IX.
Una benedizione.
La settimana che precedette alle
Regate furono per Regina giorni di trepidazioni e di pensieri. Amedeo aveva
accettato di entrare nella gara dei battellieri e di rappresentare con Tremezzo
anche gli altri paesi minori, che stanno ai piedi del monte Crocione e tutto
lasciava sperare ch'egli avrebbe battuto questa volta quei di Dongo, che da tre
anni portavan via la bandiera.
Regina era in cuor suo orgogliosa,
ma non c'è gloria senza palpiti. Nella sua paurosa modestia avrebbe voluto che
quel benedetto giorno fosse già passato. Dopo le Regate si sarebbero celebrate
le nozze: ma già gli occhi della gente erano addosso a lei, come se toccasse a
lei di dar forza e coraggio ad Amedeo. Per conto suo poco ci aveva a guadagnare
il giovine, se anche avesse vinto tutte le bandiere del lago, come poco ci
aveva a perdere se quei di Dongo o d'altri siti l'avessero battuto: la loro
gloria ormai, era un'altra: anzi le pareva che tutta questa gente che
s'immischiava tra lor due portasse via la parte migliore di quella contentezza,
a cui dopo due anni di aspettazione e di segreti sospiri, avevano diritto.
Tuttavia, se Amedeo avesse battuto veramente quei di Dongo e fosse tornato con
quella benedetta bandiera in mano, acclamato vincitore, portato in trionfo dai
compagni, messo al di sopra di tutti gli altri, le pareva che sarebbe stata una
bella consolazione di più.
Intanto coll'aiuto e coi consigli
della signorina del Castelletto lavorava a preparare il costume da battelliere,
che era fissato in una blusa di rigatino turchino con filettature bianche,
nastro turchino nel cappello tempestato di stelle bianche.
Questo piccolo corredo non fece
dimenticare quell'altro. Bortolo che non aveva tempo o non voleva spendere i
denari di un viaggio fino a Como, pensò d'incaricare un mercantello ambulante,
di quei che vanno colla cassetta sulle spalle a vendere tela e minuterie alle
donne, di portargli un assortimento di stoffe, cercando di combinare il buon
gusto colla non troppa spesa.
La casetta al torrente era stata
imbiancata di fresco: l'aria e il sole entravano da due parti ad asciugarla.
Maria Giulia, la mamma di Amedeo,
ci aveva lasciato un paiuolo, un calderotto, un armadio da cucina, quattro
sedie e un laveggio: il padre della sposa avrebbe provveduto il letto, i
canterani e la biancheria: alle gioie voleva pensare Amedeo colle duecento lire
delle Regate, che bisognava vincere e con qualche altro risparmio messo in
disparte.
La signorina del Castelletto prese
sopra di sè l'incarico degli addobbi, delle tende alle finestre, dei quadri e
della Madonna a capo del letto, che volle appendere essa stessa. Tutto
l'appartamento degli sposi consisteva in quattro stanze, due al pian di sopra,
due a terreno, che servivano anche di scuola ai bambini dell'asilo con un
piccolo chioso verso la riva ombreggiato da quattro piante di fico; ma come non
è mai disgrazia quando il frumento trabocca dallo staio, così non è male che la
felicità sia più grande della casa che abita.
Quei due figliuoli, alla loro
maniera semplice eran proprio felici, di quella felicità che non perde il tempo
a definire sè stessa. Essi non discorrevano mai del bene che avrebbero trovato
in quella casetta presso il torrente, per quella quasi paura che la gente
incolta ha della luce che esce dalle sue più vive emozioni; ma vi guardavano
ansiosamente come a una grossa moneta d'oro riposta che non conviene buttare in
spiccioli. Dei due, forse il più imbarazzato davanti a questo avvenire era lo
sposo, perchè era il meno ignorante dei misteri della vita, mentre la sposa,
nell'innocenza sua, ci andava fidente come a un dovere voluto e benedetto da
Dio: ma entrambi sentivano di essere sicuri di quella felicità che ha le salde
radici nei bisogni della natura, che fiorisce e muore naturalmente nell'aria
aperta e nel benefico calore del sole.
È in mancanza di questa felicità
naturale che i signori inventano le serre e storpiano i fiori. Chiusi essi
stessi in una atmosfera di bisogni artificiali, non le copiose rugiade del
cielo rinnovano e rinfrescano le piccole radici sepolte in angusti vasi di
porcellana, non il caldo del sole rinforza i gracili steli tenuti ritti dalle
posticcie convenzioni. Vivono i poveri germi, senza terra di sotto di una vita
tutta superficiale, come le muffe e gli agrifogli selvatici che rivestono le
pareti di un umido sepolcro. Basta un soffio di novembre a irrigidire tutta
questa vegetazione di salotto.
