Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Francesco De Sanctis
La giovinezza

IntraText - Concordanze

(Hapax - parole che occorrono una sola volta)


1-attac | attec-chiam | chiar-deter | detta-figur | fil-incon | incor-mando | maneg-parte | parti-racca | racco-sbada | sbagl-sping | spino-valor | vania-zucch

     Capitolo
1506 27| La mia natura abborre dai dettagli, salvo che non mi ci ficchi 1507 8 | mi faceva scrivere seco, dettando prefazioni e lettere. Un 1508 24| alle cose grammaticali, e dettandone un sunto. Ma se ne cavò 1509 10| autori latini e greci, a dettar temi, a correggere errori. 1510 12| possessioni, e s’era messo a dettare un’Arte di scrivere. Gli 1511 8 | le mattinate sotto la sua dettatura, mi erano rimasti impressi 1512 14| erano attorno, ai quali dettava: aveva l’aria della fretta. “ 1513 16| salivo su di una cattedra e dettavo grammatica; poi mi mettevo 1514 14| di principi”. “E costui dev’essere qualche principe, – 1515 26| forse per una processione di devoti, che andavano in chiesa 1516 20| me li dipingevo come cosa diabolica. Ma il tono mutava in quel 1517 3 | panella, e sfamiamoci, e diamo una lezione alla zia”. Vollero 1518 22| Vogliamo darle un nome?” “Diamole il tuo nome. A proposito, 1519 10| alla scuola del Puoti. “Che diavol ti porta qui?” “Maledetto 1520 27| cambiali, il credito sono diavolerie ch’essi scongiurano con 1521 24| di fare le spese.~Questo diavoletto mutò le mie abitudini. Da 1522 12| sincerità; – egli tiene due diavoli addosso, che gl’impediscono 1523 27| sentiva affogare, e vi si dibatteva del suo meglio. Se la prendeva 1524 28| giorno è una tesi lungamente dibattuta e studiata, fra venti anni 1525 14| partí borbottando, e forse dicea: “Che sfelienzi!”. E noi 1526 21| della lingua, e a quello che diceasi elocuzione. Sostenevo che 1527 14| dire. “Ah! quel signore”, dicemmo a due, e fummo dove quel 1528 5 | inculcandoci anche lo studio della Diceosina di Genovesi. Qui c’era la 1529 26| indietro, ancorché tutti dicessero: “Riflettete!” Il mio amor 1530 20| prendere in burla il ’46, e gli dicevamo: “Ah il ’46! Cosa ci sarà 1531 20| enorme trasse a sentirlo. Si dicevi: “Andiamo a sentire il grande 1532 10| marchese, narrando il fatto e dichiarando tutti innocenti. Si promise 1533 26| mano, e mi si profferse, dichiarandosi mio buon vicino, stimandomi 1534 15| in fondo la mia coscienza dichiarava ragionevole. Quel mostrare 1535 22| ho il dovere di farvi una dichiarazione; sono un uomo leale e non 1536 9 | a me, dicendo, “Cosa ne dici tu, Ciccillo? Ah! tu non 1537 19| Capitolo diciannovesimo~MALATTIE REALI E IMMAGINARIE~ 1538 17| Capitolo diciassettesimo~LE LEZIONI DI GRAMMATICA~ 1539 18| Capitolo diciottesimo~LETTURE E COMPOSIZIONI~Facevo 1540 25| abilità e il talento del dicitore anzi che la sua scienza 1541 15| ubbriacato; quel suo dire didattico e insinuante mi rapiva. 1542 5 | chiacchierone. Voltaire, Diderot, Rousseau mi parevano bestemmiatori, 1543 | dieci 1544 20| conchiudeva sempre con quel tale Dies irae. Questo ci faceva ridere, 1545 20| sapevo ancora quale era il dietroscena, e quanta vacuità fosse 1546 21| e, cosí facendo, credevo difenderlo dai suoi avversari. Perciò 1547 10| delle belle; io non cercai difendermi, e stanco morto me ne andai 1548 21| guastavano la loro causa, e difendeva e glorificava il vero purismo. 1549 21| marchese Puoti. Io me ne difendevo vivamente; ma ero già un 1550 10| ammirazione verso scrittori differentissimi d’ingegno e di stile, come 1551 15| da cose note e facili. Il difficile, il raro, il complicato, 1552 11| lontana una catastrofe. Le difficoltà della vita inasprivano i 1553 28| luce concentrata che si diffonde nei pianeti.~Io metteva 1554 8 | periodetti il marchese non poteva digerirli; e quello scrivere alla 1555 6 | libri divorati tutti e poco digeriti. Questo era il mio corredo 1556 7 | Procedura. Lessi molto il Digesto, come una bella collezione 1557 5 | come un torrente, rotte le dighe. Ippolito mi mise la mano 1558 10| accompagnati con l’inevitabile digiuno, visto che ciascuna malattia 1559 14| notai io. – Annarella, digli che ha sbagliato”. Annarella 1560 23| che portava spesso alla digressione o distrazione, al troppo 1561 27| era la sua musa, che gli dilatava i polmoni e gli moveva l’ 1562 5 | sillogismi, entimemi, e dilemmi; e divenni un formidabile 1563 21| partenza, capovolgevo la base, dilettandomi di foggiar sistemi nuovi 1564 21| da criticare, sentivo piú diletto e piú sicurezza che