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Capitolo
501 21| quella. La lingua comune era per me come l’aristocrazia,
502 21| sentiva già di ribelle, ed era riferito come uno scandalo
503 21| Sostenevo che l’importante era meno di scriver puro che
504 21| inversioni. Tutto questo era roba da esser gittata a
505 21| appunto alla teoria. Non era facile svezzarci da molte
506 21| grottesco: il vecchio uomo non era ancora cancellato, l’uomo
507 21| cancellato, l’uomo nuovo non era ancora formato, e mal vivevano
508 21| nelle teorie. Il pensiero era libero; la pratica era ancora
509 21| pensiero era libero; la pratica era ancora servile.~Dotato d’
510 21| il vero. La mia mira non era punto a surrogare il Puoti
511 21| dispiacere a lui. In questo c’era un po’ di malizietta inconscia,
512 21| scuola del marchese non era quasi piú altro che una
513 21| aveva maggiore ingegno, ed era mitissima natura d’uomo.
514 21| e dovere di maestro. Io era un maestro nato, e quando
515 21| loro volti quella luce ch’era nel mio intelletto. Dicevo
516 21| ricominciamo il corso?” C’era pure qualche sentore della
517 21| piacere.~Base del mio corso era non la purità, ma la proprietà.
518 21| di considerare la lingua era tutt’una rivoluzione, di
519 21| lista infinita e arbitraria era nelle rettoriche, in due
520 21| sistemi: ciascun sistema era per me una esagerazione,
521 21| quale avevo molta fede, ed era un certo buon senso, una
522 21| sicuro di me. Il mio cervello era una fabbrica di teorie,
523 21| qua e di là. Il mio studio era volto principalmente a ridurre
524 21| malizia; il mio intelletto era fatto cosí, e pareva arte
525 21| e pareva arte quello ch’era natura.~Mi è saltato innanzi
526 22| fosse la mia strada. Ma era la strada della mia prima
527 22| il balconcino; ma non c’era lei. Povera Agnese! Mando
528 22| Dirimpetto al mio balcone era un balconcino, sul quale
529 22| malizia, perché il mio spirito era altrove. In Napoli c’è spesso
530 22| passare il tempo. La donna era per me non so che vicino
531 22| profondato negli studi, era rimasto involuto, e non
532 22| rimasto involuto, e non c’era entrata la malizia. Guardai
533 22| dopo pranzo, che zio Peppe era sortito per non so quale
534 22| letterina profumata, e vi era scritto cosí: “O mia celeste
535 22| guardavo al balcone, e non c’era nessuno. Credo che la dovesse
536 22| Il dí appresso Zio Peppe era andato a dir messa, e io,
537 22| sopra: “Sí”; ma vidi ch’era troppo leggiera e sarebbe
538 22| fermai alla terza rampa, dove era un bel giardino, convegno
539 22| ci vuoi fare? sei miope”. Era la prima volta che sentivo
540 22| molte altre, ché quella era la via solita dei miei trastulli
541 22| quel mio sí, e che ella era lí e m’attendeva, e la bella
542 22| in giú, quando la strada era piena di gente, dissi: “
543 22| trafelato e tutto in sudore; ma era già quasi buio, e zio Peppe
544 22| quasi buio, e zio Peppe era uscito. Quando tornò, non
545 22| anche addentro, ma non c’era anima viva. Le mie solite
546 22| una frase e l’altra, ma era un lampo e non avea la forza
547 22| già piena della sua voce, era solitudine e silenzio. A
548 22| testa la lezione; ma non c’era verso, ché l’occhio andava
549 22| pur lí, e quel pensiero era come un verme fitto nel
550 22| come in una palude. Piú era lo sforzo, e piú m’ingarbugliavo
551 22| Compagni. Volevo mostrare ch’era un bon omo e cittadino probo
552 22| piedi; e quella cameretta era sempre muta e oscura. “Sarà
553 22| porse una carta, e via. Era un bigliettino profumato,
554 22| lampione. Diceva che lei era stata ammalata dalla collera,
555 22| dalla collera, e ch’io m’era portato male, e che voleva
556 22| ombreggiava un visetto grazioso; era una simpatica creatura.