*
* *
Se ne accorgeva già la povera
Flora, per cui la felicità non era durata più di quel che dura una goccia di
rugiada sul filo di una ragnatela. L'illusione era caduta e ora non le restava
che di mostrare il suo amaro disinganno. Quando fu veramente persuasa che essa
si era inebriata in un bel sogno, e che Ezio la respingeva per ricuperare
brutalmente la sua libertà, credette per un istante di morire. Livida, coi
lineamenti stravolti, passava molte ore al buio, buttata sul letto, fingendo
degli atroci mali di capo, fin che sentiva la mamma che veniva a cercare di
lei. In presenza sua e più ancora in faccia agli estranei, sapeva trovar la
forza di nascondere il patimento del suo cuore e l'avvilimento mortale in cui
l'aveva gettata la sua credulità; ma appena sola, ricadeva in quella cupa
tetraggine, che è come l'ombra della morte. Idee cupe passavano nel suo
cervello e la spinsero una volta ad aprire il vecchio stipo e a trarre da un
nascondiglio il pugnaletto ancor col sangue rappreso, che aveva un giorno
vendicato l'onore dei Polony. La sua testa in fiamme non sognava che incendi e
distruzioni.
Perchè, quando ci pensava, la
situazione non era più quella di prima, nè essa poteva dire a sè stessa che
Ezio da allegro egoista aveva diritto di ripigliare una posizione perduta: no,
non era più la stessa cosa. L'antico equilibrio non poteva più essere
ristabilito con un semplice atto di volontà. Ezio l'aveva ferita al cuore e il
cuore perdeva il suo sangue dalla ferita. Perchè l'aveva onorata se era sua
intenzione d'oltraggiarla? perchè accendere una gran fiamma per soffocarla in
un mucchio di cenere... la cenere della sua povera vita? e più si sprofondava
in queste considerazioni, più andava persuadendosi che qualche cosa di nuovo
era intervenuto a rendere impossibile la pace tra lei e il signorino della Villa
Serena.
Che Ezio la sacrificasse al suo
egoismo: che per amore di tutte le vagabonde del mondo la lasciasse languire in
un'inutile speranza era storia antica: cosa dura, ma la poteva accettare,
perchè sentiva di essere sacrificata al suo egoismo, cioè alla parte più forte
di lui; ma che ella dovesse fare questo sacrificio a una donna... a quella
donna che entrava repentinamente a portarglielo via... Alle belle Liane, Ezio
non cercava che i passatempi della sua età, e una povera creatura innamorata poteva
ben restar di fuori al freddo ad aspettare, come la moglie del cattivo operaio
sta sull'uscio d'una bettola in attesa ch'egli esca per ricondurlo a casa. Ma
questa signora dalle penne di struzzo, questa baronessa, questa donna maritata
era venuta in un momento sacro ad avvilupparlo colla fatale passione che
accieca e che perde. Non più giovine, ma forte della terribile bellezza che non
vuol abdicare, l'ex cantante era venuta apposta (se Cresti diceva il vero) per
riprendere possesso d'un tesoro contrastato, farne ludibrio delle sue basse
sensazioni.
Davanti alla invasione indecente di
questo male, il suo antico e modesto altare era andato travolto e distrutto.
Ezio non sarebbe più tornato a lei, o non poteva tornare se non quando era
troppo tardi per tutti e due. Nè essa l'avrebbe voluto più riavere, uscito da
quelle mani. L'orgoglio del suo sangue rifiutavasi a bassi perdoni; ma intanto
la sua misera vita soffriva come se il destino feroce la facesse morire tra le
verghe.
La mamma aveva avuto ragione di dire
che col fuoco non si scherza: ma una Polony discendente da eroi, poteva anche
dimostrare al mondo che si può ridere e cantare anche in mezzo alle fiamme,
quando sorregge un'altiera fierezza. Ma per far ciò bisognava chiamare tutte le
forze più superbe intorno al cuore, affettare un sublime disprezzo per ciò che
umilia, farsi vedere più occupata di altri che di sè, evocare qualche dovere
più grande in cui potesse star sepolto il suo disinganno.
La mamma andava parlando di Cresti,
del buon Cresti, del povero Cresti...
Non sarebbe stata la migliore delle
vendette?
Non osò fermarsi su questo
pensiero, ma non osò nemmeno respingerlo. Nella tempesta della sua vita Cresti
era uno scoglio, in cui poteva tanto approdare come rompersi la sua barca.
