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Francesco Fulvio Frugoni
I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula

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  • I FASTI DEL MIRACOLOSO S. FRANCESCO DI PAULA; SPIEGATI NELLA DIVOTIONE DE' TREDICI VENERDÌ   PARTE PRIMA.
    • Quanto sia efficace l'Aiuto di questo gran Santo contro ogni sorte di Mali, si prova di trascorso con alcuni de' moltissimi suoi Miracoli dopo Morte.   PROLUSIONE VI.
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Quanto sia efficace l'Aiuto di questo gran

Santo contro ogni sorte di Mali, si

prova di trascorso con alcuni de'

moltissimi suoi Miracoli

dopo Morte.

 

PROLUSIONE VI.

 

Intrapresa sarebbe non men disagevole, che temeraria, il voler rappresentare, [104] benché di scorcio, tutti gli Egri, & Afflitti, tutt'i Cagionevoli, e necessitosi, che furono da questo Provido Limosiniero della Beneficenza Divina, quando Egli visse Mortale, prontamente assistiti.

Votò gli Spedali, Celeste Medico, & empì le Chiese: Spogliò le Tombe, e vestì gli Altari: Chiuse le Piaghe, & aprì le Bocche: Scacciò le Febbri mortifere, & introdusse gli Amori Celesti; e su la Scena del Mondo comparve sempre grand'Operatore di Maraviglie: Le fece a fasci, le produsse a cataste, onde non ponno portarsi tutte, per esser tanto voluminose, che co' grandi Volumi; rappresentarsi, se non i Monti, ma non con disegno chimerizato, come pretese fare Stasicrate di Allesandro.

Crebbero ancora più dopo, che FRANCESCO deposta la Salma caduca se n'andò col suo Spirito Amante a calcar le Stelle, & a rendere al Mondo anche più propitia l'Eterna Pietà col suo Merito singolare, il quale cominciò a spiccare interissimo quando nel fin degli Anni apparve consumato.

Di lassù non si scordì di comandar'ancora vitalmente alla Morte, come succedette in Napoli, in Amiens, in Milazzo, & altrove, rivocando a respirare quest'aere l'Anime già separate, all'invocatione del suo gran Nome, o col contatto delle sue Reliquie Sagrate.

[105] A questi si aggiungano i Moribondi, di numero innumerabile, che stando già per cader nel Sepolcro corsero ravvigoriti al Tempio per prestar'Omaggio della Gratia ricevuta, & in evidente rimostranza della salute ricuperata.

Tal fu la Moglie di un Regio Consigliere in Amiens, che, con istupor della stessa Natura prostrata, trovandosi arsa dalla Febbre le vene, chiusa dall'Opilatione le Viscere, soffocata il Cuore dalla flussione, ulcerata il Fegato dall'Acredine, quando già stava per ugnerla il Sacerdote con quel Sant'Olio, Simbolo della Misericordia, che Dio benignissimo, in quell'estremo procinto, al Peccatore riparte, al solo contatto di un Berettino del Santo, dalla cospiratione di tanti morbiferi affetti, ad un tratto maravigliosamente fu liberata.

Lo stesso succedette, pur'in Amiens, col medesimo Antidoto, ad una Fanciulla, che per la deforme Enfiagione del Corpo infetto, respirando sol co' sospiri s'incamminava alla Tomba.

Ivi un altro Bambino ricuperò parimente la Sanità perduta per l'oppressione di un contagioso livore; Sicome rihebbela, poco appresso, agli afflati di un Astro così salubre la Moglie, spirante sol per momenti, di un Senatore. Venendo indi ridonata a moltissimi, sotto quel Cielo, la memoria de' quali fastosamente [106] felice si va giornalmente rinovellando, alle nuove Gratie, che da FRANCESCO, suo Protettore, riceve quella Città sua Divota.

Troppo fiacca è la Penna per far'il giro di tutto il Cielo Cattolico, ad annoverare ne' termini angusti di queste linee que' tutti, che riportarono, col ricorso a questo Prodigo Dispensator degli Empirei Doni, la Salvezza, e la Vita.