557 22| sua sciarpina che le si era sciolta dalla gola. Gliela
558 22| ma non mi persuadeva: c’era in quella serietà non so
559 22| bigliettini. La scrittura era bella, ma non mancavano
560 22| Gliene facea motto, ma era sempre pronta qualche storiella.
561 22| che ci penso, quello non era che un amore d’immaginazione.
562 22| distraeva, non mi turbava, anzi era uno sprone acuto che mi
563 22| esaminavano i componimenti. S’era già fatto un progresso;
564 22| caro, perché nel tradurre era corretto e castigato; e
565 22| di lui. Quel suo lavoro era intitolato: La donna. Andava
566 22| dire che in quel lavoro s’era rivelato l’ingegno. Non
567 22| parlai io subito. Il lavoro era di genere didascalico, come
568 22| uomo d’ingegno”. Il tema era bello; io ero in vena, e
569 22| fu una festa.~La domenica era aspettatissima. Parlavo
570 22| ore di notte. Zio Peppe s’era coricato e russava potentemente.
571 22| russava potentemente. L’uscio era socchiuso. Entrò lei, e
572 22| sostenni che rumore non c’era.~Il dí appresso fui in casa
573 22| mille scongiuri, che la era una giovane per bene, e
574 22| uscì detto che il suo nome era Agnese, e che abitava di
575 22| fece turare il naso, cosí era sudicia. La trovai insipida,
576 23| ventesimoterzo~LO STILE~La scolaresca era cosí cresciuta che in quella
577 23| gravezza dell’età. In verità io era proprio guarito, perché
578 23| vidi piú.~La nuova casa era nel larghetto di San Pellegrino
579 23| grazioso terrazzino. La casa era all’antica, con grandi finestre
580 23| e grandi sale. A dritta era una sala capace di meglio
581 23| luce. Lí m’installai. Non era messa con lusso, ma non
582 23| decenza. In fondo, a sinistra, era il tavolino con l’immancabile
583 23| presso la finestra, di lato, era la cattedra. A sinistra
584 23| sinistra della entrata c’era la cosí detta galleria,
585 23| coperti di tela bianca. C’era nel mezzo una gran tavola
586 23| si dicevano poveri, pure era un bel numero che pagavano,
587 23| di bei quattrini. Non si era dato ancora il caso che
588 23| Tra i nuovi arrivati c’era un vecchio, per nome don
589 23| Una sera che la lezione era finita, e molti mi stavano
590 23| de Meis. Quel nome non m’era nuovo. Sapevo già in confuso
591 23| suo stile. La situazione era per me il punto capitale.
592 23| nella sua verità, questo era lo stile. Chiamavo stile
593 23| stile falso quello che non era conforme alla cosa, nella
594 23| Questo oblio di sé nelle cose era per me il carattere dello
595 23| il piú del vero, ciò ch’era proprio degli scrittori
596 23| ciascuna di queste idee era a sua volta un protagonista,
597 23| lo stile a singhiozzi, ch’era spesso una mutilazione;
598 23| quasi sempre nuove. A me era di stimolo la mia opposizione
599 23| esse le cose. L’effetto era maraviglioso. Io stesso
600 23| maraviglia, e neppure i giovani. Era una ginnastica intellettuale,
601 23| Faceva un caldo grande; era nelle prime ore vespertine,
602 23| chiama la contr’ora. Io era volto verso casi, e mi frullava
603 23| braccio e la guardava fiso. Era una strega, con la faccia
604 23| che pareva un empiastro. C’era in quella fisonomia non
605 23| gridò la strega. – O ch’io era un cencio? o ch’io dicevo
606 23| raccontai ai giovani come io era stato conte per un quarto
607 24| LA MIA SCUOLA~La mia casa era cosí silenziosa, che mi
608 24| un vero acquisto.~Costui era Giambattista Mauro, di Andretta,
609 24| il desinare fosse lauto. Era un giovane sveltissimo e
610 24| spesso volgari. Suo bersaglio era principalmente Giambattista,
611 24| garbo di giovane a modo. C’era in quel suo riso un’amabilità
612 24| modo di mostrarti offeso. Era un buon compagnone e un
613 24| gioviali brigate. Giambattista era il contrapposto di lui;
614 24| di lui; la sua serenità era in contrasto grottesco con
615 24| tutti i nobili sentimenti; era come il diavolo in chiesa.