nelle 1565 12| non perdere l’ora della diligenza. L’idea di mettermi in una 1566 15| sotto il naso, e andava dimenando il capo da destra a sinistra 1567 5 | principii religiosi. Molto si dimenava contro le idee innate e 1568 26| esagerazione di neofiti, dimenticammo i nostri classici, fino 1569 17| tutte le interiezioni, non dimenticando mai di ricomporre e dare 1570 12| idee. Consalvo mi fece dimenticare Ugolino. Lo andavo declamando 1571 14| guardata l’amico non se la sarà dimenticata piú. Un “oh!” lungo e sgraziato 1572 26| perché, come un bravo attore, dimenticavo me nella situazione, e non 1573 14| Cosí andando con la faccia dimessa, mi sentii dire: “Oh De 1574 12| stizza e la paura, col capo dimesso, assetato, affamato, dissossato. 1575 14| Dio non peggio”. Usava dimesticamente con tutti, coi contadini, 1576 26| Petrarca, e appunto perché dimesticati con lui, ci fece poca impressione. 1577 10| le cose. Sotto Costantino Dimidri avea cominciato lo studio 1578 28| sacro, e si aggiunse che, diminuendo le proporzioni di quella 1579 4 | figliuola. Quella breve dimora in Napoli non le fu utile. 1580 2 | parole distintamente. E dimorando tutto dentro, non sentivo 1581 2 | qualche pensionista che dimorava con noi, come Carlo Bosco, 1582 26| della Margherita, il che dimostra l’eccellenza di quelle concezioni. 1583 17| coi piú sottili argomenti dimostravo la ragione della vittoria.~ 1584 5 | confusione, mi mangiavo mezza la dimostrazione, ingoiando sillabe e correndo 1585 22| fu applaudita. Parlai di Dino Compagni. Volevo mostrare 1586 19| vespertine a girare per quei dintorni. Le camminate lunghe, l’ 1587 24| Corabi, i fratelli Mazza, Diomede Marvasi. Venne da Venosa 1588 17| determinato intorno alla dipendenza de’ tempi, al reggimento 1589 24| armeggiare, e la mia sincerità mi dipingeva sul volto la mia condanna. 1590 24| sua anima su quattro carte dipinte”. Quel motto fece cosí viva 1591 9 | facce di santi e di beati dipinti prendessero sangue e carne 1592 20| e poi nella sua azione diplomatica a sostegno del viceré d’ 1593 14| e leale sotto apparenze diplomatiche. Presi a dar lezione ai 1594 5 | di noi. Giovanni era il diplomatico. Un po’ bassotto, aveva 1595 5 | Fazzini era quello che oggi direbbesi un liceo. Vi s’insegnava 1596 14| rimedio, – rifletté lui. – Diremo che siamo stati invitati 1597 8 | m’insegnò la modestia.~Il direttore della stamperia era un tal 1598 16| in mente. Mi risolsi di dirgli cosí come era la cosa. E 1599 13| casa, venendo in Napoli e dirigendo lui la scuola. Avevo un 1600 12| trinciando l’aria con la mano diritta, cominciavo: “La testa sollevò...” 1601 27| restava al di fuori, e, per dirla con frase moderna, non era 1602 23| che d’equivoco. Stetti per dirle: “Vai al diavolo!”; ma la 1603 14| Il maestro di scuola si dirugginí ai miei occhi, e prese un 1604 22| stanza mi pareva allora disabitata. Gliene facea motto, ma 1605 9 | fino quel padre gesuita che disapprovò il mio latino, mi venne 1606 22| alzò il muso, in aria di disappunto. Io, spaventato della mia 1607 17| metteva a posto, in tutto discerneva il regolare e il ragionevole, 1608 7 | recente era Volfio, che aveva disciplinato Leibnizio, diceva lui: ciò 1609 25| che ai già provetti nelle discipline filosofiche. Fu essa una 1610 10| bugiardo, un intrigante, un discolo, e mi promise le piastre, 1611 27| ingegno c’era, non la potevano disconoscere; ma tant’è, volevano riconoscerla 1612 28| Lessi la famosa scena della Discordia, l’entrata di Rodomonte 1613 20| inferiori ai discorsi, e, anche discorrendo, il ministro mi pareva inferiore 1614 8 | presso la finestra, poco discosto dal comò. In fondo era un 1615 16| macchie d’inchiostro; un discreto numero di sedie piú o meno 1616 23| concepire, l’immaginare, il disegnare, il colorire. La cosa comparisce 1617 12| parendomi fare quasi atto di disertore. Alfine cedetti alle grida 1618 22| corso Vittorio Emanuele, ha disfatto due strade belle a quei 1619 19| mano. Mi narrò che quel disgraziato s’era fuggito di casa con 1620 26| quell’onda d’inganni e di disinganni, di aspirazioni e di disperazioni, 1621 27| spiaceva ne’ romantici, era la dismisura negli affetti, ne’ caratteri, 1622 14| chi pretendeva starmi al disopra mi ribellavo.~Il marchese 1623 11| uomo come gli altri, ma al disotto degli altri. In quella faccia 1624 11| trecentisti a esser messi in disparte; si venne al Quattrocento 1625 23| lasciasse la mia scuola. Io dispensai dal pagamento quelli che 1626 5 | sdrucciolava fra tutti i crocchi, dispensando sorrisi e strette di mano 1627 14| Papà credeva di trovare due disperati, rimase ammirato alla nostr’ 1628 13| luce.