietro e, inchinandosi verso l'altare dice:
"Dio mio, abbiate pietà di me! Quantunque sia un peccatore turpissimo,
venite in mio aiuto"[3]. Questa preghiera è molto simile a quella che Gesù
mette sulla bocca del pubblicano che prega nel tempio: questa preghiera rivela
già un forte tormento del cuore orientato verso il Signore.
Decide di
lasciare Parigi (siamo nel mese di settembre dell'anno 1906) e si trasferisce
nel paese di Arbonne. Qui egli affronta la tenace lotta tra il peccatore che
non voleva morire e il credente che non riusciva a nascere. Un giorno visitando
il piccolo santuario di Cornebiche nei pressi di Arbonne, Retté volge lo
sguardo verso l'immagine della Madonna e la prega così: "Ecco! Qualche
cosa mi ha comandato di venire da voi e sono venuto. Voi, che finora non ho mai
invocato; voi, a cui i fedeli alzano gli occhi nelle afflizioni, pregate il
Figlio vostro, affinché mi indichi che cosa devo fare"[4].
Poi Adolphe
Retté cerca un sacerdote cattolico, apre la sua anima, si confessa tra le
lacrime: ritrova Dio e ritrova la pace.
Da allora la sua
vita diviene un canto di gioia. E, dopo la prima Comunione ricevuta in età
adulta, esclama: "Perché non si può arrestare il tempo in quest'ora
solenne di calma e di innocenza? Durante la giornata che seguì dopo la santa
Comunione, vissi una specie di sogno luminoso. Tutti i miei pensieri si
volgevano al Signore; mi pareva che ogni cosa avesse assunto un aspetto
festoso. In verità, vedevo l'universo con occhi nuovi"[5]. Anche Gilbert
K. Chesterton, nel 1922, dopo la conversione e la prima confessione, esclamò:
"Quando mi inginocchiai davanti al sacerdote e confessai le mie colpe, il
mondo si rovesciò davanti a me ... e divenne dritto".
Questi sono i
veri miracoli che Cristo continuamente compie, quando un cuore gli apre
umilmente la porta della libertà.
Un giorno,
quando dal Cielo vedremo le orme dei piedi di Cristo sulle interminabili strade
del mondo, resteremo stupefatti e diremo al Signore: "Come?! Sei passato
più volte accanto a me e io non me ne sono accorto. Come?! Sei entrato anche in
quella stanza, anche in quella casa dalla quale io stavo lontano per evitare il
contagio dell'immoralità e della nauseante cattiveria. Come?! Io ho evitato
tante strade e tu, invece, le hai percorse tutte. Perché?!".
E Gesù ci
risponderà: "Dovunque si trovava una pecora che mancava al conto del mio
Amore, io non potevo resistere: io dovevo andare, perché non sono io a chiudere
la porta del cuore: voi potete chiuderla, ma io ... no!".
Che
cos'è l'Eucaristia?
Nella
storia di Edith Stein, come in quella di Adolphe Ritté e di tutti i convertiti,
è commovente constatare che ogni itinerario di ritorno a Dio ... approda alla
Santa Eucaristia e qui trova il compimento e l'appagamento.
Chiediamoci,
allora: che cosa è l'Eucaristia?
Tempo fa mi è
capitata tra le mani una rivista che pubblicava una foto di una manifestazione
avvenuta a Milano e organizzata da una gruppo di musulmani.
Alcuni
manifestanti tenevano in mano dei cartelloni, nei quali era perfettamente
leggibile questa scritta: "Cristiani antropofagi! Cristiani ematofagi!
Cristianesimo sempre più giù e Islam sempre più su!".
Non credevo ai
miei occhi e ho provato subito un sentimento di acuto dolore per la totale
incomprensione dell'Eucaristia, che si nascondeva dietro quelle scritte
terribilmente offensive perché totalmente bugiarde.
Noi cristiani
siamo, forse, dei cannibali? Mangiamo il Corpo di Cristo come si mangia una
bistecca alla fiorentina?! Assolutamente no! Qui c'è un grande equivoco e va
subito demolito.
Che cosa
avviene, infatti, nella Santa Comunione?
Ve lo spiego con
un esempio preso dalla vita di una giovane famiglia nella quale è sbocciata una
nuova creatura.
La mamma tiene
in braccio la terza figlia nata da pochi giorni, mentre il papà accompagna il
fratellino di tre anni e mezzo e la sorellina di cinque anni ... a salutare
l'ultima arrivata.
