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Francesco Fulvio Frugoni I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula IntraText CT - Lettura del testo |
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VENERDÌTERZO
DEDICATO
ALL’AMOR DEL SANTOVERSO DIO.
Non si può meglio esprimere l’Amore dell’Huomo a Dio, che nella figura del Crocifisso. Eccoti Gesù sulla Croce, che delle sue braccia formando un Arco, e del suo Spirito una Saetta, colpisce il cuor dell’Eterno Padre, per renderlo di sdegnato contra la Colpa, all’Humana Natura Pietoso. Nudo si mira, perché l’Amore gli ha fatto depor le vesti, per entrar in lotta colla Giustitia Divina, e superarla cogli sforzi della sua Carità valorosa. Ah, che ben volentieri si fe’ Vittima, e Sacerdote per supplir’il difetto del nostro Affetto, sacrificando per noi tutti freddi, e sacrificandosi per noi tutto fuoco. Ma chi appicò mai tanta fiamma a così sovrano Holocausto? Non altri, che l’Amore colla sua Face. Chi legò la Vittima con [324] tanti scorni, che l’infucò con tante ritorte, chi strascinolla con tanti lacci? Non altri, che l’Amore colla sua forza. Chi scorticolla colle sferzate, che l’infranse colle percosse, chi la confisse sopra di un Tronco, chi svenolla con tante Piaghe? Non altri, che l’Amore co’ suoi ordigni. L’Amore contorse le Corde per legar Gesù nel Getsemani: L’Amore colla sua fiaccola guidò i Sicarij fra l’ombre ad imprigionarlo: L’Amore il precipitò nel Torrente di Cedronne, per refrigerar’in quell’acque sagre tanto ardor di patire: L’Amore il condusse a’ Tribunali dell’Impietà: L’Amore lo spogliò delle fruste: L’Amore il fe’ comparire con una canna alla mano, coperto d’ostro ignominioso, scettrato Re de’ Dolori: L’Amore colse le spine per fargli cerchio funesto alle tempie afflitte: L’Amore fabbricò i Chiodi per conficcarlo sopra di un Legno: L’Amore formò la Croce per innalberarlo sopra di un Monte: L’Amore mietè la Mirra per abbeverarlo nel suo deliquio: L’Amore temprò la Lancia per trapassargl’il Costato dopo la Morte: L’Amor finalmente fu quello, che in figura di un Angelo gli presentò nell’Horto il Calice della Passione, e fegli nel Calvario, col consumatum est, dopo di haverlo Christo tutto bevuto, chinar il capo. Questo Sagrificio fu esattamente in sé stesso da FRANCESCO imitato. Egli [325] fu così appassionato del Crocifisso, che lo portò nelle viscere accese da un intensissimo Amore. Arse Fenice Amorosa in perpetuo incendio, e fu la sua Catasta la Croce. La sua Vita fu tutta uno Spiraglio di Ardore. Sotto le ceneri delle sue Penitenze hebbe sempre vivo il fuoco Divino. Pallido ogn’hora, non solo come Astinente, ma come Amante, se pur’hebbe in viso qualche rossore, fu negli Estasi così frequenti, che il rapiro alla terra, qual innamorata Pirausta, a raggirarsi d’intorno all’amato Lume. Iddio il marcò coll’impronto di sé medesimo; e se non gl’impresse sensibili nelle membra le Piaghe del Crocifisso, gli stampò nell’Anima profondamente la forma della sua confitta Divinità. La Carità di FRANCESCO fu così prodigiosa, che l’ammirò la stessa Natura insensata ne’ Sassi, negli Alberi nelle Fiamme, nell’onde. Con la sua Carità fe’ FRANCESCO un perfetto circolo; peroché con quella aggirandosi sempre a Dio, Iddio si congiunse a lui; e non sapendosi spiccar mai, l’invaghito del suo