VIII.
Trista ebbrezza di cattivo
vino.
Ezio, accettando l'invito del
barone, recavasi una mattina a far colazione a Cadenabbia.
Sul battello s'incontrò in Erminio
Bersi, che veniva dalla Brianza, e che era stato invitato anche lui nella sua
qualità di segretario della società dei canottieri, della quale il Barone
Samuele Hospenthal era uno dei soci fondatori.
Il Bersi, un vecchio giovinotto
dalla faccia rubiconda e grinzuta sotto i capelli precocemente imbiancati,
raccontò di aver trovato Lolò a Merate tutto in faccende nel sostenere la
candidatura di suo cugino il Marchese di Roncaglia; ma lo sport politico non
gli avrebbe impedito di essere sul lago il giorno delle Regate.
- Sai chi ho visto a Como? ed
abbiamo viaggiato sul battello insieme, fino ad Argegno, dov'è discesa,
probabilmente diretta in Val d'Intelvi in compagnia del suo vecchio americano.
Ha promesso di venire anche lei sul lago per le Regate dopo che avrà condotto
il suo vecchio arcimilionario a vedere il lago di Lugano. Tu sai di chi parlo.
- Di Liana. Le hai parlato?
- Ha voluto presentarmi al suo
vecchio miliardario, una specie di baccalà cotto nel petrolio, che la copre di
diamanti; ma mi ha fatto capire che si annoia e mi ha chiesto di te.
- E tu che cosa le hai risposto?
- Ho detto che Ezio Bagliani si è
dato interamente alla Giurisprudenza.
- Precisamente.. - confermò con
secchezza il giovane.
- Dice che tu sei stato troppo
cattivo con lei.
- Oggi o domani bisognava che io
venissi a questa decisione. Potrei risolvermi anch'io a prender moglie. - Ezio
rise cogli occhi, mentre offriva una sigaretta all'amico. Poi per girare il
discorso gli domandò: - Conosci il barone?
- Da un pezzo, ci siamo trovati tre
anni fa ai bagni dell'Ardenza.
- Che uomo è?
- Uomo di molto ingegno, acuto come
una lesina, che sa mescolare l'utile al dolce, non privo di ambizione, che
aspira a rendere qualche grosso servizio alla deplorata finanza italiana. Non è
l'Apollo del Belvedere, poverino, con quella fronte a pera, con quel naso da
pappagallo, con quegli occhi da formica, che son sempre in cerca di occhiali;
ma è una testa che pensa. Conosce egualmente bene un quadro d'autore come un
titolo di rendita, e mentre ti espone un programma finanziario, è capace di
citarti un verso di Orazio.
- Che tu forse non sei capace
d'intendere.
- È il nostro torto, Ezio. Il
mondo, mi persuado sempre più, è di chi sa.
- Paf! esclamò Ezio, picchiando un
colpo di mano sul panciotto del vecchio giovinotto. In un altro momento il
Bersi avrebbe dovuto pagare l'onore di aver pronunciata una sentenza così
seria: ma costui nicchiando continuò:
- In quanto alla baronessa pare che
tu la conosca meglio di me; dicono che ella sappia, come Rossini, pigliare il
suo bene dove lo trova: ma è d'una imprudenza fenomenale. Avviso al lettore.
Ezio non diede segno di capire, ma
si mosse per salutare la bella marchesa Lenzi che montava sul ponte in
compagnia di due giovinette sue nipoti e di don Gino Corsi. La Lenzi, che dopo
aver divorata tutta la sua parte di felicità, s'era consacrata a procacciare
quella degli altri, presentò il giovane Bagliani a Fanny e a Mimì che risposero
con vigorosi shake hands. Il Bersi ridendo gli disse sottovoce: - Essa
ti cova...
La riva e lo sbarco di Cadenabbia
erano affollati. Le belle giornate, le prossime regate, il passaggio grande dei
forestieri, che incominciavano a piovere dall'Engadina, rendevano la stagione
sul lago molto promettente.
- C'è anche il professore - disse
il Bersi, mentre il battello si accostava al ponte.
- Che professore?