Deh venga Mallevadore di tanto impegno, fin dalla Stìria Annibale Chippi, Capitan Valoroso del gran Guerrier Vincenzo Gonzaga, e port'in mano il suo Ritratto, foggiato sopra lastra di argento, per trasmetterlo a Tours a protestar sempre fresco il candore della sua obbligata Divotione; Et ad accompagnare le numerose votive Imagini di Regi, e Principi, di Reine, e Dame qualificate, che coronano la Cappella del Santo, per renderlo grande anche in Effigie nella presenza de' Grandi. Siasi l'Epigrafe sotto la Statua del Chippi di tal tenore: Io sono Annibale; Ma sol per FRANCESCO Vittorioso. Tante volte Egli liberommi dalle Saette del fiero Trace, quant'Io scoccai verso lui le giaculatorie Preghiere. S'Io fui per lui tutto petto, Ei fu per me tutto Scudo. Trovandomi attorniato da' Cani, questo sol'Agnello salvommi. Egli saldò le mie piaghe, ma più il mio cuore; e rendendolo intrepido ne' conflitti, lo rese ancora sicuro nel timor dell'Altissimo. [107] Col Sole della sua Carità ravvivò il vigore della mia debolezza, e fe' al mio cospetto impallidir quella Luna, che sempre crescente, sempre è più scema. Già stava per mietermi non ancora maturo di pensiero, e di etade, colla sua Falce arruotata, la Morte in herba, e FRANCESCO, il mio gran Protettore, gli si oppose, perch'Io potessi dar frutti di Penitenza.

Accorra dal Principio (un de' Colli Latini rinomato per lo maestoso Convento della Trinità de' Monti) il Padre della Motta Minimo, crudamente sbudellato, nell'ultimo Sacco di Roma, in cui la Pietà Religiosa pianse con lagrime di Sangue le sue stragi cruente, e prostrandosi in Tours alla Tomba del suo gran Padre alla quale si è fatto condurre più dalla Fede aleggiante, che dall'ufficiosa assistenza di chi accompagnollo, mentre si sente ristabiliti i suoi rovinosi intestini, sclami in questo modo: Eccomi tutto sviscerato più, che prima non fui, a professarvi l'obbligo, che mi risulta da queste viscere, che sanaste, o mio gran Patriarca, a cui debbo nell'avvenir più, che prima tutto il filo della mia Vita, poiché voi così benignamente raccozzato l'havete.

Si produca da Nivers Madama di Sciatiglione, Claustrale Benidittina, che senza favella, per cinque giorni, già s'accigneva a cambio del letto col cataletto: Ravvivata al semplice tocco di un Berettino [108] del Santo, mentre se ne vola contenta dalle piume agli Altari, esprima al suo Provido Ristoratore la sua Gratitudine in questi termini. Io porterò sempre il mio adorato FRANCESCO sopra la testa, poiché colla sua Beretta sanommi. La parola mi restituì, ed Io tutta impiegherolla in magnificarlo così divota, com'Ei mi fe', col darmi la Vita, obbligata.

Presentisi dalla Saggia non meno, che antica Pisa il Medico Vigna, che non trovò miglior Semplice di FRANCESCO per la guarigione felice della sua mortal Malatia: & al suo Liberatore rivolto, del seguente tenore spieghi 'l suo Debito. Non più seguirò gli Afforismi d'Hipocrate, ma i Vostri, o mio Divino Esculapio, che trovandovi hora nel vero Giardino de' Semplici, di tanti rimedi abbondate a' vostri adoratori fedeli. Procurerò nell'avvenire d'imitar la vostra Pietà nel medicare gl'Infermi; ma già che fui sotto la vostra cura, vi priego a tenermi sempre sotto la vostra custodia.

