VIII.
La storia che aveva originato le romanticherie di Viola era dopo tutto una storia di lavoro oltre che di
amore.
Come tale non può fare maraviglia
costituisse la mattina del 3 giugno oggetto di una minuziosa
riesumazione nella sede della « Argo Industriale S. A. ».
Una fonodattilografa scorreva
degli appunti e li andava leggendo davanti la macchina fonoscrivente.
Sapendo di avere il capo ufficio dietro di sé, le sue dita addirittura volavano
sui tasti per la spaziatura, per la punteggiatura e per le maiuscole.
Non appena il rullo lasciava le cartelle, il capufficio le scorreva:
Roma, giugno, 3 - 1998.
Mecanics General Trust
New York.
Signori, in risposta al vostro dispaccio
di ieri con cui ci comunicavate di essere stati informati di una ripresa di
lavoro negli Stabilimenti Falqui e di desiderare in
conseguenza tutte le informazioni possibili sull’attività dei suddetti; noi
alle 11 antimeridiane di oggi, per fotoradio, con
N... cartelle vi trasmettiamo il seguente confidenziale
TESTO. (N. protoc. 115).
Gli Stabilimenti Falqui furono
fondati nel 1950 dall’Ing. Guido Falqui
per la produzione in serie di automi a funzionamento
elettrico smerciati largamente come mannequins e
pupazzi reclamistici.
Cominciarono le sorti dell’azienda, ad andar male nel 1961
con la comparsa del modello G 3, nel quale, per la prima volta nella
costruzione di automi, furono applicati i nastri di
ferro per la registrazione magnetica dei suoni.
L’invenzione loro, com’è noto, risale al 1928, la prima
sostituzione loro ai dischi degli antichi fonografi al 1930, ma la loro prima
applicazione razionale agli automi appunto al 1961 col G 3.
Fece la prima apparizione in una biblioteca circolante. In
riposo l’automa restava seduto in una speciale cabina. Quando
un abbonato desiderava un libro ne cercava nel catalogo il numero e la lettera
corrispondente: indi andava a ripeterlo a voce chiara davanti all’automa.
Quello che accadeva nell’automa è elementare: esso portava
nei fili fonomagnetizzati della sua testa tante
registrazioni quanti erano i numeri del catalogo. Ogni fonoregistrazione
comandava, già studiati e precisati, tanti passi e gesti quanti ne abbisognavano per andare a prendere il libro richiesto.
La macchina perciò si metteva in movimento non appena il microfono entro essa,
alle parole dell’abbonato, faceva stimolare i corrispondenti nastri fonomagnetici.
Ne discussero i tecnici. Si agitarono le Corporazioni dei
Commessi che cominciavano a vedersi minacciate di
disoccupazione dalla concorrenza meccanica.
Sennonché la pratica dimostrò il G 3 pieno di difetti
pratici per cui fu presto abbandonato. Si pensi infatti che ogni nuovo libro di cui la biblioteca si
arricchiva comportava la necessità di nuove registrazioni foniche con nuovi
corrispondenti, comandi di passi e gesti complicatissimi. Concludendo:
risultò di difficile manutenzione e di costosa produzione in quanto non era
possibile farlo a serie, ammenoché non fossero
precedentemente state fatte a serie anche le biblioteche con la loro
ubicazione, disposizione di libri, ecc.
Come dicevamo questo insuccesso
portò un gran colpo alla prosperità dell’Azienda Falqui.
Altri insuccessi si susseguirono di cui notevole nel 1969
quello del modello L 9 tipo « cicerone », apparso quell’anno nella Galleria d’Arte Moderna.
Una prima geniale applicazione della cellula fotoelettrica
di selenio, gli donava una sorta di vista. Andava a fermarsi davanti a ogni quadro facendo un breve discorso. Non solo; riteneva
per ogni quadro o scultura un certo numero di risposte per altrettante domande
prescelte fra le più frequenti e normali da parte dei visitatori.
C’era quindi un notevole perfezionamento rispetto ai
precedenti modelli. Poteva questo utilizzare i propri nastri fonomagnetici non soltanto se stimolati con suoni di
preciso numero di sillabe, ma anche con un giro di parole più o meno lungo.
Ciò poteva apparire una sorta di comprendonio, di
raziocinio. E si trattava naturalmente di uno speciale
selettore ingegnosissimo il cui segreto fu però
rubato e venduto alla concorrenza.
Si aggiunga, a spiegarne l’insuccesso, anche l’estrema
delicatezza, la logorabilità, l’elevato costo di produzione.
Ed è a questo punto, nel 1970, che
appare l’attuale titolare: Ing. Narcisio Falqui. Lontano cugino del Guido, figlio di
emigrati italiani, nato al Canada, ricchissimo. Richiesto di soccorsi
economici, venne a Roma.
Era sua idea accordarli solo per liquidare l’azienda
meccanica e fondarne un’altra agricola al Canada. Fu un’apparizione dunque che
per il vecchio Falqui segnò burrasca.
Invece entrò in giuoco un fattore
sentimentale imprevisto. Il Falqui canadese
s’innamorò della figlia del Falqui romano. Si
trattava di una giovane dotata di singolare forza di carattere che, pur
ricambiando il sentimento suscitato, impose come condizione la prosperità degli
Stabilimenti.
