Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Garibaldi
Clelia ovvero Il governo dei preti

IntraText CT - Lettura del testo

    • CAPITOLO XXVIII   LA RITIRATA
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

CAPITOLO XXVIII

 

LA RITIRATA

 

Dopo l’avvenuto nelle Terme di Caracalla, la posizione d’Attilio, e de’ suoi amici divenne ben pericolosa. Il traditore avea pagato il fio con la sua vita; i cagnotti del Governo avevano avuto la peggio, ma la polizia era sulle tracce della cospirazione e certo ne conosceva, od almeno ne sospettava i capi.

Se gli amici di fuori fossero stati pronti come lo erano i romani, nella stessa notte del 15 febbraio si poteva farla finita coi preti e lo si poteva in qualunque altro giorno. Ma i moderati sempre paurosi ed indissolubilmente legati al carro dei potenti non volevano saperne di menar le mani e volevano a qualunque costo aspettare la manna dal cielo, e dal beneplacito dello straniero, la libertà della patria.

Che importava loro del decoro nazionale? del sogghigno beffardo di tutte le nazioni Europee, di provincie compre coll’oro, e coll’oro vendute? Essi, avviticchiati ai lucri ed agli impieghi, eran sordi a qualunque proposito generoso che potesse compromettere l’Eldorado39 a loro consegnato dalla Rivoluzione, che altro per sé non volle che il bene e l’unità nazionale. Quindi l’Italia da tanti secoli divisa, depredata, avvilita, corrotta da quella caterva di iene in sottana, si trova oggi ancella ringiovanita, riportata all’altare del sacerdozio di Satana a rinnovare l’antico bacio della pantofola.

I porporati, assoldatori di briganti, tornarono alle grasse prebende, il popolo alle solite miserie ed i valorosi che bagnarono del loro sangue tutte le terre italiane obbligati a ripigliare la via dell’esilio, ad errare nelle foreste per sottrarsi alle vendette dei preti.

Tale era la condizione di Roma nei primi mesi di quest’anno 1867 in cui si vedevano mercenarii stranieri sostituiti da altri mercenarii ancora peggiori impossessarsi della città nostra; si vedeva l’Italia prostrata ai cenni di un devoto assassino rinnegare Roma e le sue glorie per compiacergli e potendo viver bella, rigenerata, rigogliosa, sorta colla superba aureola di libertà e d’indipendenzacaramente acquistate per virtù de’ suoi figli, la si vedeva ravvoltolarsi spudoratamente nel fetido brago dei corruttori e persecutori del genere umano.

Ma torniamo indietro al nostro racconto,

Una sera dei primi di marzo in una stanzuccia sul di dietro della casa di Manlio in Trastevere s’eran riuniti, Attilio, Muzio e Silvio per conferire sul da farsi. Dal 15 febbraio eran rimasti in Roma per tentare la fortuna; ma la fortuna di Roma era intricata in un labirinto tale che tutto il generoso patriottismo dei nostri giovani eroi e de’ loro trecento bellicosi compagni, non poteva trovarne l’uscita.

«Oggi, - diceva Attilio, - non v’è più merito a dar la vita per il proprio paese quando è santificato il principio del non fare per non disturbare il bell’andamento di cose ordite dal moderantume. I nostri amici di fuori sonosi rappattumati vergognosamente con questi nemici d’Italia, ma noi!... come lo potremo mai? Potremo noi vivere in famiglia e concordi cogli scellerati, che ci venderebbero cento volte allo straniero, che corruppero, che depravarono questa nostra città e la prostituirono come solo loro sono capaci di prostituire, che arsero i nostri padri, che stuprarono le nostre vergini, che fecero della nostra Roma, un bordello! una cloaca!!!».

Attilio fuori di sé alzava la voce oltre misura, onde Silvio più pacato gli disse: «Parla sommesso, fratello! Tu sai come siamo perseguiti e non è difficile che nei dintorni di questa casa vi sieno sgherri appiattati. Qui già non si può più stare, lasciamo Regolo incaricato delle cose nostre in città e prendiamo la campagna. , non mancano amici, i coraggiosi vivono dovunque. Lasciamo che Italia si stanchi d’essere ludibrio di queste sue mignatte in maschera liberale, di questi mercanti di uomini tra l’impostura e il dispotismo! Andiamo! - continuò Silvio dopo un istante di pausa, durante la quale pareva che un’ignota forza volesse collocarsi fra lui e il suo divisamento. - I nostri nemici ci chiameranno briganti, avventurieri, come ci chiamarono nella gloriosa spedizione di Marsala. Che importa? come allora, noi tuteleremo la libertà di questa nostra patria infelice e marceremo alla riscossa quando essa voglia devvero emanciparsi dalla tirannide».

 

 

 




39 Paese dell’oro.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License