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Catechesi proposta dai vescovi ai giovani italiani riuniti a Colonia

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  • Vivere nel mondo come veri adoratori di Dio (19 agosto 2005)
    • Come agnelli fra i lupi
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Come agnelli fra i lupi

Italo Castellani, arcivescovo di Lucca

«Per un'altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt. 2,12)


I Magi tornarono al loro paese, ma per un'altra strada. Ora che hanno trovato il Signore della vita  - "l'Atteso delle genti" (Mc.8,29), colui che da sempre cercavano, la 'luce' che illumina il cammino – la loro vita ne esce profondamente trasformata.

La strada di ritorno – "per un'altra strada" (Mt. 2,12), rispetto a quella che avevano percorso per arrivare a Betlemme – è figura di un cammino nuovo, di un modo nuovo di pensare e vivere la vita.
Tornano a casa come veri adoratori di Dio!

I Magi, con il Signore nel cuore, sanno d'ora in poi di poter contare sulla forza che viene da Dio, dall'Alto; e sono mossi dal desiderio profondo di arrivare, raccontare e donare la Verità del Verbo di Dio che hanno adorato e conosciuto a tutti coloro che incontreranno lungo il cammino di ritorno, e a quanti hanno lasciato nelle loro città.
In proposito già Giovanni Paolo II, invitandoci qui a Colonia, con il messaggio ai giovani di tutto il mondo nell'Agosto dell'anno scorso, offriva queste considerazioni e proposte: "Il cambiamento di rotta dei Magi" – "per un'altra strada fecero ritorno al loro paese" – "può simboleggiare la 'conversione' a cui coloro che incontrano Gesù sono chiamati per diventare i veri adoratori che Egli desidera" (cf. Gv. 4,23-24). Ciò comporta l'imitazione del suo modo di agire facendo di se stessi, come scrive l'Apostolo Paolo, un "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Giovanni Paolo II, Messaggio ai giovani del mondo in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù, 6 agosto 2004, 6).

Sono certo che ciascuno di noi non riprenderà la strada di casa, dopo queste giornate di grazia a Colonia, senza aver fatto delle scelte significative, che scaturiscono da un rinnovato incontro con il Signore che si sta avverando per ciascuno di noi.

Un interrogativo s'impone: cosa comporta per noi, che "siamo venuti per adorare il Signore", ritornare alle nostre città, nelle nostre famiglie, tra i nostri amici, nel lavoro o a scuola, come "veri adoratori di Dio" (cf Gv 4,11)?

Desidero offrirvi un punto fermo attorno a cui fare sintesi dei momenti di preghiera e di festa, delle proposte di catechesi, delle celebrazioni eucaristiche e penitenziali, dei non programmati e arricchenti incontri personali di queste giornate.

Vivere nel mondo come "veri adoratori" significa fare nostro il segreto, la verità stessa di Gesù, Egli fa la volontà del Padre: "sia fatta la tua volontà, non la mia" (Gv.6,38).

Gesù non ci risparmia la verità: "Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt. 7,21). E, come se non bastasse: "Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica è simile ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia" (Mt. 7,26). Vogliamo essere di questi?

Come si fa a capire la volontà di Dio, si chiederà qualcuno.
Non è sempre facile! Non perché la 'volontà di Dio' non si manifesti, ma perché siamo molto attaccati alla nostra volontà, ai nostri punti di vista, ai nostri 'mi piace – non mi piace'; in definitiva siamo troppo attaccati ad una interpretazione troppo terrena della vita!
È opportuno cominciare a pensare la vita come un lungo cammino o, in ogni modo, un bel cammino che Dio ha pensato personalmente per ciascuno di noi, ce ne ha fatto dono, ce ne fa dono ogni giorno!
Queste sono le "altre strade" su cui incamminarci, da percorrere senza sosta, per imparare a discernere e fare la 'volontà di Dio'.

La prima via è la Parola di Dio
È una strada chiara, sempre a portata dell'uomo. Per essere più concreto vi dico: mentre accogliamo "la Parola di Dio qual essa è, e non come parola di uomo" – con lo spirito di carità e di amore di Gesù prendiamo il Vangelo, le Sacre Scritture, alla lettera. Con questo voglio dire: non adattiamola troppo ai nostri gusti, ma restiamo fedeli all'interpretazione e dono che ne fa la Chiesa.
Diamo fiducia, la nostra personale fiducia, alla Parola del Signore, la Sacra Scrittura, come Parola del Signore rivolta personalmente a ciascuno di noi e ad ogni uomo di buona volontà.