Dilettissimo Nume, dal contemplarlo, oh quante volte, oh quante sviscerato da’ baci nel vezzeggiarlo trambasciò sulla Croce, e suggellò la sua bocca orante colle Piaghe adorate del suo Signore. Contemplandolo, non solo della pelle, ma dell’Anima, non che per gli Amici, ma per gli stessi Nemici [326] spogliato, a tanto eccesso di Carità languiva d’Amore, onde scendevano gli Angioli ad assieparlo di fiori, & a caricarlo de’ fruti, ch’Egli meditando havea colti, in tanta abbondanza, dall’Albero della Vita. Come l’Amore, da Platone descritto, andò FRANCESCO sempre co’ piedi scalzi, per esalar le vampe de’ suoi affetti vestiti di fiamme; e non si curando d’altro nel Mondo, che di amare il suo Dio, sprezzò questo Secolo con una dotta Ignoranza, e lo schernì con una saggia Pazzia. Fe’ singolarmente tante maraviglie nel Fuoco, perché questo fu il suo proprio Elemento. Strinse con man sicura Carboni accesi, perché gli cinse il cuore abbronzato un’ardentissima Carità. Questa fu la Verga con cui, Mosè Novello, comandò all’Universo, e se non divise con quella il Mare, l’affossò al suo passaggio; e se non cangiò con quella l’acque nel sangue, convertì il Sangue de’ Peccatori in acque di Pentimento. Se con quella non fe’ venir le zanzare, scacciò le Vespe: Se non uccise i Serpenti, li portò nelle mani che svelenati. Se non fe’ morire i Primogeniti dell’Egitto, fe’ nascere i Primogeniti delle Famiglie: se non fe’ piovere il fuoco dal Cielo, colle sue piante l’estinse: Se non fe’ inondare le Rane le fe’ saltare: Se non uccise i rubelli, risuscitò i [327] Devoti: Se non attrasse i Cimici puzzolenti, smorbò le coscienze delle fetide colpe. Fe’ sgorgar più volte dalle Pomici l’onde; ma più volte, e più da’ cuori di felce le lagrime. Entrò nelle Fornaci a raffinar l’oro della sua Carità, senza abbrucciar un pelo de’ suoi capelli, non havendo timor’alcuno, perché sapeva, che perfecta Charitas foras mittit timorem, e che il Signor disse a’ suoi Diletti: Vestri Capilli omnes numerati sunt: nolite timere. Ogni parola di FRANCESCO fu articolata dalla Carità, e l’hebbe sempre foriera, e mentre non aprì mai la bocca, che non cominciasse; Per Carità. Le sue aspirationi; le sue Sincopi, le sue prove, i suoi sospiri, i suoi sdegni innocenti, i suoi zeli discreti, & i suoi furori pacifici dalla Carità sola sempre furono originati. Hor tu Anima algente, che geli ancora a’ riflessi di tante fiamme, se non vuoi nell’eterno incendio seppellire la tua freddezza, apprendi da FRANCESCO ad amare il tuo Dio; né sdegnare di haver per Mastro quello, che implori per Protettore. Amasti, o Sensuale, i tuoi commodi; e per un piacer fuggitivo ti sfiancasti non mai satio: e di un diletto impuro ti satiasti non mai stanco. Stanco non mai di offendere Chi ti creò: satio non mai di amare Chi ti distrugge. Ti attaccasti all’Oro per andar’al fondo, non sollevandoti [328] mai a tesoreggiare nel Cielo. T’impaniasti nelle lordure degli appetiti, & infangato nelle tue paludose passioni, non mai spiegasti volo al Calvario per adorar’amante il tuo Amor Crocifisso. Che disse il tuo Amore? Il tuo Amore fu l’Interesse. Per un Danaro tradisti un Dio, per un’ombra perdesti la Luce, per un Sogno ti giucasti la Visione Beata. Havesti timor ch’ogn’uno fuor, che di Dio; & ogni altro amasti, che lui. Co’ tuoi guadagni perdesti il