Cap.
21
Che le donne non
sono golose né dedite al vino
Giovanni Stobeo, citando
Simonide, mordacissimo scrittore contra le donne, nel Sermone 71, dice
che la donna non sa fare altra opera che mangiare e divorare.
Plauto poi nel Curculione
fa che una donna, tratta da l’odore del vino, dicchi cose grandissime, di modo
che egli vuol persuadere dalle parole di quella che tutte le donne siano
deditissime al vino. Le qual parole, considerate da Andrea Tiraquello nella
nona Legge congiogale, numero 153, l’hanno talmente persuaso a credere
che così sia, che egli ha detto: «Chi udì mai che un uomo dicesse simili parole
appresso di comico alcuno overo d’altri scrittori?» Ha parimenti egli
[103r] nel sudetto luoco detto che per nessuna altra causa il demonio
prima tentò la donna che l’uomo del vicio della gola, se non perché egli sapea
che il sesso muliebre era più inchinato a tal vicio che l’uomo, e che con minor
fatica egli suppererebbe quella: il che, dice egli, li venne fatto. Ma contra
questa sua chimera fantastica si risponde che il diavolo, come è stato notato
nel lib. della Nobiltà delle donne, principalmente la tentò come colui
che la conobbe più eccellente dell’uomo e di tutte le creature e, come dice San
Bernardo, vedendo il diavolo la maravigliosa bellezza di lei e sapendo che ella
era tale quale avanti nel divino lume l’avea conosciuta, che sopra tutti gli
angeli avea a godere il colloquio di Dio, nella donna sola drizzò l’invidia per
la sua eccellenza. Dove poi egli dice: «Chi udì mai che uomo dicesse cose
simili appresso comico alcuno?» credo benissimo che con gli essempi de li
scrittori si [103v] mostrerà non solo chi averà detto simili parole ma
anco chi averà fatto per il vicio del vino e della crapola cose indignissime.
Ma ritorniamo a Simonide, il qual così inonestamente tratta le donne del vicio
della gola: non si legge nelle istorie di molte donne che sono state
temperatissime nel vivere loro, anzi molte hanno superate gli uomini?
Agar serva di Abramo, col
figliuolo Ismaele scacciata, non porta seco andando nella solitudine altro che
pane e acqua: M. Marulo lib. 4 cap. 2.
Ruth cogliendo le spicche nel campo era contenta di
pane solo e acqua che beveano li metitori: il medesimo autore.
Asella vergine fu contenta di
solo pane, acqua e sale: il sudetto autore nel medesimo luoco.
Paola non usò olio né laticini
né altri cibi delicati né vino, ancora quando era inferma: il sudetto autore.
Eufrasia, oltre che sprezzò le
sudette cose, né anco mangiava frutti dolci: il medesimo autore.
Othilia vergine era contenta di
legumi e di pane d’orzo: il [104r] sudetto autore nel sudetto luoco.
Anna profetessa, figliuola di
Fanuele, tra l’altre cose è commendata perché ella non si partiva dal tempio,
attendendo giorni e notti a digiuni e orazioni: Luca cap. 22.
Giudith è anco molto commendata
dalle Sacre lettere perché ella digiunava tutti i giorni della sua vita eccette
le feste: Giudith cap. 8.
Similmente la regina Ester è comendata molto dalla
sobrietà e dal digiuno: Ester cap. 4.
Maria Egiziaca visse dopo la sua
conversione sempre nell’eremo in grandissima astinenza di vita, solo mangiando
radici d’erbe e acque bevendo di continuo: Jacopo Voragine nel Leggendario
de’ santi.
Maria Madalena, nobilissima santa, trenta anni stete
nell’eremo senza cibo umano, solamente cibata di cibo celeste: nelle sacre
istorie.
Marta, sorella della sudetta
Madalena, nobilissima e santissima donna, [104v] facendo un monastero,
si rinchiuse in quello, facendo vita austera e del continuo attendendo a
digiuni, né mangiava eccetto che una volta al giorno, astenendosi da carne,
uuove, latticini e d’altri cibi delicati: questo si legge nella Vita di quella.
Ma per il contrario chi non sa
la crapola, la golosità, la imbriachezza (la quale, come scrive Macrobio lib. 7
cap. 6, rare volte si vede nelle donne) degli uomini infiniti, e non solo de
uomini infimi e bassi, ma anco de prìncipi, signori e imperatori?
Claudio Tiberio Nerone, per
comminciare da questo, il qual fu terzo imperatore, fu al mangiare e al bere
deditissimo, né mai si partiva dalla mensa se non pasciuto e ubriacco, e acciò
che egli essalasse il stomaco mentre che supino e ubriacco dormiva, si facea
porre una penna in bocca: Svetonio, e Guidone Bituricense nel cap. de li Golosi.
Sardanapalo, re degli Assiri,
quanto fosse goloso, dal suo [105r] epitaffio, che egli fece iscolpire
sopra della sua sepoltura, si conosce, il qual dicea fra l’altre cose: «Mangia,
bevi e gioca, che dopo morte non è piacere alcuno»: Guidone Bituricense, cap.
de li Golosi.