In questa ottica personalizzo la mia riflessione e a ciascuno dico:
Per "entrare"nel cuore, la Parola di Dio ha bisogno che tu le apra la porta della tua vita… Sta a te prendere questa decisione…
Concretamente: non rinviare all'infinito questa decisione: l'uomo serio non mette in aspettativa né se stesso né Dio!
Credi all'efficacia della Parola di Dio, alla sua potenza! Se ha dato il via alla vita ("Sia la luce… e fu luce"), se ha creato l'uomo ("Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"), la Parola del Signore può essere lampada, luce ai tuoi passi, può creare e ricreare costantemente la tua vita.

Concretamente: credere alla Parola di Dio significa: trovare tempo per la preghiera personale (… qualche minuto ogni giorno in ginocchio nella propria stanza); dare un po' del nostro tempo alla meditazione (…magari partendo dal brano della Parola di Dio ascoltata nella Messa domenicale); nutrirci di qualche buona lettura (la vita dei Santi, le riviste dell'associazione di cui fai parte); confrontarci con gli altri, credenti e non credenti, sul significato di quanto avviene nella chiesa e nella società (…partecipando a proposte culturali e di studio); trovare del tempo solo ed essenzialmente per la vita nello Spirito, per la propria formazione spirituale (…magari accogliendo la proposta degli Esercizi Spirituali).


La seconda via sono gli avvenimenti della vita

La nostra vicenda quotidiana è segnata da tanti avvenimenti: il Signore ci passa accanto e ci parla, manifesta la sua volontà attraverso i fatti quotidiani che sono la vita, la morte, spesso la salute, le doti e le deficienze, il successo e l'insuccesso, le amicizie e le inimicizie, l'amore e l'incomprensione, i mutamenti sociali, culturali, le guerre, i cataclismi… gli attentati dei nostri giorni.

A questo proposito – e mi scuso del riferimento personale, a cui ricorro per spiegarmi meglio  - ricordo un fatto di sofferenza che nella mia vita mi ha fatto molto bene. Qualche anno fa ho subito un incidente gravissimo che, oltre un delicato intervento durato dieci ore, mi ha tenuto immobile (e quindi non autonomo nei movimenti) per diversi mesi. Ad un amico (che non era nella mia stessa onda di fede nella lettura di questo fatto) al quale confidavo che il tutto era stato dono, reagiva commiserandomi e mettendo in dubbio se non avessi qualche conseguenza alla testa. Sì, in quella occasione, Dio mi passò accanto e mi fece rileggere la mia vita; imparai a discernere ciò che è essenziale, nella vita quotidiana, da ciò che non lo è: ciò per cui vale la pena 'arrabbiarsi' e ciò per cui non ne vale proprio la pena, e che è invece all'ordine del giorno della nostra esperienza quotidiana; imparai a saper stare accanto a chi sta male davvero nel corpo e nello spirito… anche se non ho mai imparato abbastanza! Alla fin fine l'unica forza nel buio degli avvenimenti è il pensiero di piacere a Dio in tutto, di mai stancarci dalla luce della sua volontà: "Cammina alla mia presenza e sii perfetto" (Gn.17,1), ha detto Dio al primo eletto: Abramo.

Romano Guardini, un teologo e pensatore del secolo scorso, scriveva: "Rassegnarsi alla volontà di Dio; adattarsi alla volontà di Dio; volere la volontà di Dio; amare la volontà di Dio. È questione di pochi secondi. Prima di cominciare qualsiasi attività pensa: che cosa vuole Dio da me in questa faccenda? E, con la grazia divina, agisci".


La terza via è l'adempimento dei propri doveri
È la strada più difficile per discernere la volontà di Dio, ma molto realistica. La volontà di Dio si discerne vivendo con volontà e molto amore i nostri doveri. Ci sono doveri inerenti al proprio stato, alla propria vocazione di genitori o di figlio. Ci sono doveri inerenti alla professione, al lavoro: studente, lavoratore dipendente o in proprio, nel pubblico o nel privato. Ci sono doveri inerenti al ministero o servizio ecclesiale, a cui siamo stati chiamati dalla e nella comunità ecclesiale: catechista, animatore liturgico, animatore del gruppo o associazione giovanile, responsabile del gruppo fidanzati o sposi, ecc.