Paradiso: co’ tuoi Passatempi rinunciasti all’Eternità. Vestisti viscere di ferro, e sol le infocasti colla Concupiscenza della tua Carne. Ingrato Mostro di Fellonia, deh come hai pagato sì male Chi per te fu piagato sì bene. Ma se brami di rinovar la tua Vita, purifica prima il tuo cuore col fuoco di quell’Amore, che consuma tutte le Colpe. Impara da FRANCESCO ad amare, chi ti amò tanto, mentre s’incarnò per separarti dalla Carne, morì per darti la Vita. Christo amoroso sopra la Croce pianse più le tue perdite, che le sue Piaghe. Del suo Costanto aperto ti fe’ un fonte vivo, che spruzza l’acqua mondissima ad ammorzare le fiamme oscene di quell’Amore Profano, che ad altro non tende, che a farti passar dagli ardori illeciti, all’Incendio Infernale. Indossa dunque la Livrea del Crocifisso, se desideri, ch’egli ti conosca per suo [329] Servo fedele. Quel Cavaliere Spagnuolo, che fu dal Terreno Amore realmente ferito in morte, mentre gli fu passato il petto da Strale aguto, comparì un Carnevale in Maschera nella Corte con un vestito tutto tempestato di Reali; e tanto più ricco, quanto più coperto di Pezze, col Motto allusivo al suo pazzo intento in queste parole: Mis Amores son Reales. Hor tu fa’ una Divisa al tuo Spirito più confacente: Copriti tutto di fiamme celesti, per dichiararti di Dio vero Amante, e porta in bocca questo bel detto, non punto pericoloso; Mis Amores son Divinos. Di questo modo FRANCESCO non ricuserà di presentarti al Trono della Gratia, al quale prostrandoti tutto amoroso, ne darai la prova con somiglianti
AFFETTI AL CROCIFISSO.
O mio adorabile Amore, che saettate dal Cielo tonante, e flagellato appariste in Terra, deh chi vi fe’ deporre placato i fulmini; per impignar moribondo i Chiodi? Ah non altro no, che il Disegno di farvi conoscere un Dio Amante. Voi discendeste per mettere il Mondo a fuoco; e pure questo mio cuor di paglia vano, e leggiero, non arde! Non arde no; che perciò si rinova il prodigio in esso dello Spinaio nel Sinai; perché coll’esservi, tante volte voi sceso a darmi la Legge, non si consuma sol per amarvi, ma solo si [330] strugge, qual cerca, al calore del fomite, e se ne va in fumo, qual fieno, alla vampa del Senso. Misero di me: Che fui? Che sono? E che sarò mai? Fui ghiaccio al vostro ardore: son’ombra al vostro Sole: sarò cenere, senza il fuoco del vostro santissimo Amore. Ah Santissimo Amore, accendimi, ardimi impolverarmi, pria che la Morte mi estingua, mi raffreddi, m’inceneri.
SUPPLICA AL SANTO.
E voi mio caro FRANCESCO, Immortal’Amante di Dio vivo, che colla vostra Carità feste fermar le Rupi insensate, perché non movete il mio cuor così sensuale? Se galleggiaste sull’acque, perché vi die’ l’Amor Divino, per farvi uno Smergo del Paradiso, deh sollevate il mio Spirito così pesante, perché tutto pieno di terra. Vivificate il mio Affetto morto, voi che restituiste la vita a’ Defonti; e non ricusate, se feste già risorger gli Agnelli divorati, e combusti dalle fornaci, che l’anima mia divorata dalla Carnalità, combusta da fiamme illecite, risorga tutta Innocente per mezo vostro dalla fornace della concupiscenza, divorata da’ miei appetiti, ad intercedere col vostro Merito, spargendo belati di Pentimento, quelle Gratie, che come un’Agna mansuetissima vi dimanda.
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