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Giovanni Federico Schmidt
Elisabetta regina d'Inghilterra

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  • ATTO I
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SCENA II

LEICESTER
Incauta, che festi!
Seguirmi perché?
Gli effetti son questi
d'amore e di fe'?

MATILDE
La fede, l'amore
guidano il mio pie';
di sposa al timore
ritegno non v'è.

LEICESTER
Ma in tanto periglio...

MATILDE
Non basta consiglio.

LEICESTER
Ah! Trema per te!

MATILDE
Sol tremo per te!

A DUE
Che palpito io sento!
Che crudo tormento!
Perplesso (perplessa), me stesso (stessa)
non trovo più in me.

LEICESTER
Sconsigliata! e non sai che del tuo sangue
la nemica maggior qui si ritrova?
Chi mai trasse a questo
passo orribil, funesto?

MATILDE
Ahi! sposo... appena
fosti da me diviso,
fama suonò che amore,
e l'amor più tenace, Elisabetta
per Leicester nutria. Qual fosse, oh Dio,
allor l'affanno mio, chi spiegar mai potrebbe?...
Ah! viene Enrico.

(Entra Enrico)

LEICESTER
Tu, mio congiunto e amico,
di cotanta imprudenza
potesti mai complice farti?

ENRICO
Ah! Taci.
Ella te'l dica; usai
ogni opra, ogni consiglio
per distorla, ma invan.
Vedendo troppo ostinato quel cor,
volli seguirla,
pensando in queste mura,
colla presenza mia, farla sicura.

LEICESTER
Vana speranza!
E non pensate, incauti,
che di Maria Stuarda
qui proscritta è la prole?
Ch'Elisabetta vuole
del vosro sangue il germe appien distrutto?

MATILDE
Oh Dio!
 
ENRICO
Fa cor, diletta suora;
l'avvenir men funesto lo spero ancora.

LEICESTER
Separarci convien. Destar sospetto
il favellar qui a lungo ora potria.
Seguila, Enrico; ad ambo
la prudenza or sia guida,
e poi di nostra sorte il ciel decida.
(Vadasi in traccia di Norfolk, del caro
verace amico in cui pongo ogni speme;
ei sol può invigorir un cor che geme.)

(Parte.)

ENRICO
Andiam. Vuole il destino,
che teco io resti al fianco di colei,
che degli affanni nostri
fu primiera cagion.

MATILDE
Questo, o germano,
è il dolor che mi uccide.

ENRICO
D'uopo abbiam il coraggio.
Forse d'esperanza un raggio
il ciel pietoso fia che vibri per noi.

MATILDE
Sperar non oso.
Sento un'interna voce
che in lagrimevol suono
dice che nata io sono
a piangere e penar.
Ah! se tolto un sol momento
tanto orror da me sarà,
palpitar di bel contento
questo core allor potrà.

(Parte con Enrico)




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