ALL’UBBIDIENZA DEL SANTO.
Il primo Adamo prevaricando dalla Morte fu vinto:
Il Secondo Adamo coll’ubblidire sconfisse la Morte. L’uno stese la Mano a
carpir’un Frutto, che fe’ sterilir’il Genere Humano sfiorito: L’altro la porse
ad esser trafitta da un Chiodo, che fe’ rinverdire l’Humano Genere
fertilizzato. Le dita di tutti noi, nella palma infruttifera del nostro
primiero Padre prosciolte, restarono punte in cogliere un Pomo spinoso; ma
tutte l’Anime nostre, nel capo de’ Giusti comprese, rimasero sane per la virtù
infinita di un Giglio stillato.
Christo fu Vittima di Ubbidienza, combusta
sull’Altar della Croce; Né potè dirsi all’hora, che l’Ubbidienza fosse miglior
delle Vittime, perché tutte le passate, e le venture adeguarono, o nella
figura, o nel figurato quell’Holocausto, essendo una cosa stessa l’Immolato
coll’Immolante, e colla Vittima l’Ubbidienza.
L’Ubbidienza in Christo svenò la Vittima;
[366] e la Vittima sagrificò l’Ubbidienza. Questa gli fe’ incurvare i
Cieli a discendere. Discese, come la Neve nel notturno silentio, essendo muta
l’Ubbidienza? Stillò se stesso qual mattutina rugiada; e pur venne più veloce
di un fulmine, e col lume più fiammeggiante del Sole, perché la perfetta
Ubbidienza sempre reca seco Splendori. Comparì nel più cupo della Notte più
tacita, benché fosse Luce; più fredda, benché fosse Fuoco: Perché l’Ubbidienza
vera, non fa mai pompa; e non mai si raffredda. Gelò interizzato Bambino al
ghiaccio della Stagione Senile; e pur era colui, che i suoi calorosi fomenti
all’Estiva riparte. Scense un Fienaio per Reggia, una Mangiatoia per Trono,
agresti Armentieri per Cortigiani; e pur era il Re dell’Empireo, che ha il
Paradiso per Reggia, i Cherubini per Trono, e per Cortigiani innumerabili
Legioni di Angeli, che ad ossequiarlo riverenti si schierano.
Tutti questi furono Tratti di quella
Ubbidienza così esatta, che professò il Signore, dal primo istante della sua
Incarnatione Augustissima, fino all’estremo respiro della sua Pretiosissima
Vita; in segno di che volle alla sua Nascita presente un Bue, che col sottomettersi
al Giogo, è Simbolo usato ad esprimere un Ubbidiente.
Dalla Culla alla Croce passò così
volentieri, [367] che gli parve di haver fatto un sol passo per
ubbidire; e pur trovossi co’ piè tutti trasforati: Et in fatto corse così
veloce ad incontrare la Morte, che con impatienza stimoladrice motteggiò il
Traditore di troppo lento.
Carico il dorso di Croce, più dalla
sommessione, dalla fievolezza abbatuto, diè più volte del petto in terra; e si
lasciò crocifiggere senza lagnarsi, perché l’Ubbidienza non sa dolersi.
Provocato dall’Hebreo contumace non volle
scendere dal Legno ignominioso, stimando più il consummare coll’Ubbidienza la
Vita, che accreditarsi Nume imperante.
Per non perdere l’Ubbidienza, perdè la
Vita medesima, e chinando il capo, volle morire in atto di Ubbidiente, e
professarsi Ubbidiente fino alla Morte.
Hor se non hai, o Mortale, lume bastante
da fissar l’occhio dell’Anima nel Crocifisso, che fu dell’Ubbidienza il
Prototipo; osservane almeno compuntivamente in FRANCESCO il Protratto.
Fu Egli così geloso, così zelante di
questa Virtù Celeste, che sentendosi chiamar da Dio internamente negli anni
teneri della sua Pargolezza, rispose, novel Samuello, prontissimo con un Eccomi.
Appena hebbe un barlume di Ubbidienza, che la seguì, come Stella foriera della
Perfettione. Sposolla Celibe per prolificar’Affetti [368] di eterna
Vita: Se la strinse al cuore come Diletta: La vezzeggiò come Amante, la
vagheggiò come Amata: L’infiorò come Vittima de’ cuori: La riverì come
Principessa della Virtù: L’Honorò come Promotrice de’ meriti: La sublimò come
Fabbrica dell’Osservanza: L’osservò come Regola della Bontà: L’esaltò come base
dell’Humiltade.
Benché fosse Padre, e Superiore perpetuo
di tutto l’Ordine, niente più si stimò, che di tutti il Minimo mettendosi
sempre al posto de’ piedi, forse per insegnare, che ben non sa comandar chi non
sa ubbidire; e che nel Claustro l’Ubbidienza ha da reggere il Corpo Mistico, e
non l’ambitione di sovrastare.