Per opporre pensieri a pensieri,
cose a cose, per tutta la settimana che precedette alle Regate volle mostrare
di prender parte alle angustie di Regina e ai voti che tutti quelli del paese
facevano per il trionfo di Amedeo. Non potendo star seduta in casa, usciva
cinque o sei volte al giorno, per recarsi ora alla casetta degli sposi, ora
alla Villa Carlotta, provando spesso la sensazione paurosa di una persona che
fugge colle vesti in fiamme.
*
* *
Un giorno sul piazzaletto che si
allarga davanti alla fattoria, tra la chiesa e la riva, trovò seduti all'ombra
dei platani il vecchio Bortolo, e la moglie sua Santina, Maria Giulia, la madre
di Amedeo, in contemplazione d'un armadio che un vecchietto lungo con un collo
lungo, munito d'un grosso pomo di Adamo, aveva collocato sul muricciuolo della
sponda e teneva aperto come un tabernacolo.
Il mercantello detto il Cernobbio
andava levando dal tabernacolo e spiegazzando sui ginocchi dei clienti una
stoffa di mezzo cotone e mezza seta ch'egli assicurava essere un merinos
garantito, di un colore solido che non sarebbe scomparso nemmeno a usarlo,
parlando con poco rispetto, per strofinaccio dei piatti. Provassero,
toccassero, palpassero: lui non aveva premura... - E per dimostrare la sua
pazienza trasse una pipetta e le diede fuoco.
Bortolo levò dall'astuccio di
cartone i grossi occhiali; se ne fortificò il naso e cominciò a stringere nei
grossi polpastrelli di vecchio giardiniere il tessuto fino e scivolante: ma non
volendo arrischiare un giudizio stette a sentire il parere delle donne.
La Santina, nella sua prudenza,
dopo aver esaminata la stoffa attraverso la luce, disse bruscamente: - Possiamo
vederne qualche altra?
- Finchè ne volete, la mia gente, e
se non vi contento oggi voglio accontentarvi domani - disse il Cernobbio
sciogliendo un'altra pezza di stoffa color acqua di mare, un alpagàs finissimo,
che avrebbe fatto soggezione a una principessa.
Ricominciarono le trattative. Maria
Giulia trovava che il Cernobbio diceva più spropositi che parole. A Como essa
aveva visto e toccato della roba cento volte più sostanziosa per un terzo del
prezzo che metteva fuori quel disgraziato mercantello. - Ora capisco perchè vi
s'ingrossa il pomo d'Adamo: son lo vostre bugie... - finì col dire la mamma di
Amedeo, una donna ancor viva e forte coi cappelli bianchi, che cascavano sui
pomelli rossi delle sue guance essicate.
Bortolo a quel proverbio del pomo
di Adamo non potè trattenersi dal ridere, mentre la Santina mostrava il
desiderio di veder qualche altra cosa.
- Che il mio pomo d'Adamo possa cascarmi
nell'ugola e strozzarmi, se questa roba non la pago io al Bon marcê due
lire e settantacinque. Ma io non voglio far più prezzi: li farete voi i prezzi:
anzi li farà questa bella signoretta che mi conosce da un pezzo e che sa quel
che costa la roba bella.
Flora dovette intervenire, pigliar
posto sopra una sedia, metter le mani nelle stoffe che il mercantello andava
cavando fuori dal tabernacolo come se fosse il pozzo di San Patrizio.
La breva che comincia a
spirare sul mezzodì si mosse e mosse le foglie dei platani, agitando le ombre e
le luci di quell'angolo in cui sedevano i piccoli bisogni di una modesta
famiglia.
Mentre duravano le trattative e i
tira tira sui prezzi, Regina, uscendo dalla fattoria, venne a dire: - Vedete un
po' e dite quel che vi pare... - Dietro di lei seguiva Amedeo nel suo costume
nuovo di battelliere, con una tunica turchina dai risvolti bianchi e le stelle
bianche nel nastro del cappello. Le donne gli si misero intorno e lo fecero
girare sulle gambe. Chi suggerì di trasportare un occhiello, chi avrebbe voluto
più largo il bavero alla marinara: ma tutto sommato, tutte si accordarono che
il giovanotto valeva i suoi cinque soldi.
Senza aspirare alla gloria di
Apollo, il nostro Amedeo, non troppo alto ma ben piantato e saldo nei muscoli,
largo e corazzato il petto di robustezza, era quel che si dice un bel
barcaiolo. L'occhio piccolo e fermo indicava uno spirito prudente ma tenace: e
se qualche cosa di troppo fiero vi poteva essere nel volto abbruciacchiato dal
sole e indurito dal faticoso esercizio del batter l'onda e il vento, veniva
raddolcito dalla tinta chiara dei capelli e da un velo sottile di baffi biondi
che non nascondevano nulla della sua bocca robusta e de' suoi denti sani,
bianchi come l'avorio.
