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Vincenzo Sigonio La difesa per le donne IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap. 12
Che il consiglio delle donne è buono
Aristotele, nel lib. 1 della Politica, mostrandosi poco [58r] favorevole delle donne, dice che il consilio loro è debole. Euripide poi apertamente si dimostra nimico delle donne, e dice che le donne sono povere di buoni consigli, ma che nel ritrovare i consigli cativi esse hanno l’arte vera. Per le quale sentenze molti forsi penseranno che il consiglio delle donne sia o cativo overo da niente, e per conseguenza da essere sprezzato e biasimato; ma l’Ariosto dicendo poi nel suo non mai appieno lodato Furioso nel canto 27
Molti consigli delle donne sono meglio improvisi che a pensarvi usciti, ché questo è special e proprio dono fra tanti e tanti lor dal ciel largiti
diranno forsi che, se pure il consiglio delle donne sarà di qualche considerazione, ciò sarà quando egli sarà improviso e non pensato; il che è proprio parere del volgo. Nondimeno noi, poco curando di questi tali che in questa parte vogliono dare biasimo alle donne, istimiamo che tutti i consigli delle donne [58v] siano ottimi e di somma utilità, o siano improvisi o pur pensati; anzi io persuaderei a tutti a non far cosa alcuna se prima non pigliassero consiglio dalle donne, e questo per l’essempio di Augusto e Giustiniano imperatori. Impercioché esso Augusto, come dice Seneca nel libro Della clemenza che egli scrisse a Nerone, molto usò il consiglio di Livia sua moglie, e anco nelle cose grandi; e per opera di essa Livia, spogliatosi d’una certa sua innata severità, divenne molto clemente. E medesimamente Giustiniano, come egli attesta nella Autentica, ne gli negoci ardui e appartanenti all’imperio facea partecipe del suo consiglio la moglie. Né mancano essempi di donne per i cui consigli e avisi i mariti loro hanno meglio amministrati le cose loro e sono divenuti megliori e fatti più prudenti. Primieramente Abramo, il quale ebbe tanta famigliarità con Dio, avendo duramente pigliato il consiglio [59r] di Sara sua moglie, la quale lo consigliava che scacciasse Agar sua serva insieme con il figliuolo, subito udì la voce dal Signore che li disse: «Di tutto quello che ti ha detto Sara odi la sua voce», volendo dire «Piglia il consiglio di quella»: Genesi cap. 21. Sesostrate re di Egitto, il quale e di gloria e di ricchezze avanzò tutti gli altri, avendo pigliato il consiglio della moglie, da un grandissimo e non pensato pericolo liberò se stesso e la moglie e una gran parte de i figliuoli: perciò che avendolo invitato e ricevuto in casa il fratello, e avendo egli poi di fuori circondato la casa di legne accese per abbrucciarlo insieme con i figliuoli e la moglie, intesa la cosa subito si consigliò con la moglie; e ella persuadendolo che, distendendo due figliuoli di lei, che egli avea, su l’ardente fuoco, facesse un ponte, sopra del quale essi passando si liberassero dalla morte; il che avendo fatto, solamente due figliuoli restarono abbrucciati, e gli altri quattro e insieme il padre con [59v] la madre furono servati: questo narra Erodoto in Euterpe, e ne fa menzione Diodoro Sicolo nel lib. 2 della Istoria. Plutarco, in quel libro che è intitolato Le virtù delle donne, narra una istoria molto bella della moglie di Pitheo overo, come scrive Plinio lib. 33 cap. 10, Pithio, il quale fu nel tempo di Serse. Ella al marito, in quel tempo d’ogni altro ricchissimo, il qual sempre avea l’animo all’oro e del continuo ne facea cavare, essendo venuto di viaggio a casa e avendo addimandato che la cena fosse preparata, comandò che fosse apparata mensa d’oro, nella quale ogni cosa da mangiare era lavorata d’oro; e nel primo aspetto si rallegrò Pithio, guardando ogni cosa esser fatta con mirabile arte; dopo, sacciato di risguardare, comandò che fossero portati cibi da mangiare: ma la moglie tutte quelle cose che egli avea addimandato parimente [60r] fece portare d’oro fatte. Al qual commosso da ira e fortemente gridando che moriva di fame né allora egli