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Vincenzo Sigonio
La difesa per le donne

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  • Cap. 7   Che le donne non sono avare
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Cap. 7

 

Che le donne non sono avare

 

Dicono li nimici delle donne che esse sono avare: tra li quali è Cicerone nel lib. 1 Della invenzione; Accursio poi, sopra la legge Nesenius, nella dizione ex contrario, ff., de neg(otiis) gest(is) e in molti altri luochi, quasi che non bastasse dire avare, le chiama avarissime. Parimente Aristotele nell’Economico dice che i vecchi e le donne sono avari; in Platone, nel lib. 1 della Republica, Socrate, avertendo li vincitori che non spogliano i morti se non dell’armi, dice che par pensamento avaro e muliebre spogliare i morti d’altro che di quelle. [13r]

Seneca, lib. 2 delle Declamazioni, dice che l’avarizia è fondamento di tutti i vici delle donne; Donato interprete di Terenzio riferisce quello detto di esso Terenzio nell’Eunuco, ‘accede ad hunc ignem’, all’avarizia delle donne, le quali non altrimenti siano avide e avare come è il fuoco degli elementi. Il Mantoano nella 4ª Elegia, descrivendo i costumi delle donne, chiama quelle avare e rapaci; Fausto da Forlì nel libro delle Elegie dice che la donna è avara e che mai non addimanda altro che danari; il Boccacio, nel libro De gli uomini illustri, dice che la donna è un animale avarissimo: con le quali menzogne e bugie loro non è dubio alcuno che non abbino cercato in tutto d’istirpare la liberalità e amorevolezza delle donne, per causa di ponere quelle in odio a tutto il mondo. Nondimeno, mostrando noi che le donne sono liberalissime e, per contrario, [13v] che gli uomini sono avarissimi e che per causa dell’avarizia loro hanno commessi nefandissime sceleranze, spero che pocchi, se non fuori di mente, saranno per credere alle ciance loro; ma vediamo se le donne sono avare overo liberali.

Si legge nel lib. Della pudicizia delle moglie che Gorgo, figliuola del re Cleomene, disse a suo padre, il quale era essortato da Aristagora milesio a pigliar l’armi per gli Ionii contra il re de’ Persi, promettendogli grandissima quantità di danari, e quanto più egli ricusava, tanto più egli aggiongea alla somma promessa: «Padre, questo forestiero vi corromperà, se tosto non lo scacciate da voi». Chi dirà dunque che questa sia avara e desideri avere danari, se ella dissuade il padre a non pigliare quelli?

Cleopatra, ultima regina di Egitto, fece una [14r] cena a M. Antonio così ricca e così magnifica, che ella spese in quella docento e cinquanta milia scudi d’oro; donde che Sidonio, volendo dire ‘vivande magnifiche e laute’, dice ‘le vivande di Cleopatra’: Battista Campofulgosi lib. 9 cap. 1.

Scrive Marziale lib. 1 che una donna per nome Bassa fu così magnifica e splendida che, quando ella facea quelle cose che ricerca il corpo e la natura, le facea in un vaso d’oro.

Poppea moglie di Nerone era di sorte liberale e magnifica che a li suoi cavalli e altri giomenti, in luoco delli ferri che si pongono a li piedi loro, facea porgli d’oro: Guidone Bituricense nel lib. de gli Essempi.

Quanto fossero liberali le donne ebree si legge nel Essodo cap. 35: imperoché esse detero collane, anelli, pendenti, braccialetti e simili ornamenti loro per adornare il tabernacolo di Dio. [14v]

Liberali furono le tre Marie nella sepoltura del nostro Signore, percioché comprarono cose di specieria di grandissimo valore, e odore per ungere quello nella sepoltura: Marco cap. ultimo.

Abigail moglie di Nabal fu liberalissima verso il re David, il quale avendo deliberato di rovinare Nabal per causa della sua avarizia, essa, con li gran presenti e doni quali ella portò e donò a quello, mutò l’animo di David e salvò il marito; per il qual fatto dopo la morte di Nabal, qual percosso da Dio in spacio di dieci giorni morì, meritò essere fatta moglie di esso David: lib. 1 de li Re cap. 25.

Rebecca, figliuola di Batuelle, molto liberalmente rispose al servo di Abramo quando disse: ‘Bevi signor mio’; per il qual magnifico e liberal fatto meritò magnificamente essere maritata: Genesi cap. 24. [15r]

La regina Saba offerse e donò a Salomone cento e venti talenti d’oro, molte pietre preciose, gemme e molte altre cose di gran valore: lib. 3 de li Re cap. 10.

