SCENA SECONDA
Argirio e detti.
ARGIRIO
Io padre più non sono:
Al suo giusto supplicio io l'abbandono.
ISAURA
Tua figlia?... e lo potresti!
ARGIRIO
Al colmo è giunta
La sua perfidia.
È sacro
De' prodi cavalier dritto e costume,
Il prendere tenzone
Per condannata donna. Del campione
Nell'ardir, nel valore tutto pende
Il giudizio del cielo, che a lei rende,
Opra del fortunato vincitore,
E la vita e l'onore.
Ella ricusa,
A prezzo di sua mano,
Il brando d'Orbazzano.
E perché mai?... Per chi?
ORBAZZANO
Taci: arrossir, fremer mi fai.
E la sua pena è ritardata ancora?
(presenta il foglio ad Argirio)
La morte segna della rea.
ARGIRIO
(lo riceve, e va al tavolino per firmarlo)
Sì: mora. -
(Arrestandosi)
Mora?
ISAURA
(marcata e con forza)
È tua figlia
ARGIRIO
(colpito)
Oddio! - Crudel! Qual nome
Caro e fatal or mi rammenti! - e come
Tutto mi scosse il petto?...
Eh! non s'ascolti un vil debole affetto!
Sì - ma qual voce flebile e severa
Nel profondo del cor, ferma (mi dice)
È tua figlia che danni... oh! me infelice!
Ah! segnar invano io tento
La sua cruda sorte estrema:
La mia man s'arresta e trema,
Di terror si gela il cor.
Sì, ti sento, al fier cimento
Gemi in sen, paterno amor.
ISAURA e PARTE DEL CORO
Odi natura Che ti consiglia,
E per la figlia - Chiede pietà.
ORBAZZANO e PARTE DEL CORO
Servi alla patria:
Cedi alla legge,
Chi 'l fren ne regge
Figli non ha.
ARGIRIO
(risoluto)
Sì, virtù trionfi omai:
Paga, o patria, alfin sarai.
(Va al tavolino e firma il foglio)
Peran tutti della patria
Colla figlia i traditor.
CORO
Trova ognora in te la patria
Il suo padre, il suo splendor.
ARGIRIO
Ma, la figlia!... oddio!... frattanto...
Va alla morte - oh quale orror!...
Perdonate questo pianto
A un oppresso genitor.
CORO
Di virtù, di gloria il vanto
Sia compenso al tuo dolor.
(Parte Argirio col coro).
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