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Francesco Fulvio Frugoni
I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula

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Al Pio, & Ingegnoso Lettore.

 

Eccomiti redivivo con un'Opera, nella quale più, che nell'altre mie, ho stemprato il midollo del mio Ingegno, e sviscerate del mio cuore le fibre. Tanto richiedeva l'assunto di essa, e l'obligo della mia gratitudine, la quale m'impone a sborsar' in questi fogli, quanto di dovitioso habbia in sé l'erario della mia mente. Questo è un tributo, che pago al mio Santo, il quale non esigge meno da me, che l'anima tutta, la cui sostanza, se il corpo è di terra, è tutta d'oro, e perciò l'ho battuta, e conniata in questi caratteri, che portano l'impronte del mio gran Patriarca per impiegarli nella Fiera dell'Eternità, e farvi un mercato di Gloria.

Non parlo di quella Gloria, della quale tanto millantano gli Scrittori, che pretendono, e sperano con le lor penne di volar' all'ultima Tule, e di strascinarsi in trionfo espugnato il Tempo, perché questa, secondo me, non è altro, che un sogno imaginario, & una fumosa chimera se pur non è anche un tormento, & una tortura, poiché molti Autori sono, come Aristotile, lodati dove non sono, e dove sono son cruciati. Di quella Gloria [xi] favello, ch'è frutto delle buone Opere; ond'è ch'io non diffido per haver fatta quest'Opera buona di haverne dalla Bontà Divina quel premio in Cielo, che non mi può dar una terra, la quale non mi germina sol che triboli, e spine.

Vanti non sono questi vani, e ventosi, ma rimostranze ingenue della mia nativa schiettezza, mentre non presumo di lodarmi, bensì mi glorio di abbattermi con una seria protesta a confessarmi col dovuto riconoscimento assistito dalla mano di Dio, la quale ha guidata la mia penna nella formatione di questi Caratteri, con l'essemplare dinanzi agli occhi così perfetto del mio Santo: appunto come suol fare il Maestro per insegnar a ben iscrivere al Fanciullino; e Fanciullino posso dirm'Io, perché singolarmente nelle cose dello Spirito, per la mia non dirozzata imperfettione, puer sum, & nescio loqui.

Io soglio dire per attesto della mia debolezza, & a più di un grand'Huomo, che mi ha sommamente esaltata la struttura di questo Libro, ch'ella non è mia certo, ma del mio gran FRANCESCO, il quale sopra una pietra così scabra, e cotanto humile, ha voluto innalzar la Colonna de' Fasti suoi Gloriosi. Ho sensibilmente provata l'assistenza prodigiosa della sua destra, la quale se quaggiù arrestò nell'aria librate le rupi, di lassù si compiacque di sollevar un sasso così pesante come il mio intelletto, e di sostenerlo così sublime fuori del basso suo centro. Con chimica miracolosa egli ha convertito il mio piombo in [xii] oro; e fissando il mio Mercurio, per esser FRANCESCO polve pretiosa de' veri Sapienti, che tale il rese la sua sovrana Humiltà, l'ha cangiato in Sole. E certo non si potea che con uno stile solare, & aureo abbozzar una luce così pura, & Orientale come la di lui Santità radiante, che sull'Ecclitica dell'Eternità fiammeggiando rifolgora.

Il mio FRANCESCO dunque è stato il Dedalo della mia penna d'Icaro, la quale più volte, benché si sia così sollevata, all'ardore della di lui Carità portentosa è caduta meco in un mare di confusione. Egli è stato l'Apollo della mia Musa, e se vivendo mortale non ricusò di cantar con ispiritualissimo metro sulla Passione del Redentore, sì come ne fanno fede le di lui divotissime Compositioni, che imperlate dalle di lui lagrime, e vergate dal candor del di lui inchiostro, si conservano pretiose nella Biblioteca del Re de' Galli: io so bene, che dovendo effigiarlo tanto consimbolo al Crocifisso, ha spirato al mio petto Celesti ardori, e dalla cenere della mia pallida Dicitura ha fatto prorompere purpureggianti scintille.

