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Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

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  • PARTE SECONDA
    • CAPITOLO LII   LA PEREGRINAZIONE
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PARTE SECONDA

 

 

CAPITOLO LII

 

LA PEREGRINAZIONE

 

Il solitario è sul continente ove lo chiamarono i suoi amici. Egli ha lasciato la sua dimora per compiere un dovere verso quella Italia a cui egli ha dedicato l’intiera sua vita.

Egli deve fare una peregrinazione di propaganda in molte parti della penisola e principiare dal Veneto.

Lo scopo è d’illuminare sulle elezioni politiche le popolazioni, non solo, ma di seminare il germe dell’emancipazione della coscienza che può portare l’Italia ad un nuovo primato, ad una nuova iniziativa che conduca l’umanità alla distruzione di quel tabernacolo d’idolatria e d’impostura che si chiama Papato, guidandola sulla via della religione del Vero.

Noi ne seguiremo le orme tra il clamore delle moltitudini entusiastiche, festanti, alla vista dell’uomo del popolo, plaudenti alle sue dottrine d’insofferenza di dominio straniero e di umiliazioni e soprattutto esultanti alle schiette sue manifestazioni sulle turpitudini clericali e sul connubio liberticida tra il Papato e le volpi di Corte che governano l’Italia.

«Io seguo la religione di Dio! - egli dice - non la religione del prete.

Dio, padre dell’umanità intiera, vuol tutti gli uomini fratelli e felici. I preti dividono gli uomini in cento sette diverse, che reciprocamente si maledicono.

Essi attizzano gli uni contro gli altri popoli a sbranarsi, trucidarsi, distruggersi e condannano senza pietà alle pene dell’inferno i novecento milioni d’esseri umani che non appartengono alla loro bottega.

Non seguo la religione del prete io, perché il prete degrada Dio, ne fa un essere materiale, passionato, coi difetti stessi che offuscano questo misero insetto chiamato uomo, a cui fa mangiare Dio, lo fa digerire! e poi!... Anatema all’impostore che si chiama ministro di Dio! e che così lo deturpa e lo prostituisce!

Il prete che insegna Dio è un mentitore, poiché nulla egli sa di Dio.

Egli, sacerdote dell’ignoranza, persecutore della sapienza, insegna Dio! Ma se Dio avesse voluto rivelarsi all’uomo lo avrebbe fatto ai Kepleri, ai Galilei, ai Newton, non a questi miserabili adoratori del ventre.

E fu veramente una scintilla divina che illuminò quei grandi nelle vie celesti, quando essi scorsero sotto l’etereo padiglione rotare i mondi e ne manifestarono alle nazioni attonite i moti, le leggi e l’armonia a loro impressa dell’Onnipotente. Il prete, sacerdote delle tenebre, colpito nelle sue miserie e nelle sue menzogne, trascinò il più grande degli italiani, Galileo, sull’altare dell’impostura, e con torture orribili volle fargli abiurare la grande dottrina del vero!

Ed i preti passeggiano sulla terra di Galileo da padroni; e l’Italiano porge le impudiche sue labbra all’umiliante, vergognoso baciamano!

La fratellanza umana è impossibile coi preti.

Il cattolico danna all’inferno l’umanità non cattolica. Il dervis, prete dei turchi ci chiama, infedeli, maledetti, ed eccita le plebi a lapidarci. Il bonzo e tant’altra canaglia impostura fa lo stesso. E voi non potete passeggiare per le vie di Stamboul e di Canton perché la vostra vita è messa in pericolo da quei fanatici.

La maggior parte delle guerre, e le più sanguinose, furono, e sono fomentate dai preti.

La recente guerra di Crimea, ove perirono tante migliaia d’uomini e dove s’inghiottirono immensi tesori, fu suscitata dai preti. In una chiesa di Gerusalemme chiamata il Santo Sepolcro celebravano la messa un prete greco e un prete cattolico. Un bel giorno quegli oziosi litigarono sulla preminenza, uno volendo dir messa prima dell’altro. La lite fu portata davanti gli imperatori di Francia e di Russia; ne seguì la guerra e vi presero parte l’Inghilterra e l’Italia e se ne ebbe per risultato l’immenso macello.

L’Inghilterra è oggi in angustie per l’insurrezione dell’Irlanda suscitata dai preti. Dio salvi il mondo da una simile insurrezione negli Stati Uniti ove su trentatré milioni d’abitanti quasi la metà è di cattolici fanatici e compatti sotto la dittatura d’un vescovo, mentre le altre sette sono divise e si odiano cordialmente».

In questa guisa parlava il solitario alle moltitudini che lo richiedevano d’una parola e le moltitudini applaudivano a quelle verità sacrosante e piangevano e baciavano le falde del mantello del popolano e giuravano di essere con lui a qualunque cimento.

Alla mattina, la maggior parte di quella folla che avea pianto e giurato di seguire i precetti del solitario era ammassata nel peristilio d’una bottega ove si vende l’indulgenza di Dio a contanti, ove l’idolatria, sotto le forme della creatura, ha eretto il simulacro vano e mentitore dell’onnipotente.

Tale è il popolo e tale sarà forse per molto tempo ancora. Terribile nelle sue ire suscita sovente il cataclisma delle rivoluzioni e più sovente è guidato con un fil di seta dall’impostura e dall’astuzia quasi sempre da chi è men degno di guidarlo e tende a profittare del frutto delle sue fatiche e del suo sangue.

Socrate, Gesù, Rienzi, Masaniello, i Gracchi, tribuni coraggiosi del popolo, sacrando ad esso la loro vita, son rinnegati e crocifissi! E la sorte dei tribuni moderni, sarà essa più fortunata? Che importa! Cos’è la vita? tanto sotto il saio come sotto la rossa camicia può battere la coscienza del giusto!

In fine i Cesari ed i Napoleoni vengono a scialacquare il frutto del cruento eroismo delle nazioni, ma un pugnale o il tedio delle nequizie rovescia talora nella polve anche que’ simulacri della grandezza e dell’ingiustizia.

 

 

 




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