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Giovanni Federico Schmidt
Elisabetta regina d'Inghilterra

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  • ATTO I
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SCENA III
Appartamenti reali
NORFOLK
(Che intesi!) In queste stanze, inosservato,
puoi, dolce amico, favellar. (Che gioia!)
Prosegui.

LEICESTER
Un dì, dopo ostinata pugna,
terribil oragan sorge improvviso.
Da' miei prodi diviso,
in umile capanna
m'è d'uopo ricovrar; quivi m'accoglie
vecchio pastor; Matilde,
che sua figlia credei,
si offerse agli occhi miei: vederla e amarla
è l'opra d'un istante. Al nuovo giorno
in campo io fo ritorno.
Tutto in breve a me cede;
ma, oh Dio! del vincitore
in dolce schiavitù rimane il core.

NORFOLK
E come di Matilde
sposo ti feristi?

LEICESTER
Grato all'amistade
di qual pastor, m'offersi
contro all'ostil furor d'essergli schermo.
Sento che illustre Scoto
in lui si nascondea; allor gli chiedo
la figlia in moglie; il vedo
al mio discorso impallidir; comprendo
che grave arcano ci cela: prego, insisto;
di Matilde e d'Enrico allor mi svela
l'origine real... Puoi figurarti
qual fu la mia sorpresa. All'amor mio,
tanto tenace, amor quanto funesto,
pietà s'aggiunse...
Io già ti dissi il resto.

NORFOLK
A grave rischio, amico,
i giorni tuoi, la gloria ponesti;
ma fu colpa d'amore
e amor fa la tua scusa.
(Esulta o core!)
 
LEICESTER
Sant'amistade
tra gli affanni che io provo,
almen qualche conforto in te ritrovo.

(Parte)
NORFOLK
(solo)
Stelle! T'inganni. Ah! Meglio
saria stato per te chieder aita
al mar fremente, alle voraci belve,
alle furie d'averno,
che non ad un nemico,
qual ti fui, qual ti son...
(vedendo giungere Elisabetta)
M'offre vendetta
la total ruina.
(Elisabetta entra)
Colmo di duol, Regina,
d'un così lieto dì son io costretto
la gioia a funestarti.

ELISABETTA
Come!

NORFOLK
Oh Dio!
Favellar non poss'io... No: forza tanta
in me non è.

ELISABETTA
Spiegati.

NORFOLK
Orrendo arcano,
misera, udrai... Deh! lascia...
Sì, lasciami tacer.

ELISABETTA
Parla. L'impongo.

NORFOLK
T'ubbidirò. Leicester...

ELISABETTA
Che! Leicester...

NORFOLK
Avvinto in nodo coniugal...
 
ELISABETTA
Che parli?

NORFOLK
Il ver.

ELISABETTA
Possibil mai!...
Ah! T'ingannasti.

NORFOLK
No, non m'ingannai.
D'un degli ostaggi sotto finte spoglie
la sua sposa si asconde;
l'accompagna il germano...
Ambi son figli...

ELISABETTA
Prosegui... Ohimè!

NORFOLK
Mi manca al dir la voce.

ELISABETTA
Figli di chi?

NORFOLK
Ti nuoce il mio parlar.

ELISABETTA
Tutto saper io voglio.

NORFOLK
Figli a colei, che sì t'offese il soglio.
(Elisabetta, a queste ultime parole cade sopra una sedia
ed ivi rimane immobile e come fuori di sé.
Norfolk, con volto ipocrita, si avvicina.)

Perché mai, destin crudele,
costringesti il labbro mio!...
Ma fedele a te son io
mentre accuso un traditor.

ELISABETTA
Con qual fulmine improvviso
mi percosse irato il ciel!
Qual s'addensa orrendo velo
che mi colma di terror!

NORFOLK
Deh! rammenta...
 
ELISABETTA
Taci... Oh Dio!

NORFOLK
Pensa al regno!

ELISABETTA
Oh Dio mi lascia!

NORFOLK
Sventurata!

ELISABETTA
Fiera ambascia.

NORFOLK
Per te geme questo cor.

ELISABETTA
Lacerar mi sento il cor.
(Misera! A quale stato
mi riserbò la sorte!
Stato peggior di morte:
Più fiero non si dà).

NORFOLK
(Reggimi: in tale stato,
deh: non tradirmi o sorte!
Vada il rivale a morte:
pago il mio cor sarà.)
Regina, ormai decidi.

ELISABETTA
Sì, perirà l'indegno.

NORFOLK
(Sorte, a' miei voti arridi.)

ELISABETTA
Sgombri da me pietà.

A DUE
Quell'alma perfida
non vada altera;
del fallo orribile
la pena avrà.
Fra cento spasimi
l'iniquo pèra,
eterno esempio
d'infedeltà .

(Norfolk parte; entra Guglielmo.)
 
ELISABETTA
Guglielmo, ascolta.
Pronte ad ogni mio cenno, sull'ingresso
sien le reali guardie. Va'. Ma pria
qui Leicester invia... Trattienti!
(Oh affanno!
Dove io mi sia non so.) Di Scozia i paggi
tutti raduna in questo loco.

GUGLIELMO
Il cenno
vado a compir.

(Parte.)

ELISABETTA
(seduta)
Che penso,
desolata regina?... A che mai serve
aver doma la Scozia e salvo il trono
se un'infelice io sono?
Sconoscente! Ei pur vide
l'amor d'Elisabetta,
e in laccio coniugal stringer pur volle
della maggior nemica sua la figlia!
Oh delitto!... Ma tremi
l'iniqua coppia. Son regina e amante.
Doppia vendetta... Ecco l'indegno...
Oh istante!
 