Quando il Capo è buono per esser piede,
non v’ha pericolo di cadute; ma quando il piede pretende di farsi Capo, non
v’ha, che pericolo di disordini. Chi vuol sempre comandare è segno, che non
vuol mai ubbidire. Non sa governare altrui, chi non sa governar sé stesso; e
non sa governar sé stesso chi non sa governare altrui. Non sa governare altrui,
chi non sa governare le sue Passioni; e non sa governare le sue Passioni chi si
lascia sormontar dall’Ambitione, nemica giurata dell’Ubbidienza.
FRANCESCO ancora comandando ubbidì, perciò
seppe comandar’ubbidendo, & ubbidir comandando. Il Cielo deputollo
[369] Superiore a tutti, perché di tutti il più Humile; e perciò il
più Ubbidiente, & in conseguenza il più perfetto di tutti. Fu Lume, ma
senza fumo: e per tanto si rischiarò, non annerì col suo governo la Prelatura.
Il Re de’ Galli, Luigi Undicesimo
istantemente il chiamò in Francia, e vedendol restio, gl’inviò espresso il
Maresciallo di Brandicourt, Governadore della Borgogna, che l’invitò per parte
del suo Principe, colle più riverenti richieste al Viaggio, ma in vano.
Interpose perciò, quel Monarca, gli Uffici del Re di Napoli, ma senza effetto;
Ché l’aura de’ Grandi non mosse mai lo Spirito di FRANCESCO fissato in Dio. Il
Cielo stesso con rivelatione particolare svelò al Santo il Decreto della
Prescienza Divina di andar alle Gaule a convertir’il Gallo altero in Colomba
gemente; nulladimeno Egli attendè il comando, sono il merito di Santa
Ubbidienza del gran Pontefice Sisto Quarto, dalla cui Quercia sagra, che co’
suoi rami d’oro baciò le Stelle, ricevette l’Oracolo.
L’ultimo giorno precorso a quello della
sua Morte, così pretiosa nel cospetto di Dio, correndo la Solennità della Cena
dell’Agnello, strascinossi qual Pecora a capo chino, sull’appoggio del suo
bastone alla Chiesa. Quivi febricitando più d’Amor Immortale, che di mortal
[370] Malatia, cibatosi del Pane de gli Angioli, che ne’ deliquij
dell’Anima la rinforza, Viatico di Vita, che non lascia temer la Morte, hebbe
precetto da quel Superiore Conventuale di ritirarsi alla Cella, accioché il vigore
della Divotione, non prostrasse affatto la debolezza del corpo. Ubbidì senza
replica; e pur’era il Generale dell’Ordine, e l’Ordine Generale, col suo solo
Esempio, de’ Sudditi; sulle braccia de’ quali passò indi a poco a quelle degli
Angioli. Così ricondotto al suo nido antico a morirvi come Fenice di Santità
multiplicò i giorni suoi, negl’interminabili spatij dell’Eternità Gloriosa.
Hor’eccoti FRANCESCO come Pietra di
paragone per copellarvi sopra il tuo cuore a provarlo, se ha buona lega,
nell’esser ubbidiente alla tua Sinderesi; o se pur è slegato senza il cingolo
dell’Ubbidienza: Virtù trascendente, che ad ogni genere di Conditioni è così
spiritualmente utile, come moralmente dovuta.
La piegatura dell’Arbitrio dell’Huomo, che
nato libero, e lasciato da Dio in mano del di lui Consiglio, nacque col Dominamini
in testa, è così difficile, che senza la machina della Croce, non può curvarsi
a l’impero della Volontà. L’ubbidire ad un Angelo è debito che la costitutione
dell’Universo richiede; ma l’ubbidire [371] ad un Bruto è contra tutta
la dispositione della Natura. Abbassar la testa a chi non ha di capo sol, che
il fumare, è una ripugnanza innestata nel Genio Nobile, che non nacque a
servire. Mettersi sotto i piedi di un Giuda, come fe’ Christo per lavarli,
ancora che sordidi, se non coll’acqua dell’Urna, colle quintessenze spremute
dalla negatione di sé stesso, è un imitar l’incarnata Sapienza, che tante volte
s’inchinò all’Ignoranza: è un rendersi simile all’humiltà di un Dio, che così
sovente fu conculcata dalla Superbia.