Domiziano Africano, avendo in una cena troppo
mangiato e troppo bevuto, per la superfluità del cibo e del vino sùbito morì a
guisa d’un porco: Eusebio.
Filosseno, acciò che tanto più
fosse durato il piacere che egli sentiva nel mangiare e nel bere, desiderava
avere il collo di grue: Aristotele nell’Etica e Gellio lib. 19.
Dionisio, re di Sicilia, fu di
tanta golosità pieno che agli inventori de nuovi cibi e piaceri dava
grandissimi premii, e sommamente lodava il vino: Erodiano istorico greco.
Antigono re in luoco di regal corona si ponea in
capo una ghirlanda di edera, e in luoco di scetro tenea in mano un tirso,
rappresentando Bacco dio del vino: Erodiano istorico greco. [105v]
Vario Elliogabalo ubriacco fu
gettato in una androna da li suoi soldati: Guidone Bituricense cap. de’ Golosi.
Caligola divorò e consumò una grandissima parte del
tesoro lasciatogli da Tiberio in cene e conviti con ruffiani e meretrici:
Svetonio.
Publio Gallonio fu uomo di
grandissima voracità e fra bevitori molto versato, donde che da Lelio egli fu
chiamato «una voragine la quale mai s’empiva»: di questo uomo scrive Orazio e
Lucilio. Tertulliano anche tassa molto la spesa di questo Gallonio, la
imbriaghezza di Antonio e la golosità di Apicio.
Fago fu un certo uomo di modo
goloso e divoratore che, essendo stato invitato alla mensa da Aureliano
imperatore, mangiò in un solo giorno uno cinghiale, cento pani, un castrato e
un porcello e bevete una orna di vino: Flavio Vopisco.
Galba imperatore fu di grandissimo cibo: egli
mangiava [106r] nel tempo dell’inverno inanti il giorno, e poi, mentre
che egli cenava, tanti abondanti e superflui cibi egli volea, che quelli si
sporgeano dinanti a li piedi degli astanti: Svetonio, e Guidone Bituricense nel
cap. de’ Golosi.
Attila, re de’ Unni, la prima
notte che egli si congionse con la moglie, essendo dal troppo cibo e vino
oppresso, fu ritrovato la mattina morto: Battista Campofulgosi lib. 9 cap. 12.
Elpenore, avendo bevuto fuori di
modo, e perciò fatto ubriacco e uscito de i sensi, cascò giù d’una scala e morì
subito: Ovidio lib. 14 Metamorfosi e in Ibim.
Ericione fu un certo centauro,
il qual per causa del troppo bere morì: Ovidio lib. 1 De arte, e
Properzio lib. 2.
Omero parimente di questo vicio
del vino è tassato da Orazio, lib. 1 delle Pistole, e anco Ennio poeta.
Filostrato, essendo nei bagni e bevendo tanto vino
che divenne ubriacco, cadendo giù delle scale se amazzò e morì subito: Marziale
lib. XI.
Polifemo ciclopo, avendo per il
troppo cibo e vino perso i sensi, fu privato dell’unico occhio da Ulisse:
Vergilio lib. 3 dell’Eneida.
Scrive Plinio che Novellio Congio milanese ebbe tal
cognome da tre congii di vino quali in un fiato egli bevea, alla presenza di Tiberio
imperatore, il qual guardava quello per miracolo.
Bonoso bevea tanto quanto alcuno
altro uomo: di costui Aurelio dicea che egli non era nato per vivere ma per
bere. S’alcuna volta legati de’ barbari a lui andavano, egli li dava molto bene
da bere per causa d’imbriaccargli, e quantunque egli avesse bevuto molto,
nondimeno egli mai s’imbriaccava, imperoché egli tanto pisciava quanto bevea;
finalmente, superato da Probo [107r] e avendo finito la sua vita con
un capestro, nacque un gioco, che «una anfora era impiccata e non un uomo»:
Flavio Vopisco, e Guidone Bituricense cap. deli Golosi.
Armito e Cianippo siracusani, bevendo oltre misura,
divenero ubriacchi e viciarono le proprie figliuole: Plutarco.
Promaco fu un uomo bibacissimo,
al quale Alessandro Magno donò una corona perché nel certame del vino egli avea
avuto la vittoria: Plutarco.
Oloferne, grandissimo capitanio,
essendo ubriacco, fu da una donna ucciso, e il capo di quello fu portato nel
campo de gli Ebrei da quella.
Settimo Severo imperatore, avendo troppo avidamente
empito de vari cibi il suo corpo, non potendo digerire quelli morì
infelicemente: Sesto Aureliano.
Valentiano imperatore, per
l’intemperanza e moltitudine [107v] de soverchi cibi, morì in breve
spacio di tempo: Sesto Aureliano.
Finalmente, per pore fine a così
odiosa materia, dice Gregorio Turonense che Childerico sassone, avendosi empito
di vino e di cibo insino all’orecchie, fu da quello soffoccato e ritrovato la
mattina nel letto morto.
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