Si esibiscano, ad autenticar il mio Assunto, dalla Città di Milazzo Donna Elisabetta di Alarcon, col Dottor Arcangelo Costanza, seguito dalla sua Moglie, e tutti e tre si confessino trasferiti da Morte a Vita, per haver'ammorzati li loro Sintomici ardori, che già stavano accinti a ridurgl'in cenere, nell'acqua del Pozzo fatto cavare, e poi benedetto dal Santo, a [109] cui favellino grati di questa tempra. O Pozzo prodigiosissimo di Miracoli, FRANCESCO riveritissimo, onde sempre disgorgano acque vive di Gratie, perché Dio solo è la vostra vena, deh cangiate l'onda salubre con cui estingueste le nostre Febbri in tanto fuoco divino, in cui ardano i nostri cuori; e non permettete, se ci allungaste il respiro in Terra, che restiam privi di quello, che così dolce si esala in Cielo.

Non sieno scarse le lodi, come il nome di Modica, dovute da questa all'Intercessione del Santo, per la Salute improvisamente ristabilita a D. Giovanni Liuzzo, Sacerdote di credito di quel Paese, da cui agonizante colla sola Imagine di FRANCESCO, postagli sovra, fu scancellata quella, abbozzatali già dalla Morte sul viso. Ma sentiamolo com'Egli ne professa dal più intimo della riconoscenza l'aggradimento, colla seguent'espressione. Passa l'Huomo in figura, & Io mi fermo sotto la figura di un Angelo. Dall'ombra di quest'Imagine Sagra, a me fu resa la luce vera. Giacqui semimorto nel letto: mi sollevò redivivo la Copia di un Originale di Santità, & a' riflessi così salutari di FRANCESCO mio chiaro Sole, tornai a veder'il giorno, di cui mi fu l'aurora foriera la di lui effige adorata. Hor vivo per miracolo, non per merito, e poiché sopra questa Tela vitale ho veduto raccozzarmisi lo Stame già già reciso, procurerò in l'avvenire, che la medesima [110] mi sia vela per condurmi al Porto desiderato.

Tali furono anche gli aiuti co' quali assistè FRANCESCO a' suoi Partiali; non tanto vago di procurar ad Essi la temporale Salute, quanto l'Eterna.

Era Egli, di poco salito ad accrescer fomento alle Fiamme Empiree col suo Spirito, tutto impinguato di Carità, quando scese nella Città di Loxa in Andaluzia, per favorire colla sua Visita secondo la promessa, che gli ne havea fatta per lettere, il Gran Capitano D. Gonzalo di Cordova. Scrivo di quell'Invittisimo, che visse intrecciato di Allori il crine, e morì (oh Peripezie dell'Incostanza Mondana!) di Cipressi coperto il Cuore. Ma FRANCESCO, verace Amico gli si presentò al capezzale, cambiandogl'in tante Palme, corroborando quel Petto heroico coll'abbondanza pretiosa de' cordiali raccordi, accioché, il Prode Campione, dopo tante Vittorie non si curasse d'altro Trionfo, che del Celeste. Tanto Egli fe', & allo sparir di FRANCESCO restando cogli occhi pieni di luce in questi luminosi sentimenti proruppe. O mio Santo, o mio caro, o mio Prodigioso Avvocato. Hor Io muoio contento, non più di dolor, ma di gioia, che mi rende pretiosa la Morte, poiché voi colla vostra comparsa a liberarmi da questo Mondo Nemico, mi acceleraste la dipartenza, mentr'Io dispongami a seguitarvi sulla traccia de' [111] vostri raggi. Più non pavento l'ombre Infernali, dissipate dal vostro fulgido aspetto: più non curo le Larve Mondane, da voi disperse nella mia mente da' vostri chiari consigli. Andiamo Gonzalo, andiamo, che se FRANCESCO ci è guida, non potiamo certo terminar, che nel Paradiso.

Alla stessa maniera accorse il Santo in Amiens ad un celebre Avvocato del Parlamento di Parigi, il quale non havendo potuto vincere contro alla Morte la lite commune, havea già perduta la parola, di cui tanto prevaglionsi arditi, quelli di così degno Esercitio, nel Foro strepitosamente facondi. Con una Reliquia di FRANCESCO ricuperolla, per detestar le sue Colpe, & aggiustar la sua Causa con Dio prima di comparir'alla gran Camera di quell'inappellabile Tribunale, in cui tremant'i Demosteni si confondono, & i Baldi intrigati balbettano.

