Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Alfabetica    [«  »]
equilibrio 1
equivoca 1
equivoco 2
era 787
erano 169
eravamo 12
erba 1
Frequenza    [«  »]
1005 a
915 un
817 in
787 era
605 le
591 con
591 io
Francesco De Sanctis
La giovinezza

IntraText - Concordanze

era

1-500 | 501-787

    Capitolo
1 1 | po’ lo scanno, sul quale era seduta. Spesso pregava e 2 1 | preti e due casati. Uno era in Napoli, teneva scuola 3 1 | e zio Pietro, il quarto era papà, che stava a casa e 4 1 | chiamava Alessandro. Mia nonna era il capo della casa, e teneva 5 1 | scuola, e Pietro Donato che era il maestro e c’insegnava 6 1 | si voleva scappare. Non c’era che non si facesse qualche 7 1 | il santo, e naturalmente era tranquillo, e non mi movevo 8 1 | qua, Giovannino di ”. Ed era la verità: quando Giovannino 9 1 | mano”, gridava papà, che era uomo allegro e turbolento 10 1 | Tra i miei piccoli amici c’era Michele Lombardi, a cui 11 1 | volevo un gran bene, ed era un nostro vicino figlio 12 2 | Formale, n. 24, terzo piano. Era una bella casa a due ingressi. 13 2 | correzione degli scritti; poi c’era la costruzione e la spiegazione 14 2 | grande esercizio di memoria era in quella scuola, dovendo 15 2 | ci notava le bellezze. Io era come una corda che suonava 16 2 | ma il maestro di musica era Giovannino. Nel mio cervello 17 2 | impresso nella facile memoria, era la parte fantastica e sentimentale. 18 2 | rappresentassero, e cos’era l’aristocrazia e la democrazia, 19 2 | entrava e mi commoveva molto era il dramma in se stesso, 20 2 | piaceva molto il Goldsmith, ch’era eccellente in queste rappresentazioni. 21 2 | morte.~Qualche sera zio era solito di condurci in un 22 2 | piccola conversazione. C’era un tal don Pietro Nicodemo, 23 2 | concepire”. D. Nicola s’era fatta la faccia tutta fuoco, 24 2 | taciturno, e zia Marianna ch’era come la governante di casa, 25 2 | protagonista della storia, ed era sempre re, imperatore o 26 2 | piú giorni.~Un giorno ch’era l’ascensione, e l’uso era 27 2 | era l’ascensione, e l’uso era di mangiare i maccheroni 28 2 | stanza con la testa piena. C’era nella testa la battaglia 29 2 | detta tragedia, che non era altro se non scene staccate 30 2 | nel mio cervello. Non c’era ancora un giusto criterio 31 2 | libri, sapeva tante cose. C’era di che averne il capogiro. 32 2 | laboriosi costruzione, e non era in grado di leggerlo e tanto 33 3 | Governava la casa zia Marianna. Era ed è rimasta per me anche 34 3 | piú avanti. Giovannino ch’era piú curioso di me ed aveva 35 3 | bianchissima e rosea; florida era di salute, e di umore allegro. 36 3 | La mattina, Rachele ch’era la serva di casa, andava 37 3 | mezzo; e quest’ora mi si era ficcata nel cerebro, e, 38 3 | campanello, correvo, ch’era la zia, e le baciavo la 39 3 | mangiava male, perché c’era sempre qualche pensionista. 40 3 | ciò che non potevo patire era quel piccolo pezzo di pane 41 3 | divisi con Giovannino, ch’era quasi sempre l’istigatore. 42 3 | mormorare contro la zia, che era un’avara, e ci faceva desiderare 43 3 | sonnecchiando. Zia Marianna era a sua casa; ma nell’avanti-cucina 44 3 | venne un’idea, di vedere com’era fatta la donna, ma la cacciai 45 3 | ero stitico, il mio male era sempre nel ventre. Medico 46 3 | nel ventre. Medico di casa era un certo Domenico Albanesi, 47 4 | qualche anno piú di me, ed era mia sorella ed era l’anima 48 4 | me, ed era mia sorella ed era l’anima mia. Mi comandava 49 4 | e saltellava sempre, ed era bianca e rossa, come dicono 50 4 | Ci vogliono intendere ch’era bellissima. Piccina la mandarono 51 4 | braccia nude e bianche, era una gioia, e tutti la guardavano. 52 4 | paesane, e strepitava che la era una rozza provinciale, e 53 4 | lasciarle in mano la piccina; era una buona donna, di costumi 54 4 | Nelle mie lettere al babbo c’era sempre una riga per Genoviefa. 55 4 | grandi. Io rimasi stupido. Era proprio cosí. Genoviefa 56 4 | proprio cosí. Genoviefa era morta, ch’era quasi un anno, 57 4 | Genoviefa era morta, ch’era quasi un anno, e non mi 58 4 | sulla morte di Genoviefa, ch’era una epistola tutta intarsiata 59 5 | pareva un canonico, e Pirro era il grand’uomo. Io sognava 60 5 | Che pensi?”