I bambini
entrano nella camera della mamma e osservano la scena che si presenta al loro
sguardo: la mamma sta allattando! I bambini restano sorpresi, perché non
capiscono il senso di quel gesto tipicamente materno. In modo particolare il
bambino di tre anni e mezzo non vuole avvicinarsi alla mamma: è come bloccato
da un dubbio e da una paura. Sollecitato a farsi avanti, non si muove. Ma
improvvisamente scoppia a piangere e, rivolto al papà, grida: "Papà!
Guarda! Quella lì, mi mangia la mamma!". Povero bambino, non aveva capito
niente. Non riusciva a decifrare il senso del gesto incomparabilmente bello,
che aveva di fronte.
La mamma,
infatti, stava facendo la mamma: stava, cioè, nutrendo la vita di sua figlia
con qualcosa che veniva dalla sua vita senza però intaccare la sua vita. Ma il
bambino non riusciva a capirlo!
Così alcuni,
davanti all'Eucaristia, non capiscono che è un gesto, attraverso il quale,
l'Amore maternamente dirompente di Dio dà la vita ai suoi figli nutrendoli
d'amore: è l'amore, infatti, il cibo eucaristico!
Ci può essere
qualcosa di più bello?
Di più toccante?
Di più divino?
Noi cristiani
non siamo "antropofagi", non siamo "ematofagi": siamo
semplicemente un popolo che crede nell'Amore di Dio e si lascia educare dalla
fantasia divina dell'Amore, che, come ogni amore, ha bisogno di gesti ... cioè
di sacramenti! I sacramenti, infatti, sono gesti di Gesù compiuti attraverso la
Chiesa: gesti, pertanto, riempiti di un significato e di un potere ... che
viene da Dio.
Poniamoci una
domanda: quando Gesù ci ha donato l'Eucaristia?
Esattamente nel
Cenacolo! Per capire allora il significato dell'Eucaristia, noi dobbiamo
entrare nel Cenacolo e scrutare tutti i gesti che Gesù ha compiuto nell'ultima
sera trascorsa su questa terra.
Ed ecco la
sorpresa: entrando nel Cenacolo, subito avvertiamo un clima drammatico, un
clima di tradimento! Gesù, infatti, apertamente dice: "Uno di voi mi
tradirà!". E, rivolto a Pietro, lo ammonisce: "Pietro, tu mi
rinnegherai tre volte!". E agli altri apostoli annuncia con amara
sofferenza: "Voi tutti fuggirete e mi lascerete solo!".
In questo clima
noi tutti avremmo rovesciato la tavola dell'amicizia tradita e avremmo gridato
senza mezzi termini: "Andate via, ingrati! Via da me, non meritate niente:
siete gente spregevole che non voglio più né vedere né avvicinare!".
Ma Dio non
agisce così.
Dio sfida il
male con il bene.
Dio sfida la
nostra cattiveria con la Sua bontà.
Dio affronta
l'immensa potenza del peccato con l'onnipotenza dell'Amore: perché Dio è Amore!
E, pertanto,
Gesù dona l'Eucaristia: essa è un dono immeritato, un dono di puro amore, un
dono di assoluta bontà, un dono che nessuno potrà mai meritare.
All'inizio della
cena pasquale (la cena della Prima Messa), Giovanni offre una precisa chiave di
lettura della vita del Signore. Scrive: "Gesù, sapendo che era giunta la
sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano
nel mondo, li amò fino al segno estremo" (Gv 13, 1). Giovanni chiaramente
afferma che la vita di Gesù è spiegabile solo alla luce dell'amore. Gesù,
infatti, è venuto al mondo per amore, ha parlato per amore, ha agito per amore,
è vissuto per amore, è morto per amore ... perché Egli è il Figlio di Dio: e
Dio è Amore!
Giovanni, subito
dopo, racconta con evidente emozione un episodio nel quale appare in modo
inequivocabile la vera onnipotenza di Dio: l'onnipotenza dell'amore!
Dice
l'evangelista: "Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in
cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il
Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio
ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo
cinse attorno alla vita" (Gv 13, 2-4).
Il comportamento
di Gesù è lontano da ogni logica umana.
Egli sapeva che
Giuda aveva deciso di tradirlo, sapeva che Pietro lo avrebbe rinnegato, sapeva
che gli altri sarebbero tutti scappati e l'avrebbero lasciato solo e, pertanto,
poteva sentirsi provocato e giustificato a compiere gesti di legittimo sdegno:
poteva chiudere i conti con quegli uomini ingrati (che, in verità, siamo tutti
noi!) e invece ... ecco il comportamento di Dio: si mette a lavare i piedi!