Nella sovrascritta Città di Amiens si replicò in appresso con moltissimi altri sì fausto evento; Et ivi si tien per Principio infallibile, non poter'finir male chiunque viva sotto la Protettione di questo Minimo Augusto, né morir senza Sagramenti, chi alla Tutela di FRANCESCO si raccomanda.

Da Esso, anche di lassù, dove splende, furono accesi, come da vivacissimo Sole, gli estinti lumi alle faccie oscure: Il che fu ammirato in Alama, in Lecce, in [112] Amiens, in Boemia, in Barcellona, & altrove, havendo molti ricuperata la Vista smarrita, & alcuni aperti gli occhi alla luce, non mai veduta, col solo collirio dell'Invocatione a questo fulgidissimo Luminare.

Qui come in proprio luogo, non debbo omettere que' raggi salubri, che traspirano da' venerabili Occhiali del Santo, li quali si conservano nel Convento Principale di Genova. Da questi applicati alle pupille fuliginose, furono dissipate le travveggole, e l'ombre: Occhiali più prezzabili assai di quelli del Galileo, poiché non discoprono, dalla lontana, ma levano, da vicino, le macchie ne' lumi.

Servami di gran Testimonio, fra tanti, maggior d'ogni Merito, & Eccettione, il Nobilissimo Gio. Luca Spinola de' Signori Duchi di S. Pietro in Galatino, Fratello del fu Eminentissimo Cardinal di S. Cecilia, Arcivescovo di Genova, a cui sommi meriti ha tanto tempo, che si arrossisse, per non coprirli ancora, benché vicina, la Porpora. Hor quel gran Cavaliere a cui la Religione de' Minimi, come a suo principalissimo Benefattore erge gratissima una Statua viva di cuori, tra i Favori frequenti, che professa di haver ricevuti da FRANCESCO suo singolarissimo Protettore, a cui deve una lunga Vita, e del cui colore andò per alcuni anni coperto, ravvigorì [113] gli occhi suoi già divenuti come di vetro, al contatto divoto di que' Cristalli maravigliosi, che sono degli Astri più salutari.

S'Io volessi cercarle, troverei non solo in Praga, ma in altre Regioni diverse, le lingue mutole fin dalla Culla, che snodate furono da FRANCESCO, il quale diè la favella a' Pargoli scilinguati, accioché lodassero facondi il Signore in questo suo gran Santo ammirabile.

Parlino in Elogio di lui ben a tuono que' Pazzi farnetici, a' capi de' quali, più veramente, che non fe' Astolfo, restituì dalle Sfere il Cervello. Contasi fra questi un tal Cola Chiulla della Terra di Palazzo Adriano, che andava baccante per la Calavria, agitato da interna face, e più furioso (perché senza Poetiche Inventioni) di Orlando; ma giunto a Paula partinne colla mente rasserenata da un Zeffiro soavemente Divino, spiratogli in fronte dall'Imagine di FRANCESCO miracolosa.

Corre rapido in Lecce, nel Festivo del Santo, alla Cappella di questo un Tale da' maligni Spiriti funestamente invasato, per sepellir'in un altro Pozzo, ma di Gratie sovrane, quegli stessi sotterranei Misantropi, che dentro a Pozzo profondo, da cui cavollo FRANCESCO con aiuto opportuno, l'haveano frementi precipitato. Attesti costui (con altri copiosissimi, [114] che andarono ricevendo soccorsi consimili, nell'essere liberati dagl'infesti Demonij) quanto il Santo vecchio col suo bastone, come con Clava Herculea, sia terribile a' Mostri infernali.