- Regina, Reginella, ti fidi troppo
a lasciarlo correre domenica - disse burlando il Cernobbio. - Tutte le ragazze
di Bellagio e di San Giovanni ne vorranno un pezzetto del tuo Amedeo.
- Che mi fa? - si difese ridendo
con insolito abbandono la ragazza - ho fatto senza vent'anni, farò senza
ancora.
- È dell'amore come del vin buono.
Si può non berne mai, ma è più difficile smettere che non incominciare. - E il
vecchio mercante che dava i suoi proverbi per nulla, rivolgendosi alla
signoretta del Castelletto, la chiamò in testimonio, soggiungendo: - Non è
vero, signorina? o non berne o bere fino in fondo.
Flora sentì di arrossire.
Fortunatamente la brigata si mosse per andar incontro a un vecchio prete, a don
Malachia della Madonna del Soccorso, che veniva dalla stradicciuola di Tremezzo,
col suo passo posato, agitando un bel ramo d'olivo.
- O don Malachia - disse Bortolo,
togliendosi il berretto di testa e cercando colla riverenza dei buoni tempi di
baciare la mano del prete, che offerse invece la tabacchiera.
- Ha proprio voluto venir giù con
questo caldo...
- Nostro Signore andava lui in
cerca di pecorelle.
- Si voleva venir noi alla Madonna
- si scusò Amedeo, - ma non si trova più un momento.
- Mi accompagnerai a S. Giovanni
colla barca: sono a pranzo da quel curato. E così? siete proprio disposti a
sposarvi davvero? Che cosa mi hanno detto? che Regina voleva farsi monaca
missionaria.
Regina cercò una difesa dietro le
spalle di Flora.
- Ecco la nostra brava contessina -
disse il vecchio cappellano, toccandola leggermente col lungo ramo che teneva
in mano - Chi mi parlava di lei, ieri, con mille elogi? ah, il signor Cresti
del Pioppino; anzi vuole che un giorno vada da lui a mangiar la polenta al
Pioppino, Pare che abbia in aria dei progetti... diplomatici... - e col
movimento delle sue dita magre e lunghe con cui accompagnò nell'aria quella
parola, di...plo...matici..., fece capire che sapeva qualche cosa.
- Il tempo promette d'esser bello
domenica, e sarà un gran giorno per Tremezzo e dintorni se non si mette troppo
presto il vento. Sta attento al san Primo, Amedeo: se ti par di vedere della
nebbia schiva il filo dell'aria. San Primo è una grande spia, Ho visto dei
rematori famosi perder per tre colpi di remo appunto perchè non avevano fatto i
conti coll'aria. Ma Bortolo ne sa più di me.
- Non si può dir nulla. Alle Regate
è come nel mondo: non sempre arriva chi corre di più.
- Dobbiamo entrare, figliuoli?
Tutti seguirono il vecchio prete
nella elegante chiesuola del palazzo e si raccolsero sopra i gradini di marmo
dell'altare. Don Malachia mise al collo una stola e fece inginocchiare Amedeo,
vestito della tunica nuova, sulla predella più alta: pose un lembo della stola
sopra una sua spalla e cominciò a leggere delle orazioni in un libro latino.
Dietro il barcaiolo andò a
inginocchiarsi Regina che aveva voluto e combinata questa benedizione speciale
per il suo Amedeo, perchè potesse andare con più confidenza alla gara. Sulla
soglia della porta aperta, per dove entravano lo splendore del lago e il
fruscìo delle foglie scosse dalla breva, una frotta di ragazzetti che
fan presto a spuntare, bisbigliavano intorno alla figura allampanata del
Cernobbio che dava un'occhio all'altare e l'altro alla cassetta.
*
* *
Flora andò a inginocchiarsi su un
banco in un canto, e mentre il vecchio prete recitava sul giovane barcaiolo le
preghiere della benedizione, nascosta la faccia entro le mani, essa pensò con
tristezza a un altro campione che forse in quel momento era inginocchiato ai
piedi di una donna... di quella donna! Una voglia amara di pungere l'assalì, la
soffocò: ma seppe coll'aiuto materiale delle mani che stringeva alla bocca
reprimere questa debolezza. No: non avrebbe pianto mai...
Le preghiere che i presenti
risposero a voce alta, seguendo quella tremula del prete, coprirono qualche
singhiozzo del suo povero cuore; e quando tutti si mossero, cercò di uscir la
prima per dissipare nell'aria e nel bisbiglio dei bambini che salutavano gli
sposi, l'ombra della cupa e invidiosa sua tristezza.
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