Desidero
sottolinearlo: in questo gesto Dio si manifesta, in questo gesto Dio rivela il
suo modo di reagire, in questo gesto Dio rivela che la sua onnipotenza è
l'amore!
Noi che siamo
così distanti da Dio, noi che siamo così diversi da Dio ... facciamo fatica a
seguire il racconto e a immaginare Dio nella veste di un servo che lava i
piedi: l'Onnipotente, il Creatore del cielo e della terra è infinitamente
umile, è infinitamente mite, è infinitamente paziente ... perché è infinito
Amore.
Chi non prova
brividi davanti a queste parole: "Versò dell'acqua nel catino e cominciò a
lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era
cinto" (Gv 13, 5)? Chi riesce ad immaginare che Dio si nasconda in questo
gesto riservato esclusivamente agli schiavi? E, affinché lo stupore sia totale,
è doveroso ricordare che Gesù ha lavato i piedi a tutti noi, perché i piedi
degli apostoli sono rappresentativi dei piedi di ogni uomo: anche dei miei,
anche dei tuoi! Ci pensate?!
Per un ebreo il
gesto della lavanda dei piedi era umiliante ed avvilente. Non dimentichiamo
che, nel libro della Genesi, quando è ricordato l'incontro di Abramo con i tre
misteriosi personaggi, egli per esprimere tutta la cordialità dell'ospitalità
dice: "Si vada a prendere un po' d'acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi
sotto l'albero" (Gen 18, 4). Abramo neppure lontanamente pensa ... di
lavare lui i pedi! Era un gesto impensabile ... per un ebreo.
A questo punto
capisco la reazione di Pietro. Pietro prova sdegno, Pietro si rifiuta di
accettare questo volto di Dio troppo umile e troppo buono; Pietro ha paura di
stare dalla parte di un Dio che si comporta così, perché egli, ragionando alla
maniera umana, pensa che un Dio così buono ... finisca male: finisca davvero sulla
Croce! E Pietro non vuole che accada!
E reagisce:
"No, non mi laverai i piedi in eterno! (Gv 13, 8), cioè: "Io così non
ti accetto! Io così non ti seguo! Io ho un'altra idea di Dio!".
Ma l'idea di
Pietro era ... un idolo! Cioè era un "dio" che non c'è. Era un
"dio" immaginato dagli uomini che attribuiscono a Dio il potere
amplificato dei potenti di questo mondo: no, non è corretto questo modo di
pensare Dio! Anche se è tanto diffuso!
E, allora, Gesù
è costretto a dirgli: "Se non ti laverò (i piedi), non avrai parte con me
(nel mio Regno)" (Gv 13, 8). Cioè: "Pietro, Dio è così,: io ti sto
manifestando il Volto che tu non conoscevi e che non potevi conoscere: Pietro,
se non credi in me, ti metti contro Dio e ti trovi all'opposto di Dio!". Pietro,
pur non comprendendo pienamente quel che diceva, ebbe l'umiltà di esclamare:
"Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo" (Gv 13, 9).
E, dopo questo
colloquio, Gesù regala agli apostoli l'Eucaristia! Chi l'avrebbe mai fatto?
Chiunque avrebbe detto: questi uomini (ancora una volta: siamo tutti noi!) non
meritano niente, tanto meno meritano un dono come l'Eucaristia! Che uso ne
faranno? Quante profanazioni commetteranno? Quanti baci di Giuda ripeteranno?
Quanti rinnegamenti moltiplicheranno? Quanti sacrilegi mi sputeranno addosso?
Gesù sapeva
tutto questo, ma Gesù è Dio e Dio è Amore: e regala l'Eucaristia!
Si provano
brividi di emozione e di vergogna ascoltando il racconto dell'Evangelista:
"Preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: 'Questo è
il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me'. Allo stesso
modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: 'Questo calice è la nuova
Alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi!" (Lc 22, 19-20).
L'Eucaristia è
il gesto dell'amore eccessivo di Cristo reso presente nel segno sacramentale,
affinché diventi nostro quotidiano nutrimento, cioè diventi la nostra vita:
personale e ecclesiale insieme. In ogni Eucaristia, infatti, si compiono queste
parole di Gesù: "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho
conosciuto, e questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro
il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia
in essi e io in loro" (Gv 17, 25-26). In ogni Eucaristia noi entriamo in
comunione con il gesto salvifico della Croce, che è gesto di amore supremo, per
diventare sempre di più un popolo che ama con lo stesso amore di Cristo e, di
conseguenza, per essere il Suo corpo ecclesiale.