~M’era venuto in capo, disperato com’ero dello zio Carlo, 1629 12| contadino mi afferrò e si disperava, e io gli dicevo: “Dio non 1630 26| disinganni, di aspirazioni e di disperazioni, cercai un capo saldo che 1631 21| di star guardingo per non dispiacergli. E per qualche tempo mi 1632 22| dire se ciò mi piacque o mi dispiacque. Mi pareva quasi che quel 1633 24| gli animi piú zotici, e li disponeva a sentimenti nobili. C’eravamo 1634 26| Staccare l’uomo da sé, e disporlo al sacrificio per tutti 1635 10| divenne oscuro.~Zio Pietro dispose che Giovannino andasse a 1636 2 | Le cinque classi stavano disposte tutte nella stessa stanza, 1637 26| stelle di prima grandezza, disposti piú all’ammirazione che 1638 14| bocca e su quella faccia un dispregiativo. “Un professorino!” disse 1639 5 | formidabile e seccantissimo disputatore. Non parlavo di altro che 1640 28| scuola; se li prestavano, ne disputavano; io i miei li prestavo volentieri, 1641 7 | GARZIA~L’anno appresso si disputò in famiglia, a quale scuola 1642 7 | amor proprio, scrissi una dissertazione che parve meravigliosa per 1643 17| stancava, e tutte quelle dissertazioni sottili e cavillose sulle 1644 19| del mondo di fuori e lo dissetavano. La mia vita era monotona, 1645 28| appunto perché individuo, è dissimile da ogni altro, e ha nel 1646 27| lasciava; ma, non sapendo dissimulare, guardavo brusco e storto 1647 5 | lacune nel mio spirito erano dissimulate dalla potente memoria, e 1648 27| non facevo divieti, ma non dissimulavo il mio disgusto. Quella 1649 28| legge di progresso sino alla dissoluzione delle forme e alla conoscenza 1650 28| trovata una intrusione e una dissonanza in argomento sacro, e si 1651 12| dimesso, assetato, affamato, dissossato. Giunsi alla famosa taverna 1652 7 | lunghetti e seguiti, dove si distinguesse l’ingegno. C’era una 1653 28| Divina Commedia: non si distingueva il mediocre dall’eccellente.~ 1654 27| guardava per il sottile; io distinguevo poco una stanza dall’altra, 1655 17| sintassi fosse una parte distinta della grammatica. Col mio 1656 2 | e sentivo le loro parole distintamente. E dimorando tutto dentro, 1657 22| è nemica della gloria, e distrae la gioventú, e la tira nell’ 1658 22| d’immaginazione. Non mi distraeva, non mi turbava, anzi era 1659 9 | sentii. Ma nel bel mezzo mi distrassi, e non seguii piú il prete, 1660 12| figlio, una testa stordita e distratta che poco mi badava. Quel 1661 21| adorati ieri. Ne nasceva una disuguaglianza, non so che di grottesco: 1662 22| è ”; e mi indicava col dito, e io ficcavo gli occhi 1663 24| non stagnava mai e non divagava, l’attenzione era sostenuta. 1664 14| vecchi mobili. Un vecchio divano con quattro sedie sdrucite 1665 8 | collaboratore. Giovannino ed io divenimmo correttori di stampe. Io 1666 27| studiare sotto quelle ombre! Diventerei poeta”. Figurarsi qual fascino 1667 25| occorre l’educazione perché diventi atto. E questo è il miracolo 1668 27| allora mi ci delizio e divento minuto, anche troppo. Quella 1669 26| fluttuazioni. Ma quel concetto diventò sua passione e sua immagine, 1670 28| persona di Basilio Puoti c’era divenuta piú veneranda, appunto per 1671 24| volta si sentí non so che diverbio in sala, e tutti vi prestavano 1672 28| contenuto di natura affatto diversa, e la moda, tirandolo appresso 1673 21| a opinioni assolutamente diverse dalle correnti. Lo spirito, 1674 27| la parola. Cosí trovai un diversivo, e talora mi scaricava di 1675 10| Era carnevale. A me quei divertimenti chiassosi non garbavano. 1676 13| si divisero a Morra e ci dividemmo a Napoli.~ ~ ~ 1677 22| dissi: “Addio, ora possiamo dividerci”. “Già, perché ti veggono 1678 13| risposi, che quando i padri si dividono, non potevano i figli restare 1679 27| giornali; io non facevo divieti, ma non dissimulavo il mio 1680 28| furioso neppure: poesie divine , ma contro alle regole; 1681 13| figli restare uniti. Cosí si divisero a Morra e ci dividemmo a 1682 5 | francese!” diceva lui. Parlavo divorando le sillabe, con una furia 1683 6 | Malebranche, Pascal, libri divorati tutti e poco digeriti. Questo 1684 9 | diceva messa mi spirava divozione; guardavo con occhio amico 1685 11| studi di lingua s’erano già divulgati nelle scuole, e si sentiva 1686 22| quella donna. Scendo ancora e do un’occhiata obliqua al numero 1687 8 | Puoti, e abusando della