PREFAZIONE
1. Ricordare all’Italia tutti quei valorosi che lasciaron la vita
sui campi di battaglia per essa. Perché se molti sono conosciuti, e forse i più
cospicui, molti tuttavia sono ignorati. A ciò mi accinsi come dovere sacro.
2. Trattenermi colla gioventù Italiana sui fatti da lei compiuti e
sul debito sacrosanto di compire il resto accennando colla coscienza del vero
le turpitudini ed i tradimenti dei governi e dei preti.
3. Infine campare un po’ anche col mio guadagno.
Ecco i motivi che mi spinsero a farla da letterato, in una lacuna
lasciatami dalle circostanze, in cui ho creduto meglio: far niente, che far
male.
Ne’ miei scritti, quasi esclusivamente parlerò dei morti. Dei vivi
meno che mi sia possibile, attenendomi al vecchio adagio1: gli uomini
si giudicano bene dopo morti.
Stanco della realtà della vita, io stesso ho creduto bene di
adottare il genere, romanzo storico.
Di ciò che appartiene alla storia, credo essere stato interprete
fedele, almeno quanto sia possibile d’esserlo poiché particolarmente negli
avvenimenti di guerra, si sa, quanto sia difficile il poterli narrare con
esattezza.
Circa alla parte romantica, se non fosse adorna della storica, in
cui mi credo competente, e dal merito di svelare i vizi e le nefandezze del
pretismo, io non avrei tediato il pubblico, nel secolo in cui scrivono romanzi
i Manzoni, i Guerrazzi ed i Victor Hugo.
GIUSEPPE GARIBALDI
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