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Francesco Fulvio Frugoni
I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula

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  • I FASTI DEL MIRACOLOSO S. FRANCESCO DI PAULA,   SPIEGATI NELLA DIVOTIONE DE’ TREDICI VENERDÌ   PARTE SECONDA.
    • VENERDÌ OTTAVO   DEDICATO   ALL’UBBIDIENZA DEL SANTO.
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VENERDÌ

OTTAVO

 

DEDICATO

 

ALL’UBBIDIENZA DEL SANTO.

 

Il primo Adamo prevaricando dalla Morte fu vinto: Il Secondo Adamo coll’ubblidire sconfisse la Morte. L’uno stese la Mano a carpir’un Frutto, che fe’ sterilir’il Genere Humano sfiorito: L’altro la porse ad esser trafitta da un Chiodo, che fe’ rinverdire l’Humano Genere fertilizzato. Le dita di tutti noi, nella palma infruttifera del nostro primiero Padre prosciolte, restarono punte in cogliere un Pomo spinoso; ma tutte l’Anime nostre, nel capo de’ Giusti comprese, rimasero sane per la virtù infinita di un Giglio stillato.

Christo fu Vittima di Ubbidienza, combusta sull’Altar della Croce; Né potè dirsi all’hora, che l’Ubbidienza fosse miglior delle Vittime, perché tutte le passate, e le venture adeguarono, o nella figura, o nel figurato quell’Holocausto, essendo una cosa stessa l’Immolato coll’Immolante, e colla Vittima l’Ubbidienza.

L’Ubbidienza in Christo svenò la Vittima; [366] e la Vittima sagrificò l’Ubbidienza. Questa gli fe’ incurvare i Cieli a discendere. Discese, come la Neve nel notturno silentio, essendo muta l’Ubbidienza? Stillò se stesso qual mattutina rugiada; e pur venne più veloce di un fulmine, e col lume più fiammeggiante del Sole, perché la perfetta Ubbidienza sempre reca seco Splendori. Comparì nel più cupo della Notte più tacita, benché fosse Luce; più fredda, benché fosse Fuoco: Perché l’Ubbidienza vera, non fa mai pompa; e non mai si raffredda. Gelò interizzato Bambino al ghiaccio della Stagione Senile; e pur era colui, che i suoi calorosi fomenti all’Estiva riparte. Scense un Fienaio per Reggia, una Mangiatoia per Trono, agresti Armentieri per Cortigiani; e pur era il Re dell’Empireo, che ha il Paradiso per Reggia, i Cherubini per Trono, e per Cortigiani innumerabili Legioni di Angeli, che ad ossequiarlo riverenti si schierano.

Tutti questi furono Tratti di quella Ubbidienza così esatta, che professò il Signore, dal primo istante della sua Incarnatione Augustissima, fino all’estremo respiro della sua Pretiosissima Vita; in segno di che volle alla sua Nascita presente un Bue, che col sottomettersi al Giogo, è Simbolo usato ad esprimere un Ubbidiente.

Dalla Culla alla Croce passò così volentieri, [367] che gli parve di haver fatto un sol passo per ubbidire; e pur trovossi copiè tutti trasforati: Et in fatto corse così veloce ad incontrare la Morte, che con impatienza stimoladrice motteggiò il Traditore di troppo lento.

Carico il dorso di Croce, più dalla sommessione, dalla fievolezza abbatuto, diè più volte del petto in terra; e si lasciò crocifiggere senza lagnarsi, perché l’Ubbidienza non sa dolersi.

Provocato dall’Hebreo contumace non volle scendere dal Legno ignominioso, stimando più il consummare coll’Ubbidienza la Vita, che accreditarsi Nume imperante.

Per non perdere l’Ubbidienza, perdè la Vita medesima, e chinando il capo, volle morire in atto di Ubbidiente, e professarsi Ubbidiente fino alla Morte.

Hor se non hai, o Mortale, lume bastante da fissar l’occhio dell’Anima nel Crocifisso, che fu dell’Ubbidienza il Prototipo; osservane almeno compuntivamente in FRANCESCO il Protratto.

Fu Egli così geloso, così zelante di questa Virtù Celeste, che sentendosi chiamar da Dio internamente negli anni teneri della sua Pargolezza, rispose, novel Samuello, prontissimo con un Eccomi. Appena hebbe un barlume di Ubbidienza, che la seguì, come Stella foriera della Perfettione. Sposolla Celibe per prolificarAffetti [368] di eterna Vita: Se la strinse al cuore come Diletta: La vezzeggiò come Amante, la vagheggiò come Amata: L’infiorò come Vittima de’ cuori: La riverì come Principessa della Virtù: L’Honorò come Promotrice de’ meriti: La sublimò come Fabbrica dell’Osservanza: L’osservò come Regola della Bontà: L’esaltò come base dell’Humiltade.