mia docilità mi faceva scrivere seco, 1688 26| maraviglie di quel libro, come documento di alta eloquenza, e tirato 1689 12| Capitolo dodicesimo~IL COLERA~E ci voleva pure 1690 24| fondata sulla stima. Mi pagava dodici ducati al mese. Piú tardi 1691 25| dicevo io, – non dee dogmatizzare, tenersi fuori dell’uditorio, 1692 28| correvano certe opinioni tenute dogmi, nelle quali io stesso ero 1693 26| distinzione, con occhi languidi, dolcissimo di favella e di modi. Faceva 1694 6 | postillare. Talora mi sentivo dolere il magro braccio dal troppo 1695 20| sorprese. “Ma se egli aveva a dolersi di mio padre, che colpa 1696 12| pochino con me, e la prima domanda era: “Come è andato?” “Male, – 1697 8 | scherzare col Costabile, domandando fra l’altro chi erano quei 1698 15| interrogazione: ciascuno stava teso a domandar la parola, a fare la sua 1699 17| pigliavo subito un altro, senza domandarmi: “Che sugo ne ho cavato?” 1700 28| pensato sopra, e talora mi domandavo, maravigliato, in che fosse 1701 7 | ingegno. C’era una serie di domande e di risposte, alle quali 1702 27| posto mano ad un dizionario domestico, che venne subito in favore 1703 14| le ciliege, e sembra che domini una buona stella. Appunto 1704 6 | carattere conciliativo, punto dommatico, quell’esposizione chiara, 1705 1 | passavano a scuola, e Pietro Donato che era il maestro e c’insegnava 1706 13| famiglia. Io, presupponendo donde venissero le accuse, mi 1707 27| amplificazione”. E sghignazzava e si dondolava, facendo: ah! ah!, come 1708 22| terzo piano, e veggo una donnicciuola ingiallita, d’aspetto volgare 1709 14| piastre, mi abbraccio. “Oggi doppia razione”, gridai io. E chiamai 1710 3 | stava tutta accoccolata, dormendo forte. Mi venne un’idea, 1711 15| quando venne il tempo, poco dormii la notte e, con aria impaziente, 1712 19| capo mi aveva incurvato il dorso. Talora volevo leggere quello 1713 20| varie correnti, con una gran dose di bontà e d’ingenuità. 1714 26| parecchi andarono a sentire le dotte lezioni di Enrico Amante 1715 27| romana, dove lei era una dottora. La mamma rompeva le dispute 1716 16| questi pigliavano la mano e dottoreggiavano e animavano la scuola. Sorgevano 1717 28| mescolati con sottigliezze dottrinarie, di Guglielmo Schlegel, 1718 19| andata; ché dentro ci doveano essere i miei sudati danari, 1719 5 | metodo meccanico dello zio. Dovemmo fare parecchi errori grossi, 1720 21| concetto chiaro di cosa dovessessere una lingua. Alcune 1721 10| dovesse mai morire, e le cose dovessero stare sempre cosí. Questo 1722 9 | si levò e mi percosse, e dovettero trarmi dalle sue mani. Cosa 1723 8 | entusiasmo di novellini, mi dovetti persuadere che Francesco 1724 22| anni!” “In questo caso, io dovrei ricordarmene, che sono antico 1725 22| lungo mi toglie la lena; dovresti trovar modo che ci potessimo 1726 28| cresciuto. Lascio le piú dozzinali e pedantesche, che si connettono 1727 2 | mi commoveva molto era il dramma in se stesso, la parte poetica, 1728 18| calda analisi in una scena drammatica. Un’impressione piú durevole 1729 2 | Gerusalemme Liberata e dei drammi di Metastasio, oltre un’ 1730 21| come il latino. Nei casi dubbi davo una grandissima importanza 1731 7 | sentenziare e lasciarono dubbia la vittoria. Un’altra sera 1732 17| regole del ben pronunziare dubbiose e mal ferme; niente di certo, 1733 10| signorino, che è tardi; non dubitate”. Salivo salivo che mi veniva 1734 28| Argante, cominciando il duello, guarda a Gerusalemme caduta. 1735 20| uomo di spirito ch’era il Dupin, il cui discorso mi sembrò 1736 17| lingua di Pietro Bembo, durando alla fatica di quei caratteri 1737 7 | come Toullier, Delvincourt, Duranton.~Come suole avvenire, si 1738 10| sapevo come zio avesse potuto durare a quella pena. Quei cari 1739 2 | questi sogni ad occhi aperti duravano piú giorni.~Un giorno ch’ 1740 12| non veniva da malignità o durezza di cuore; ma da incosciente, 1741 10| una pioggia di confetti duri come pietre, ma mi toccò 1742 | Ebbene 1743 15| le vie. In mezzo a queste ebbrezze musicali e letterarie io 1744 12| anche per via, e parevo fin ebbro, come Colombo per le vie 1745 26| fermai molto sulla lirica ebraica, esaminando in ispecie il 1746 17| derivazioni dal greco o dall’ebraico o da non so dove, fondate 1747 26| vero cantore è il popolo ebreo, nel suo clima fisico e 1748 27| quello che oggi si direbbe eccentricità e fosforescenza. Ripeteva 1749 28| stranieri dava proporzioni eccessive al merito degl’italiani. 