I racconti della
istituzione dell'Eucaristia, nei quali già si riflette una Chiesa che viveva di
Eucaristia, non lasciano ombra di dubbio: Gesù nell'ultima cena ha offerto da
mangiare il Suo "Corpo dato" e il Suo "Sangue versato".
Cioè: nei segni sacramentali del pane e del vino, Egli ha consegnato -
perché sia fatta propria e diventi sorgente di vita - la Sua passione, il
Suo atto di offerta, la Sua vita nella condizione della suprema Carità.
L'Eucaristia,
pertanto, ha questo scopo: renderci un solo popolo nelle cui vene spirituali
circola l'Amore di Dio. Noi non dobbiamo difenderci dall'Eucaristia (come
spesso accade!), ma dobbiamo aprirci al suo dinamismo e lasciarlo operare
pienamente in noi. Così diventeremo roveti ardenti nel buio e nel freddo del
mondo!
Una
testimonianza incantevole
Ho avuto
due volte la gioia e l'emozione di ospitare nella mia casa il Cardinale
vietnamita Francesco Saverio Nguyen Van Thuan. Ricordo che una sera ci fermammo
lungamente a parlare, dopo la veglia di preghiera con i giovani (24 marzo
2001). E il Cardinale, pur essendo già gravemente ammalato, non mostrava segni
di stanchezza: e ciò mi stupiva.
Aveva gli occhi
limpidi come un cielo senza nuvole: raccontava la sua storia come se fosse una
parabola evangelica e mi confidava particolari drammatici della sua lunga
prigionia come se riguardassero un'altra persona.
Testualmente mi
disse: "Sono stato tredici anni in prigione e la maggior parte degli anni
di carcere li ho passati in reclusione totale: mi tenevano in una cella bassa e
buia, perché era senza finestre!". Io inorridivo di fronte a questo
particolare, ma il Cardinale restava sereno e rivisitava la sua storia di
perseguitato senza lasciar trasparire risentimento, disprezzo, rancore. Mi
raccontò che, attraverso un punteruolo lasciatogli dai carcerieri, egli riuscì
lentamente a scavare un piccolo foro in una parete della prigione, vicino al
pavimento, affinché dall'esterno potesse entrare un alito di aria fresca e
pulita. Ma anche questo espediente si rivelò drammatico: infatti, nella
stagione delle piogge, la cella quasi per metà si riempì d'acqua e addirittura
un serpentello riuscì ad entrare nell'angusto spazio della prigione. Mi permisi
di chiedere: "Ma cokme ha fatto ad uscire vivo da un'esperienza così
terribile? Dove ha trovato la forza?".
La risposta fu
immediata: "Nell'Eucaristia!". E il Cardinale mi guardò, come sanno
fare gli orientali, con un sorriso misto a meraviglia: per lui la cosa era del
tutto ovvia e quasi si stupiva che io non fossi arrivato da solo a dare questa
spiegazione.
Mi disse:
"Quando nel 1975 sono stato messo in prigione, una domanda angosciosa
affiorò dentro di me: 'Potrò ancora celebrare l'Eucaristia?'. E la stessa
domanda, un po' di tempo dopo, mi rivolsero i miei cristiani quando ebbero la
possibilità di venire a trovarmi: 'Ma ha potuto celebrare la Santa Messa?'. In
verità i miei cristiani avevano ben provveduto, affinché io avessi
l'indispensabile per la celebrazione della Messa".
A questo punto
il Cardinale si fermò e prese respiro: sembrava che avesse quasi un po' di
pudore nello svelare un segreto, che era il tesoro della sua vita di cristiano,
di sacerdote e di vescovo perseguitato.