Tabita, per altro nome Dorca, fu molto liberale e piena di carità e di molte altre buone opere e sante limosine, sì come si legge ne li Atti Apostolici cap. 9, dove è scritto che le vedove piangevano mostrando a Pietro le vesti e toniche le quali ella facea a’ poveri; per il qual fatto così liberale, essendo morta, meritò esser da quello resuscitata.

Una certa donna porporaria, essendo stata batteggiata per la predicazione di Paolo, molto liberalmente pregò, anzi costrinse Paolo e i suoi compagni che stassero con esso lei in casa sua: Atti Apostolici cap. 28.

Si legge appresso Vergilio, lib. 1 dell’Eneida, che la regina Didone usò grandissima liberalità verso li Troiani, [15v] quali da li venti cacciati erano andati a i porti di quella; così dice Vergilio nel sudetto luoco:

 

Non meno intanto cento tori a’ liti

manda a’ compagni, e cento porci orrendi,

con le lor madri cento vaghi agnelli

e ’l dono e ’l gioir di Bacco.

 

Dopo ella accettò quelli benignamente nella sua città di Cartagine e gli fece un bellissimo convito, l’apparato del quale il medesimo Vergilio nel sudetto luoco con tal parole così descrive:

 

Danno i famigli indi alle mani l’acque,

portano di sottil lino i mantili,

pongon veloci da’ canestri il pane.

Cinquanta ancelle han dentro cura in lungo

ordin compore il vitto, e con le fiamme

onorare i penati. Son cento altre

di pari etade, altri tanti ministri

che di vivande fan le mense gravi

e vi pongon le tazze.

 

[16r] Lucina vergine romana con la sua liberalità magnifica aiutava i cristiani, e a quelli che erano stati martireggiati nel suo campo dava sepoltura: nelle Istorie ecclesiastiche.

Paola Busa, donna onoratissima, di formento e d’altre vettovaglie sovenne l’essercito romano dopo la rotta e fugga del fatto d’arme di Canna: Tito Livio.

Pudenziana e Prassede verginelle romane mantenevano con le facoltadi e entrate loro i poveri cristiani e servi di Dio: nel Catalogo de’ Santi.

Paola romana vedova dopo la morte del marito dispensò tutte le sue facoltadi e ricchezze a’ poveri: nelle Istorie ecclesiastiche.

Ma non si vede anco grandissima liberalità nelle donne dalle cose loro magnifiche e soperbe che hanno fatte? Perciò che si legge che l’Amazone edificarono la città di Effeso, Danae figliuola di Acrisio edificò Ardea città d’Italia: Vergilio lib. 7, Plinio lib. 3. [16v]

Didone, della quale abbiamo detto di sopra, fabricò, come dice Vergilio lib. 4 dell’Eneida, Cartagine città dell’Africa, la qual molti anni poi fece sudare nelle armi i Romani.

Semiramis regina de gli Assirii con suoi tesori fabricò o pur, come altri dicono, restaurò le mura e città di Babilonia: Properzio lib. 3.

Ma che maggior liberalità e grandezza si può vedere che quella della sopra detta regina Semiramis e di Artemisia regina di Caria? Imperoché a li miracoli del mondo sono annumerate le mura della sopra detta città di Babilonia, le quali erano alte piedi docento e larghe cinquanta, avendo trecento torri; e anche n’averiano avute più di quelle, s’alcune paludi non fossero state in luoco di muraglia; alla fabrica di queste mura erano trecento milia buoi, e aveano cento porte di ferro: Properzio lib. 3 e Lucano lib. 6. [17r]

Artemisia poi regina di Caria, come avemo di sopra detto, fece fare a Mausolo, suo marito morto, una sepoltura che fu annumerata e compresa da li scrittori fra gli altri miracoli del mondo: l’altezza della quale era venticinque cubiti, e era cinta da trenta sei colonne; era in facciata verso l’austro, e dal settentrione piedi sessanta tre; in tutto il circuito ella contenea quattro cento e undeci piedi: dalla qual sepoltura poi tutti i depositi e sepolture de li re e imperatori, quale sono di gran prezzo e soperbe, sono dette Mausoli: Properzio lib. 3, Marziale lib. 1.

Avendo noi mostrato che le donne sono liberalissime e splendidissime, contra quello che hanno falsamente scritto i nimici loro, per contrario mostreremo quanto il vicio dell’avarizia sia degli uomini proprio, e le sceleranze per causa dell’avarizia loro commesse pian piano scopriremo, dove si vedrà [17v] che i vici che essi attribuiscono falsamente alle donne sono in loro gravissimi e enormi.

Acam, per cominciar da questo, per causa della sua avarizia fu lapidato, e tutti i suoi beni furono abbrucciati, e sopra di quello fu posta una gran massa di pietre: Giosuè cap. 7.