.~La famiglia s’era ingrandita. Morto era Francesco 61 5 | s’era ingrandita. Morto era Francesco primo, di cui 62 5 | questo ramo di famiglia era in Napoli; rimaneva in paese 63 5 | piú alto di noi, perché era stato a Roma, e molto si 64 5 | quattrini prima di noi. Giovanni era il diplomatico. Un po’ bassotto, 65 5 | piano, sobrio nel gesto. Io era furia francese, come mi 66 5 | beffe pareva umiltà, ed era superbia. La mia testa vagabonda, 67 5 | sapevo cosí per l’appunto cos’era la gloria; ma quella parola 68 5 | che il da fare per allora era fortificare gli studi letterarii 69 5 | sinistra verso il balcone era un tavolino che chiamano 70 5 | e a sinistra, e in mezzo era una grossa calamariera di 71 5 | a terra. La mia superbia era fiaccata. Cosí non si parlò 72 5 | carezze e ci dié de’ confetti. Era un bell’ometto, vestito 73 5 | col gesto elegante. Non c’era ancora il laico, ma non 74 5 | ancora il laico, ma non c’era piú il prete.~La scuola 75 5 | dell’abate Lorenzo Fazzini era quello che oggi direbbesi 76 5 | anche fare in due. Quell’era l’età dell’oro del libero 77 5 | forma dell’insegnamento era ancora scolastica. Rettorica 78 5 | latino convenzionale ch’era proprio degli scolastici. 79 5 | po’ di secolo decimottavo era pur penetrato tra quelle 80 5 | Nelle scuole di Napoli c’era maggior progresso negli 81 5 | l’abate Troisi. Allora era in molta voga l’abate Fazzini. 82 5 | in abito e cravatta nera, era un sensista del secolo passato, 83 5 | non so; ma il suo parlare era brillante e persuasivo e 84 5 | quella scuola. La stanza era molto piú lunga che larga, 85 5 | quattrocento giovani. Di prospetto era una tribuna bassa, dalla 86 5 | casa prendeva il testo, ch’era la Logica e la Metafisica 87 5 | come Storchenau, Corsini; c’era anche una metafisica latina 88 5 | metafisica latina di Genovesi, c’era un San Tommaso, un Sant' 89 5 | professore diceva che il sensismo era una cosa buona sino a Condiliac, 90 5 | con sicumera che Elvezio era un sofista e Lamettrie un 91 5 | Diceosina di Genovesi. Qui c’era la famosa questione delle 92 5 | metafisica andava la fisica. Era la Fisica sperimentale del 93 5 | esperienze delicate; ma io era miope, e gustavo poco quel 94 5 | si mescolavano, e non c’era verso di cavarne un sugo, 95 5 | correva subito al finale: Quod era demonstrandum. Per nascondere 96 5 | alle matematiche non so s’era colpa mia o del maestro; 97 5 | mi capivano in mente. Non era un po’ colpa del metodo? 98 5 | fine gli studi filosofici. Era il onomastico dell’abate. 99 5 | da far paura. Andammo. Io era alto della persona, magro 100 5 | sotto al braccio. La sala era piena. Molte signore con 101 5 | azzimati. L’uscio di faccia era aperto, e ne veniva un grato 102 5 | mano e gentili motti. C’era quel mormorio, che suol 103 5 | correndo senza fiato. C’era una certa curiosità, e dapprima 104 5 | sempre da capo. Quella gente era venuta non a sentir versi, 105 5 | osavano pestar dei piedi, era gente educata, ma si movevano 106 5 | seder tutti. Giovannino, ch’era lui quel desso, recitava 107 5 | volle saper da me come l’era andato. Io aveva come uno 108 5 | coseIppolito mi disse ch’era tardi, e io lasciai , 109 6 | non piccola parte, perché era scuola di forme e non di 110 6 | ai fiori, ai ruscelli; ma era una natura che avevo imparata 111 6 | rigoglio di gioventú che mi era attorno mi rapiva seco, 112 6 | certo covo puzzolente, dov’era buon vino e dove si bevve 113 6 | dialoghi di Goudar, che allora era in voga. Zio vedeva tutto 114 6 | filosofo, come Annibale era stato il mio capitano. Quella 115 6 | e poco digeriti. Questo era il mio corredo di erudizione 116 6 | allegra e rubiconda raggiava, era tutto un riso, e gli pareva 117 6 | tutto glorioso. Nonna non c’era piú. La mamma mi venne incontro 118 6 | carezze e i baci. Ma io m’era seccato, e cercava con gli 119 6 | Come sei fatto brutto!” Era un piccolo gigante quel 120 6 | visitai tutti i luoghi dov’era passata la mia fanciullezza. 