- Non conosci il sor Paoletto
Baracchi celebre professore di clarinetto? eccolo, quel vecchietto che agita il
cappello. È il babbo della baronessa, un ometto modesto, allegro, rassegnato,
che gode il papato all'ombra di sua figlia. Credo che sia l'uomo più felice del
mondo. Mangiare, bere, viaggiare e trovar tutto pagato per uno che ha soffiato
trent'anni in un pezzo di legno, si può dare di più?
In un gruppo in disparte Ezio
riconobbe la baronessa che gli sorrise al di sotto d'un cannocchialino d'avorio
che teneva agli occhi. Vicine a lei eran altre signore, tra cui due giovinette
alte, bionde, di tipo esotico, due Russe che viaggiavano sole il mondo. Il
barone Samuele col suo contegno umile, d'uomo che digerisce male, faceva da
cicerone a un grosso signore, un tedesco all'aspetto, che approvava tutto quel
che sentiva dire. Le presentazioni furono fatte sul piazzale dell'albergo. Il
barone presentò i suoi amici, il nobile Ezio Bagliani e don Erminio Bersi, al
commendatore Zuccani, segretario particolare di S. E. il Ministro delle Finanze
al signor Ignazio Bühler, direttore della Banca federale, presidente anche lui
del club dei Canottieri di Zurigo.
- C'è voluta proprio tutta la forza
di Samuele per averla una mattina con noi, Bagliani - disse la baronessa,
mentre serrava con una segreta corrispondenza massonica la mano di Ezio. Questi
cercò di soffocare una prima emozione, mettendo in canzonatura le sue grandi
occupazioni, i restauri alla villa, le regate, gli studi, le Pandette e
Pomponio Labeone.
- Sì, sì, tutte belle cose, ma noi
abbiamo bisogno dei nostri amici - disse la baronessa, infilando il suo braccio
pesante in quello del giovine.
Ersilia Baracchi maritata al Barone
Hospenthal, bella sempre nella sua floridezza di donna leggiera e sciocchina,
quella mattina poteva parer bellissima anche per la singolarità del suo modo di
vestire. Non più penne di struzzo in testa, ma un cappello di paglia o
piuttosto un cestello di spighe e di papaveri. In dosso aveva una giacchettina
a vita, di sottile stoffa inglese paglierina con risvolti gialli, sopra una
sottana della stessa stoffa a pieghe pesanti, che non arrivava a nascondere gli
stivaletti alti di montagna e sulla quale cascava da uno dei lati una borsetta
di cuoio di Russia. Gli alti guanti svedesi che le stringevano il braccio fino
al gomito e il parasole dal lungo bastone di bambù colla punta ferrata
compivano il suo costume di driade calzata, che poteva far sorridere le vere
dame dell'eleganza; ma che essa portava bene colla disinvoltura della seconda
donna, che ne ha portati di più stravaganti.
Prima di entrare nell'albergo, dove
li aspettava la colazione, la baronessa si voltò a salutare le signorine Sanin,
le due sorelle russe, e diede loro un prossimo convegno.
- Io dovrò presentarla a queste
signorine, caro Bagliani, per combinare con loro qualche bella gita in
montagna. Sono innamorate dell'Italia, dei nostri laghi, del nostro canto... e
di me.
- Poco merito! - balbettò Ezio
guardandola negli occhi. Che cosa le volesse dire con quello sguardo non sapeva
bene nemmeno lui; ma poichè era venuto a questo invito e gli capitava
l'occasione di divertirsi con questa mimica, non voleva venir meno allo spirito
della situazione. L'anima superficiale e la coltura rudimentale di una donna
che scriveva Ezzio ed Ersiglia non potevano commuovere troppo profondamente
i gusti aristocratici di un raffinato, come il nostro vice ammiraglio, che
aveva navigato nei golfi più oscuri dell'amore; ed era stato ben lieto che le
scenate di Nizza (dove Liana, come si raccontava, aveva preso a schiaffi la
baronessa in pieno giardino pubblico) l'avessero liberato da un pericoloso
perditempo e gli avessero data la forza di rompere una vecchia catena.
