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Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

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    • CAPITOLO XXXVII   I SOTTERRANEI
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CAPITOLO XXXVII

 

I SOTTERRANEI

 

Fra le meraviglie che si trovano nella gran metropoli dell’orbe, le catacombe e i sotterranei non sono le meno notevoli.

I primi cristiani, perseguitati dal governo imperiale di Roma, allora pagano, con atroce accanimento, si rifuggivano nelle catacombe, per salvezza sovente e sovente per potersi adunare, consigliarsi, istruirsi nella nuova loro religione.

Quei sotterranei furono pure indubitatamente il rifugio dello schiavo e di quanti infelici cercavano sottrarsi a quel sistema tirannico, che fu l’impero a Roma, che produsse i mostri i più abbominevoli della terra: quali Nerone, Caracalla, Eliogabalo, ecc.

Di quei sotterranei ve ne sono di diverse specie. Alcuni scavati e costrutti col divisamento di conservarvi i cadaveri, altri per il servizio d’acquedotti che dovevano portare fiumi d’acqua dolce nell’immensa capitale, quando la sua popolazione ascendeva a due milioni. Famoso è quello della Cloaca Massima che da Roma conduceva al mare e finalmente di molta considerazione erano quelli che particolari49 ricchissimi facevano scavare con grandi spese per sottrarsi alle depredazioni di quei grandissimi ladri che si chiamavano Imperatori, ed in tempi meno antichi alle persecuzioni ed alle stragi dei barbari,

Il terreno sui cui Roma è edificata, come quello de’ suoi dintorni, offre facilità alle escavazioni, essendo un composto di tufo Vulcanico, facile a scavare e sufficientemente solido ed impermeabile da poter formare abitazioni sicure. Io ho veduto molte mandre e mandriani alloggiati in quelle caverne.

Colle esplorazioni nei sotterranei si pensò pure ad inviare i feriti più gravi, accompagnati da quelli che lo erano meno e sotto la custodia dei vicini pastori, verso Roma.

Dei liberali, come dicemmo, non v’eran gran feriti e dei papalini molti chiesero di rimanere e seguire la sorte dei proscritti, poiché non v’è milite per poco onorevole che egli sia (degli italiani s’intende), che serva volentieri i preti. Quando l’ora suoni di liberar l’Italia e Roma da quell’immondizie non vi sarà un soldato che resti con loro, meno alcuni mercenari stranieri.

Inviati i feriti, introdotta ogni cosa migliore ed utile del castello nel sotterraneo, con provviste d’ogni specie per vari giorni, i liberali colla maggiore pacatezza aspettarono l’oste numerosa che doveva giungere coll’ordine preciso di sterminarli. I nostri non mancarono di prendere tutte le misure necessarie di precauzione, distendendo una rete di sentinelle e di esploratori in tutte le direzioni ad onta della precisione degli avvertimenti che ricevevano da Roma su tutte le mosse del nemico.

La comitiva s’era accresciuta in questi ultimi giorni. Colla venuta d’Attilio e de’ suoi compagni, coll’accettazione d’alcuni soldati romani, che non volevan più sapere di preti e col l’arrivo da Roma di vari giovani, che la notizia della recente vittoria aveva esaltati, si componeva di circa sessanta individui, senza contare le donne.

L’autorità d’Orazio sulla banda crebbe invece di diminuire coll’aumento del numero. Attilio, quantunque fosse stato alla direzione delle cose di Roma, e comandante dei trecento, era quello che mostrava maggiore docilità agli ordini del bellicoso e prode fratello d’armi.

In quattro legioni suddivise Orazio la banda; e queste furono comandate da Attilio, Muzio, Silvio ed Emilio, l’antiquario, che era stato secondo in comando prima dell’arrivo dei nuovi amici.

Emilio tenne ad onore di cedere la sua posizione di secondo comandante al capo dei trecento, ma Attilio non volle accettarla e già una generosa gara s’era iniziata tra loro e non sarebbe finita senza l’interposizione d’Orazio il quale assicurava Attilio non ritenere egli per sé il primo comando se non coll’assoluta condizione accettasse lui il secondo.

Tale era l’abnegazione di quei militi della libertà di Roma. Liberare la patria o morire! era il loro proposito, e poco loro importava di gradi, ciondoli e decorazioni che stimavano mezzi adoperati dal dispotismo a corrompere la metà della Nazione, per avvilire ed incatenare l’altra.

 

 

 




49 Privati cittadini (N.d.C.).






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