121 6 | ammazzava il porco, e dove era la mangiatoia pei cavalli, 122 6 | il Calvario. Alle falde era il Cimitero, una camera 123 6 | che due stanze in tutto. Era quella stanza di un bianco 124 6 | capo un berretto da notte, era grasso e basso, con la faccia 125 6 | filosofo. Ai tempi suoi egli era stato in Napoli, e vi aveva 126 6 | ai morresi. D. Domenico era un libro vivente. Cominciò 127 6 | molte aveva assistito. S’era a sentirlo, a bocca aperta. 128 6 | di rosolio. D. Domenico era molto ricco, ma stretto 129 6 | metafisica. D. Domenico era secolo decimottavo, vale 130 6 | domandò sogghignando se c’era Dio. “Sicuro, – diss’io; – 131 6 | turbare la mia innocenza. Era la prima volta che vedevo 132 6 | un’uscita in campagna. C’era Costantino, e c’erano le 133 6 | pranzo. Il luogo di convegno era detto Selvapiano. La donna 134 7 | La scuola piú riputata era quella di don Niccola Gigli. 135 7 | don Niccola Gigli. Ma c’era troppa folla di giovani, 136 7 | un tal Garzia. La scuola era in Via Porta Medina in una 137 7 | erano sporchi di tabacco; era tutto macchiato e sordido. 138 7 | suo scrittore piú recente era Volfio, che aveva disciplinato 139 7 | potessi brillare. Non c’era cattedra. Egli stava seduto 140 7 | distinguesse l’ingegno. C’era una serie di domande 141 7 | filosofia e di dritto civile. C’era tra gli altri un tal Fortunato, 142 7 | faceva da sopracciò. A me era antipatico con quella sua 143 7 | superiorità; e lui che se n’era avvisto, mi punzecchiava 144 7 | ma i compagni ai quali era affidato il giudizio, non 145 7 | pareva anche a me forzata; ed era chiaro che già si avvicinava 146 7 | Adamo Smith, e l’altro ch’era per giunta un gran matematico, 147 7 | Emanuele Kant. Lorenzo Fazzini era caduto di moda, tanto che 148 7 | fossero roba meno infetta.~C’era nel mio cervello un turbinío, 149 8 | giunse nuovo. La mia vita era tra casa e biblioteca e 150 8 | Lo zio ci lasciò fare.~Era la prima volta ch’io entrava 151 8 | presentava ad un marchese. Era il palazzo Bagnara in piazza 152 8 | discosto dal comò. In fondo era un letto molto semplice. 153 8 | la stanza. Come vedete, era una camera da letto e da 154 8 | nella quale il marchese s’era rannicchiato, lasciando 155 8 | allampanato, disse ch’io era de frigidis et maleficiatis: 156 8 | consegnò al suo segretario, ch’era appunto il Costabile. Egli 157 8 | che la base della scuola era la buona e ordinata lettura 158 8 | moltitudine. Il marchese era tra i maggiorenti, che gli 159 8 | sapeva piú di me, e ch’io era un ignorante, e doveva rifare 160 8 | motto o parola o frase ch’era in grazia del marchese, 161 8 | e mi diceva: “Bravo!”. C’era tra i giovani una gara a 162 8 | grande antipatia. Egli se n’era accorto, e aveva di me qualche 163 8 | io dovessi trascriverli; era divenuto loquace e presuntuoso, 164 8 | intero, perché Giovannino era rimasto indietro col naso 165 8 | Eletti anche Giovannino. C’era molti giovani valorosi, 166 8 | faceva balbutire. Questo era un grande progresso.~Una 167 8 | chiamai Agnese L’orditura era molto semplice; ma tutto 168 8 | molto semplice; ma tutto era insipido, e non c’era altro 169 8 | tutto era insipido, e non c’era altro sapore che di frasi. 170 8 | direttore della stamperia era un tal Gabriele De Stefano, 171 8 | Cosa ne dice Francesco?” Io era divenuto una specie di autorità 172 8 | grammatica, come diceva. M’era venuta la frenesia degli 173 8 | faccende; a molti quella scuola era una parentesi. Per me la 174 8 | Per me la mia faccenda era quella; non pensavo ad altro; 175 8 | beffardo e insolente. Il nome era pur quello, ma sotto al 176 8 | ma sotto al nome non c’era piú la cosa. Il marchese 177 8 | la lettura, il marchese era di pessimo umore, e lo correggeva 178 8 | piú notizia.~Il marchese era tutto intento a compilare 179 9 | invecchiava; la famiglia s’era accresciuta; i mezzi scarseggiavano. 180 9 | bevendomi tutto quello ch’era stampato. Avvenne che i 181 9 | La mente della famiglia era zio Pietro, gli anni e le 182 9 | Marianna e regolava tutto. Era alto della persona, magro 183 9 | Tornato dall’esilio, s’era messo a fare il medico, 184 9 | messo a fare il medico, ma era già troppo innanzi con gli 185 9 | gli anni, e la clientela era scarsa. Aveva una cert’aria 186 9 | non so quale distinzione. Era uomo accortissimo, con un 187 9 | chiamava “il professorino”. Io era l’occhio dritto dello zio 188 9 | castigo. Naturalmente io era lo scudo della mia famiglia, 189 9 | tacevano.