1750 12| motto vero. Io peccavo per eccesso, volendo accentuare tutto 1751 26| coscienza popolare. Non eccettuai la celebrata canzone del 1752 17| la tal regola o la tale eccezione o la tale osservazione. 1753 26| frasi per fare effetto e per eccitare applausi; essi se ne accorgevano, 1754 27| scuola. Nessuno fiatò. E io, eccitato dalle mie stesse parole, 1755 | eccoli 1756 | eccolo 1757 7 | suo corso certe lezioni di economia politica, date dal suo piccolo 1758 28| sulla quale si ergeva l’edificio della storia del mondo, 1759 25| cose lo spirito esercita ed educa tutte le sue forze, e a 1760 5 | pestar dei piedi, era gente educata, ma si movevano in qua e 1761 27| dignità personale. Ci eravamo educati insieme. Io avevo per quei 1762 27| Tutti onoravano in lui l’educatore della gioventú.~Mi ricordo 1763 2 | facile vincere i soldati effemminati di Pompeo. Ma Annibale batté 1764 24| confondermi con loro. Medicina efficace era la scuola, che tirava 1765 14| Grazie, grazie”, diss’io con effusione. “Signurí ’o rialo”, diss’ 1766 15| Andromaca, la morte di Ettore, Egisto e Clitennestra, Ifigenia, 1767 20| invischiato nella lotta tra egiziani e turchi, e mi pareva ogni 1768 10| urlavano a piena gola: “Ehi! ma non è questa la maniera. 1769 25| scrivere de omnibus rebus, elaborando un dizionario di tutti gli 1770 16| intervalli ti toglieva ogni elasticità di pensiero, e la noia ti 1771 5 | potevamo appena entrare nelle elementari. Uscimmo con gli occhi a 1772 5 | immaginazione! Quella scintilla elettrica me la sentiva correre per 1773 5 | gestire, colorire; aria, luce, elettricità; come si esaltava la mia 1774 24| tutti alzati in un’atmosfera elevata, alla quale non pervenivano 1775 28| l’aspirazione a forme piú elevate e piú musicali, sino al 1776 26| morale nel suo senso piú elevato. Staccare l’uomo da sé, 1777 25| lavoro sulle figure, notai ch’elle non sono solo mezzi di stile, 1778 22| ch’è alle spalle di Sant’Elmo. Guardavo e non vedevo nessuno, 1779 25| Gravina. Costui, malgrado gli elogi del marchese, m’era antipatico; 1780 27| le dispute con un motto d’elogio alla figlia, istruita con 1781 11| altri. In quella faccia emaciata e senza espressione tutta 1782 28| come via di redenzione; l’emancipazione dello spirito dalla materia; 1783 26| concezione, che è come l’embrione generato nella fantasia 1784 22| scritto cosí: “O mia celeste Emilia, domani a vent’ore sarò 1785 10| parlava di lenitivi e di emollienti e rilassanti, di purghe 1786 14| dirà Morra?” Appena giunto, empí tutto il paese di mia grandezza, 1787 23| rosso carico, che pareva un empiastro. C’era in quella fisonomia 1788 7 | sensismo, come fautore di empietà. Io vedevo a terra tutti 1789 6 | orto, e salii il fico e mi empii di ciliege, e feci alle 1790 15| fatti singoli e dai metodi empirici, e correva diritto alle 1791 27| sopravveniva il babbo, che m’empiva la testa di chiacchiere, 1792 28| vecchia. Anche allora si empivano la bocca di autori neppur 1793 15| lavagna. Misi una certa emulazione, invitandoli alla mutua 1794 11| alleggeriva l’umore; quegli endecasillabi mi venivano facilissimi 1795 12| senso e l’affetto, un po’ enfatica. Quella declamazione piaceva 1796 5 | corollarii, di sillogismi, entimemi, e dilemmi; e divenni un 1797 9 | pensiero mi diceva: “, entra”. Tra entrare e non entrare 1798 25| e nelle frasi. Le figure entrano nell’organismo stesso della 1799 27| Quantunque nelle mie letture entrassero sempre trecentisti e cinquecentisti, 1800 13| cose di scuola, e ch’io entrassi in pratica, come Giovannino. 1801 18| luminoso dell’arte, e m’entusiasmavo io, e tutti si entusiasmavano, 1802 26| semplice lettura destava questi entusiasmi. Solevo però prepararli, 1803 28| assimilarsi uno spirito entusiasta e malato, naufrago fra quelle 1804 2 | noia. I miei favoriti erano Epaminonda e Annibale. Pigliavo tanto 1805 26| confonde con i tempi mitici ed epici. La lirica italiana ha avuta 1806 10| quelle sestine, quelle epigrafi, quelle ceneri coronate, 1807 15| il raro, il complicato, l’epigrammatico, l’indovinello mi è stato 1808 27| col relativo esordio ed epilogo, con le solite amplificazioni, 1809 28| il suo Tancredi. Lessi l’episodio di Sofronia, e mostrai l’ 1810 27| Descrizioni, favole, racconti, epistole, dialoghi, discorsi erano 1811 27| covriva de’ piú curiosi epiteti questi letteratucoli. Tuffato 1812 20| lasciò tutto a mio padre, per equilibrare, diceva lui. Questi fatti 1813 12| non bagnarmi, e perdendo l’equilibrio, caddi rovescioni nell’acqua, 1814 15| con una cera di benignità equivoca, che il sangue mi fuggí 1815 14| meno che un Cicerone in erba. “E questo vuol dire fare 1816 22| trovai su quell’ampia pianura erbosa ch’è alle spalle di Sant’ 1817 22| svolta, in un bel pratello erboso e fiorito, dov’erano di 1818 22| scappava subito: quella figura erculea e fiera le faceva paura. 