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Emilio De Marchi
Col fuoco non si scherza

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  • PARTE SECONDA.
    • V.   Triste incontro
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V.

 

Triste incontro.

 

La sera del giorno successivo i nostri viaggiatori arrivavano a Villa Serena. Andreino aveva mandato avanti un telegramma a Cresti che avvisò le persone di servizio e fece aprire la casa. Per evitare a Ezio il su e giù del battello a vapore, ad Argegno avevano presa una barca con due buoni rematori che in breve tempo li portarono alla punta del Barbianello, dove giunsero sull'ora d'uno splendido tramonto.

La vecchia Bernarda, che non aveva quasi più lagrime per piangere, quando vide dalla punta spuntare la barca e riconobbe le persone, come se vedesse venire non una barca ma un mortorio, esclamò: - Povero il mio Ezio! ha fatto bene la sua mamma a morire. -

Il Cresti, che passeggiava da un'ora coll'orologio in mano, inquieto, colla febbre indosso, al cenno che Andreino fece da lontano col fazzoletto, vide farsi oscura l'aria. Amedeo e il vecchio Giosuè, che spiavano dalla terrazza della darsena, si mossero dicendo: - Son qui. -

Cresti non aveva detto nulla al Castelletto di questo ritorno per risparmiare a quelle donne la tristezza del primo incontro. Le cose eran andate in modo che egli non sapeva nulla del viaggio di Flora a Lugano e credeva che la fanciulla ignorasse la disgrazia toccata ad Ezio. Ma Flora, alle prime mosse aveva saputo strappar la verità di bocca ad Amedeo che il Cresti volle condurre alla villa per avere un aiuto pronto e intelligente. Prima che la barca uscisse dal Barbianello, Flora era alla casa di Regina al torrente. - Accompagnami - le disse - non possono tardar molto. È inutile che mi facciate dei misteri. So tutto. -

Regina mormorò qualche parola di commiserazione e uscì con lei. Per non lasciarsi vedere da Cresti, che avrebbe potuto mandarle via, le due ragazze si trattennero in disparte dietro il casino svizzero, da dove, senza essere viste, potevano dominare il lago.

Flora era delle due la più tranquilla. Mentre Regina non poteva frenare le lagrime e cercava di soffocare i singhiozzi nell'angolo del suo grembiule, la figliuola del colonnello Polony guardava fissa innanzi a come forse aveva spiato suo padre dall'alto del poggio, cinque minuti prima di comandare l'ultimo assalto.

La barca approdò non alla darsena, ma alla riva aperta, a' piedi della scala. Andreino saltò per il primo a terra e porse la mano a donna Vincenzina. Cresti, Amedeo, Giosuè scesero loro incontro: ma nessuno seppe trovare la parola che valesse a rompere un silenzio così doloroso. Aiutato da Massimo e da Andreino, Ezio, che nel toccare la soglia di casa sua sentiva venire incontro tutte le belle cose della sua giovinezza, discese dalla barca, si fece dare il bastone e quando gli parve d'essere orientato, disse: - Lasciatemi, ora son pratico.- -

E venendo avanti col passo misurato e cauto del cieco, raggiunse la rampa della scala, sentì sotto la mano il ruvido della cinta e cominciò a salire.

- Son fioriti gli oleandri - disse quando fu in cima, dove si fermò un istante colla faccia rivolta verso la stesa del lago di cui sentiva l'ampiezza aperta ed il mormorìo pieno di seduzioni. I parenti seguivano a pochi passi di distanza colla stanchezza di chi torna da una battaglia perduta. Cresti non vedeva gli scalini, tante erano le lacrime che gli velavano la luce.

 

*

* *

 

Quando ebbe respirato un poco il soffio del vento, il cieco piegò verso il boschetto delle magnolie dove s'era avanzata ad aspettarlo Flora. Pallidissima, ma rigida e forte accanto al tronco di un albero a cui appoggiava la testa, la fanciulla addolorata guardava con occhi spasimanti.

Regina, nascosta fra gli alberi, s'era lasciata cadere in ginocchio e pregava a voce alta, perchè la Madonna desse a tutti la forza di sopportare quel gran male.

Ezio veniva abbastanza sicuro, guidato dal sentiero sabbioso che strideva sotto i suoi piedi nell'ombra già folta del viale che aveva per sfondo la luce del lago; quando, parendogli di udire una voce, si fermò, alzò il bastone come spada e domandò in modo di scherzosa esclamazione: - Chi va ? -

Flora non rispose, ma si precipitò verso di lui che si sentì chiuso nelle sue braccia. Egli sentì le sue labbra sulla fronte, sentì l'affanno della muta angoscia e credette per un istante che la morte più volte invocata venisse davvero non senza qualche conforto. Tutti si strinsero davanti a quella scena improvvisa in un sacro raccoglimento, come se in quei due giovani cuori vedessero soffrire tutta la natura umana.

Il silenzio che seguì per circa un minuto fu così religioso e profondo che la voce di Regina uscì come un mesto suffragio, come la preghiera del sacrificio.

- Vedi, Flora, come mi hanno conciato? - fu il primo a dire il poverino, che si sforzava di mantenere nello spirito e nella voce la pacatezza dell'antico elegante: - Addio, maschere, Flora! nemmeno Pomponio Labeone l'avrebbe prevista. -

Essa rispose con tutte le sue lacrime, che Ezio sentì cadere così spesse e così calde sul viso che, dimenticando stesso si fece a consolarla. - Povera Flora - disse commovendosi, mentre lasciava scorrere la mano tremante nel fitto dei folti capelli, come se cercasse con quella carezza di darle un segno dell'antica fratellanza: - Ti faccio piangere troppo, povero cuore. So che mi volevi bene, povera Flora, è un castigo grosso... ma ci vorrà molta pazienza. Ti conterò tutte le fandonie che mi hanno dato a bere in questi quindici giorni. Fu una cura di bugie: ma ora non c'è più dubbio. Sono orbo, orbo come una talpa. Però son contento di essere a casa mia... Dove siamo? dammi la mano, Flora, così... Questa è la porta di casa, ecco il primo gradino. Qui ci sarà la Bernarda, immagino, nascosta in qualche cantuccio. Dove sei tu? credi che non ti senta piangere, mia vecchia trottola?

- Son contenta di vederla, sor padron.. - fece per dire la povera donna; ma le rughe del vecchio volto s'irrigidirono in una contrazione nervosa, quasi in una smorfia di pianto trattenuto.


 

 

 




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