~In questo mezzo era morto il professore di latino 190 9 | latino della Università, e s’era aperto il concorso. Zio 191 9 | maggiore. Non so come, mi era venuta quell’idea. Rimasi 192 9 | capo appoggiato ai ferri. Era già lungo tempo ch’io non 193 9 | paternostri, come facevo piccino; era un’onda che mi gonfiava 194 9 | pensando che il mio nome era Francesco Saverio, quel 195 9 | marchese Puoti. Seppi ch’era tornato, e mi venne un batticuore, 196 9 | desideravo sapere; ma il timore era piú forte del desiderio. 197 9 | del desiderio. Giunsi ch’era già in camera tra un cerchio 198 9 | valga; nella sua lezione c’era un passaggio felicissimo, 199 9 | per lo zio. La mia furia era tale che non mi riuscí subito 200 9 | Giunsi a casa, e lo zio era abbattutissimo e stanchissimo, 201 9 | mormorava che D. Nicola era invidioso, e gli raggiava 202 9 | veglie e dei miei studi. Era sul tavolo un libro aperto, 203 9 | non ci tornai piú.~Mio zio era rimasto percosso, s’era 204 9 | era rimasto percosso, s’era fatto piú curvo, e rompeva 205 9 | trarmi dalle sue mani. Cosa era nato? Anche oggi non lo 206 9 | Corsi e vidi che lo zio era per terra, e mi chinai per 207 10| sempre cosí. Questo medesimo era in capo ai miei cugini. 208 10| ai miei cugini. In casa era un allegria, una gara di 209 10| Quello studio delle frasi m’era venuto un po’ a noia; le 210 10| rettorico. Il mio gusto non era ancora formato. Cercavo 211 10| il Puoti. Sentivo che c’era una certa contraddizione 212 10| cantare, ballare. Oh! l’era una bella vita. Io c’ero 213 10| copersero di nuvole. Il presente era triste, l’avvenire divenne 214 10| Puoti; ma tutta la giornata era spesa a spiegare grammatiche 215 10| cavarne un senso plausibile, era una tortura al mio spirito, 216 10| mentr’io mi sfiatava, m’era intollerabile, mi dava sui 217 10| lettere di Annibal Caro. Era una novità ardita che piacque. 218 10| piacque. La base dello studio era il latino. Per l’italiano, 219 10| lettura del Tasso, non c’era altro. Prima si destò la 220 10| questo ragazzotto, che m’era inferiore d’età. Si era 221 10| m’era inferiore d’età. Si era stretto a me; mi veniva 222 10| carissime e gelosissime. Era il mio secreto, e non ne 223 10| Schmücher, e che la cosa era bene avviata, e che fra 224 10| adirò contro il nipote, e ch’era un bugiardo, un intrigante, 225 10| presentai. Gli raccontai tutto. Era un buon tedesco, alto della 226 10| non gli diss’io che lo zio era ammalato, e che toccava 227 10| giacevo sotto la croce. Era carnevale. A me quei divertimenti 228 10| in piazza della Carità. C’era un diavoleto. “Il carro! 229 10| braccio. Questo D’Amore era figlio d’un cantiniere, 230 10| faceva il signorino, ed era mio compagno alla scuola 231 10| presso la farmacia Marra. C’era gran calca; uno spingersi 232 10| porticina su in una camera.~Era ivi la casa del farmacista; 233 10| le mazzate e che l’affare era grosso, nientemeno da lavori 234 10| marchese Puoti, e che quella era la via della liberazione. 235 10| lettera fu portata. L’ansietà era grande; si contavano i minuti; 236 10| portando false notizie; ora era un prorompere di gioia, 237 10| ingordigia di quei bricconi era una botte senza fondo. Ed 238 10| tutti. E seguitavano che una era la causa, e se usciva uno, 239 10| breve, verso sera che s’era fatto scuro, venne l’ordine 240 10| testa tutta la notte; e c’era il custode che voleva il 241 11| animo altrove. La mia vita era giorno per giorno, senza 242 11| inasprivano i caratteri. Io era come uccello che ha messe 243 11| e di un tal C...~Costui era un furfante, che mi promise 244 11| volete? gli è un camorrista”. Era la prima volta che questa 245 11| mi rendeva timido; non c’era abbandono.