616 24| affezionata e proba; ma la casa era in mano alla servitú, e
617 24| facevo il Catone, ché non era il mio costume; anzi avevo
618 24| risolino, un’alzatina di spalla era la mia risposta. Perciò
619 24| loro. Medicina efficace era la scuola, che tirava a
620 24| In quell’anno la scuola s’era molto popolata. V’erano
621 24| quella grande moltitudine. Era già venuto Carlo Pavone,
622 24| chiamavo il mio stato maggiore. Era visibile il progresso, soprattutto
623 24| componimenti e nella critica. Non era piú quistione solo di lingua
624 24| stile veniva in ultimo, ed era esaminato non solo in sé,
625 24| conclusione della critica era questa formola: “la situazione
626 24| faceva pallido, il lavoro era giudicato essenzialmente
627 24| critica”. Un giudizio buono era un avvenimento, come un
628 24| molto. Il livello infatti s’era tanto alzato, ch’io mi misi
629 24| raccogliermi e a studiar bene. Non era in verità cosa facile imbroccare
630 24| Magliani e De Meis. Magliani era un po’ secco, ma preciso
631 24| destava entusiasmo. De Meis era insinuante, incisivo, facile
632 24| approvazioni.~Una sera la scuola era molto animata. Io ero di
633 24| facessero la critica. Tra questi era De Meis, che si scusò allegando
634 24| annunziò un suo lavoro. Era il primo suo lavoro in iscuola.
635 24| semplice nello scrivere, com’era nella vita. Si trattava
636 24| un giocatore. Il giovane era studioso, ma, capitato in
637 24| non divagava, l’attenzione era sostenuta. Poi, nella storia
638 24| sentono e non si descrivono. Era un senso indefinito di ammirazione,
639 24| egli valeva.~La scuola s’era arricchita di altri valorosi.
640 24| arricchita di altri valorosi. C’era venuto Francesco Saverio
641 24| soverchia familiarità; c’era non so che cosa nell’aria
642 24| sentiva un zitto. Questa era un’aureola che manteneva
643 24| ritornello. E il mio ritornello era il disprezzo del luogo comune
644 24| potesse avere un giovane era il sentirsi a dire di qualche
645 24| L’è un luogo comune”. Ed era una trafittura quando si
646 24| mirava alla eccellenza. Io era incontentabile; solevo dire: “
647 24| arrivavano che i pochi; ma non c’era verso, l’impulso era dato.
648 24| non c’era verso, l’impulso era dato. Dotato di molta pazienza,
649 24| Se però il profitto non era uguale, il buono indirizzo
650 24| e dicevo che la dignità era la chiave della vita. Contravveniva
651 24| e dicevo che la menzogna era la negazione della propria
652 24| piú puro e piú attraente era Camillo De Meis, carattere
653 25| gli elogi del marchese, m’era antipatico; lo trovavo pesante
654 25| trattati scolastici; la materia era quasi nuova nelle sue profondità.
655 25| verseggiatore dal poeta. Colui era un fabbro piú o meno perito,
656 25| senza espressione. Dissi ch’era bene studiare le forme con
657 26| di alcun altro. La scuola era numerosissima. Già la fama
658 26| le province. In essa si era naturalmente formata l’aristocrazia
659 26| fra le mie carte. Il sugo era che la scuola è presentimento
660 26| perché Giambattista Vico era piú ammirato che studiato.
661 26| cose nuove, e quello studio era per me nuovissimo. Non avevo
662 26| qualche Treno di Geremia. Era per noi come un viaggio
663 26| udí altro che Bibbia. C’era non so che di solenne e
664 26| accorgevano, sapevano che a me era piú grato il loro raccoglimento
665 26| resi migliori”. La scuola era il riflesso della mia anima,
666 26| di Annibal Caro. Grande era l’ammirazione per le canzoni
667 26| canzone del Guidi alla Fortuna era un esempio di sublimità.
668 26| Parnaso. Ma il nostro gusto era divenuto cosí delicato,
669 26| miglio. La lirica amorosa non era poi che un sonnolento e
670 26| parvero roba letteraria. C’era in lui il grande artista,
671 26| il grande artista, non c’era l’uomo. Pure, nella sua
672 26| menadito; ma quella lirica era nuova a me e a loro. Mi
673 26| Morta è la donna tua, ch’era sí bella; ~e quando lessi:~....