Corrono già quattr'anni, ch'io tengo questo Componimento sotto la penna, e mi è convenuto stancar l'impatienza di tanti, che lo sospirano, perché dipingendo un Alessandro di Santità, dovea portarmi da Apelle, non da Protogene: Così ho ritoccata ogni linea con accuratezza guardinga; e se non mi è riuscito di formar'in prospetto il Ritratto del mio Santo, ho procurato almeno d'effigiarlo in profilo, [xiii] e mostrarmi Apelle, se non se nell'illuminar la pittura, nel farla almeno spiccar con l'ombre, ottemperando con queste così gran luce per renderla delicatamente visibile. Io posso dir senza fasto, perché ho adempiuto il mio debito, che per esprimere i Fasti di FRANCESCO sulla pietra piana della mia mente col mio cuor di macigno ho stemprati i colori, colti nella minera del mio Ingegno, e divelti dalle vene più cupe del mio sotterraneo sapere. Come Apelle espongo la tavola al giudicio più critico dell'Unversità Letterata, e sotto di essa mi nascondo tutto, perché tutto mi sono svescerato per lavorarla con gli sforzi della mia debolezza; Quindi attendo il sentire da chi ha il senno fiorito, il demorsos sapit ungues, di cui Persio si servì per celebrare un compiuto Componimento. Se poi si trovasse tal uno di proboscide così affilata, che presumesse di censurar questa mia sacra fatica, non posso far altro, che consigliarlo a ritirarsene, perché gli Elefanti agli albori dell'Orizonte, benché di nuvoletti contornati si curvano riverenti; e perché non si possono specchiare nello stagno limpido, procurano prima di bere d'intorbidarlo col naso. Sfido chi si sia a far prima atretanto, o meglio, e poi si vedremo.

Molti hanno scritto del mio Santo, ma pochissimo, hanno spiegato volo degno di una tanta Eminenza di Merito. Il Suggetto quanto più fu humile in terra, per la ragion de' contrari, tanto più è sulime nel Cielo; ond'è, che rari sian giunti con l'Eloquenza volante [xiv] alle falde di questo grand'Olimpo di Santità, non che al mezo di esse; gli altri tutti collo stile loro pedestre son rimasti infangati nelle bassezze palustri delle loro vene mocchiose. Non pretendo già di screditar chi si sia; perché come Diogene soglio lodar anche quelli, che fan male qualche mestiere, e perciò da tutti scherniti, essendo meglio il non oprar bene, che l'oprar male. Il non sonar ben di tromba, è meglio del sonar d'arpa: cioè del rubare. Dio volesse, che tutti gli otiosi fossero attuati anche senza frutto, perché almeno viverebbero senza colpa. Ma tronchiamo queste Parenesi, perché i declamar' ai Catadupi è un logorar il fiato col tempo.

Torno a me. Io non millanto qui, né mai l'ho stilato nell'altre mie Opere, & attioni, benché honorate da tanti applausi più per favore de' miei partiali, che per condignità de' miei parti, d'haver fatto miracoli; ma dico ben sì, che gli ha fatt'il mio Santo Miracoloso, perché quest'Opera è sua, e non mia. Egli l'ha benedetta col suo influsso, e tutto il buono, che v'ha, il riconosco dal Cielo affluente per la di lui efficace intercessione.

Qui troverà ogn'uno, di qualunque conditione, pascolo proportionato. Il Dotto vi troverà sostanza, l'Ingegnoso fiori, il perspicace lumi, il facondo elocutione, il Penitente Viole, il Celibe Gigli, il contemplativo Ligustri, il Sapiente sali, il sottile acutezze, il fiorito descrittioni, l'acrimonioso invettive, il mistico documenti, l'afflitto consolationi, il ferito balsami, l'abbandonato assistenza, il [xv] curioso maraviglie, il Theologo divinità, il Morale precetti, & il Politico Christiano Massime d'Eterna Vita; ma tutto è dono di FRANCESCO.

A' i Divoti di esso ho intessuto Elogi, se non se adeguati per l'espressiva, infiorati almeno dalla riconoscenza. Io qui lodo di passaggio tutti i Principi, tutte le Città Cattoliche, e tutti i Partiali del Santo, de' quali m'è penetrata qualche notitia; e so che molti, de' quali non ho potuto arrivarla, potrebbero forse lagnarsi, ch'Io gli habbia con indegna trascuragine trasandati. So, che in ogni luogo FRANCESCO ha i suoi Acati, ma se non gl'involo qui negli Elogi con gli altri, la mia è un'ignoranza invincibile, e non suppina. Se coloro a' quali può incombere mi faran pervenir la notitia de' trasandati Benefattori, e Partiali del Santo, procurerò quando si ristampi il Libro, di farlo comparir anche in questa circostanza compiuto. Nel rimanente le mie lodi sono sincere, e perciò non interessate. La mia penna non fu, né sarà mai venale, & io nell'encomiar la Virtù non posso, e non voglio valermi dell'Adulatione, tanto più in materia di Pietà, perché son'estremi troppo discordanti, che non si possono unire.