~In queste lezioni 246 11| mio naturale affettuoso era piú appagato in conferenze, 247 11| il linguaggio di maestro era mescolato con l’accento 248 11| dei miei piú vivi piaceri era il fare grandi passeggiate 249 11| in conversazione. Io non era buono a parlare di altro 250 11| mi allettava; la lettura era sempre di cose nuove; piú 251 11| trattenimento letterario; era una varietà, quasi uno svago 252 11| mia vita. Il marchese s’era un po’ infastidito de’ novizi 253 11| leggere in ultimo. Ma l’ordine era rotto; gli “Anziani” avevano 254 11| giungeva a comunicare: c’era qui il riflesso e l’eco 255 11| descrizioni; pur qualche cosa era che mi veniva dal cuore.~ 256 11| fratello Alberico. Egli era studente di legge, aveva 257 11| latinamente. Il suo autore era Giambattista Vico; gli aveva 258 11| Tacito, breve e reciso; era ingenuo e sincero nei suoi 259 11| Odiava plebe e preti; c’era in lui anima fiera di patrizio. 260 11| avesse poeti, frati e Santi. Era in lui piú virilità che 261 11| Intanto Giacomo Leopardi era giunto tra noi. Avevo una 262 11| Quando venne il , grande era l’aspettazione. Il marchese 263 11| da noi volgarizzato; ma s’era distratti, si guardava all’ 264 11| espressione tutta la vita s’era concentrata nella dolcezza 265 11| ne dite, De Sanctis?” C’era un modo convenzionale in 266 11| la lingua. Quest’ordine m’era fitto in mente, e mi dava 267 11| mente, e mi dava il filo; era per me quello ch’è la rima 268 11| di tutti noi. Il marchese era affermativo, imperatorio, 269 12| fiaccare piú gli animi, s’era tolta dagli occhi ogni parte 270 12| Ma l’impressione su di me era piccola. Uso alla vita interiore, 271 12| li metteva fuori di sé, era quella mia aria motteggiatrice, 272 12| Intanto la scuola del Puoti s’era sciolta da sé; il marchese 273 12| con tutta la famiglia s’era ricoverato in Arienzo, dove 274 12| alcune possessioni, e s’era messo a dettare un’Arte 275 12| in casa e fuori casa. Zio era riuscito a levarsi qualche 276 12| Pasqualino, riparato in villa, era stato colpito dal morbo; 277 12| voce che andare in villa era peggio che stare in città, 278 12| famiglia ritorno. La sua casa era nella strada che conduceva 279 12| monastero di S. Pasquale, e c’era un bel terrazzo ombroso, 280 12| facevo letture. La mia voce era chiara, intonata, ben variata, 281 12| Fino a quella età non mi era mai occorso di stare in 282 12| duca di Cassano. Costui era un grosso omone, di buonissima 283 12| con me, e la prima domanda era: “Come è andato?” “Male, – 284 12| una strillatona. Ma come era un gran bravo uomo, gli 285 12| rassicurava quel birichino. E s’era sempre da capo, lui con 286 12| non sentirne a parlare, s’era fatto taciturno e solitario. 287 12| sapere che quella sera non c’era lezione, e quel mesetto 288 12| non so cos’altro. Questo era tutto il mio fardello. Camminavo 289 12| in una carrozzella non mi era venuta, e non mi venne che 290 12| che mi fece capire cos’era il colera. Mi strinsi tutto 291 12| dall’infezione. L’infezione era un fetore acre, che veniva 292 12| affannoso, che il carrozzone era già in via. “Ferma, ferma, 293 12| dentro, che per fortuna c’era ancora un ultimo posto. 294 12| fuggitivo. Prima la via era buona, e io caracollava 295 12| contadino che m’accompagnava. Era innanzi l’alba, e il freddo 296 12| qualche albero. La strada era cosí brutta, che in parecchi 297 12| fratellanza.~A quel tempo era il regno dei galantuomini; 298 12| dicevo: “Dio non peggio”. Era un motto di papà, rimastomi 299 12| molti paesi vicini, e c’era chi sosteneva di averlo 300 12| colto da timor panico, s’era rifuggito sul Vomero, ed 301 12| rifuggito sul Vomero, ed era morto subitamente. La notizia 302 12| forse non ti vedrò piú”. Ed era presaga! Non dovevamo piú 303 12| si riaprivano; la novità era l’edizione fatta di fresco 304 12| tutto il mio entusiasmo era per Consalvo e per Aspasia. 305 12| particolarità e minuterie. Io era tra’ suoi scolari piú diligenti, 306 12| piú diligenti, e quando c’era visita di personaggi, il 307 12| declamatemi l’Ugolino”. Quello era il mio Achille. E io, teso 308 12| non ricordo la persona. Ed era un motto vero. Io peccavo 309 12| seppi che il gran poeta era morto. Come, quando, dove 310 13| teneva tutto tirato a sé. C’era speranza che zio Carlo guarisse 311 13| settimana con zio Peppe, ch’era in paese e governava la 312 13| quei clamori! Il bisogno era grande. Cominciarono le 313 13| Enrico Amante. In fondo era una lotta tra le due famiglie, 314 13| me un raggio di luce.