ATTO II
SCENA I
Appartamenti.
Entrano Elisabetta e Guglielmo.
ELISABETTA
Dov'è Matilde?
GUGLIELMO
(accennando ad un degl'ingressi)
Attende colà i tuoi cenni.
ELISABETTA
A me si guidi e poi venga Leicester.
GUGLIELMO
Di pietà potresti?
Ah! sì, pietade è in te...
ELISABETTA
Vanne: intendesti?
(Guglielmo entra dov'è Matilde. Matilde entra con guardie.
Al cenno d'Elisabetta le guardie si ritirano.)
T'inoltra. In me tu vedi
il tuo giudice, o donna.
MATILDE
Ho un cor bastante
per ascoltare, intrepida, il mio fato.
ELISABETTA
Vuole ragion di stato,
che tu, nemica mia, che il tuo germano,
che un vassallo sleale
sopra palco ferale
d'un'odiosa trama
la pena abbiate. Ma pietà favella
d'Elisabetta in sen. Scrivi. Rinunzia
ad ogni diritto tuo
di Leicester sul cor. Così da morte
vi potrete sottrar...
(Matilde freme.)
Cedi alla sorte.
MATILDE
Ah! più d'ogni supplizio
è questa tua pietade.
ELISABETTA
Non cimentar la tolleranza mia.
Siedi, scrivi, rinunzia.
MATILDE
Invan...
ELISABETTA
Custodi . ..
MATILDE
Ah! senti...
ELISABETTA
Scrivi.
MATILDE
Sfoga
sol contro me tutti gli sdegni tuoi;
ma il consorte, il germano...
ELISABETTA
Scriver non vuoi?
Pensa che sol per poco
sospendo l'ira mia;
quanto più tardi fia,
più fiera scoppierà.
MATILDE
Salva il germano, lo sposo,
s'è ver che giusta sei;
puo' troncar i giorni miei
te'l chiedo per pietà.
ELISABETTA
Resisti ancora?
MATILDE
Oh Dio!
ELISABETTA
Rinunzia!
MATILDE
Invan! ferma! oh Dio!
Ti mova il pianto mio.
ELISABETTA
Non bastan quelle lagrime
a impietosirmi il cor.
MATILDE
Vorrei stemprarti in lagrime,
mio desolato cor.
(Elisabetta con gesto imperioso accenna a Matilde
di sedere al tavolino e di scrivere.
Matilde tremante si accosta, siede, pensa e si alza per retrocedere;
Elisabetta è in atto di chiamare le guardie;
Matilde la trattiene, e si pone a scrivere;
in questo comparisce sull'ingresso Leicester non veduto dalle due donne).
LEICESTER
(Misero me!... La sposa
dolente ed affannosa!...
Che mai sarà quel foglio?...
S'accresce il mio penar.)
MATILDE
(Qual è il dolor che uccide,
s'io reggo al mio dolor?)
(Elisabetta vede Leicester.)
ELISABETTA
Debitor le sei di vita;
leggi, o duce, e poi l'imita.
Dell'error, del tradimento
pentimento io voglio in te.
MATILDE
(mentre Leicester va al tavolino e legge)
(Tremo.)
LEICESTER
Oh ciel!
A TRE
(L'avverso mio destino
sì fiero io non credei.
Quanto crudel tu sei!
Quanto mi costi amor!)
LEICESTER
(a Matilde)
Sconsigliata, che facesti!
(ad Elisabetta)
Ah! comprendo: in lei sapesti
violentar l'amor, la fe'.
Ma t'inganni...
MATILDE
Odi...
LEICESTER
No!
ELISABETTA
Rifletti...
LEICESTER
No! A tal prezzo non voglio...
ELISABETTA
Trema...
LEICESTER
...conservare il viver mio.
MATILDE
Costanza!
LEICESTER
Serbo un cor che vil non è.
(Lacera il foglio.)
ELISABETTA
(alle guardie)
Olà!
Ah! Fra poco, in faccia a morte
cesserà cotanto orgoglio,
ed allor quell'alma forte
fia costretta a vacillar.
LEICESTER
Quell'ardir che in faccia a morte
ti difese e vita e soglio,
serberà quest'alma forte,
non avvezza a vacillar.
MATILDE
Ah! s'affretti pur la morte,
affrontarla io deggio e voglio;
non sarà quest'alma forte
più ridotta a vacillar.
(Leicester e Matilde partono,
scortati dalle guardie.)
GUGLIELMO
Chiede Norfolk a te l'accesso.
ELISABETTA
Oh indegno!
Va', digli che al suo labbro
debbo gli affanni miei; digli che in premio
di sua finta amistade
verso d'un infelice, ancorché infido,
disgombri al nuovo sol da questo lido.
(Parte.)
GUGLIELMO
Oh giusto cielo! Alfine
il vero non trovo inciampo
onde giungere al trono: è alfin palese
quel doppio cor, d'iniquità ricetto...
Il regio cenno ad eseguir m'affretto.
(Parte.)
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