674 26| sentimento. L’intonazione era giusta, l’accento sincero,
675 26| l’ispirazione del poeta era spesso letteraria, come
676 26| Leopardi. Il Berchet non era ancora giunto tra noi, e
677 26| ritrovati piú.~Leopardi era il nostro beniamino. Avevo
678 26| pochi giorni. Quasi non v’era dí che, per un verso o per
679 26| uguale ammirazione; non c’era ancora un gusto cosí squisito
680 26| disputava se il concetto era buono o cattivo, volgare
681 26| presso al nostro vulcano, s’era spento quel vulcano poetico.
682 26| e due volte la settimana era un diavoleto. Il bello e
683 26| volevano stare in mente. Non era ancora di moda la polka,
684 26| ancora di moda la polka, ma c’era il walzer saltante e non
685 26| recarmi presso l’ufficio. Era la prima volta che mi succedeva
686 26| succedeva questo. La polizia era per me un nome scuro e pauroso,
687 26| e mi fece capire cosa c’era sotto, io, sicuro del mio
688 26| me affezionata, e poi c’era il marchese. I ballerini
689 26| stomacava; quella vita non era la mia, e ci stavo per forza.
690 26| venisse a lavarmi il bucato. Era imbruttita, con aria stanca
691 26| curiosa lettera, nella quale c’era qualche frase allusiva alla
692 26| in casa del fratello ch’era venuto in Napoli. Ci separammo
693 26| essere un capo scarico, ed era buono d’indole e di cuore,
694 26| don Raffaele, che mi si era insediato in casa e spadroneggiava.
695 26| creditore. Mutai la servitú, ch’era gran parte di quella dissipazione,
696 26| nella carriera forense. Era un bel giovane, persona
697 26| perdevo sempre, il piattino era tutto pieno. “Che bella
698 26| se questo non cadeva, l’era finita. Io gitto il tre,
699 27| scrivere, e la loro traduzione era scelta per lo piú come la
700 27| in tutti i suoi lavori. Era giovane laborioso, pratico
701 27| opinioni del marchese, ed era il suo piú fido interprete
702 27| solevo ripetermi mai, c’era del nuovo che tenea desta
703 27| entrava Ferdinando Vercillo. Era un giovane elegante, guantato,
704 27| con voce commossa che l’era un fatto grave, senza esempio
705 27| ripigliai le lezioni. Questa era la disciplina della scuola.~
706 27| riso suo. Lo spettacolo era nuovo e voleva una correzione.
707 27| Corabi lí in prima fila, ch’era stato serio e prendeva delle
708 27| prendeva delle note. Costui era un ingegno secco di stretta
709 27| piccino, e come in fondo era un brav’omo, divenne un
710 27| naturalmente.~La scuola era venuta a quel punto che
711 27| Proudhon chiamerebbe anarchia. Era una piccola società abbandonata
712 27| ideali, e, se in loro c’era una parte del mio cervello,
713 27| governano. Il loro affetto era cosí delicato che, quando
714 27| sapere al professore”. Pure c’era un’ombra. Non mi credevano
715 27| gerarchia dell’ingegno c’era, non la potevano disconoscere;
716 27| uguali”, diceva Lavista, ch’era l’idolo della scuola.~Io
717 27| capo. Figlia di don Tommaso era Caterina, cresciuta cosí
718 27| Fatta grandina, dicevano che era tutta suo padre, perciò
719 27| greca e romana, dove lei era una dottora. La mamma rompeva
720 27| Vi gittai l’occhio sopra. Era un carattere impossibile;
721 27| mi davano il capogiro: era la lista dei suoi possedimenti.
722 27| nulla. Pure, una cosa m’era rimasta, che don Tommaso
723 27| con un segno di croce. Io era rimasto un po’ contadino
724 27| gli altri. Il mio sogno era: una casa mia, con un bel
725 27| andai solo e correndo, com’era mio uso, con la testa in
726 27| cervello, e dall’altro lato c’era la lezione che cercava pure
727 27| il maledetto imbroglio ch’era nel mio spirito. Capitò
728 27| assorto nelle sue liti, non s’era addato di nulla, e cominciava
729 27| storto don Tommaso che m’era parso un paglietta imbroglione,
730 27| bene alla Caterina, ma non era di quell’amore che ti trascina;
731 27| distratti. Il matrimonio era per me una velleità, un
732 27| dirla con frase moderna, non era giunto ancora per me il
733 27| col povero don Tommaso, ch’era in perfetta buona fede,
734 27| atmosfera letteraria che vi era penetrata. Quantunque nelle
735 27| o Foscolo o Manzoni non era poi un affare di stato.