~M’era venuto in capo, disperato 315 13| gelosia di mio cugino che s’era avviato per il foro: e perché 316 13| situazione per voi”, questa era la mia risposta. E tra scrivere, 317 13| fossi altro che io; e non c’era altro nel mio capo che io, 318 13| suo interesse, e che tutto era ragionevole e non poteva 319 13| Finalmente una parola che era nel desiderio degli uni 320 13| zio Peppe a strepitare ch’era uno scandalo, e che i panni 321 13| poteva piú vivere, a Morra c’era da rivendicare il proprio. 322 13| giacché quel grillo non m’era ancora uscito di capo. Quando 323 14| accasermati gli Svizzeri, era quello in cui Enrico e io 324 14| prendemmo casa. Al secondo piano era un gran terrazzo, con frequenti 325 14| parte di questo terrazzo era stata improvvisata una casetta 326 14| , entrando, alla dritta era un piccolo tavolino pieno 327 14| una scrivania, e dinanzi era una sedia di paglia, sulla 328 14| tutto”, come disse. Non era senza ansietà sul mio indirizzo, 329 14| con arguti brindisi. Egli era dottore in utroque jure, 330 14| da ragioni di famiglia. Era un buontempone, di allegro 331 14| indorare gli oggetti, ed era un ottimo istrumento della 332 14| i suoi passi”.~A Morra s’era in una certa apprensione 333 14| fra quella gente, papa s’era fatto un cervello morrese, 334 14| mio fratello Vito, come s’era convenuto. Ma se a Morra 335 14| sentii dire: “Oh De Sanctis!” Era Leopoldo Rodinò, lungo, 336 14| avvocato famoso e danaroso. Era un tal Don Domenico, non 337 14| mi volle dimostrare ch’io era nato professore. Il maestro 338 14| aveva meno di servile, anzi era addirittura una professione 339 14| professione di comando. Io non era affitto superbo, e non volevo 340 14| mi ribellavo.~Il marchese era allora passato ad abitare 341 14| Cessato il colera, se n’era venuto di Arienzo, con certi 342 14| quaderni scritti di suo pugno. Era una specie di nuova rettorica 343 14| battezzò Arte dello scrivere. C’era una divisione dei diversi 344 14| narrando per quali vie era giunto alla grande scoperta. 345 14| un rigore di logica, ch’era veste e non sostanza. E 346 14| come suo collaboratore. Era un bravo gentiluomo del 347 14| con molta semplicità, dov’era il principe. Rimasi piantato 348 14| egli leggeva. Il principe era una bella persona, di modi 349 14| Intanto quel bravo marchese s’era fatto di fuoco per me.~Un 350 14| dissi. Ma quando vidi ch’era il decreto di mia nomina 351 14| ci abbracciammo, e se non era per vergogna di Annarella, 352 14| Annarella voleva sapere cosa era seguito. “È seguito, – diss’ 353 14| con buonissimo appetito.~Era già qualche mese ch’io dava 354 15| alla Real Paggeria, dov’era il Collegio di Marina. “ 355 15| cosa quella nomina. Forse c’era quel pensiero del mensile 356 15| agli uffici di Stato; forse era curiosità, come d’una condizione 357 15| maestro e professore non era solo di stipendio, ma di 358 15| che il mio predecessore era un tal Carlo Rocchi, un 359 15| fabbricato cosí, e a farle contro era peggio.~Il appresso andai 360 15| in quella imponenza non c’era la calma, e c’era una stizza 361 15| non c’era la calma, e c’era una stizza ridicola. Alzavo 362 15| coro. Talora il baccano era tale, che correva l’aiutante 363 15| e in quella sorpresa c’era tanta bonomia e sincerità, 364 15| il male spesso dove non era, e castigavo l’uno per l’ 365 15| esercizi piú cari ai giovani era, posta la sintesi, di lasciare 366 15| sintesi. L’aria della scuola era mutata; quei giovinetti 367 15| parole e di frasi non c’era sugo. Vidi che loro andavano 368 15| caffè buono, del quale io era ghiotto. Ma ciò che mi tirava 369 15| una malattia, che mi si era appiccicata addosso: non 370 15| La domenica, che non c’era tornata, mi sentivo infelice. 