Ma non men tale si fe' provar da' Nemici del suo Istituto, & a' Persecutori della sua Religione. Tralascio il Vicario Generale dell'Arcivescovo di Palermo, che nel 1611 fu scopo de' giusti risentimenti di FRANCESCO, che volLe con punirlo corregerlo, e col periglio salvarlo. Solo pongo in prospetto l'Arciprete di Favromina D. Melchiorre Coniglio, che nel 1615 molestando antipaticamente il Monastero del Santo, all'apparirli di questo una notte irato, ma di quello sdegno, che fa fiammeggiare, ma non iscomporr'i Beati, percosso da' colpi di quel bastone sovrano, ma più dal timore assalito del minaccioso Sembiante, restò nel vomito del proprio sangue sommerso; indi nelle sue lagrime penitenti, per indulto pietoso, prima di morire, salvato. Così fe' veder FRANCESCO con evidenza, come sian Conigli codardi tutti coloro, che ardiscono di pigliarsela contra le Aquile del Paradiso.

Deh come, per la ragione de' Contraposti, si fe' provar FRANCESCO favorevol', e mite a' suoi partiali, & ossequiosi! Implorisi pur da questi in ogni congiuntura più angusta, ad ogni cimento [115] più stretto, che si presenterà pronto, e benevolo a validamente giovare.

Tale sperimentollo, fra molti quasi, che innumerabili, non meno di Carlo Ottavo Re della Francia sul Taro, Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova nel Settentrione: Da' perigliosi Conflitti campando illesi amendue consagrarono al loro fausto Conservatore gli Allori votivi.

Nelle Rivolutionistrane, come nefaste del Regno Napolitano libera FRANCESCO in Lecce nel 1648 dall'invasione ondeggiante di un Popolo ammutinato, la Notte della sua Festa, con aprirgl'insensibilmente le Porte della sua Chiesa, il Segretario della Regia Udienza, che vi si ricovrò, con salvaguardia tanto sicura, al coperto da un diluvio di sassi, e da una tempesta di spade.

Eccederei di molto le mete, che mi ho prefisse, quando volessi raccontare con esattezza tante volte il mare incalmato, & i Navili, non solo condotti a Porto dall'Aura favorevole di FRANCESCO, ma miracolosamente ancora schermiti dagli artigli grifagni di quelle fetide Arpie, che per far crescere la loro sacrilega Luna, scema di Fede, vivono corseggiando di proseguite rapine.

Oh, quante volte, oh quante, ruppe FRANCESCO le Catene, & i Ceppi, nelle Masmorre, e ne' Bagni di Algieri, di Tunigi, e del Levante, facendo spiccar' [116] anche nell'Africa la sua Santità portentosa!

Trasmetto il mio Lettore a riconoscere quelle prove, che qua non addùco, nella Vita di lui, dentro la quale ad ogni mossa di sguardo s'incontrano montagne di Maraviglie; Ch'Io non ho tanta lena da portar'in mostra tutt'i Ferri spezzati, de' quali le di lui Sagre Imagini si coronano, tirati da' piedi, e da' colli de' miserabili Schiavi, col Magnetismo solo del di lui Patrocinio possente.

Lascio da parte gl'irracontabili per lo gran numero della Peste sanati, non havendo potuto i Carboni resistere, senza distruggersi, al fuoco di questo Celeste Ignito; né restare, senza svanire, i Bubòni, al balenare di questo Fosforo acceso.

Trasando gl'Incendij, tante volte ammorzati, le Pioggie tante volte grondanti al Merito di Francesco sublime.

Trascuro le gravi cadute dall'assistenza di questo Angelico Spirito rese leggiere.

Trascorro de' Calunniatori, lividamente infami, le sviluppate Imposture, gli ordegni, e le trappole, gl'intrighi, & i lacci contro agl'Innocenti, recisi, e disciolti da questo Alessandro Magno di Santità.

Trapasso i Trattati di conseguenza conchiusi, le Mine sventate, gl'Infortunij svaniti, i Matrimonij aggiustati, le Paci ristabilite al soccorso di questo Santo Prodigioso.

[117] Ommetto le lagrime asciugate, i gemiti dispersi, i sospiri incalmati, i Turbini dileguati, i Cordogli spenti, i Perigli distrutti, gli Affanni proscritti, e le tenebre interiori fugate da questo Sole Divino.

