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Vincenzo Sigonio
La difesa per le donne

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  • Cap. 14   Che le donne possono ornarsi riccamente e farsi belle
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Cap. 14

 

Che le donne possono ornarsi riccamente e farsi belle

 

Gregorio Nazanzieno, riprendendo l’ornamento delle donne, scrisse contra di quelle versi tali:

 

Di chiome false il capo non v’ornate

e men fate più belli

al specchio i bianchi colli,

né quel sembiante umano [67r]

che vi dié il ciel, di più brutti colori

pingete.

 

Ausonio parimente, riprendendo in un suo epigramma Delia perché ella si ornava riccamente, in questo modo egli dice:

 

Noi si maravigliam, Delia (e è cosa

di maraviglia assai)

che tua sorella e tu sì mal conformi

siate: questa per l’abito pudico,

sendo impudica, appare

pudica al mondo e onesta;

e tu cosa che sia vituperosa

che l’abito non hai;

ma ancor che ’n te non sian costumi enormi

ned ella il suo vestir mostri impudico,

l’abito condennare

te nondimeno, e gli atti lei, non resta.

 

Senofonte parimente riprende gravemente gli ornamenti delle [67v] donne, e di questo è autore Plutarco ne gli Apoftemmi laconici e in Lisandro e nei Precetti congiogali; imperoché avendo una volta Dionisio tiranno mandato a le figliuole di Lisandro veste e altre cose con le quali le donne s’ornano, non volse accettare quelle, dicendo che egli temea che tal ornamento più tosto non deonestasse le figliuole che le ornasse.

Similmente scrive Macrobio, lib. 2 de li Saturnali, che Giulia figliuola d’Augusto Cesare dispiacque al padre essendo ella sontuosamente ornata.

Potrei addure infiniti altri che scrivendo dell’ornamento muliebre molto riprendono le donne nell’ornarsi, e hanno scritto e fatto ogni loro potere per levare in tutto a quelle le vesti preciose, i riccami, l’oro, le gemme, i belletti e ogni altro ornamento che abbellisca, adorni e faccia più degna la natural bellezza della donna; ma lasciati questi tali da parte, con la verità in mano mostreremo che le donne possono farsi [68r] belle e riccamente ornarsi e portare gemme e oro senza biasimo alcuno, anzi con somma lode loro.

Primieramente Quintiliano, nel lib. 2 cap. 1, dice: «Le collane e pietre preciose sono ornamenti delle donne».

Valerio Massimo, lib. 2 cap. 1, dice essere stato giudicato da’ Romani che le donne potessero usare vesti di porpora e riccami d’oro. Il medesimo nel sudetto luoco dice: «Acciò che la pudicizia di quelle non fosse trista e orrida, ma temperata di onesta sorte di severità, concedendolo i mariti loro, usarono oro in abondanza grande e veste di rosato, e acciò che facessero la beltà loro più adorna, con somma diligenza e arte si faceano i capelli biondi e rilucenti e belli». Ma che più? dice Giulio Polluce lib. 8 che già in Atene furono prefetti sopra l’ornamento muliebre li quali condennavano in danari le donne inornate; e Arpocrazio dice, come [68v] attesta Ipperide nella orazione Contra Aristagora, che le donne, nelle vie, inornate erano condennate in mille dramme: e Crobolo comico dice essere stata posta una legge di questo da Filippide.

Finalmente le sacre lettere sono testimonio che l’ornamento delle donne non è biasimato: perciò che si legge che Rebecca, come è scritto nel Genesi cap. 24, ricevete dal servo di Abramo due pendenti d’oro di gran prezzo, e similmente due braccialetti con li quali ella s’ornasse,

Quella Noemi poi, santa donna, come si legge in Rhut cap. 3, insegnando a Rhut in che modo ella potesse avere Both per suo sposo, le dice: «Lavati, profumati, e delle più belle vesti che hai ti vestirai».

Ester parimente, di non minor santità di Noemi, si ritrova nella sua istoria, cap. 2, che ella usò profumi, belletti e odori.

Si legge anco nell’Essodo, cap. 35, che le donne detero per ornare il tabernacolo di Dio braccialetti d’oro, [69r] pendenti, anelli e altri ornamenti.

Ezechiele poi, nel cap. 16 introducendo Dio parlare con una donna, dice a questo modo: «Io ti ho unta di olio, e vestita di varii colori, ti ho calciata di giaccinto, ti ho cinta di bisso e vestita di panni sottili, ti ho ornata di ornamento, ti ho dato li braccialetti nelle tue mani» e quello che ivi séguita.

Appresso Ezechia cap. 3, il Signore ivi minaccia di torre alle figliuole di Sion gli ornamenti delle scarpe, le collane, i colli di perle e altri ornamenti di varie sorti, perché esse si erano levate in soperbia.

Daniele parimente, cap. 3, scrive che quella castissima Sosanna comandò alle sue donzelle che le portassero olio e altre cose da lavarsi e farsi la faccia bella. E in questo proposito è quello dell’Apocalisse cap. 21 dicendo: «Io vidi la santa città di Gierusalemme nuova descendente dal cielo, da Dio ornata sì come sposa ornata al suo marito». [69v]

Li poeti ancora mostrano che le loro dee si rallegrano de tali ornamenti; imperoché Omero nell’Inno di Apollo fa alcune dee promettere ad Iri uno ornamento ricco de filla d’oro, acciò che ella andasse per la dea Lucina che fosse presente al parto di Latona. E nell’Inno di Mercurio attribuisce a Maia, madre di esso Mercurio, belli calciamenti. Per le cui sentenze si può conchiudere che l’ornarsi e farsi bella non debbe essere di biasimo alcuno, se però ciò non si facesse per essere vaggheggiata e per cativo fine: perché senza dubio questo è di sommo biasimo, anzi di grandissimo peccato. Ma se la donna usa belletti per nascondere la bruttezza, la quale o infermità o la natura avesse prodotta, questa non è da essere biasimata, dicendo San Paolo nella Pistola 1, cap. 12, [70r] A li Corinti: «Quelle membra del corpo quale pensiamo essere più ignobili circondiamo di più abondante onore». Si può anco la donna maritata onestamente ornare per questa causa, cioè per piacere al marito e conciliarsi l’amor di quello, acciò che, sprezzata essa sì come brutta, egli non cadesse nel peccato o di fornicazione overo in altro maggiore: e questo credo che sia vero, riferendomi nondimeno a chi meglio intende.

 

 




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