In breve: il nuovo venuto passò dall’agraria alla meccanica
e divenne il collaboratore tecnico di suo suocero.
Dieci anni dopo, in seguito alla deflagrazione calorica di
un immagazzinatore di sole, tutta
la famiglia Falqui fu incenerita ad eccezione
appunto di Narcisio Falqui e di una sua bimba treenne.
Da quel tempo il sopravvissuto si può dire
si sia recluso nei suoi laboratorî.
Di lui è stato notevole, rispetto al suo predecessore, la
prudente gestione commerciale nel senso che compresa l’impossibilità,
nonostante le proprie ricchezze, di sostenere la concorrenza degli altri
produttori, ha preferito troncare ogni attività industriale, in
attesa di escogitare qualche modello standardizzabile e a basso prezzo.
E questo modello fu l’R.4, tipo « chaffeur », presentato
alla Grande Esposizione Internazionale di Berlino nel 1987-8; rimarchevole per
il gran perfezionamento in esso delle cellule fotoelettriche, che conferivano
capacità all’automa di guidare veicoli su percorsi noti e di poche curve: cioè
autostrade.
Le cellule fotoelettriche percepivano i margini delle
strade, gli ostacoli eventuali, i segnali delle stazioni di arrivo
e permettevano all’automa lo sfoggio di qualità perfette di conduttore.
Era producibile a serie e a basso costo. Costituiva per il
suo inventore una prova di superiorità tecnica rispetto all’altro Falqui che lo aveva preceduto.
L’innovazione però apparve così minacciosa alle Corporazioni
Operaie, che nuove violente agitazioni furono promosse.
Del resto la mentalità umana non era ancora matura per
tollerare l’idea di un veicolo che marciasse tutto
solo. La faccenda di una macchina che se ne andasse
guidata da un’altra macchina, sembrò diabolica e contro natura. Qualcosa come ai tempi in cui apparvero le prime carrozze che
camminavano senza cavalli. Per cui la protesta sboccò
nel campo della legislazione industriale originando la famosa Legge sui Limiti
della Meccanizzazione: « È fatto divieto a chiunque non solo di esperimentare
ma di escogitare macchine che per la loro perfezione e praticità possano, sia
umiliare l’umanità sia tendere al monopolio di servizi particolarmente delicati
».
E questa legge, di valore puramente teorico, in quanto non è possibile prescrivere a priori un limite
alla ricerca degli inventori e alla corsa del progresso, fu tuttavia valida a
impedire un successo commerciale a Narcisio Falqui
proprio quando i suoi risultati tecnici furono già brillanti.
Non ha tuttavia sospeso mai i suoi esperimenti fino ad oggi
e sembra che si sia proposto di eludere la Legge sui Limiti della Meccanizzazione con dei nuovi modelli tipo « schiavo ».
Comportante cioè, nel nome loro stesso, requisiti di
perfezione incapaci di urtare contro lo spirito della legge.
Sui risultati effettivi di questi esperimenti esiste il
segreto geloso. Noi non ne sappiamo niente. Sappiamo che i suoi stabilimenti
sono sempre pronti a qualsiasi improvvisa ripresa di lavoro su larga scala.
Sappiamo che ha impiegato automi di sua speciale fabbricazione per scavare anzi
nuovi locali e officine nel sottosuolo.
Anche noi conosciamo la sua
improvvisa ripresa di questi giorni. Sappiamo che la Corporazione dei Meccanici
ha fornito l300 operai a turno straordinario continuo, pasti e riposo nell’interno
degli stabilimenti; proibizione di comunicare con l’esterno fino a lavoro
ultimato, la cui durata, con queste condizioni, non può essere molto lunga.
Concludendo: da tutto quello che
sappiamo e che vi abbiamo riferito noi induciamo che entro gli Stabilimenti Falqui si stia oggi effettuando la produzione in serie di
un nuovo tipo d’automi ritenuto suscettibile di consensi e di successo.
Termine del testo riservato e confidenziale.
Fattura allegata.
Gradite i nostri saluti, ecc.
Il capufficio, che aveva finito
con un mormorio di soddisfazione la lettura dell’esauriente documento, per
distrarsi si avvicinò un momento alla finestra. E
un’immensa scritta rossa abbagliante sul grattacielo della « Tribuna » colpì
subito i suoi occhi.
Leggere e ritornare nervosamente sui suoi passi fu tutta una
cosa.
— Signorina — egli chiese alla fonodattilografa — ha finito?
— Tempo di ordinare, numerare e...
— Prenda tutto con sé. Si precipiti all’ascensore. Le farò
trovare un taxi alla porta... Numeri e cataloghi in auto.
Mi faccia venire la fotoradiotrasmissione non più
alle 11 ma entro le 10 e 45. Ci sarà una ricompensa per lei.
La signorina, in grembiule e con tutte le sue carte a fascio
nel cestino, era già fuori.
— O noi guadagniamo questo quarto d’ora
— si disse il capo ufficio — o ci faremo dire di non essere più noi e di farci
sorpassare dagli avvenimenti ».
Ciò che avevo letto; ciò che gli
altoparlanti già diffondevano era: « L’illustrissimo scienziato E. I. Sedana ha chiesto la convocazione urgente della Somma
Accademia d’Europa oggi alle 11 a. m. per riferire su un grave imminente pericolo della
meccanizzazione mediante automi ».
|