Nell'adorazione
l'offerta di noi stessi
Alessandro
Plotti, arcivescovo di Pisa
I Re Magi si
prostrano e adorano il bambino. Nella prostrazione dei sovrani orientali
davanti al re dei giudei il racconto tocca il suo punto culminante. Essi
depongono ai piedi del messia le ricchezze del favoloso oriente da cui vengono,
e la sapienza di cui sono illustri esponenti. Tutta la sapienza passata abdica,
nell'adorazione di questi savi, a favore del re dei giudei, che non mancherà di
proclamarsi personalmente più grande di Salomone.
E questa adorazione è accompagnata dai doni di oro, incenso e mirra,che erano i
doni più apprezzati in Oriente: l'oro di Ofir, l'incenso dell'Arabia e la mirra
dell'Etiopia. Questi doni ci fanno venire in mente la profezia di Isaia
riguardante la Gerusalemme messianica: "Affluirà a te la ricchezza del
mare e l'opulenza delle genti, si riverserà su di te; uno stuolo di cammelli ti
inonderà, dromedari di Madian e di Efa. Da Saba verranno tutti portando oro e
incenso e cantando le lodi di Jahvè" (Is 60,5-6).
II simbolismo che vede nell'oro la regalità del Messia, nell'incenso la sua
funzione sacerdotale e divina e nella mirra la sua umanità.
E questi sono i segni che ritroviamo nel Mistero dell'Eucarestia: la regalità
di Cristo che nel mistero della Cena celebra il memoriale della sua oblazione
nel servizio salvifico per la redenzione del mondo; il sacerdozio di Cristo,
che nutrendo il popolo di Dio con il Pane eucaristico attua la mediazione tra
il Padre e il Figlio nella potenza dello Spirito e rinnova la centralità della
resurrezione; l'umanità di Cristo, che si fa Pane e che con-tinua con il suo
Corpo e il suo Sangue a incarnarsi nella vicenda storica dell'umanità e a
donarsi come vittima innocente per liberare il mondo dal peccato e dalla morte.
Anche noi dobbiamo, di fronte al mistero dell'Eucarestia "prostrarci"
e "adorare". Piegare le ginocchia, soprattutto quelle
dell'intelligenza e del cuore, nel riconoscere che senza questo Pane la nostra
vita non può avere senso e sapore.
Prostrarsi significa riconoscere umilmente la nostra precarietà e la nostra
colpevolezza, confessare i nostri limiti e le nostre inadempienze e ammirare
stupiti il grande dono che il Signore ci fa di sedere alla sua stessa mensa e
mangiare il suo Corpo. Prostrassi significa accettare la proposta di Dio di
essere suoi amici e di condividere lo stesso amore e la stessa comunione che
c'è tra il Padre e il Figlio. Ma prostrarsi significa anche rinunciare, al
proprio individualismo e "spezzarsi" per i fratelli, come Gesù Pane
si spezza per noi. Farsi mangiare nel dono di sé per testimoniare l'amore
oblativo e salvifico con cui il Cristo salva il mondo. Per questo l'Eucarestia
è il culmine e la fonte di tutta la vita cristiana: è pedagogia per uno stile
di vita autenticamente povero ed evangelico.
Ma non può mancare l'adorazione. Adorare significa nutrirsi della Parola di Dio
fatta Pane e restare in silenzio ad ascoltare il Maestro che, assimilato a noi
nell'unica umanità del suo e del nostro corpo, ci parla della nostra vocazione
dì figli di Dio.
Nelle nostre chiese c'è sempre una piccola luce rossa che arde e che ci indica
la presenza reale di Cristo nel Tabernacolo.
Adorare è riconoscere la presenza costante e inesauribile di Cristo nella
nostra vita; è accettare Gesù come compagno irrinunciabile di viaggio verso la
Pasqua piena della nostra rigenerazione e della definitiva salvezza
escatologica.
Dobbiamo recuperare il senso vero e ricco dell'adorazione eucaristica, fuori
della celebrazione, perché l'Eucarestia sia non un episodio o un momento di
ritualità, ma un mistero che segna ogni nostro gesto e ogni nostra scelta.
Adorazione, come quella dei Magi, è offerta del dono di noi stessi a
Gesù sempre presente in mezzo al suo popolo; non abbiamo da offrire oro,
incenso e mirra, ma soltanto la nostra povera vicenda umana. È nella reciproca
povertà che si attua il mistero eucaristico. Lui non ci offre cibi prelibati,
ma solo Pane e Vino e noi non abbiamo bisogno di andare a cercare doni
preziosi, ma soltanto la nostra povertà.
|