Ora che si trovava in un momento di
raccoglimento spirituale, non avrebbe voluto ripigliare il giuoco, se non fosse
stato il bisogno di opporre qualche distrazione al suo rimorso e di strapparsi
alla seduzione, forse più pericolosa, di Flora.
La baronessa tornò a ripetere il
suo progetto di una bella gita in montagna. - Sento che quassù c'è un'alpe dove
si può anche riposare la notte. Non ho mai passata una notte in montagna. Ci
deve venire anche lei, Commendatore - soggiunse volgendosi al giovine
segretario particolare che era sempre in moto a cercare il cordone degli
occhialetti tra i peli della barba nera e folta.
- Ovve va la bbaronessa è
ssempre un sentieru fiuriddu - declamò l'illustre uomo politico, alzando il
mento e socchiudendo gli occhi, come se recitasse una formola sacramentale.
- E voi, Buhler, siete alpinista?
- Fin dove arriva il barone, madama
- rispose in discreto italiano il direttore della banca federale, ridendo colla
traboccante giovialità d'uno svizzero contento di sè.
Il Bersi si lasciò acchiappare dal
sor Paoleto, antica conoscenza, che cominciò a ricordargli certe misteriose
scappate fatte insieme a Viareggio e a Chiavari nelle rosticciere popolari dei
calli, dove più che aria si respira pesce fritto.
Il vecchietto dagli occhi vivi,
dalle guance infossate, come se il lungo soffiare le avesse sgonfiate, solido e
frettoloso come un frullino, conservava al disotto della sua nuova felicità e
del signorile benessere che godeva in casa del baron suo genero, i gusti
dell'antico e modesto filarmonico e il suo piacere più forte era di scappar
dalla soggezione dei pranzi di lusso dei ricevimenti, per correre a soddisfare
la gola con un bel piatto di spaghetti al pomodoro, non tropo coti, o di
pescheria alla genovese, mangiata in tre o quattro amici sotto un pergolato
d'osteria. In queste circostanze, se trovava un po' d'incoraggiamento, faceva
sentire ancora il clarinetto che da sei o sette anni dormiva scomunicato nel
vecchio astuccio. - Scarso e sottile nei vestiti ancor buoni che il genero
milionario gli faceva (con ben intesa economia) portare, volonteroso e sempre
pronto a render sevigio a tutti, il sor Paoleto non era un uomo inutile in
quella gran casa senza figliuoli; curava i pappagalli, accompagnava a spasso la
Tota, una vecchia cagna stanca di vivere, portava lettere, involtini,
ambasciate alle sarte e alle modiste di sua figlia la baronessa e durante il
tempo che i figliuoli giravano all'estero, solo, nella gran casa di Milano,
restava a custodire le bestie, di cui mandava le preziose notizie fino a
Parigi, a Madrid, in Egitto.
La colazione fu preparata in un
elegante salotto dell'albergo, che faceva parte del quartierino che il barone
aveva scelto per sè nell'angolo più ombreggiato: e fu servita con una grande
profusione di piatti, di vasi, di fiori.
Bellissimi mazzi d'orchidee, dalle
forme più strane e contorte, s'intrecciavano fra i trionfi di cristallo sopra
un tappeto di fiori teneri dai colori delicati steso come un tovagliuolo nel
mezzo della tavola. Altre orchidee dalle corolle fantastiche in mezzo a foglie
vellutate e screziate come stoffe riempivano i vani delle finestre, che davano
sul verde nero dal boschetto, da cui veniva un chiarore caldo, che moriva
lentamente sulle argenterie, sulle cornici d'oro e sugli specchi del bel
salotto tappezzato di cuoio.