Riprese il
racconto e mi disse: "Quando fui arrestato, dovetti andarmene con i
poliziotti a mani vuote. Ma, all'indomani, mi fu permesso di scrivere ai miei
cristiani, per chiedere le cose più necessarie: vestiti, sapone, dentifricio,
medicine! ... Scrissi: 'Per favore, mandatemi un po' di vino come medicina per
il mio mal di stomaco!'. I miei cristiani capirono e mi inviarono una piccola
bottiglia di vino per la Santa Messa, con l'etichetta: Medicina contro il mal
di stomaco. E, in una fiaccola contro le zanzare e l'umidità, nascosero alcune
ostie. La polizia, quando mi consegnò il pacchetto aperto, mi domandò: 'Lei
soffre di mal di stomaco?'. Risposi: 'Sì! Da tanto tempo!'. Il poliziotto,
indicando la piccola bottiglia, disse: 'Ecco un po' di medicina per lei'. Da
quel giorno ho potuto sempre celebrare la Santa Messa, perché i miei cristiani
non mi hanno fatto mai mancare 'la medicina per il mal di stomaco'. Mettevo tre
gocce di vino e una goccia d'acqua nel palmo della mano sinistra, mentre con
l'altra tenevo una piccola ostia: e così celebravo ogni giorno la Santa Messa e
mi sentivo in una cattedrale. E il mio cuore si riempiva di gioia. I miei carcerieri
erano meravigliati e io, quando potevo, raccontavo la storia di Gesù ... ed
essi ascoltavano e alcuni si convertivano. Dovevano cambiarli spesso perché la
gioia che mi dava Gesù si trasmetteva a loro ... e mi chiedevano di diventare
cristiani. Oh, se capissimo che grande dono ci ha fatto Gesù con la Santa
Eucaristia!".
Mentre il
Cardinale parlava, io, per un istante, pensai alle tante Messe frettolose che
celebriamo, alle tante Eucaristie partecipate senza cuore e con la totale
indifferenza e con l'orologio in mano per contare i minuti ... e per scappare
via senza aver raccolto una briciola d'amore.
Ripetevo dentro
di me l'esclamazione del Cardinale: "Oh, se capissimo che grande dono ci
ha fatto Gesù con la Santa Eucaristia!".
Durante le
persecuzioni dei primi secoli, i cristiani trovarono la forza nell'Eucaristia:
e affrontarono i persecutori ... nutrendosi di Eucaristia. Chi non ricorda
l'esclamazione dei martiri africani di Abitene, durante la feroce persecuzione
di Diocleziano? Essi, portati in tribunale perché ogni Domenica si radunavano
per celebrare la Messa, risposero con decisione: "Noi non possiamo vivere
senza l'Eucaristia!". Che esempio stupendo!
Eusebio di
Cesarea, storico del cristianesimo dei primi secoli, osservava: "Ogni
luogo dove si pativa divenne per noi un posto per celebrare l'Eucaristia ...
fosse un campo, un deserto, una nave, una locanda o una prigione".
Oggi tutti ci
chiediamo che cosa possiamo fare per evangelizzare questa società sorda ed
apparentemente vaccinata contro il Vangelo. E se cominciassimo a credere di più
nell'Eucaristia?
E se offrissimo
uno spettacolo di unità e di solidarietà proprio partendo dall'Eucaristia? Sono
sicuro che tante persone si farebbero pensose e si chiederebbero: "Dove
trovate la forza per vivere così?". Allora potremmo dire:
"Nell'Eucaristia". E saremmo creduti.
Per la preghiera
Signore Gesù, quando mi inginocchio davanti all'Eucaristia, sento il
profumo di Betlemme, respiro il mistero dell'umiltà di Dio e provo vergogna per
l'orgoglio che è dentro di me e che continuamente esplode nelle rivalità tra la
persone e nelle vergognose guerre che insanguinano i popoli.
Gesù, donami una briciola della Tua umiltà!
Signore Gesù,
quando mi inginocchio davanti all'Eucaristia, capisco che Tu ci ami perché sei
buono e non perché noi meritiamo il Tuo amore. Nel Cenacolo tutto parlava di
tradimento e Tu, con un gesto di puro amore, donasti l'Eucaristia all'umanità:
a questa umanità che continuamente Ti tradisce!
Gesù, donami una
briciola del Tuo amore!
Signore Gesù,
accanto all'Eucaristia si sente il mormorio dell'acqua che Tu versasti sui
piedi degli apostoli e, attraverso di loro, versasti sui piedi di ciascuno di
noi.
Signore,
arrossisco a motivo dell'egoismo che ancora abita in me e soffro per lo
spettacolo del mondo d'oggi, che moltiplica divertimenti frivoli invece di
moltiplicare le opere di misericordia.
Signore donami
una goccia d'acqua dell'Ultima Cena!
E donaci
sacerdoti santi: sacerdoti innamorati dell'Eucaristia.
Amen.
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