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Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

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    • CAPITOLO XLIII   IL SOLITARIO
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CAPITOLO XLIII

 

IL SOLITARIO

 

Era una di quelle aurore che ti fan dimenticare ogni miseria della vita per rivolgerti tutto intiero alle meraviglie colle quali il Creatore ha fregiato i mondi. L’alba primaverile che spuntava dall’orizzonte, così graziosamente tinta dei bellissimi colori dell’Iride, t’incantava. Gli astri minori impallidendo erano scomparsi nella brillante atmosfera di luce del grandissimo benefattore della natura, e l’aura mediterranea che appena increspava l’onde, ti dilatava il cuore.

Con tinta cenerognola usciva l’Isoletta dall’onda all’Occidente, e la Clelia spinta da leggerissima brezza da Levante, lentamente s’avvicinava.

Partito il giorno antecedente da Porto Longone lo Yacht aveva avuto un traversata felice e breve, con molta soddisfazione dei passeggieri romani in ispecie ed in quella bellissima mattinata primaverile esso spuntava dalla punta settentrionale dell’isola già a vista degli abitatori.

L’arrivo dello Yacht della bella Giulia era sempre una festa per gli abitanti della Solitaria, che già lo avevano veduto altre volte e lo conoscevano perfettamente. Tutti corsero alla marina festosi ad accogliere la cara ospite, seguiti pure dal vecchio capo della famiglia che per gli anni e i malanni divenuto lento seguiva da lontano la giovine e svelta brigata.

Giulia con Aurelio e Manlio scesero sulla spiaggia, ed ebbero oneste e liete accoglienze da ognuno. Giulia presentò ai suoi amici gli ospiti Romani e tutti insieme salirono verso l’abitato.

Giunti in casa - e dopo qualche riposo - il Solitario impaziente chiese a Giulia:

«Ebbene, quali nuove dalla nostra Roma? Sono gli stranieri fuori? Ed i preti quando lasceranno respirare quelle infelici popolazioni che tormentano da tanti secoli?».

«Le loro miserie non son finite ancora», - rispose la bella Inglese - «e chi sa quando lo saranno! Gli stranieri si sono ritirati veramente, ma altri stranieri peggiori dei primi si assoldano ed il Governo del vostro paese spudoratamente si accinge a sostituire soldati italiani a soldati stranieri nell’infame incarico di mantenere nel servaggio del prete gli infelici Romani».

E riprendendo, Giulia continuava: «io, Inglese di nascita, ma italiana di cuore, mi vergogno nel dirvelo: Roma non sarà più capitale d’Italia! Il governo vi rinuncia ed il Parlamento sancisce quest’atto nefando per compiacere alle voglie liberticide del Bonaparte».

«Oh! vituperio dell’età moderna - esclamò il Solitario - Italia! un emporio di tutte le glorie! oggi di tutte le vergogne! Giardino del mondo un giorno, oggi cloaca! Oh! Giulia! un popolo disonorato è popolo morto! Io quasi dispero dell’avvenire di tal gente!». Ed una lagrima rigava la guancia arrugata del vecchio avanzo di molte patrie battaglie.

 

 

 




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