SCENA TERZA
Esce il Doge coi Senatori dal Palazzo di S. Marco.
Gli uscieri che sono al loro seguito recano il decreto
del Gran Consiglio.
All'avanzarsi del Doge si fa silenzio.
DOGE
(agli uscieri)
Ministri del Consiglio, ite, e per tutte
Di Vinegia le vie tosto si affigga
Del Senato il decreto.
(Gli uscieri escono da varie parti. La
moltitudine si affolla in fondo, ecc.;
il Doge si appressa a Contareno).
O Contareno,
Il tuo parer prevalse. Un'altra volta
Ristabilito è il tribunal temuto
Della patria custode: accorti i padri
Dal passato periglio
Han segnato la legge in pien consiglio.
CAPELLIO
Signor, perdona; ma s'io pur presente
Era al consesso, io non avrei segnato
Così terribil legge. Ed a che giova
Di nuovo armarsi del rigore antico,
Or che svanito è il congiurar nemico?
CONTARENO
A che giova, o Capellio? a prevenire,
Nuovi attentati, a vigilar sull'opre,
Dei legati stranieri, a preservarne
Da novelle congiure e nuovi orrori.
CAPELLIO
Tutti gli ambasciatori
Non sono Bedamar; e omai dell'Adria
La sicurtade è ferma.
DOGE
Ancor del tutto
L'Adria non è secura.
Pur dalle orobie mura
Ci minaccia l'Ispano, e tutto intorno
Vasto incendio di guerra arde il paese.
A rintuzzar le offese
Di sì fiero nemico invan si mosse
Il giovane Fallier: voce si sparse
Che giacque il generoso in campo estinto.
CAPELLIO
Cielo! estinto Fallier?
|