371 15| Montalembert; ma il mio beniamino era Thiers. La sua Storia della 372 15| insinuante mi rapiva. C’era nella sua maniera non so 373 15| altro, non udivo niente. Non era già un’attenzione letteraria 374 15| Caffè, la mia impazienza era vivissima, e, mentre bevevo, 375 15| Strettamente la ragione era sua: tu bevi il caffè, lascia 376 15| giornale di sul tavolo dov’era quel signore, mi era parsa 377 15| dov’era quel signore, mi era parsa una gherminella, e 378 15| sopra col naso. Gran Dio! era uno sfinimento. Si avvicinavano 379 15| finito”. Io respirai; l’amico era in terza pagina, e stava 380 15| preso, e che per me non c’era misericordia. Uscii sconfitto, 381 15| capitavo spesso; la natura era piú forte dei giuramenti.~ 382 15| di musica. Bellini morto, era piú vivo che prima. Era 383 15| era piú vivo che prima. Era il tempo di Lablache e della 384 15| della Malibran. San Carlo era nel suo pieno fiore; la 385 15| alla scuola o al caffè, e m’era dolce naufragare in quel 386 15| in quel piccolo mondo, ch’era il mio “Infinito”.~ ~ ~ 387 16| presentabile. Del resto, esso era degno di quel nome. C’era 388 16| era degno di quel nome. C’era da impiccarsi per malinconia. 389 16| studio. La decorazione c’era, ed era nel cuor mio e dei 390 16| La decorazione c’era, ed era nel cuor mio e dei miei 391 16| Puoti, uomo semplice, ch’era egli medesimo di quella 392 16| decorazione.~Il mercoledí era giorno di traduzione. Ci 393 16| presso a poco quello che s’era fatto nel suo studio, salvo 394 16| casa del marchese. Non c’era ancora comunione spirituale 395 16| possedeva. Quel mercoledí era il giorno dello sbadiglio; 396 16| giorno dello sbadiglio; era quella stessa scuola di 397 16| genialità, senza sale: la veste era pur quella, ma lo spirito 398 16| pur quella, ma lo spirito era altro. il marchese ci stava 399 16| che pareva alterigia ed era timidezza. Talora venivano 400 16| della mia età. Quando s’era fatto numero, salivo su 401 16| fare monotono e severo c’era da morir di noia; ma tant’ 402 16| da morir di noia; ma tant’era la mia vivacità, e la novità 403 16| poltroni e dei vagabondi era infinito, e battezzavo cosí 404 16| ricominciava la storia: era uno sfinimento, un tormento; 405 16| e non la finiva piú. Io era come un condannato a morte, 406 16| manigoldo, piantato , ch’era una rabbia. “Amico, l’ora 407 16| risolsi di dirgli cosí come era la cosa. E lui a fare le 408 16| tutto questo travaglio era vano e nocivo; la lezione 409 17| tanto sudata grammatichetta era già uscita in luce; ma io 410 17| quegli autori, al di non c’era che buio. Dell’Oriente a 411 17| buio. Dell’Oriente a me era noto tutto quello che avevo 412 17| ed ero sincero, e non c’era ciarlataneria, e serbava 413 17| non perde mai prestigio. C’era in me una contraddizione 414 17| scrivere e a parlare mi era necessario non solo che 415 17| Fin d’allora la mia mira era al centro, cioè all’idea 416 17| medesimo; e il mio costume era, letto il libro, metterlo 417 17| Salviati e sul Bartoli. Tutto era nuovo, autori, libri, giudizi. 418 17| massime nel Cinonio), che era facile ricondurre ad unità. 419 17| sono amante”. La ellissi era posta da loro come base 420 17| sosteneva che la grammatica non era solo un’arte, ma ch’era 421 17| era solo un’arte, ma ch’era principalmente una scienza: 422 17| principalmente una scienza: era o doveva essere. Questa 423 17| ragionate e filosofiche, era per me ancora un di da 424 17| appiccicato alle grammatiche era una protesta contro la pedanteria 425 17| ragionare la grammatica non era ancora la scienza. Certo 426 17| ancora la scienza. Certo era un progresso, e io ne dava 427 17| Ma questo agli occhi miei era una storia, non una scienza; 428 17| scienza; e metodo scientifico era non l’arbitrario succedersi 429 17| mia sintesi provvisoria era il discorso di cui davo 430 17| salvo l’interpunzione, ch’era l’ultimo capitolo della 431 17| questo lavoro anatomico era compiuto, compariva in ultimo 432 17| diritto: altrimenti, dov’era la scienza? Se allora avessi 433 17| accidente tutto quello ch’era fuori della scienza; ma 434 17| discorso. La mia grammatica era un andare su su dalle parti 435 17| un sunto da me corretto era il “libro della scuola”, 436 17| boccheggiante cosí come era stata abbozzata una volta, 437 17| generale?”