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Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

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  • PARTE SECONDA
    • CAPITOLO LXXIV   IL ROVESCIO
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CAPITOLO LXXIV

 

IL ROVESCIO

 

Gli eroici Cairoli ed i loro compagni pagavano col loro sangue il sublime loro patriottismo e la generosa solidarietà cogli insorti Romani. L’alba del 24 ottobre, piovosa, fosca, malinconica, foriera di nuove sventure Italiane, rischiarava la infantile e nobile fisionomia di Enrico, il nuovo Leonida, del fratello suo Giovanni, e di molti altri di quella stupenda brigata. Il primo, morto col sorriso del disprezzo sulle labbra per la bordaglia che gli avea combattuti, dieci contro uno; Giovanni, quasi mortalmente ferito accanto al cadavere dell’amatissimo fratello e tutti gli altri di cui la storia registrerà i gloriosi nomi, morti o malamente feriti

Pochi furono i superstiti dei valorosi settanta e quei pochi lasciarono il campo per riunirsi ad altri fratelli che pugnavano nello stesso tempo contro le orde straniere fuori delle mura di Roma.

L’impresa di Guerzoni per impadronirsi delle armi esistenti fuori di porta S. Paolo da lui condotta coll’intrepidezza spiegata in cento combattimenti era fallita per l’ovvia ragione che la gioventù Romana sotto a’ suoi ordini non avendo armi, fu costretta di sottrarsi ai colpi dei mercenari e disperdersi. Lui e Castellazzi dopo molte prove di valore e di risoluzione disperata furono trascinati dallo sbandamento del popolo ed obbligati di appiattarsi per aspettare una nuova opportunità d’insorgere.

Cucchi, Bossi, Adamoli, alla testa del loro nucleo di popolo fecero prodigi di valore, e s’impadronirono di una parte della caserma degli zuavi armati di soli revolver e coltelli. Vi furono delle pugne tra popolani e papalini, ove coi denti, in mancanza di altre armi, furono sbranati i nemici.

Ma qui pure bisognò cedere al numero, alla disciplina ed alla superiorità delle armi e qui pure il chiarore dell’alba del ventiquattro, presentò ai passeggieri impauriti un mucchio di cadaveri e di morenti da far raccapriccio.

Ecco in qual modo si consolidava il trono crollante dell’angelico, raffermato nella strage dei poveri Romani operata dalla schiuma di canaglia di ogni nazione, sostenuta dalle baionette dei soldati di Bonaparte.

 

 

 




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