(Leicester viene da un lato;
Matilde ed Enrico co' giovani Scozzesi dall'altro.
Leicester, che si sarà presentato con premura,
nel vedere la moglie, si ferma ad un tratto;
Matilde e Enrico vedendo Leicester fanno lo stesso;
Elisabetta riconosce da' moti e dalla confusione del volto
la sua rivale ed il fratello.)

LEICESTER
(Matilde!)

MATILDE
(Oh cielo!)

ENRICO
(Oh incontro!)

ELISABETTA
(È dessa... Oh rabbia!)
T'avanza, o duce... A che t'arresti?
Io voglio men sommesso vederti.
Ti è noto che il primo
de' miei fidi tu sei, che tal ti estimo.

LEICESTER
Regina... (che dirò?) Regina... (Oh Dio!)
L'umil tuo servo... a tanta
magnanima bontà... (Mi perdo...)

MATILDE
(facendo vedere la propria agitazione)

(Oh pena!)

ENRICO
(all'orecchio di Matilde)
Germana, ah! ti raffrena.

ELISABETTA
Non prosegui?
(dopo aver guardato a un tempo Leicester, Matilde ed Enrico)
Eh! lascia omai
quell'importun ritegno...
(Geme, trema l'indegno.
Oh piacer di vendetta!...) Ma coraggio
or ti darà la stessa tua regina.
Vieni, giovane eroe.

MATILDE
Ah!

ELISABETTA
(al sospiro di Matilde benché sommesso,
si volta a guardarla; poi dice a Leicester):

T'avvicina.
Se mi serbasti il soglio
al campo dell'onor,
darti mercede del tuo valor.

(A cenno d'Elisabetta si avanza un guardia;
la regina le parla in segreto.)

LEICESTER
Donna real, deh! frena
sì generosi accenti...

LEICESTER, MATILDE, ENRICO
(Oh Dio, resisto appena
a palpiti frequenti
del mio dubbioso cor.)

ELISABETTA
(Benché fra' suoi tormenti,
avrà vendetta amor.)
 
(Ritorna la guardia, recando un bacile
coperto da un drappo.)

LEICESTER
(Di qual merce' favella io non comprendo ancor.)

ENRICO, MATILDE
(La mia perversa stella sempre divien peggiore.)

ELISABETTA
(che avrà furtivamente osservati i moti di Leicester,
di Matilde e d'Enrico, ed i loro sguardi d'intelligenza,
freme in segreto; si alza, poi, forzando se stessa, dice:)

Eccoti, eroe magnanimo,
d'un grato core il pegno:
te riconosca il regno
per mio consorte e re.
 
(Scopre il bacile indicato, che contiene lo scettro e la Corona.
Leicester ed i suoi congiunti rimangono a tal vista
oltremodo confusi ed abbattuti.
Elisabetta gode del loro turbamento.)

LEICESTER, MATILDE, ENRICO
(Qual colpo inaspettato
a noi serbava il fato...
Il gelo della morte
tutto s'aduna in me.)

ELISABETTA
(Al colpo inaspettato
che lor serbava il fato
il gelo della morte
impallidir il fe'.
(dopo qualche pausa)
Duce, in tal guisa accogli
d'una regina il dono?

LEICESTER
(tremante)
(Oh ciel!)
Deh!... Scusa... al trono
vassallo umil non osa...

ELISABETTA
(Empio!)

ENRICO
(piano a Matilde)
Ti frena.

MATILDE
(Che affanno!)

ELISABETTA
(Anima rea!)

A QUATTRO
(Spiegar il duol ch'io sento
possibile non è.)

(Dopo breve scena muta, in cui andrà crescendo l'agitazione
de' due congiunti e d'Enrico, Elisabetta,
non potendo più raffrenarsi, proromperà come segue.)

 
ELISABETTA
Ah! che più tollerar non poss'io
un vassallo fellon, menzoniero.
Or la benda dileguisi al vero:
ecco l'empia che infido ti fa.

(Nel dire queste ultime parole, corre a Matilde,
la prende per un braccio, trascinandola nel mezzo della scena.)

LEICESTER
(Che mai vedo!)

MATILDE
(Deliro!)

ENRICO
(Son desto!)

A TRE
(Disvelato è l'arcano funesto...)
Ah! regina, perdono, pietà.

 
(Cadono a ginocchio a' piedi di Elisabetta.)

ELISABETTA
Guardie, olà!
(Entrano Guglielmo, guardie, cavalieri e dame.)
Quegl'indegni
sien serbati al mio giusto furore.
(Sol di rabbia si pasce il mio cuore;
sol vendetta conforto gli dà.)

GUGLIELMO E CORO
Come!... il duce! l'eroe vincitore!...
Oh stupor!... Giusto ciel! che mai sarà?

LEICESTER, MATILDE, ENRICO
Schermo siam di un perverso destino!
 
ELISABETTA
Traditori, fremete a' miei sdegni.
 
LEICESTER
Sposa...

MATILDE
Sposo...

GUGLIELMO E CORO
Sposi!

ENRICO
(abbracciando Matilde)
Germana...

ELISABETTA
Sien disvelti l'un l'altro dal seno.

LEICESTER, MATILDE, ENRICO
Ah, regina, perdono, pietà.

 
(Vengono a forza separati)

ELISABETTA
(Sol si pasce il mio cor di veleno:
sol vendetta conforto gli dà.)

CORO
Fatal giorno! Impresata ruina!
Surse il sole sereno, ridente -
Or declina - turbato, languente
e di lutto coprendo si va.

 
(Le guardie conducono a forza i congiunti da parti opposte
ed ognuno confusamente ritirasi)




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