Si vedeva in quell'apparato di
sfarzo e di ricchezza l'intenzione di far colpo o sul segretario generale o sul
direttore della Banca di Zurigo, o su tutti e due. Il barone, che sapeva così
bene far qualche economia sui vestiti smessi, sapeva anche spender bene quando
voleva dare un saggio della sua potenzialità economica. Cattivo stomaco,
logorato da una vecchia dispepsìa, per conto suo mangiava come una gallina e
non beveva che vino comune molto allungato in una quantità straordinaria di
acqua di Vichy: ma conosceva troppo bene gli effetti psicologici che un buon
pranzo e delle buone bottiglie producono nelle disposizioni umane. Da un anno
Samuele Hospenthal, quest'uomo sempre in preda a crampi di stomaco, andava tra
una stazione e l'altra della sua vita vagabonda preparando gli elementi per la
costituzione di una forte Banca italo-elvetica, che doveva aver sede in Milano
con appoggi solidi nella Banca Romana, che già fin d'allora godeva le simpatie
di molti deputati: e siccome tutto faceva prevedere un vicino patatrac, il
barone avrebbe voluto prepararsi a rilevarne le rovine con una forte
organizzazione Bancaria, che fosse lì pronta a sostituirsi. A questo solo
intento, tra una regata e l'altra, quell'uomo sobrio che per risparmio di
respiro non finiva mai un discorso, aveva trovato il tempo di fondare e di
sostenere due giornali, il Corriere Commerciale di Genova, e l'Eco
della Borsa di Napoli, che andavano da sei mesi preparando un terreno
propizio.
La baronessa fece sedere alla sua
destra il Segretario generale che bisognava carezzare e alla sinistra Ezio
Bagliani, il piccolo ribelle; in faccia aveva il marito tra Buhler e Bersi. Il
sor Paoleto, per non rompere la simmetria aveva mangiato prima alla table
d'hôte, ma si riservava di far onore al punch frappé quando fosse
venuto.
La conversazione corse rapida e
animata tutto il tempo che durò l'elegante servizio fatto sotto la direzione
stessa di monsieur Detraz, il maggiordomo, con un ordine silenzioso e colla
precisione degna d'una cerimonia religiosa. Il cartello della mensa cominciava
con oeufs brouillés aux truffes e finiva col punch frappé
passando attraverso a dei rougets grillés, a uno squisito filet de
chevreuil e a piatti riboccanti di frutti e di confetture.
Nè meno squisita fu la lista dei
vini che un cameriere biondo come Apollo, versò di seguito in una serie di
bicchieri di cristallo degradanti come una zampogna, dal bianco Chablis, dal
Bordeaux lucente come sangue vermiglio, allo Champagne biondo e spumante che
traboccava fremendo dalle coppe fragilissime.
Era la calda abbondanza della buona
tavola, a cui Ezio col vigor lieto de' suoi ventiquattro anni, sotto l'occhio
carezzevole d'una bella donna che lo desiderava, fece un superbo onore. I
discorsi seguitarono a riscaldarsi nel tepore delle vivande, che spandevano un
acre odore di salse in quell'aria già carica del profumo dei fiori. Si parlò di
politica, di regate, del lago di Como, in paragone coi laghi svizzeri, delle
brutte notizie di Sicilia dove si faceva nuovamente sentire l'azione
rivoluzionaria dei Fasci socialisti. Il Bersi, che era sempre un po' sfrenato
nel bere, non trovava che un rimedio ai torbidi: - Polvere e piombo.. come il
general Radetzky soleva fare coi milanesi nel 48. Finchè l'idra avesse avuta
una testa (e i capi bisognava fucilarli subito) la Sicilia non avrebbe mai
ricuperato la sua quiete: ma il guaio d'Italia - soggiungeva il vecchio
giovinetto, chiedendo scusa a sua eccellenza il commendatore Zuccani - il guaio
era tutto nella debolezza del Governo.
Il Commendatore si permetteva di
osservare che la questione era complessa: che veramente un po' di miseria c'era
laggiù.
- E non soltanto laggiù, - aggiunse
il barone.
- E non soltanto in Italia -
appoggiò il direttore della Banca federale.
- Quel che occorre è una buona
circolazione monetaria e un coordinamento più razionale delle banche.
I tre illustri uomini avviarono su
questo argomento una discussione piuttosto animosa, in cui entravano e il
cambio traiettizio, e l'arbitraggio bancario e la massa di rispetto e il fondo
di riserva, e altre astruserie di questo genere, che si accendevano come d'una
lieta fiamma passando nella trasparenza dei bicchieri.