addimandava oro, saggiamente e prudentemente disse la moglie: «Tu non lasci avere facultà di niuna altra cosa fuori che di questa; perciò che ogni studio e ogni arte de gli uomini per tuo comandamento è occupata in cavare l’oro, che niuno è che più lavori i campi, niuno porti i frutti della terra, niuno pianti gli alberi». Per la quale riprensione della moglie mosso Pithio, non in tutto lasciando l’impresa dell’oro, solo la quinta parte de i cittadini ritenne in tal opera, e al resto parte alla agricoltura e parte alle altre arti commesse che dasse opera. Ataulfo re de Goti ebbe in animo di battere giù Roma, da lui pigliata, insino a li fondamenti, e in un altro luoco fare una città e in luoco di Roma chiamarla Gothia e, in tutto cancellata [60v] la memoria de li Cesari e Augusti, quella di Ataulfo fare che nei posteri fosse nominata; ma per il consiglio e persuasione di Placida sua moglie di modo si mutò che in breve spacio di tempo non nimico, ma amico, non rovinatore, ma edificatore di Roma fu chiamato: della qual cosa fra molti altri Paolo Diacono, De i gesti de’ Romani lib. 13, e Paolo Orosio cap. 123 ne fecero menzione. Teodorico ancora, appresso Cassiodoro nella Tripartita istoria, lib. 9 cap. 31, è autore aver molto giovato alla sanità di Teodosio imperatore la moglie, la qual sovente riducea a memoria al marito le divine leggi, e sovente li dicea: «Te bisogna sempre, o marito, pensare che cosa tu sei stato poco fa e quello che ora sei; se penserai sempre queste cose, non sarai ingrato al tuo benefattore, ma l’imperio il quale hai assonto regerai secondo le leggi, e l’autore di queste [61r] cose tu placherai». Il Sasso, per cognome il Grammatico istorico, nel lib. 9 della Istoria danica scrive a Regnero re 62° de’ Dani, popoli di Germania, di modo essere stata grave la morte di Unithserico suo figliuolo, che con ostinato pianto si pose nel letto per morire; laonde la moglie, superata la fiducia virile, lo riprese della imbecillità dell’animo, e con essortazioni e viril consiglio lo fermò, e molto istrusse l’animo di quello, rivocato dal dolore, con maggior studio trattar l’armi, affermando che il padre fortissimo più giustamente con l’armi che con le lagrime debbe purificare le sanguinate ceneri del figliuolo; per il cui consiglio Regnero, deposto l’abito della mestizia e del dolore, rivocò la perduta audacia e in breve tempo pigliò il nemico, qual gli aveva ucciso il figliuolo, e fece la vendetta di quello, il che non averia fatto senza il consiglio della moglie. Teodolina regina di Longobardi, alla quale San Gregorio diede un Dialogo de i costumi per sua opera e consiglio, è scritto aver fatto Eutar suo marito molto più benigno e molto più [61v] inclinato ad abbracciare la vera pietà; ma ancora Agilulfo, secondo suo marito, uomo fuor di modo ferocissimo, destramente correggendo e mostrandoli la luce della verità, lo ridosse a tale che egli fu autore a tutte le sue genti de liberarsi dal colto dei demonii e maledette eresie. Nel qual tempo anco Brunechilde con simili consiglii ridosse a tale Childeberto re di Francia suo marito, che con tal legge costituesse Iasilone re di Bavaria, che non prima egli cessasse di perseguitare con la guerra i Sclavi insino che egli non avesse quelli soggiogati alla fede di Cristo. Appresso Egesippo lib. 1 Erode dice di Alessandro suo figliuolo e Glafira moglie di esso Alessandro, che ella riprendea una gran parte de gli errori del marito; la quale se da lui si fosse distaccata, era impossibile che egli non fosse caduto in qualche precipicio. Similmente la moglie di Massimigliano, come scrive Ammiano Marcellino lib. 3, ridosse il marito alla [62r] via della verità e della umanità. Celio scrivendo a Cicerone, lib. 8 delle Famigliari, parlando delle nozze di Tullia, figliuola di esso Cicerone, dice: «Io mi rallegro e congratulo teco della parentella che tu hai fatto con un uomo certo molto da bene (perciò che questo io istimo di lui); gli altri suoi andamenti poi, per li quali fin qui egli è stato poco utile a sé medesimo, già per l’età sua sono