Un certo avaro, avendosi preposto nell’animo di volere empire la cassa di danari per fas (come si dice) et nefas, e poi cessare di lavorare, cominciò vivere parcamente e attendere ad empire la cassa con buggie, spergiuri e inganni; e non avendo egli ancora empito la cassa, il demonio talmente li strinse la gola che egli non potea inghiottire cosa alcuna. Finalmente, essendogli portati vari cibi, egli cominciò gridare dicendo: «Io son crucciato, io moro di fame, ma perché io son strangolato dal demonio io non posso mangiare»; il che avendo egli detto, subito morì, e dal demonio fu all’inferno portato: Santo Antonino nella 2a parte, tit. 1. [18r]

Si legge nella Cronica martiniana, e lo riferisce il medesimo Santo Antonino nel sopradetto luoco, che un certo ricco dedito all’avarizia comprava nel tempo del raccolto molte biade, serbando quelle per indure la carestia, ma per giusto giudicio di Dio egli morì miserabilmente: perciò che, essendo egli in un certo porto in terra trattando di tal cose, subito uscendo dalla terra infiniti sorzi alla presenza di tutti lo assalirono per divorarlo, e non potendo molti difenderlo da li sudetti sorzi, lo portarono in barca. Ma da quella anco uscirono tanti sorzi che non lo potero difendere, e finalmente egli fu da quelli ucciso e mangiato, sì come egli promettea che le biade più tosto si marcissero e da li sorzi fossero mangiate, che venderle per onesto prezzo.

Scrive il medesimo Santo Antonino nel sudetto luoco che un certo avaro, essendo infermo e vicino alla morte, gli amici lo essortavano alla contrizione [18v] e confessione, a’ quali egli rispose che non potea, perché egli non avea con esso lui il suo cuore; a cui dicendo loro che egli era fuori di se stesso, perché egli non potrebbe vivere se non avesse il cuore, rispose: ‘Io non son fuori di me stesso, ma è vero quello che io vi dico; e acciò che sappiate che ciò che io dico sia vero, andate alla mia cassa ove sono i miei danari, nei quali io posi la mia fede e la mia speranza, e ivi lo ritroverete’. E così desperato morì subito; e essi andando alla cassa miracolosamente ritrovarono il cuore di quello fra i danari, acciò che fosse manifesto che tutto il desiderio di quello era ivi, secondo che dice Mateo cap. 5: ‘Ove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore’.

Balaam, preso dalla cupidità delle promissioni di Balach re di Moabiti, andava per maledire il popolo di Israelle, e l’asina su la quale egli cavalcava lo riprese e li ruppe un piede: Numeri cap. 22, e Innocenzio papa 3°, lib. 2, cap. 9 Del sprezzamento del mondo.

Naboth fu lapidato acciò che Acab avesse la vigna [19r] di quello: lib. 3 de li Re cap. 21, e Innocenzio papa 3°, lib. 2, cap. 9 Del sprezzamento del mondo.

Gieri fu percosso di lepra perché egli addimandò e accettò oro e argento e vesti sotto il nome di Eliseo profeta: lib. 4 de li Re cap. 5 e Innocenzio lib. 2, cap. 9.

Giuda il traditore per causa della avarizia non si vergognò vendere il suo maestro e nostro Redentore, e poi conoscendo il suo grave peccato perciò s’impiccò: Mateo cap. 27.

Seneca, nel lib. 2 De li benefici cap. 12, dove dice che il principe debbe dare doni secondo l’essere e stato suo, riprende Antigono di avarizia: imperoché Cinico, uomo di bassa condizione e povero, addimandando ad Antigono un talento, Antigono li rispose che un talento era più di quello che Cinico dovea addimandare; donde che Cinico, per tal risposta ribattutto a dietro, gli addimandò solamente un danaro: a cui Antigono rispose che ciò era manco di quello che [19v] a un re si convenia dare. Questa cavillazione fu bruttissima, imperoché egli ritrovò in che modo egli non dasse nessuna delle due dimande, essendo nondimeno cosa convenevole e degna a grandi uomini e illustri donare le cose grandi.

De li figliuoli di Samuele si legge nel lib. 1 de li Re cap. 8 che se inchinarono all’avarizia e pigliarono presenti e doni e per causa de quelli ingiustamente giudicarono.

La principal causa overo occasione della repprobazione di Saul par che fosse la cupidità la quale egli avea al butino di Abimaleche, donde che li disse Samuele: ‘Perché tu non udisti la voce del Signore, ma ti sei voltato al buttino e hai fatto il male dinanti gli occhi del Signore?’: lib. 1 de li Re cap. 15.