1819 17| di non so qual principe ereditario. Studiai molto Tracy e Dumarsais. 1820 28| viaggio, base sulla quale si ergeva l’edificio della storia 1821 | eri 1822 26| giovani: Gabriello Balsamo, Ermenegildo Barci, Casimiro e Francesco 1823 15| la Lucia, la Cecilia, l’Ermengarda erano letture favorite, 1824 26| quel Canto del pastore errante ci percoteva di stupore. 1825 25| scienza a me nuova. Temevo di errare, pesai le virgole, usando 1826 22| il e il no, e l’occhio errava distratto tra quella infinità 1827 22| lemme lemme, per una scala erta, che mi hanno detto menare 1828 25| Alcuni miei discepoli, esagerando la dottrina del maestro, 1829 12| una certa inclinazione a esagerarle ancora piú, a metterci i 1830 25| al marchese, travisata ed esagerata, come suole avvenire. Gli 1831 24| superiorità benevola, che si esalava nei motteggi fatti con certo 1832 22| fece pallidissima, e io esaltandomi continuai: “Mia sposa è 1833 22| lei de’ miei successi, e m’esaltavo della mia stessa esaltazione. 1834 22| esaltavo della mia stessa esaltazione. Venne un tempo che lei 1835 21| innanzi qualche brano da esaminare, sia che avessi qualche 1836 19| pregai di tastarmi il polso, esaminarmi il petto, e la voce mi tremava. “ 1837 24| veniva in ultimo, ed era esaminato non solo in sé, ma piú in 1838 11| convenzionale in questi giudizi. Si esaminava prima il concetto e l’orditura, 1839 22| parlare improvviso, quando si esaminavano i componimenti. S’era già 1840 21| frase piú propria e piú esatta, che fosse, come dicevo 1841 19| malato per davvero, malato di esaurimento, o, come si direbbe oggi, 1842 25| non ha limiti. Nessuno può esaurire, non dico le scienze, ma 1843 22| della settimana. Lei avevi esaurito tutto il suo magazzino di 1844 22| eh!” Io li lascio ad esclamare, e mi pianto su l’uscio, 1845 14| giovani, egli, ridendo, esclamò: “Ecco il professor tutt’ 1846 28| mente di quel contenuto. Escludevo che l’Iliade fosse compilazione 1847 28| giovare ai poeti, non come esemplari da copiare, ma come ispirazione 1848 25| studio delle cose lo spirito esercita ed educa tutte le sue forze, 1849 15| piacevolmente avvinti alla lavagna, esercitando a un tempo i sensi, l’immaginazione 1850 25| ma che l’arte non si può esercitare senza istrumenti, e che 1851 15| anno, desiderarono ch’io li esercitassi nello scrivere, e io lo 1852 25| due forze che, debitamente esercitate, gli dànno la guardatura 1853 18| tutto, e su ciascuna minuzia esercitavo il mio cervello sottile. 1854 5 | Compiremo gli studi, e poi eserciteremo la professione”, diceva 1855 2 | soldati del mondo, con un esercito raccogliticcio, che condusse 1856 10| una gara di studi e di esercizî geniali. Zio ci seguiva 1857 26| chiamare in ufficio per “esibire il permesso della scuola”. 1858 19| vidi che il mio braccio era esile e pallido, e presi l’abitudine 1859 1 | altri due stavano a Roma esiliati per le faccende del 21, 1860 8 | annoverato tra gli scrittori esimi o eccellenti, come si diceva. 1861 28| riconosciuto falso. Gli Dei non esistono piú innanzi alla nostra 1862 27| tre punti, col relativo esordio ed epilogo, con le solite 1863 27| scuola; e erano la mia espansione, la mia felicità. Quante 1864 5 | ciascun particolare e faceva esperienze delicate; ma io era miope, 1865 17| una spiegazione intuitiva, esponendone le parti in un gran quadro 1866 28| passato e padre dell’avvenire. Esposi la potente unità organica 1867 12| mancavano le processioni, le esposizioni di Santi e di Madonne, le 1868 23| il suo valore nelle cose espresse. In questa guisa coordinavo 1869 28| queste qualità avere infinite espressioni negl’individui. Achille 1870 18| ammassati l’uno su l’altro, che esprimevano delicate gradazioni di una 1871 25| secondo le relazioni che esprimono, guardando dal di dentro 1872 24| il lavoro era giudicato essenzialmente cattivo. Nei giudizi il 1873 | esservi 1874 12| riprese con piú furore l’estate dell’anno appresso. È rimasta 1875 21| sole categorie, traslati di estensione e traslati di comprensione. 