35. — Lippa, Nizza o Trilló.
È un giuoco che si fa in due o anche in quattro giocatori.
Il sorteggiato è il primo a giuocare. Egli fa un circolo
sulla sabbia, e poi prende in mano un pezzo di legno o bacchetta di circa mezzo
metro di lunghezza, e mette in mezzo al circolo un altro piccolo pezzo di legno
tondo e ben aguzzo ai due lati, detto nizza o trilló (già lippa)
sull’estremità del quale dà un colpo per farlo saltare in aria; e, saltato,
tornarlo a colpire a volo, mandandolo più lontano che può.
Il compagno, a sua volta, si reca per rilevarlo; e,
fermatosi al posto dove il trilló è caduto, prendendo di mira il
circolo, tira il detto trilló, provandosi, potendo, di farlo cadere nel
mezzo di esso. Intanto però la conta armato della sua bacchetta, si
adopera ad investire a volo il trilló per ricacciarlo distante. Se egli
lo coglie resta vincitore; se non lo coglie, il compagno fa trilló o nnizza,
e prende il posto di lui.
Questo giuoco ha subìto, col tempo, varie modificazioni.
Per esempio. La conta, la prima volta, nel tirare la nizza,
non la poggia più in terra, ma la tiene nella mano sinistra, e con l’altra
armata della bacchetta, la lancia via, ecc., ecc.
Il chiaro prof. Morandi nella nota 11 del sonetto del Belli,
La commare acciputa, del 19 aprile 1835, così lo descrive, e così e non
altrimenti, attualmente si giuoca.
«Si mette in terra un pezzetto di legno cilindrico
assottigliato, ecc., si batte con un bastone sull’un dei capi, e mentre
rimbalza, si ribatte a volo per mandarlo più lontano. Chi lo spinge a maggior
distanza, o chi con meno colpi gli fa percorrere un determinato numero di
lunghezze che si misurano con lo stesso bastone, è dichiarato vincitore. E il
perditore deve per penitenza portarlo a cavacecio, cioè a cavalluccio
o ricevere da lui un certo numero di tuzzi cioè di forti colpi dati sulle
spalle, ecc. Il pezzetto di legno appuntato si chiamava Lippa, ecc.»
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