trascorsi, e s’alcuni altri vi resteranno, io mi confido quelli dover essere rimossi sì per la conversazione e autorità tua come ancora per la prudenza di Tullia». A cui respondendo Cicerone nel lib. 2 dice: «Quelle cose che tu speri potere essere moderate per la prudenza di Tullia mia figliuola, io ne son certo». E inanti tutti questi, quel Nino re de gli Assirii, delle cui lodi tante cose ha scritto Erodoto lib. 1 e Diodoro lib. 3 della Libraria, era solito di non fare mai cosa alcuna senza il consiglio della moglie, [62v] sì come scrive Diodoro nel lib. 3 sopra detto. Per le qual cose si può facilmente giudicare che il consiglio e la prudenza delle donne giova molto alla virtù degli uomini e a i vici loro grandemente porge remedio; laonde San Giovanni Grisostomo, Sopra Giovanni, Omelia 60, dice non essere cosa alcuna più potente della buona donna ad informare e istruire l’uomo a ciò che ella vorrà; né così leggiermente egli tolererà gli amici né i maestri né i prìncipi come farà la moglie la qual lo corregge e lo consiglia, perciò che l’ammonizione della moglie ha un certo piacere, amando ella molto quello che ella consiglia; e séguita dicendo: «Io posso addurre molti uomini asperi e crudeli fatti piacevoli e mansueti per opera di esse donne; perciò che nel mangiare, nel raggionare de li figliuoli loro, nell’andare, ne l’udire, nell’uscire di casa e in molte altre cose conferendo col marito [63r] e, sì come il corpo al capo, congionta, se sarà prudente e diligente, vincerà tutti». Le qual cose essendo così, per questo i Lacedemoni, quali sempre sono stati riputati sopra tutti i Greci sapientissimi, non manco communicavano le cose publiche che le private con le donne loro, sì come si legge in Plutarco nella Comparazione di Numa e di Ligurgo, come anco nella Vita di Agido; e come dice Aristotele nel lib. 2 della Politica, cap. 27, molte cose nel principato de’ Lacedemoni erano amministrate dalle donne. Appresso Ateniesi, ancora fra essi Greci gente non manco famosa delle altre, le donne esser state presenti a li publici consigli e essere state solite dare la voce loro, è testimonio Varrone in quel luoco dove egli scrive il contrasto di Minerva e di Nettuno, quali fra sé contendeano qual di loro due fosse autore di dare il nome alla famosa città di Atene; e lo riferisce Santo Agostino, De la città di Dio lib. 18 cap. 9. [63v] Li Tedeschi parimente istimano esser qualche cosa di santo e di prudente nelle femine, perciò che non sprezzano i loro consigli né gli oracoli loro rifiutano, sì come è scritto da Cornelio Tacito nel lib. De li costumi de’ Germani, dove egli soggionge aver visto sotto Vespasiano Vellenda Briutera lungo tempo esser stata appresso molti avuta in luoco di celeste nume; della quale esso anco fa menzione nella Istoria di Augusto lib. 20. Appresso Francesi ancora fu costume che, qualunque volta volessero consultare o di pace o di guerra, le donne s’intromettessero alle medesime consultazioni. Oltre di ciò, se qualche contraversia fosse accaduta tra i compagni, quella soleano comporre secondo la sentenza delle donne, e così, fra le condizioni che essi fecero con Annibale, questa ancora fu in esse scritta: s’alcuno de’ Francesi si lamentasse essere stato ingiuriato da alcuno de’ Cartaginesi, si dovesse pigliare per giudici i magistrati di tal cosa de’ Cartaginesi, overo li capitani che fossero in Spagna; [64r] se poi alcuno de’ Cartaginesi avesse ricevuto qualche dispiacere da alcuno de’ Francesi, che le donne de’ Francesi avessero da giudicare tal cosa: così narra Plutarco in quel libro che egli scrisse Della virtù delle donne nel cap. 6. Socrate ancora, Dio de’ filosofi, sovente nel lib. della Republica di Platone, massimamente nel lib. 5, e similmente esso Platone, della sapienza padre, nelle sue leggi non rimove in tutto le donne dalla amministrazione della republica; anzi vuole non solo i magistrati ma tutte le cose private e publiche sì della pace come anco della guerra esser fatte communi alle donne con gli uomini.
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