1876 24| cosa passiva, e non è cosa esteriore; il decoro è la sua apparenza, 1877 23| materia letteraria nella sua esteriorità, secondo le singole apparenze 1878 28| nuovi. Certo, in quella estetica improvvisata, ch’io andava 1879 20| tribuna francese non era estranea a questo rialzo dello spirito. 1880 16| venne allora. Ero di una estrema delicatezza, e non avrei 1881 28| tenermi in bilico tra i due estremi, coi miracoli del mio contenuto. 1882 19| che sempre mi sentivo esule dalla società, e cercavo 1883 5 | il nuovo re, richiamò gli esuli. Tornarono i miei compaesani, 1884 15| la lezione mi parve una eternità. Quando venne l’aiutante, 1885 15| movere del capo mi pareva eterno. Per farlo venire in sé, 1886 28| esiste in arte. Gli elementi etici e patetici che fanno di 1887 26| gioco, senza capirci un ette. Conoscevo un po’ la scopa 1888 11| abate, e delle Vite di sant’Eugenia e di santo Abraam romito. 1889 10| maestri di fulmini e quegli Eugenii che fanno paura alla morte, 1890 28| solo patto tutti i figli di Eva; la consacrazione del dolore 1891 22| fronte, come se volessi evocare la mia giovinezza, vissuta 1892 | ex 1893 5 | c e la curva e la retta f, e i triangoli e i cateti, 1894 19| uscita da un’altra strada, fabbricare e lasciare a mezzo la fabbrica, 1895 15| inutili. La natura mi aveva fabbricato cosí, e a farle contro era 1896 25| dal poeta. Colui era un fabbro piú o meno perito, non un 1897 8 | saliva svelto e ridente, facendoci il cicerone. Entrammo in 1898 10| restituzione fra pochi , e facendomi balenare sempre innanzi 1899 | facendosi 1900 | facendovi 1901 24| e inventava sollazzi e facezie, in buonissima lega col 1902 11| endecasillabi mi venivano facilissimi sotto la penna. Parecchi 1903 15| immaginazione e l’intelletto, e facilitando in loro i due grandi istrumenti 1904 20| erano descritte con mirabile facondia certe lassitudini della 1905 20| giudicavano eloquente, l’altro facondo.~Io assistevo a queste dispute, 1906 25| logiche. Ci vuole il verbum factum caro, la parola fatta cosa. 1907 6 | anche il Calvario. Alle falde era il Cimitero, una camera 1908 22| uno scolarello colto in fallo. E lei, sdegnosa, mi prese 1909 25| rettoriche bisognava fare un bel falò. Questi vari rumori mi giunsero 1910 23| cattivo odore, come a dire falsarii di carte, usurai e simil 1911 10| sogghignavano, portando false notizie; ora era un prorompere 1912 26| sospetto d’interpolazioni o di falsificazioni. Poi mi furono innanzi sonetti 1913 21| marchese e prendermi per mano familiarmente e dirmi: “Sai, mi aveano 1914 28| Allora non conoscevo ancora i fanatici panegirici, mescolati con 1915 13| ero l’uomo del mistero, un fanatico sofistico, un testardo”. 1916 4 | affacciava qualche nuova fanciulla poetica. Vidi e capii Beatrice 1917 10| avea la sua origine da fanciullaggini. Ma tant’è. Il fanciullo 1918 11| schiettezza quasi ancora fanciullesca, la mia perfetta buona fede, 1919 6 | faceva ancora impressione, fanciullescamente dava qualche pizzicotto. 1920 6 | luoghi dov’era passata la mia fanciullezza. Fui nel sottano, e dove 1921 12| in Avellino che parevo un fantasma, e tirai da Peppangelo, 1922 21| convertito. Cosí camminavo e fantasticavo; poi mi veniva un riso, 1923 27| novelle, romanzi tra il fantastico e il sentimentale, sciarade, 1924 12| Questo era tutto il mio fardello. Camminavo a piedi velocemente, 1925 22| e la bella figura ch’io farei: “Dirà per lo meno ch’io 1926 | farete 1927 28| del Cristianesimo, volli fargliela io medesimo, e riuscí un 1928 28| Lessi la Francesca, il Farinata, l’Ugolino, il Pier delle 1929 | farle 1930 | farlo 1931 10| Spirito Santo, presso la farmacia Marra. C’era gran calca; 1932 10| camera.~Era ivi la casa del farmacista; un balcone stava spalancato; 1933 2 | l’importante. In quella farraggine entravano con pari dritto 1934 20| poco di quella politica farragginosa, e mi venne, cosí piccino 1935 13| Non pensavo che in quella farsa stizzosa ciascuno rappresentava 1936 | farti 1937 | farvi 1938 27| Diventerei poeta”. Figurarsi qual fascino aveva quella carta sulla 1939 12| primo chiamato ero io. “Fatevi avanti, signor De Sanctis, 1940 5 | e mi disse. “Hai dovuto faticar molto neh!, povero giovanotto”. “ 1941 9 | zio Pietro, gli anni e le fatiche avevano indebolito lo zio 1942 10| quei giovanotti cercavano faticosamente la costruzione. Quel contare 1943 28| piú piacere che in que’ faticosi cinquecentisti. Al contrario 1944 19| angosce del cuore la vita faticosissima, quasi senza riposo. La 1945 22| andato a dir messa, e io, fattomi al balcone, vidi lei un 1946 27| bolle di