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Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

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    • CAPITOLO XLVII   L’ONORE DELLA BANDIERA
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CAPITOLO XLVII

 

L’ONORE DELLA BANDIERA

 

I nuovi arrivati furono accolti amorevolmente e le donne che conoscevano le sventure della giovane la colmarono di carezze.

Camilla conservava ancora qualche cosa di solenne, resto dello stato di demenza in cui era rimasta tanto tempo, ma pure era tornata in senno. Un rivolgimento miracoloso, operato dall’apparizione subitanea dell’uomo del suo cuore, quell’esclamazione di Silvio a cui accennammo sopra, e finalmente quella piena di commozioni e d’affetti risentita nell’amoroso abbracciamento, avean trasformato in un essere nuovo e risanata la povera giovane.

«Io sono passato per Viterbo» disse finalmente Silvio ad Orazio, «e vi ho veduto un finimondo, che è impossibile esattamente descrivervi: I cittadini che gli affari o la necessità fanno uscire di casa non camminano più, ma vanno correndo per le strade, e cercano rifugio quando s’imbattono nella soldatesca. Le truppe, rinforzate da forte distaccamento venuto da Roma, hanno smessa la paura che li trasportò fuggendo dalla selva Ciminia e vogliono infilzare quanti italiani vi sono sulla superficie della terra. Per attuare il loro bellicoso disegno, hanno cominciato a saccheggiare alcune botteghe e magazzini di vino ove si sono ubbriacati a morte. Le autorità pretine che volevano arginare quel torrente di canaglie furono prese a calci di fucile e fugate verso Roma coi loro sgherri che non torneranno per un pezzo»

«I nuovi rinforzi arrivati, gridano: che l’onore della bandiera è stato macchiato e che bisogna lavarlo».

L’onore della bandiera! ciò mi ricorda la velleità di certa nostra vicina Repubblica, che dopo aver violato infamemente il nostro territorio, impadronitasi per inganno del principale nostro porto di mare, attaccata proditoriamente la nostra capitale e ricevute delle meravigliose botte, gridava: al tradimento! ed al macchiato onore della bandiera!

«Infine, - ripigliava Silvio - : quel tramestio mi ha facilitato il poter indagare innosservato ogni cosa e il potermela svignare verso di voi. Soltanto, aggiungeva, mi è successo un episodio curioso e che ben poteva impedire la mia venuta. Mentre passavo davanti all’Albergo della Luna, da una carrozza scendevano alcuni ufficiali nuovamente arrivati da Roma ed in tanta confusione non trovando domestici per portare il loro bagaglio uno di loro venne a me e gridandomi: coquin! e non so che altro mi prese per il petto e voleva trascinarmi verso la vettura.

Per fortuna, io avevo fatto un segno a Camilla di precedermi. Il primo pensiero, fu quello di metter mano al pugnale. Ma mi trattenni e, strappando la sua mano dal mio petto, gli aggiustai sul muso tale un pugno che andò a ruzzolare tra le ruote del veicolo senza più articolar parola. Come ben capite, io non rimasi a raccogliere gli allori della vittoria e con quel passo che ben conoscete raggiunsi la mia compagna e senza voltarmi indietro presi la via della selva».

L’ilarità dell’uditorio e qualche «bravo, Silvio!» fecero eco al racconto del cacciatore, che riprese ancora dicendo:

«Badate che non dobbiamo rimaner qui con troppa sicurezza, giacché non dubito che domani al più tardi avremo sulle braccia la intiera masnada degli stranieri».

«Qui in questa selva - disse Orazio - noi terremo testa all’intero esercito del Papa. Qui gli antichi Etruschi dopo essere stati disfatti in battaglia campale dai Romani nella pianura, fecero fronte per molto tempo ancora alle legioni vittoriose.

Non pensano certo gli assalitori, - egli soggiunse - : che non siamo più in pochi, e che abbiamo giù le nostre donne da proteggere!».

«Ehi!? che donne da proteggere? - esclamò Irene con ironia - avete scordato presto, signor Rodomonte che queste stesse donne oggi hanno protetto voi!».

E uno scoppio di risa ed un affettuoso bacio sulla mano della sua cara dal coraggioso sovrano della foresta.

Intanto l’ombra lunga ed opaca dei giganti della selva stendendosi verso levante annunciava il tramonto ed il sole nel suo glorioso variopinto manto stava per nascondersi oltre le onde del Tirreno quando Clelia rivolta a John che col predominio della bellezza, della bontà e della dolcezza aveva reso docile ed obbediente, e prima di sedersi l’avea incaricato delle vivande, gli disse in inglese: «Eh! amico mio, tutti questi eroi da romanzo, pare non si curino della cena e se non ve ne occupate voi credo che anche questa notte andremo a letto senza».

«Aye! Ayerispose l’allegro figlio dell’Oceano: ed in due salti egli arrivava a venti passi di distanza, ove gli assistenti avevano scaricato due muli che col bagaglio dei Capi portavano pure qualche cosa da mangiare.

 

 

 




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