~In verità, io era il solo che insegnassi una 438 17| sottili che vere, se il metodo era forzato, se il contenuto 439 17| forzato, se il contenuto era monco, se quella costruzione 440 17| la scienza, molto scarsa era la parte dell’applicazione 441 18| ristavo finché la cosa non era chiara a tutti. Avevo molta 442 18| grammaticali. La stessa minuteria era nelle cose della lingua. 443 18| Talora la lettura non era che di un periodo solo, 444 18| Pandolfini colse la moglie che s’era imbellettata. Fece ridere 445 18| pazienza, perché infinita era la mia coscienza: mi sarebbe 446 18| grammaticali o di lingua, e che era bene che tutti sentissero. 447 18| tutti sentissero. Questa era la mia occupazione di tutto 448 18| della grammatica. Quello era l’esercizio piú utile. Posso 449 19| divisione nella famiglia era compiuta. Papà, sempre un 450 19| quella parte della casa ch’era in uno stato meno buono, 451 19| buono, perché col tempo era possibile allargarsi da 452 19| con noi. Il cugino Aniello era in Avellino a studio; poco 453 19| padre. Paolino mio fratello era in seminario. Gli altri 454 19| Vito si trovava con me ch’era un pezzo. Io non potea troppo 455 19| avergli l’occhio sopra; e poi era già grandicello, e pretendevo 456 19| a me e non sapevo come l’era andata; ché dentro ci 457 19| con la famiglia Isernia ch’era al primo piano. E non trovavo 458 19| si parlava del fatto, mi era trafittura. Al terzo o quarto 459 19| giorno, ritirandomi, ch’era già ora tarda, veggo scendere 460 19| ci trovammo muso a muso. Era il babbo. Le lacrime da 461 19| narrò che quel disgraziato s’era fuggito di casa con un tal 462 19| consolare. Quel fratello s’era perduto senza rimedio, e 463 19| e quella ingratitudine. Era la prima volta che dalla 464 19| Quanto piú alto e puro era il mio ideale della vita, 465 19| fondamento serio. Questa era la mia vita. Mancavano quelle 466 19| dissetavano. La mia vita era monotona, quasi una ripetizione 467 19| volevo leggere quello ch’era necessario a sapersi per 468 19| Domenico Albanesi. Costui era un elegante mingherlino, 469 19| quelle sere che il freddo era grande, stando cosí al sereno, 470 19| benissimo”.~Il fatto è ch’io era malato per davvero, malato 471 19| metteva nella sua casa. Era conoscenza vecchia, e ci 472 19| vidi che il mio braccio era esile e pallido, e presi 473 20| buon’annata. Il primo corso era stato giudicato novissimo, 474 20| non sapevo ancora quale era il dietroscena, e quanta 475 20| antipatico uomo di spirito ch’era il Dupin, il cui discorso 476 20| cotte. Pure, dentro di me era sminuito il suo prestigio. 477 20| Berryer ad accopparlo”.~Io era mobile e appassionato nei 478 20| cose nostre; anzi Napoli era per me il migliore dei mondi, 479 20| dei mondi, perché Napoli era la mia scuola, e nella scuola 480 20| felice. Del resto, questa era allora la corrente. La gioventú, 481 20| e alleviargli la vita. M’era anche una buona compagnia 482 20| Medina, numero 24. La casa era bene aerata e piena di luce; 483 20| aerata e piena di luce; c’era un salotto molto capace, 484 20| uniti di spirito.~Zio Peppe era di conversazione piacevole, 485 20| che viene Ciccillo”. Io era il suo contrapposto: severo, 486 20| assai volentieri. Enrico era della compagnia. Talora 487 20| grande oratore”; ma sotto c’era la simpatia per l’uomo politico. 488 20| sentimento letterario, ch’era coperchio ai racconti del 489 20| La tribuna francese non era estranea a questo rialzo 490 20| grammatica e lingua; Enrico era tutto nello studio di Vico: 491 20| del giorno. Ma la politica era il chiodo di zio Peppe, 492 20| con aneddoti piccanti: ch’era venuto in grazia a certe 493 20| come in un’accademia; non m’era venuto in capo che sotto 494 20| gli altri. Quando parlava era una festa; facevamo cerchio 495 20| veduta la terra promessa”. Era stato un profeta. Oggi si 496 21| corso sulla lingua. Non c’era un concetto chiaro di cosa 497 21| rettorica; nel vocabolario c’era un materiale morto, come 498 21| Vedevo che di tutto quasi c’era esempio, e che la lingua 499 21| esempio, e che la lingua non era un corpo morto che si potesse 500 21| figure. Il mio principio era che potesse entrare nella


1-500 | 501-787

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License