Si tratta di non saltare il quotidiano! Ovvero occorre testimoniare la santità nel quotidiano. Sì, è l'umile e spesso nascosta realtà di ogni giorno la vera evidenza della fede, luogo privilegiato di testimonianza. È nel tessere continuamente rapporti veri, è nell'onestà, nella dedizione, nell'accoglienza e nella ricerca della giustizia, che prende forma la testimonianza. È nella quotidiana fedeltà di uomini e donne all'evangelo, che la presenza di Cristo viene narrata nuovamente oggi. Ma questa attenzione al quotidiano vuol dire essenzialmente perseveranza, capacità di resistere alla prova della durata, di dare continuità ad una scelta, di vivere una fedeltà narrando la fedeltà di Dio.

 


La quarta via è 'amare il nostro tempo', come dono di Dio e come "tempo propizio", affidato alla nostra responsabilità

Il nostro tempo, la situazione storica contemporanea è condizione da accogliere come "tempo propizio": kairòs! Come vero dono di Dio!
I "segni dei tempi", piccoli e spesso impercettibili, sono di fatto anticipazioni che lo Spirito fa fiorire nell'"oggi di Dio", che è la nostra storia.

In particolare il "cambiamento rapido e profondo", la "crisi del nostro tempo", è da accogliere come "dono", "grazia" responsabilizzante.
Una lettura e accoglienza del nostro tempo come "kairòs" si oppone al possibile atteggiamento di pessimismo o disfattismo che può albergare nel nostro cuore e non conduce da nessuna parte.

È lo Spirito che conduce e orienta la "Storia": il "credente contemplativo" – che guarda la vita con gli occhi di Dio – si lascia condurre e guidare dall'"Amore Trinitario", dalla "forza di Dio" e da null'altro! Si tratta di accettare gioiosamente il kairòs: il Signore che passa qui e ora nella storia dell'umanità, della Chiesa, della mia Chiesa locale,della mia famiglia,del gruppo ecclesiale di cui facevo parte, della mia vita che mi passa accanto qui nella Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia!…

Il 'discepolo' che si pone in "religioso ascolto", ovvero in un "ascolto contemplativo" dell'oggi, può riconoscere nei "segni dei tempi" delle indicazioni per un "cammino spirituale" personale ed ecclesiale.
Il riconoscimento e il "discernimento" dei "segni dei tempi", fugato ogni pessimismo, chiama il "credente" e l'uomo di "buona volontà" ad affrontare "il mondo che cambia" con un atteggiamento profondamente "teologale" e lo corresponsabilizza verso se stesso e nel suo servizio all'umanità.

Desidero passare a voi giovani questo "grido profetico" che Arturo Paoli, Piccolo Fratello di Gesù, oggi un 'giovane novantaquattrenne' e con 35 anni di vita donata notte e giorno per amore di Dio tra i ragazzi di strada in Brasile, ha lanciato ai giovani della mia Diocesi: "BISOGNA SCHIODARE GESÙ DALLA CROCE!"

Che significa? "Si tratta di andare con fiducia verso gli altri. Verso i 'feriti' del nostro tempo. Come faceva Gesù che è vissuto sulla strada", sottolinea Fr. Arturo. È lì che incontrava i 'feriti' del suo e nostro tempo: ammalati, storpi, poveri… In definitiva persone abbandonate, sole!

Anche a noi è chiesto di uscire di casa – dal nostro individualismo, dalle nostre sicurezze, alla fin fine dalla nostra solitudine, che ci fa infelici – per andare verso gli altri e farci carico dei 'feriti': nella nostra famiglia, tra gli amici di scuola, nelle nostre città, in parrocchia… tra gli ultimi!

Si tratta di avere e coltivare nel cuore, nei fatti, la passione, l'Amore per gli altri.

Dio ci accompagna nella nostra responsabilità verso questo 'mondo ferito', che invoca pace e solidarietà, donandoci forza, luce, ma lasciando a noi la nostra responsabilità.

 


La quinta via è partecipare in prima persona a creare una 'cultura di pace'
"Vivere nel mondo come veri adoratori di Dio" significa sentirsi in prima persona responsabili di partecipare a creare una 'cultura di pace' per la vita e la pace del mondo.