Mi ristringo, in fine, a fartelo vedere, benché di scorcio, Patrocinante Giusto le Liti, risolvere con buon'esito i Processi voluminosi, e stentati, quelli, che sono gli Orchi voraci, onde le intere Famiglie sono inghiottite. Si mostrò FRANCESCO non solo in Siviglia, in Milasso, & altrove Procuratore sollecito de' suoi fedeli Divoti, ma singolarmente nella Corte del Re Cattolico con un successo altrettanto ammirabile quanto vero.

Trovossi in Madrid, al tempo, che regnava Filippo Terzo, più grande per la Pietà interminabile; che non fu per gli Stati immensi, un Finanziere, o vogliam dir'Assentista, che citato a dar conto del suo maneggio nel Tribunale di quella Camera Regia, vide mancarsi nella rassegna delle proprie Scritture la Signatura Reale sotto una Cedola di cinquanta mila Ducati, che haveva speso in servigio, e per comando Sovrano. Oh Dio come impallidìal riverberare di quella Carta funesta, che senza le note supposte il fe' cadere di tuono, trovandosi senza colpa dannato, e senza fallo fallito! Già stava per perdere in quelle righe intrigate, come in un Laberinto [118] mortale, dopo la parola la Sede, dopo la Facultà, la riputatione; e quando meno per sentirselo tramutare in una Carcere oscura fino alle tenebre della Tomba. Ma non mancogl'in FRANCESCO un Dedalo, che invocato gli porse il Filo per farnelo uscire felicemente. Spinto dalla Confidenza vivace, più, che dagli stimoli del suo dolore mortifero, corse l'Afflitto alla Chiesa della Vittoria, per non restar'isconfitto dal suo Disgusto, e boccone gittandosi dinanzi la Statua dell'usato, ma sempre più nuovo suo Protettore, stemprò co' caldi singhiozzi il cuore, stillò gli affetti in lagrimose preghiere; e da fatidico impulso incitato, pose segretamente in una manica del Santo le sue Scritture; indi partissi, ma solo col piede, lasciando l'anima col pensiero nelle mani del Supplicato. Ritorna il giorno appresso, e si ripiglia l'Invoglio, non so, se col braccio più riverente, o tremante: Rassegna que' fogli coll'occhio tra palpitoso, e sereno: gli scorre colla mano tra timida, e lenta: Incontra, e vede la Cedola (oh prodigio!) colla sottoscrittione del Re signata. A quella Firma miracolosa gli si confermò il cuore, da quell'Inchiostro acquistò la sua candidezza col credito già scancellato, e da que' Caratteri, come se fossero Magici, ma Celesti, gli furono restituiti gli Spiriti già perduti. Pianse di giubilo, se prima di malincuore: [119] sospirò di gioia, se pria di scontento, e non cessando di esaltar colle lodi, di adorare co' voti, di ringratiare co' prieghi il suo Provido Mallevadore, empiè tutta quella Corte di applausi ad un Fattocelebre, che multiplicando colla Divotione il ricorso a FRANCESCO, propagonne ancora l'Assistenza patrocinante.

Aggiungo a questo notabilissimo Caso il Quadro, esposto nel Tempio de' Minimi di Torino, nel quale si esprime dentro una Torre del Castello di quella Città, fra Cancelli Ferrati, un Prigioniero di conditione, che colle mani giunte, & al Cielo tese, ringratiando il Santo invocato, esprime le formali parole Scritte sul fondo della Pittura a spiegar la libertà rihavuta: Per Intercessionem Sancti Francisci de Paula liberavit me Deus a falsis Testibus, & a Persequentibus me.

Conchiudo la Prolusione colla Fama narrante, che Monsieur il Principe di Condè, Padre del Prode vivente, essendo lungamente arrestato nel Bosco di Vincennes, d'ordine regio, con innaspettato spiraglio vide la vigilia del Santo prorompersi la Gratia così sospirata. Assistendo a' Primi Vespri nella Chiesa de' Minimi in quel ricinto, ne ricevette l'annuncio fausto, ond'hebbe motivo d'insisuar la sua voce festiva al Choro alternante de' Religiosi, cantando allusivamente al suo gran Minimo ossequiato: Feciti mihi magna [120] qui potens est, & Sanctum Nomen eius.

 




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