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Ciro Kahn
L'uomo di fil di ferro

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  • PARTE PRIMA L’INCUBO
    • XI. Gli schiavi.
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XI.

Gli schiavi.

Semidimenticato dalle ditte concorrenti, Narcisio Falqui si era recluso nei suoi laboratorî, studiando la costruzione di un modello d’automa perfetto per inconsumabilità e molteplicità d’impiego.

L’inconsumabilità l’aveva ottenuta con la produzione di speciali leghe metalliche; la molteplicità di impiego con una serie di superazioni inventive.

Base di queste erano sempre stati: , i fili di ferro per la registrazione magnetica dei suoni; , le cellule fotoelettriche.

Aveva impressionato magneticamente diecimila sottili striscioline di ferro ripartendo fra loro brevi ragionamenti essenziali: sull’aritmetica, sull’alfabeto, su tutte le più frequenti decorrenze della vita pratica.

Dopo aveva escogitato uno speciale selettore il quale, partendo da un microfono che fungeva da orecchio, a seconda i comandi percepiti andava a stimolare in rapida successione i corrispondenti fili magnetici. Ad esempio, la parola disegno stimolava i ragionamenti pratici sul disegno; la parola triangolo il ragionamento corrispondente.

Per cui all’ordine « Disegna un triangolo » lo speciale selettore era in grado di fare partire impulsi opportuni. II filo magnetico disegno, una volta stimolato, faceva mettere in moto una mano meccanica, mentre il filo triangolo faceva sì che le linee tracciate risultassero nella forma suggerita.

C’erano poi le cellule fotoelettriche che supplivano la vista. Un migliaio di immagini fondamentali: lettere, colori, case, animali, ecc., trasformate da apposito dispositivo in impressioni elettriche inconfondibili, erano già state fissate magneticamente in altri corrispondenti fili con selettore proprio ma collegato all’altro selettore fonico.

Ecco quindi che anche potevano essere eseguiti ordini più complessi: disegnare un albero, arrampicarsi su un albero, segare un albero, ecc.

Ma oltre ai fili delle immagini fondamentali gli occhi fotoelettrici avevano a loro disposizione altri fili suscettibili d’impressionarsi solo transitoriamente, i quali servivano alla registrazione di tutte le immagini secondarie; sorta di memoria ottica di breve durata come quella degli uomini, ma basilare in tutte le questioni di pratica corrente. È infatti in virtù sua che è concesso ambientarsi, dimenticare l’ubicazione della casa di ieri per imparare quella della casa di oggi; o così via. Fino a tanto che le immagini più usuali, a forza di essere riimpresse, non diventano familiari determinando il buon senso e il raziocinio elementare della vita pratica. Andare in un luogo; riconoscere quell’albero; arrampicarsi solo su quello...

È superfluo accennare ai cento meccanismi interferenti che erano ingegnosi ma intuibili: per l’equilibrio, per i movimenti, per le posizioni di sforzo. E a membra di acciaio messe in moto da similradium erano concessi sforzi fantastici.

Giunto a questo punto, dopo dieci anni di studio, era dunque venuto fuori lo Z. 2. tipo « schiavo ». Narcisio Falqui ne costruì dodici con ottimo esito e tenendo conto di come era preceduta la loro costruzione stabilì, fin nelle più minute particolarità, l’attrezzatura dei lavoratori per la produzione in serie di duemila automi al mese; e fissò una data per l’inizio dei lavori.

Ma il lungo studio, il lungo patimento avevano logorato la sua fibra. E di lui accadde quello che per molti artefici accade: arrivare a compiere l’opera e poi dubitarne.

Ciò che egli aveva prodotto era una cosa miracolosa, ma egli, che a quel miracolo si era venuto abituando di giorno in giorno, non ne valutò più la portata.




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