Augurando e offrendo la pace ai suoi discepoli, Gesù risorto dona se stesso, poiché "Egli è la nostra pace" (Ef. 2,14).

Pace è uno dei nomi più significativi di Dio. Tanti oggi invocano la pace, e mentre lo fanno non sanno di stare invocando Dio.
Proprio perché la pace è una dimensione o qualità del suo essere, Dio, donando la pace si dà come pace, secondo la sovrabbondanza del suo amore. Dono e frutto della straripante partecipazione di pace del Padre è Cristo, nostra pace, l'uomo che porta il buon annuncio del Regno di pace, nel quale far entrare tutta l'umanità liberata dall'inimicizia.

La pace è quindi il mistero di Dio, è il nome di Gesù, è il nome del Vangelo. Per questo essa è uno dei luoghi supremi della confessione della fede. La pace non può quindi essere separata dal Vangelo.

Nel momento in cui in nome del Vangelo giudichiamo la guerra come antievangelo, dobbiamo testimoniare, come agnelli in mezzo ai lupi, il perdono e la riconciliazione.

Per piantare la bandiera della pace nel cuore di ciascuno e nel cuore dei grandi conflitti, sono fragili ma al contempo decisive le armi a disposizione della Chiesa: la fede, la parola, la giustizia, il Vangelo, la preghiera, il perdono vicendevole. Fragili e decisive come lo stile che deve caratterizzare il cristiano, quello della non violenza.

"Da qui sorgono alcune sollecitazioni, come possibili atteggiamenti per partecipare a creare una 'cultura di pace', "per la vita e la pace del mondo".

• Pace con noi stessi: nella cella del cuore di ciascuno è in atto la battaglia spirituale contro le grandi dominanti culturali che seducono il mondo.
Solo se disarmeremo i nostri cuori, disarmeremo anche gli eserciti.
• Pace nella comunità: per risultare credibile, l'annuncio del Vangelo della pace esige coerenza di vita da parte della Chiesa e di ogni comunità. Una Chiesa divisa, piena di divisioni, gelosie ed invidie, non potrà mai annunciare con verità il Vangelo della pace.

• Pace nella storia e fra gli uomini: una Chiesa evangelizzata dal Messia della pace può portare la sua parola profetica al cuore dei conflitti, può denunciare l'idolatria della guerra, può consegnare con verità la parola del perdono e della riconciliazione e le opere coerenti con queste parole. È necessario prima di tutto educare alla pace, crescere nella mitezza, e partendo dalla più tenera età sensibilizzare e informare sulla realtà dei paesi più poveri. A chiunque attraversa i territori delle nostre comunità, siamo chiamati a dare prima di tutto la possibilità di sperimentare la pace, ad accogliere tutti senza distinzione di persone: se faremo qualche preferenza, questa sarà per i poveri, i piccoli, per gli ultimi. Per questo la presenza di molti immigrati ci chiama a vincere lo spirito di superiorità e di razzismo. Inoltre, il fatto che molti di essi siano cristiani (ad es. Ortodossi…) ci chiede di ospitarli perché essi possano celebrare la fede secondo le loro tradizioni.

• Pace con il creato: rispettare la creazione non è atteggiamento ecologico, bensì conseguenza di uno sguardo contemplativo. Si tratta di vedere i segni di Dio nella creazione che ce la consegnano come sacramento, cioè come traccia di comunione con Lui. Ecco perché il creato non può essere oggetto di violenza, di rapina, di possesso per pochi privilegiati. Il cristiano sa di essere "tramite" tra il Dio Trinità e la creazione, ma accoglie la creazione come "tramite" tra il Dio Trinità e l'umanità.
• Pace con Dio: la pace potrà realizzarsi solo se siamo pronti a vivere in pace con Dio, a lasciarsi trasfigurare da Lui, a renderci disponibili ai suoi disegni su di noi.

Alcune domande per la riflessione personale o di gruppo

1) "Vivere nel mondo come veri adoratori di Dio": tra le 'strade' indicate quali sono particolarmente chiamato a percorrere nell'oggi della mia vita?

2) Quale/Quali scelte di vita cristiana mi sollecita l'esperienza della "Giornata Mondiale della Gioventù"?




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