Quella stessa mattina, Viola, la figlia di Falqui, si era levata di buon’ora.
Il tempo degli esami si avvicinava: e recatasi sul giardino pensile del
grattacielo dove alloggiava, Ottava Isola di Corso G. Marconi,
si era assorbita nella preparazione della sua tesi di laurea.
Aveva portato con sé numerosi volumi ed andava via via dettando i suoi appunti nel tubo della fonoregistratrice. Ogni uomo inseriva i nastri magnetici
con gli appunti di qualche collega o con le lezioni di qualche professore; la
macchina li leggeva ad alta voce ed il silenzio intorno era rotto da un
continuo parlottare come appunto si conviene e si converrà a
una donna di tutti i tempi.
Ad eccezione di una capatina in S. Pietro per prima di
mezzogiorno si era proposta una giornata di studio continuo. Ed ecco invece che
tutti i fonosegnalatori del grattacielo si diedero a
ricercarla modulando in sordina il ronzio
convenuto del suo nominativo.
— Auf! sì,
proprio Viola? Una fonoradiovisione per me? Allora
scendo subito.
Se infatti si fosse trattato di
sola fonoradio le sarebbe bastato il normale
apparecchio telefonico da cui aveva adesso comunicato con la portineria. Ma il fonoradiovisione comportava un impianto tutto a sé
costosissimo che i Falqui non avevano
a domicilio.
L’ingegnere Narcisio Falqui era notoriamente ricco ma da anni si era dato a una
stretta economia, e la fanciulla, mentre scendeva con l’ascensore per recarsi
direttamente al centralino in portineria, giusto rifletteva che quella chiamata
così presto, con tariffa cioè notturna e doppia era cosa che a chi l’aveva
suscitata doveva costare un occhio. Caso quindi di estrema
urgenza o di troppi denari.
Entrò nella cabina e girò l’interruttore. E
così capi che si trattava del secondo caso.
La lastra fotogena colorandosi
aveva infatti suscitata davanti a lei una parlante
immagine.
— Hullo... hullo...
finalmente! Viola?
La giovinetta aveva già riconosciuto in quel suo
interlocutore un lontano parente, Al Falqui, nato e
vissuto nel Canada del Nord, figlio di oriundi
italiani, ricco come può esserlo chi possiede in terreni estensioni quasi come
la Sicilia.
— Pronti... sì, ti riconosco, Al... Sei cambiato; ti fai
vedere ogni secolo... Pronti?...
Ci fu una parentesi di gargarismi durante i quali anche
l’immagine si scompose e si ridicolizzò con gran soddisfazione di Viola. Quel
cugino così ricco ma di idee antiquate e agrarie le
era antipatico e solo per interesse ella e suo padre avevano mantenuto le
relazioni.
— Hullo... hullo...
miss... mademoiselle... signorina... lasci perdio! Maledetta la fonoradiovisione
e chi l’ha inventata! Viola... ah, sei lì? Sono quattro ore che sto tentando...
— Esagerato!
— Esagerato un corno! Credi che io venga all’apparecchio
all’una di notte di mia volontà?
— Ma qui sono quasi le sette.
— Me ne frego. Io invece debbo
ancora andare a dormire, dalle nove meno un quarto ieri sera che ho chiesto la
comunicazione con tuo padre.
— E allo stabilimento l’apparecchio
c’è bene!
— Ma me lo dan
sempre per occupato. È impossibile una cosa simile; chi vuoi
possa comunicare con lui tanto a lungo?
La giovinetta scosse le spalle. — Se
papà passa la sua vita più allo stabilimento che a casa è ben segno che lavora.
— Te lo dico io cosa è... E non può essere altro: ha girato
l’interruttore per non essere disturbato...
— Avrà i suoi motivi.
— Già; ed io mi sto guadagnando l’inferno a forza
d’imprecazioni senza poi contare, questa mia dannazione, cosa mi viene a
costare in migliaia di dollari!
— E chi dovrebbe spendere i soldi se non chi li ha?...
— A parlare con te è sempre la vecchia lite!...
— Via, Al — fece la giovanetta imponendosi con uno sforzo di
volontà una voce calma e un viso sorridente — sentiamo
un po’: da dov’è che mi stai vedendo? —
— Hai ragione. Non te l’ho ancora detto. Da bordo del « Neptune’s
».
— Cos’è? Uno steamer nel Mackenzie?
— No: è un electroboat della
Transatlantica.
— Come?... imbarcato per l’Europa?
Non è uno scherzo?
— Perbacco! e non mi vedi in viso una
gran paura del mal di mare?
— Appunto! impiegare quattro giorni
per acqua quando per aria in ventiquattr’ore saresti
stato all’aeroscalo di Ostia!
L’immagine del giovanottone
davanti a lei rise. — È tutto questo?
— Ti sembra poco guadagnare tre giorni?
— Brava! e quando li ho guadagnati
cosa faccio in quei tre giorni?
— Sai chi ragionava come te? Gli arabi
della Tripolitania quando videro i primi treni. Quasi
un secolo fa, però. Cosa c’è dunque in te per
renderti tanto retrogrado?
— Visioni di calma e di pace fra campagne
e boschi sterminati lontano dalle vostre metropoli macchinose ed effimere.
— Effimera Roma? L’Eterna?
— Eterna, si, quando sorgeva in mezzo alle
campagne e la servivano gli uomini, ma oggi che poggia su un intrico di ruote
dentate e la servono non uomini ma macchine...
— Basta, Al, con la tua retorica da
proclama dell’Unione Agraria. Arriva pure in barca a vela ma taci!
— Allora posso sperare che manderai qualcuno a Napoli al mio
sbarco? Domenica primo giugno alle quattro e mezzo pomeridiane.
— Ci mancherebbe altro se le migliaia di dollari che spendi
per avvertirmi del tuo arrivo non ti fruttassero neppure ciò! Verrò a prenderti
io direttamente...
L’immagine del giovanottone
davanti a lei espresse un comico imbarazzo. — Ti sarai però già accorta che il
modernissimo a me non piace.
La fanciulla rise fino alle
lagrime. — Rassicurati: papà ne ha già abbastanza della tassa di circolazione
stradale per aggiungerci anche quella di circolazione aerea... Una corsa quindi tranquillissima sulla mia elettroauto.
— Così va bene. Mi accorgo che quando vuoi sai anche essere
gentile. Del resto avrai tutto da guadagnarci.
— Sarebbe a dire?
— Non ho sempre detto che una volta maggiorenne sarei stato
dispostissimo ad aiutarvi?
— Per l’attività commerciale degli stabilimenti?...
— Certo, se accettate di tramutarli in
Azienda Agric...
— Al, sai cosa ti dico? Che sei ricco ma idiota. Ciao!
— Ricambio. Ma proprio credevi che
io fossi arrivato ai venticinque anni per farmi conquistare dalle illusioni
inventive di tuo padre? Già: anche nel fumoir qui a bordo ne abbiamo
un paio di automi. Automi ultimo modello che ti dicono « Good
morning! » e « Good evening! » e ti aspettano ai due lati dell’ingresso con le edizioni del
radiogiornale... « A newspaper,
please? ». Belli!... Ma
allora Charlie Chaplin II
che viaggia con noi sai cosa ha fatto ieri sera? Ha messo loro una cosa ben
differente in mano. E gli automi invece di svolgere e di
distribuire 55 centimetri di giornale han distribuito
ai passeggeri stupefatti 55 centimetri di volgare carta igienica...
Viola, eh, Viola...
La cabina era deserta. In un eccesso d’irritazione la
giovanetta aveva piantato tutto in asso.
|