sapone, fuochi fatui quello che oggi si direbbe 1947 7 | contro il sensismo, come fautore di empietà. Io vedevo a 1948 26| languidi, dolcissimo di favella e di modi. Faceva crocchio 1949 27| una novella. Descrizioni, favole, racconti, epistole, dialoghi, 1950 27| Non mi credevano capace di favori, di protezioni indebite; 1951 8 | brano di Cornelio Nipote; un sorriso di piccola soddisfazione; 1952 26| è insieme il germe che, fecondato nella fantasia, genera le 1953 2 | da Cornelio Nipote e da Fedro menava sino a Tucidide e 1954 5 | due suoi figli, Aniello e Felicella, morta la madre. Cosí tutto 1955 9 | lezione c’era un passaggio felicissimo, e una bella interpretazione 1956 27| la mia espansione, la mia felicità. Quante volte anche oggi 1957 22| leale e non soglio ingannar femmine. Mia moglie non potete voi 1958 26| Quella parolaenorme” mi ferí, perché l’avevo trovata 1959 22| scalinata lunga e sozza, fermandomi a ogni tratto, e mettendomi 1960 27| le solite amplificazioni, fermandosi dopo certi periodoni, che 1961 10| carro dei principi reali, fermato a battagliare con i balconi. 1962 5 | errori grossi, e quelli si fermavano leggendo, con quel tal piccolo 1963 5 | dell’abate Troisi; e non mi fermavo alla lezione; ma correvo 1964 17| pronunziare dubbiose e mal ferme; niente di certo, niente 1965 26| le idee accessorie, che fermentavano nel cervello del poeta, 1966 12| Ferma, ferma, cocchiere!” Fermò, e io mi gettai dentro, 1967 26| lezioni. Un venne un feroce, come chiamavano la bassa 1968 11| letterarie; quella lingua ferrea di Vico gli piaceva piú 1969 5 | studi letterari. Alla mia fervida immaginazione Cinea pareva 1970 9 | nell’ardua prova. E mi posi fervidamente a pregare. Non erano avemarie 1971 11| attendeva a questo con gran fervore, tormentando dizionari e 1972 4 | tornano in cielo ridenti e festanti, abbondano nelle immaginazioni 1973 17| io conciavo pel delle feste i cinquecentisti, e facevo 1974 27| marchese era spesso invitato e festeggiato. I suoi libri di testo erano 1975 1 | tenne seco due mesi. Nei festivi ella ci menava a chiesa, 1976 23| trovai ingolfato tra vicoli fetenti che vedevo per la prima 1977 12| infezione. L’infezione era un fetore acre, che veniva da cessi, 1978 12| Nell’ultimo tempo, per non fiaccare piú gli animi, s’era tolta 1979 5 | terra. La mia superbia era fiaccata. Cosí non si parlò piú di 1980 22| guardata mi fece salire una fiamma sul volto. “Vado, – fec’ 1981 12| sdrucciolevole, aperta ai fianchi, di una altezza che mi dava 1982 10| un romanzo le Guerre di Fiandra del Bentivoglio e le Guerre 1983 25| non fu gradita, fu un vero fiasco. Io ci ho pensato ben sopra, 1984 8 | di gran cuore; ma nessuno fiatava per tema del marchese che 1985 6 | mi sentii ricercare le fibre, non so che nuovo mi batteva 1986 25| nel profondo bisogna ficcar l’occhio. Le armi dell’intelletto 1987 26| quello, a poco a poco, volli ficcare il naso, determinando le 1988 22| della scuola, e cercava di ficcarmi in testa la lezione; ma 1989 2 | in quella scuola, dovendo ficcarsi in mente i versetti del 1990 3 | mezzo; e quest’ora mi si era ficcata nel cerebro, e, come se 1991 21| queste teorie mi si sono ficcate nel cervello, debbo io cambiarmi 1992 13| l’indiano. Tra i due si ficcava zio Pietro, che gridava 1993 22| indicava col dito, e io ficcavo gli occhi tra le nuvole 1994 27| dettagli, salvo che non mi ci ficchi io, e non ci metta il mio 1995 16| visitò le stanze, e poi si ficcò nello stanzone da studio, 1996 22| mangiare le troianelle, i dolci fichi cosí cari ai napoletani. 1997 14| tal S. da Lecce, fresco fidanzato d’una giovane e bella nipote 1998 14| marchesiano. Ah! Peppe, fidiamo nella stella di Ciccillo 1999 27| marchese, ed era il suo piú fido interprete presso i giovani.~ 2000 24| all’amicizia, salí in tale fiducia e in tale dimestichezza, 2001 12| mio Achille. E io, teso e fiero, trinciando l’aria con la 2002 14| Giovannina o la Teresa, figlie del principe, amabili bellezze, 2003 9 | guardassero me. Mi sovvenni del Figliuol prodigo, e m’intenerii, 2004 27| che mi teneva come suo figliuolo, disse: “Adagio! Fosse una 2005 14| capivo in me dalla gioia, figurandomi la faccia di Enrico. E cosí 2006 10| e con gesti di minaccia. Figuriamoci. Le vie erano guardate da


1-attac | attec-chiam | chiar-deter | detta-figur | fil-incon | incor-mando | maneg-parte | parti-racca | racco-sbada | sbagl-sping | spino-valor | vania-zucch

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License