Nabal fu molto avaro e tenace verso il re David che gli addimandava un poco di vettovaglia; per la qual cosa egli avrebbe perso ogni cosa se non fosse stata la prudenza di Abigail sua moglie. Nondimeno il Signore per tal fatto lo percosse e in spacio di dieci giorni egli morì: lib. 1 de li Re cap. 25. [20r]

Nel tempo di Nemia erano alcuni de li principali di modo dediti all’avarizia e all’usure che voleano vendere i suoi figliuoli e figliuole per servi e serve; ma Nemia gravemente e virilmente si oppose a quelli e li vietò tal cosa brutta: Nemia cap. 5.

Semei uscì di Gerusalemme per causa dell’avarizia contra la proibizione di Salomone a ricercare i suoi servi che erano fuggiti, e per tal causa Salomone lo fece uccidere: lib. 3 de li Re cap. 2.

Assediando alcuni Giudei due fortezze di comandamento di Macabeo, nelle quali erano Gentili nimici loro, lasciarono fuggire alcuni avendo ricevuti danari da quelli; per il che Macabeo uccise quelli sì come traditori: Macabei lib. 2, cap. 10.

Pigmalione signore di Tiro uccise suo cognato Sicheo marito di Didone per causa di avere il tesoro di quello, del qual fatto Vergilio, lib. 1, in questo modo dice:

 

Pigmalion viepiù d’ogni altro crudo

avido d’oro a i sacri altari inanzi

di nascosto l’incauto e buon Sicheo

vince col ferro.

 

[20v] Achille, mosso e stimolato dall’avarizia, non prima rese il corpo morto di Ettorre a Priamo supplicante, che avesse gran quantità d’oro; di cui Vergilio lib. 1 dell’Eneida così scrive:

 

Tre volte intorno a’ muri il forte Achille

traea d’Ettorre i membri, e ’l corpo essangue

cangiò con oro.

 

Polinnestore re di Tracia uccise Polidoro figliuolo del re Priamo, raccomandato dal padre nel tempo della guerra troiana a lui, per causa d’aver l’oro che avea dato Priamo al figliuolo; del qual fatto anco Vergilio così cantò nel lib. 3 dell’Eneida, dicendo:

 

Già posto Polidor[o] Priamo infelice

con gran numero d’oro ascosamente

mandò a nutrire al re di Tracia, quando

si diffidò delle dardanie forze

e cinta la città vide d’assedio.

Egli, poi che mancâr l’alte potenze

de li Troiani, e che fortuna amica

quindi partì, d’Agamennon l’imprese

[21r] e le vittoriose insegne segue

e ogni dover rompendo, Polidoro

ancide e a forza il gran tesor[o] si gode.

 

Acheo fu un re de’ Lidii il quale, volendo cavare da li suoi suditi nuovi tributi per causa della ingordigia e avarizia che era in lui, fu dal popolo impiccato con i piedi in suso, tenendo la testa sul fiume Pattolo: Ovidio in Ibim.

Nel tempo che Annibale con la guerra opprimea i Capuani, Valerio Bestio, stimolato dall’avarizia, uccise Roscio figliuolo di Imbrico suo socero, quale egli avea tolto a custodire, acciò che egli avesse l’oro di quello: Plutarco.

Semiramis regina de gli Assirii fece intagliare nel monumento, nel qual ella volea dopo la sua morte essere sepelita, queste parole: ‘Qualunque re che sarà dopo me, il qual abbia de bisogno di danari, aperta questa sepoltura, piglia da quella ciò che li parerà’. Il che avendo letto il re Dario, per desiderio dell’oro fece aprire detta sepoltura, [21v] nella quale però non ritrovò danari di sorte alcuna, ma queste parole iscolpite di dentro a quella: ‘Se tu non fosti un scelerato e un avaro, tu non moveresti le sepolture deli morti’: Erodoto.

Caligola talmente era avaro che per far danari egli vendete gli ornamenti della sorella e i servi, impose grandissime gravezze e inaudite, né eccettuò sorte alcuna d’uomini: Svetonio.

Nerone rompea le botteghe, spogliò una matrona, ornata di porpora, della vesta e degli altri suoi beni, rubò gli ornamenti de i sacri templi e fece disfare le statue d’oro e d’argento fatte: Svetonio.

Finalmente, acciò che poniamo fine a questo capo degli avari, quali sono tanti che se tutti io volesse scrivere non bastaria quanta carta si fa in Fabriano, si videro in Flavio Vespasiano molti indicii e argomenti d’avarizia: imperoché egli rinovò li daci e gabelle dismesse, aggionse anco molti nuovi e insuperabili tributi alle provincie, e ad alcune anco radoppiò quelli; per causa del guadagno publicamente [22r] essercitò alcuni negoci, anco a qualunque uomo privato vergognosi, e molte altre cose da non dire; tra l’altre egli pose procuratori rapacissimi degli altri a gli uffici maggiori, acciò che quando fossero fatti ricchi li condennasse e spogliasse: Svetonio.

 

 




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