Il Bersi, che cominciava a veder
confuso, si lasciò trascinare nel vano d'una finestra dal sor Paoleto che,
tenendo il calice del punch frappé fra le dita, gli spiegò minutamente
come si debba trattare lo stoccafisso salato, se gli si vuol conservare il suo
aroma di mare; niente burro, ma olio, olio purissimo, con qualche soluzionetta
di acciuga.
Ezio si lasciò trascinare anche lui
dall'onda del l'ambiente. Venuto per soffocare un'idea cattiva in un cattivo
vino, il vagabondo non dolevasi di trovare nel vino qualche dolcezza. Nei fumi
dell'ebbrezza, le figure del giuoco gli si confusero in mano ed egli si trovò
di prender gusto alle parole insinuami di una donna, di cui sentiva il fascino
fisico.
La baronessa che i calori dello
Sciampagna resero ben presto irriflessiva lo dominava già cogli occhi, e lo
esaltava col rapido contatto delle mani, non gli lasciava quasi più tempo di
riflettere.
- So che mi hai vendicata - gli
disse una volta sottovoce, dandogli di punto in bianco del tu, come se tra loro
fosse già roba intesa.
- Di chi?
- Di quella svergognata tua
spagnuola. È vero che l'hai battuta prima di cacciarla via?
- Chi l'ha detto?
- Lo so.
Il pericolo della conquista che
stuzzica sempre quel residuo di cavalleresco ch'è nel fondo di ogni giovine
elegante, l'attrattiva del frutto proibito, l'idea che tra cinquanta possibili
adoratori di una donna essa sceglie te, e per te è pronta a sacrificare la sua
tranquillità, dovevano a lungo andare produrre nel giovine Bagliani, che
vantavasi come un uomo positivo, una cieca esaltazione, degno castigo del suo
peccato.
Ben presto egli non seppe più
distinguere se parlasse in lui più forte l'amore o l'orgoglio, o dove l'uno
cedesse il terreno all'altro; ma si sentì travolto da tutte e due, come da due
cavalli eccitati e sfrenati che trascinano un piccolo cocchio di paglia.
- Il caffè andremo a prenderlo nel
chiosco - disse la baronessa alzandosi; e impadronitasi del braccio del giovine
Bagliani, lo condusse verso il giardino. Gli altri seguirono infervorati, nei
loro discorsi, in cui la digestione mescolavasi alla riduzione della rendita,
allo scioglimento dei Fasci socialisti e alla non mai provata squisitezza di
una pizza napoletana abbrustolita con pane grattugiato.
- Tu mi dirai tutto quello che è
accaduto. Sapevi che sarei venuta a cercarti? non hai ricevuto una mia lettera
da Parigi? Noi resteremo qui, sul lago, fino a ottobre e tu devi aiutarci a
cercare una bella villa. Samuele è disposto a spendere quel che occorre e a me
non sembrerà vero d'essere così vicina a te. Tu sai quel che ho sofferto dopo
quella brutta scena di Nizza. Tu mi devi dare un giorno o l'altro quella donna
nelle mani. Ho bisogno di flagellarla...
E rompendo in una risata comica,
come se si burlasse di questa sua ferocia, soggiunse: - Ma che m'importa di lei
se tu sei mio?
E intanto entravano nel piccolo
chiosco costrutto in una foggia tra il turco e il chinese nel fondo di un boschetto
di pini, con piccole finestre a vetri colorati, che versavano macchie rossastre
e giallastre sui pochi mobili che arredavano l'interno...
*
* *
- E ora dammi una sigaretta... -
riprese la baronessa, E colla sigaretta in mano discese ad aiutare Ignazio
Buhler che pienaccio di corpo e alquanto squilibrato dal vino, stentava a
scalare gli ultimi gradini.
Fu servito il caffè coi liquori
nell'ombra verde di quel boschetto, in cui, tratto tratto, ai grandi discorsi
di economia politica osava mescolarsi il trillo di un usignolo.
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