736 27| voleva il nuovo, e il nuovo era il genere romantico, e si
737 27| novella romantica. Non era una nuova coltura che sorgesse
738 27| che sorgesse spontanea, era un’eco confusa e inintelligente
739 27| giornali a’ suoi giovani. Cosa era romanticismo non si sapeva
740 27| saliva in moda, la leggenda era un genere favorito, classico
741 27| nella onnipotenza del genio, era un sistema comodo, che incendiava
742 27| scuola tenne fermo; pure c’era non so quale inquietudine,
743 27| composizione; ma la novella era il genere favorito. Intorno
744 27| di condurre la novella c’era un codice prestabilito,
745 27| naturalezza negli affetti. Il sugo era che, sotto il liscio di
746 27| periodi misurati e rotondi, c’era superficialità d’immagini
747 27| addentro. Ma nella mia scuola era sorto il ticchio di mostrare
748 27| dié lode. La situazione era un po’ tesa; ma l’ingegno
749 27| venne la bonaccia, e, com’era di bonissime viscere, ci
750 27| accompagnammo a casa, che s’era già rabbonito, e frizzava
751 27| giornalisti, e faceva il lepido ch’era una grazia. Quella collera
752 27| una grazia. Quella collera era la sua musa, che gli dilatava
753 27| letamaio. Il romanticismo era l’ultima rovina degli studi.
754 27| spiaceva ne’ romantici, era la dismisura negli affetti,
755 27| Isolina di Roberto Savarese ch’era scritta assai bene, ma che
756 27| scritta assai bene, ma che c’era non so che puzzo di romanticismo,
757 27| di Cava, dove il marchese era spesso invitato e festeggiato.
758 27| altra di Fabbricatore, ch’era la sua prediletta. E già
759 28| sino a noi. Quello che c’era di novità non ci attirava,
760 28| persona di Basilio Puoti c’era divenuta piú veneranda,
761 28| basse contumelie di cui era fatto segno.~La conclusione
762 28| lo stesso metodo. Prima era l’esame del contenuto in
763 28| del Tasso sul poema epico era per me un oracolo; mi piaceva
764 28| marchese, al quale Metastasio era antipatico. Anche celatamente
765 28| scrivere poetico.~Questo era lo stato del mio spirito,
766 28| azione, di tempo e di luogo era un assioma; l’Iliade era
767 28| era un assioma; l’Iliade era il modello immutabile di
768 28| regole fisse, dalle quali non era lecito scostarsi. Sotto
769 28| La Divina Commedia non era un poema, l’Orlando furioso
770 28| genere andassero allogate. C’era la gran lite degli episodi,
771 28| stimati piú belli. Dante era poco meno che un barbaro.
772 28| merito degl’italiani. Alfieri era superiore a tutti i tragici,
773 28| predicando da tre anni, c’era un tantino di esagerazione.
774 28| inviscerandosi in essi. C’era meno presunzione e piú studio.~
775 28| l’espressione. Perché s’era abusato delle forme, essi
776 28| derivandolo dal contenuto cosí com’era situato e formato nella
777 28| e ne dedussi che Omero era la mente di quel contenuto.
778 28| Mostrai che Achille non era un tipo generico ed esemplare,
779 28| quanta serietà di disegno era in quel viaggio, base sulla
780 28| turba chiamava disordine era ordine, e quello che la
781 28| turba chiamava irregolarità era regola. Tirai da quel contenuto
782 28| ammettendo io che il Tasso era un critico valoroso secondo
783 28| beffe del suo argomento, era una ironia spontanea e incosciente
784 28| della lingua; e dicevano ch’era un altro, perché pareva
785 28| Gerusalemme conquistata. Il poeta era scomparso sotto la rigidità
786 28| ischeletrí il poema.~Il Tasso era un poeta geniale, di molta
787 28| matura, volle porvi rimedio, era troppo tardi, e non attinse
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