Quando poi biasimo il Vitio, io mi prefiggo l'Idea di esso per flagellarla colle mie sferze spinose, ma non ho mai per iscopo alcun suggietto individuale di quello: Così rinnovo sempre le mie Proteste, & intendo con tutto lo Spirito di detestare, & abolir ogni neo, che possa dall'altrui livorosa interpretatione restar'affisso [xvi] a qualsivoglia particolare: sì come ritratto quanto da me fosse qui, od altrove stato scritto, non solo contro al buon concetto, che debbo haver, e conservo di tutti gl'Individui Honorati, & anco di coloro, de' quali le attioni sono sospette, non toccando a me l'esserne il Giudice; ma anche tutto ciò, che mi fosse sdrucciolato dalla penna contra il Prescritto della Chiesa Cattolica, non intendendo colla mia semplice autorità di recar altro credito, che puramente historico a quelle attioni, che non sono da essa approvate: Benché in quest'opera quasi tutte le narrative di essa convalidate sussistano dal consentimento di quella.

Per ultimo Io mi volto a certi Ladroncelli assassini delle mie sostanze per invitarli con un tondo Sarcasmo a metter subbito a sacco questo novello fondaco di letteraria opulenza, ch'io apro alla Fiera dell'Eruditione nell'Emporio delle Scienze. Io mi glorio bensì, che alcuni Predicatori de' più classici habbiano voluto honorare le mie fatiche, con valersene opportunamente sul pulpito, poiché l'hanno confessato i medesimi anche doppo il fatto, con mio encomio. Che i Cigni si vagliano delle penne degli Aghironi per comparir più vistosi, va bene; ma che i Corbacci neri, a' quali la natura non insegnò solo, che il garrire e 'l rubare, si cuoprano delle piume de' Colombi candidi, per accreditarsi dissomiglievoli da loro medesimi, è intollerabile. Io ho sentito da cert'uni di nome indegni recitarmisi sul volto interi squarci della mia Parigina, senza rossore perché si [xvii] suol dire, che carta non erubescit, che perciò colle mie pagine in faccia non si vergognarono. Anche de' miei Panegirici alcuni, come tre singolarmente del mio Santo: cioè il Proteo, il Chimico, il Sole Pittagorico, e l'altro di S. Francesco di Sales, che presto veranno a luce, sono stati da cert'uni sfrontatamente, come proprij loro, portati sul Pulpito, col rinovato successo del Verso.

Sic vos non vobis fertis aratra boves; ma io l'intendo con questo sentimento: che i Buoi, cioè gl'Ignoranti, valendosi degli altrui solchi, & addossandosi l'altrui aratro, vogliono indovutamente qualificarsi per laboriosi giornalieri nel campo delle Lettere, e pure si son sempre trattenuti nella Stalla ad impinguarsi con le altrui prebende. Non posso se non dolermi di questi dolosi, che aliena rapiunt, & assassinando i Peregrini, se non gli uccidono, li divolgano estinti, per non esser colti col furto addosso. Via dunque, o dimestici Filoni, o simulatori Fileti, eccovi nella presente Opera l'occasione prossima di un Saccomanno! A voi, che qui v'è da far buon bottino; ma avvertite, che come al Corvo non vi cada un giorno con quell'infamia, che non istimate, di bocca la preda. Ho voluto dichiararmi per hora con questi moderati, e modesti termini, perché per tutte le Leggi un Autore può ripetere ciò ch'è suo; non v'essendo particolarmente cosa più propria, che i parti dell'intelletto, i quali non cadono sott'altr'impero, che quello di Dio.

Ma tu perdonami, o mio riverito Lettore, [xviii] se ti ho trattenuto soverchiamente in questo preliminare. Se tu sei discreto non è bisogno, ch'io ti cohonesti le mie doglianze giustificate da' miei torti; e se Saggio sei, mi condonerai l'haverti informato della qualità del mio Libro, c'hai per le mani, perché co' miei istruttivi preamboli ti veggo già stimulato a passeggiare, ma non a correre la lettura di esso, per esser congenito a' Sapienti, che sono le Api, e non i Fuchi de' Libri, non partirsene così presto quando vi trovano abbondanza di mele. Il Cielo ti colmi di quelle dolcezze che sono providi effetti delle sue sovrane benedittioni, per viver felice. Addio, & a rivedersi.

 

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