Benché fosse Padre, e Superiore perpetuo di tutto l’Ordine, niente più si stimò, che di tutti il Minimo mettendosi sempre al posto de’ piedi, forse per insegnare, che ben non sa comandar chi non sa ubbidire; e che nel Claustro l’Ubbidienza ha da reggere il Corpo Mistico, e non l’ambitione di sovrastare.

Quando il Capo è buono per esser piede, non v’ha pericolo di cadute; ma quando il piede pretende di farsi Capo, non v’ha, che pericolo di disordini. Chi vuol sempre comandare è segno, che non vuol mai ubbidire. Non sa governare altrui, chi non sa governar sé stesso; e non sa governar sé stesso chi non sa governare altrui. Non sa governare altrui, chi non sa governare le sue Passioni; e non sa governare le sue Passioni chi si lascia sormontar dall’Ambitione, nemica giurata dell’Ubbidienza.

FRANCESCO ancora comandando ubbidì, perciò seppe comandarubbidendo, & ubbidir comandando. Il Cielo deputollo [369] Superiore a tutti, perché di tutti il più Humile; e perciò il più Ubbidiente, & in conseguenza il più perfetto di tutti. Fu Lume, ma senza fumo: e per tanto si rischiarò, non annerì col suo governo la Prelatura.

Il Re de’ Galli, Luigi Undicesimo istantemente il chiamò in Francia, e vedendol restio, gl’inviò espresso il Maresciallo di Brandicourt, Governadore della Borgogna, che l’invitò per parte del suo Principe, colle più riverenti richieste al Viaggio, ma in vano. Interpose perciò, quel Monarca, gli Uffici del Re di Napoli, ma senza effetto; Ché l’aura de’ Grandi non mosse mai lo Spirito di FRANCESCO fissato in Dio. Il Cielo stesso con rivelatione particolare svelò al Santo il Decreto della Prescienza Divina di andar alle Gaule a convertir’il Gallo altero in Colomba gemente; nulladimeno Egli attendè il comando, sono il merito di Santa Ubbidienza del gran Pontefice Sisto Quarto, dalla cui Quercia sagra, che co’ suoi rami d’oro baciò le Stelle, ricevette l’Oracolo.

L’ultimo giorno precorso a quello della sua Morte, così pretiosa nel cospetto di Dio, correndo la Solennità della Cena dell’Agnello, strascinossi qual Pecora a capo chino, sull’appoggio del suo bastone alla Chiesa. Quivi febricitando più d’Amor Immortale, che di mortal [370] Malatia, cibatosi del Pane de gli Angioli, che ne’ deliquij dell’Anima la rinforza, Viatico di Vita, che non lascia temer la Morte, hebbe precetto da quel Superiore Conventuale di ritirarsi alla Cella, accioché il vigore della Divotione, non prostrasse affatto la debolezza del corpo. Ubbidì senza replica; e pur’era il Generale dell’Ordine, e l’Ordine Generale, col suo solo Esempio, de’ Sudditi; sulle braccia de’ quali passò indi a poco a quelle degli Angioli. Così ricondotto al suo nido antico a morirvi come Fenice di Santità multiplicò i giorni suoi, negl’interminabili spatij dell’Eternità Gloriosa.

Hor’eccoti FRANCESCO come Pietra di paragone per copellarvi sopra il tuo cuore a provarlo, se ha buona lega, nell’esser ubbidiente alla tua Sinderesi; o se pur è slegato senza il cingolo dell’Ubbidienza: Virtù trascendente, che ad ogni genere di Conditioni è così spiritualmente utile, come moralmente dovuta.

La piegatura dell’Arbitrio dell’Huomo, che nato libero, e lasciato da Dio in mano del di lui Consiglio, nacque col Dominamini in testa, è così difficile, che senza la machina della Croce, non può curvarsi a l’impero della Volontà. L’ubbidire ad un Angelo è debito che la costitutione dell’Universo richiede; ma l’ubbidire [371] ad un Bruto è contra tutta la dispositione della Natura. Abbassar la testa a chi non ha di capo sol, che il fumare, è una ripugnanza innestata nel Genio Nobile, che non nacque a servire. Mettersi sotto i piedi di un Giuda, come fe’ Christo per lavarli, ancora che sordidi, se non coll’acqua dell’Urna, colle quintessenze spremute dalla negatione di sé stesso, è un imitar l’incarnata Sapienza, che tante volte s’inchinò all’Ignoranza: è un rendersi simile all’humiltà di un Dio, che così sovente fu conculcata dalla Superbia.