Deh quante volte, e quante negasti tu la
propria Volontà, per un honor momentaneo; e non mai la negasti per un Bene
infinito. Sdegnasti di curvar’il tuo Spirito ad un Dio, che ti creò; e tante
volte l’assoggettasti ad una Creatura, che ti distrusse. Ubbidisti alle
sregolatezze del Senso, più che alle regole della ragione: Più alla forza
dell’Interesse, che alla dolcezza della Convenienza: Più alla Legge del Mondo,
che a quella di Dio. Per non mortificar la tua Carne volesti essere prontamente
ubbidito; e per non ubbidir’al tuo Redentore non volesti essere ancorché
leggiermente mortificato.
Apprendi dunque da FRANCESCO nell’avvenire
a metter’in pratica la negatione del tuo volere caparbio. A lui [372]
ubbidì tutta la Natura, come se fosse stata sua Serva, perché fu egli sempre
ubbidiente al suo Dio, di cui riputoss’inutile Schiavo; catenatissimo da’
Precetti Sovrani. Poiché fu, come Christo Ubbidiente fino alla Morte; &
alla Morte di Croce, poiché morì crocifisso dalle sue Penitenze, Iddio l’esaltò
sopra i culmini della Gloria.
Hor se tu brami di sovrastare, ubbidisci.
Ubbidisci, non alla tua Inclinatione distorta, ma ben sì alla Rettitudine
Christiana, Apprendi dal Crocifisso a piegar il capo: da FRANCESCO a curvar’il
Genio. Sarai un Re nel Paradiso con Christo, se non rifiuti nel Mondo di essere
Servo di Christo. Ma chi è Servo di Christo non debbe più ubbidire al Demonio;
e chi ubbidisce al Demonio, non mai negando la sua volontà, sempre riniega il
suo Creatore. Incurva dunque l’orgoglio della tua mente libera, e libertina al
tuo Signore per te legato, e confitto; e con questi humilissimi sentimenti
offerisci la svisceratezza de’ tuoi
AFFETTI AL CROCIFISSO.
E tu ardisci ancora, o mio Cuore, di presentarti
al mio Dio, senza haverlo, quasi mai ubbidito, perché se perpetuamente
inclinato alla ribellione di quelle Santissime Leggi, che quanto più stringono,
[373] tanto più sciolgono dalla colpa, & assolvono dalla pena. Ah
mio Redentore tante volte da me negato, quante negar non volli per amor vostro
la mia volontà, degna di esser trattata come Schiava, perché fu troppo libera,
come serva, perché volle sempre il comando, come rubelle, perché sempre si
rivoltò contra di voi superba, e non mai a voi si mostrò suggetta; deh
condonatemi tanti falli, tanti errori, tante trasgressioni. Per troppo amar me
stesso, non vi ho amato: Per haver troppo condesceso al mio Senso, son tanto
disceso, che mi sono avvicinato all’Inferno; e per discostarmi da voi, ch’io
doveva prefiggermi ultimo mio fine, come mio primo Principio, mi sono accostato
al Demonio, che tanto ha tentato di perdermi, quando voi foste, etiandio nelle
offese, ch’io vi faceva, sempre pronto a salvarmi. Hor son qui tutto un altro,
e vi prego a sommerger nel vostro Sangue l’Amor di me stesso, per farne
risorgere l’Amore verso di voi. La Conformità, ch’Io son tenuto di voi
professar’al vostro santo volere, sia la misura d’ogni mio operare. Deh
facciasi la vostra Volontà dalla mia, come da’ Beati nel Cielo è fatta la vostra.
[374]
SUPPLICA AL SANTO.
È così vero, o mio riverito FRANCESCO, che il
Verbo humanato sempre fu così vostro, che mai non haveste altra volontà, che la
sua, perché foste sempre tutto di Dio. E perché la volontà del medesimo Verbo,
fu sempre uniforme a quella dell’Eterno Padre, voi all’Eterno Padre sempre
ubbidiste. Perché sempre al Padre Eterno ubbidiste, piegaste, come l’Eterno
Figlio, anche il capo a coloro, che vi doveano star sotto i piedi. Vi ubbidì
perciò la Natura Serva, e vi servirono gli Elementi ossequiosi. Hor, che Iddio
vi rimunera dalla vostra Ubbidienza esaltato, non isdegnate di piegar lo
sguardo al mio Spirito così dalla Disubbidienza abbattuto. Voi negaste sempre
la vostra Volontà, perché non l’haveste mai, mentre feste sempre, come gli
Angeli in Cielo, Angelo in Terra, quella di Dio; Et Io sempre fei la mia,
perché questa prevalse tiranna alla Ragione conculcata da’ miei Appetiti, e
legata dalle mie sfrenatezze. Hora ritorno in me, e per ben ritornarvi, ritorno
a voi, accioché m’impetriate il predominio dell’Anima sopra la ribellione del
Senso, e le gratie del Crocifisso, colla negatione di me medesimo.
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