CAPITOLO XXIX
LA FORESTA
Dopo aver camminato per circa due ore nella foresta, per sentieri
ove in molti luoghi mancavano le traccie dell’uomo e somigliavan piuttosto ad
aperture dovute alle corna del bufalo. Orazio che era sempre alla testa della
comitiva composta di Silvia, Clelia e John, e che adoperavasi a sbarazzare il
sentiero da piante cadute, e dai rami che lo attraversavano, fermossi
finalmente in uno spiazzato, ove il bosco aprivasi per lasciare il posto ad un
ameno praticello.
Il tempo s’era rasserenato, alcune raffiche di vento, resto della
notturna tempesta, colpivano ancora le cime delle secolari piante ma nel sito
ove si trovavano i nostri viaggiatori appena se ne sentiva il soffio.
«Signora Silvia, - diceva Orazio: - voi con Clelia, adagiatevi qui
in questo luogo e riposatevi che ne avrete molto bisogno. Io con John
m’allontanerò per poco a cercar da mangiare». Così dicendo distese il mantello
sull’erba e facendo un segno a John che lo seguisse s’imboscò con lui per una
nuova direzione nella foresta e entrambi scomparvero.
Silvia era stanca veramente. Clelia giovane e di costituzione più
robusta lo era meno, però anch’essa trovò ben piacevoli alcuni momenti di
riposo in quel sito ameno e appartato dal mondo ove altra traccia di creatura
umana non si distingueva che quella da loro stessi solcata sull’erba.
Dopo un momento di riposo la nostra eroina cedendo alla vivacità
dell’età sua ed avendo scoperto che il praticello era variopinto di fiorellini
alzossi e si mise a raccoglierne un mazzolino da presentare alla mamma. Tornata
a Silvia, e sedutasi accanto, nel mentre che porgeva il mazzo, un tiro di
carabina s’udì a non molta distanza e l’eco della foresta lo ripetè più volte.
Silvia fu scossa dal rimbombo della scarica e certamente per la
sua delicata natura, quel tuonare subitaneo in quella silenziosa solitudine
ebbe qualche cosa di straordinario. Clelia però accorgendosi dell’effetto
provato dalla madre disse sorridendo: «ma questo è uno sparo del nostro amico;
sta pur sicura, mamma, che presto noi lo vedremo qui di ritorno con della
selvaggina». Un abbraccio amoroso alla sua Clelia fu la risposta di Silvia ed ambe
s’intrattennero a ricordare i loro cari, le straordinarie vicende che le avean
divise da loro, ed a pascersi della speranza di poterli rivedere presto.
Non tardarono Orazio e John a raggiungere le loro compagne
portando a stanga un giovane cignale che la carabina del Romano aveva
atterrato.
«Clelia, - disse Orazio, - fate capire all’Inglese di raccogliere
legna secca per far fuoco»; e Clelia che conosceva un poco quella lingua ed era
stata l’interprete del giovin marinaro glielo spiegò. John si accinse colla
miglior voglia del mondo a spezzare rami, ad ammassarli, ed in pochi minuti un
magnifico fuoco scoppiettava allegramente in mezzo ai nostri viaggiatori.
L’arte del macellaio è disprezzata e veramente quell’imbrattarsi
di sangue d’altra creatura e sminuzzarne le carni ripugna, ha del selvaggio, e
per indurito che sia il cuore dell’uomo egli non può a meno di risentirsene.
Io, per esempio, mi sarei volentieri conformato alla vita dei Pittagorici40
e più crescon gli anni, più aumenta in me la ripugnanza degli eccidi animali e,
devo confessarlo, cacciatore una volta, io soffro oggi nel vedere anche un
uccello ferito.
Non so se lo stesso sentimento provasse Orazio, il coraggioso
figlio della foresta; ma repugnante o no, come avrebbe egli potuto vivere senza
la caccia, obbligato com’era a tenersi lontano dall’abitato? Per quella volta
intanto, egli con molta grazia distese la sua preda sull’erba, trasse il suo
coltello pugnale, fece in pezzi il cignale, acconciò a guisa di spiedo un
virgulto di legno verde, v’infilzò la carne, ed in poco tempo presentò ai suoi
compagni affamati un arrosto da invogliarne anche un moderato.
L’appetito servì di condimento alle vivande, e non mancarono
durante il pasto motti graziosi, massime sul conto del piccolo John che,
eccitato dalla Clelia a parlare italiano principiava, com’era naturale, col
dire spropositi che mettevano la compagnia in una cordiale ilarità.
Il marinaro poi è un essere più allegro degli altri quando è a
terra e da lungo tempo egli non l’ha toccata. Questo non era veramente il caso
del nostro John ch’era rimasto molti giorni in Porto d’Anzo ed avea visitato
coll’Yacht la maggior parte dei porti d’Italia; ma, comunque fosse, in questo
nuovo mondo della foresta, egli si trovava perfettamente e non invidiava punto
i suoi compagni nel tempestoso Tirreno. Poi Clelia era così bella! così
gentile! ed Orazio uno di quei tipi che affascinano la gioventù, ed era inoltre
il suo salvatore!
Terminato il pasto frugale, la comitiva si rimise in viaggio,
seguendo all’incirca la stessa direzione tenuta nel venire e dopo aver
camminato a lungo, giunse verso sera alla vista di quegli edifizi antichi che
il tempo sembra avere rispettato, simili all’immortale Panteon a cui non posso
pensare, senza tributargli un pensiero di rispetto e di ammirazione.
Erano i nostri sul limitare della foresta, ove il sentiero metteva
in un ampio prato quasi circolare. Secolari querce erano sparse con certa
regolarità su tutta la superficie del circolo e le reliquie di quelle antiche
figlie della terra, cadendo per secoli al loro piede, identificate col
piedestallo delle naturali colonne, vi avean formato dei graziosi tumuli,
recessi di verdura, che invitavano gli stanchi viaggiatori al riposo.
«Riposatevi qui per un momento», disse Orazio alle donne, e mettendo
alla bocca un piccolo corno ch’ei portava a tracolla ne trasse dei suoni che
sembravan sproporzionati alla piccolezza dell’istromento. Un suono simile
rispose da una capanna di guardia, situata sopra uno dei detti tumuli, capanna
che Orazio certo doveva conoscere e della quale i suoi compagni non si erano
accorti.
Un individuo vestito alla foggia d’Orazio uscì dalla capanna, gli
si fece incontro con aria di rispetto ed una stretta di mano dei due accennò
che non si trovavano per la prima volta. La sentinella (perché tale era lo
sconosciuto) dopo breve colloquio, facendo segno alle donne di alzarsi,
incamminossi precedendole verso l’edifizio.
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