Deh quante volte, e quante negasti tu la propria Volontà, per un honor momentaneo; e non mai la negasti per un Bene infinito. Sdegnasti di curvar’il tuo Spirito ad un Dio, che ti creò; e tante volte l’assoggettasti ad una Creatura, che ti distrusse. Ubbidisti alle sregolatezze del Senso, più che alle regole della ragione: Più alla forza dell’Interesse, che alla dolcezza della Convenienza: Più alla Legge del Mondo, che a quella di Dio. Per non mortificar la tua Carne volesti essere prontamente ubbidito; e per non ubbidir’al tuo Redentore non volesti essere ancorché leggiermente mortificato.

Apprendi dunque da FRANCESCO nell’avvenire a metter’in pratica la negatione del tuo volere caparbio. A lui [372] ubbidì tutta la Natura, come se fosse stata sua Serva, perché fu egli sempre ubbidiente al suo Dio, di cui riputossinutile Schiavo; catenatissimo da’ Precetti Sovrani. Poiché fu, come Christo Ubbidiente fino alla Morte; & alla Morte di Croce, poiché morì crocifisso dalle sue Penitenze, Iddio l’esaltò sopra i culmini della Gloria.

Hor se tu brami di sovrastare, ubbidisci. Ubbidisci, non alla tua Inclinatione distorta, ma ben sì alla Rettitudine Christiana, Apprendi dal Crocifisso a piegar il capo: da FRANCESCO a curvar’il Genio. Sarai un Re nel Paradiso con Christo, se non rifiuti nel Mondo di essere Servo di Christo. Ma chi è Servo di Christo non debbe più ubbidire al Demonio; e chi ubbidisce al Demonio, non mai negando la sua volontà, sempre riniega il suo Creatore. Incurva dunque l’orgoglio della tua mente libera, e libertina al tuo Signore per te legato, e confitto; e con questi humilissimi sentimenti offerisci la svisceratezza de’ tuoi

 

AFFETTI AL CROCIFISSO.

 

E tu ardisci ancora, o mio Cuore, di presentarti al mio Dio, senza haverlo, quasi mai ubbidito, perché se perpetuamente inclinato alla ribellione di quelle Santissime Leggi, che quanto più stringono, [373] tanto più sciolgono dalla colpa, & assolvono dalla pena. Ah mio Redentore tante volte da me negato, quante negar non volli per amor vostro la mia volontà, degna di esser trattata come Schiava, perché fu troppo libera, come serva, perché volle sempre il comando, come rubelle, perché sempre si rivoltò contra di voi superba, e non mai a voi si mostrò suggetta; deh condonatemi tanti falli, tanti errori, tante trasgressioni. Per troppo amar me stesso, non vi ho amato: Per haver troppo condesceso al mio Senso, son tanto disceso, che mi sono avvicinato all’Inferno; e per discostarmi da voi, ch’io doveva prefiggermi ultimo mio fine, come mio primo Principio, mi sono accostato al Demonio, che tanto ha tentato di perdermi, quando voi foste, etiandio nelle offese, ch’io vi faceva, sempre pronto a salvarmi. Hor son qui tutto un altro, e vi prego a sommerger nel vostro Sangue l’Amor di me stesso, per farne risorgere l’Amore verso di voi. La Conformità, ch’Io son tenuto di voi professar’al vostro santo volere, sia la misura d’ogni mio operare. Deh facciasi la vostra Volontà dalla mia, come da’ Beati nel Cielo è fatta la vostra.

 

[374]

SUPPLICA AL SANTO.

 

È così vero, o mio riverito FRANCESCO, che il Verbo humanato sempre fu così vostro, che mai non haveste altra volontà, che la sua, perché foste sempre tutto di Dio. E perché la volontà del medesimo Verbo, fu sempre uniforme a quella dell’Eterno Padre, voi all’Eterno Padre sempre ubbidiste. Perché sempre al Padre Eterno ubbidiste, piegaste, come l’Eterno Figlio, anche il capo a coloro, che vi doveano star sotto i piedi. Vi ubbidì perciò la Natura Serva, e vi servirono gli Elementi ossequiosi. Hor, che Iddio vi rimunera dalla vostra Ubbidienza esaltato, non isdegnate di piegar lo sguardo al mio Spirito così dalla Disubbidienza abbattuto. Voi negaste sempre la vostra Volontà, perché non l’haveste mai, mentre feste sempre, come gli Angeli in Cielo, Angelo in Terra, quella di Dio; Et Io sempre fei la mia, perché questa prevalse tiranna alla Ragione conculcata da’ miei Appetiti, e legata dalle mie sfrenatezze. Hora ritorno in me, e per ben ritornarvi, ritorno a voi, accioché m’impetriate il predominio dell’Anima sopra la ribellione del Senso, e le gratie del Crocifisso, colla negatione di me medesimo.

 

[375]




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