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Vincenzo Sigonio La difesa per le donne IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap. 16
[83v] Che le donne non sono traditrici
Aristofane, come scrive Andrea Tiraquello nella Legge 9ª congiogale numero 25, chiama le donne traditrici, e il medesimo Tiraquello afferma ivi che le donne sono a tal vicio inchinatissime; ma se le donne sono traditrici, o pur gli uomini, gli essempi di l’una e l’altra parte lo manifesteranno. Leena, quantunque meretrice, essendo crucciata insino alla morte dalli tiranni, non manifestò mai gli consigli di Ermodio e di Aristogitone del tirannicidio; donde che gli Ateniesi, volendo onorar quella e acciò che non paressero onorare una meretrice, fecero uno animale di quel nome, e acciò che s’intendesse la causa dell’onore, lo fecero senza lingua: Plinio lib. 7 cap. 23 e lib. 34 cap. 8; e anco Eusebio ne fa menzione dicendo: «Armodio e Aristogitone uccisero Ipparco tiranno; Leena meretrice amica loro, essendo con tormenti sforzata palesare i compagni, si tagliò la lingua». Di questa tratta anco Tertulliano [84r] nell’Apologetico, capi 46 e cap. ultimo, e nel lib. De li màrtiri, e anco Battista Fulgosio lib. 3 Della pazienza. Epicarmi, donna libertina, nominata nella congiura contro Nerone, non puoté mai da tormenti e crucciati alcuni essere vinta, che ella manifestasse li congiurati; e fu tanta la costanza di questa donna che più tosto ella elesse la morte, che mandar fuori la voce per scoprire la congiura: Cornelio Tacito lib. 15 della Istoria d’Augusto, e Bernardino Landriano nell’Addizione ad Alberto de Gaudio nel trattato De maleficiis nella rubrica De quaest‹ionibus› et torm‹entis›, e Angelo nello trattato De maleficiis nella parola Fama publica, col. 34 nel verso Nunc videamus de tortura. Quintilia ancora, essendo per comandamento di Gaio Caligola tormentata e crucciata, acciò che per forza di tormenti fosse sforzata manifestar quelli che erano consapevoli della congiura, la qual si dicea che era stata preparata contra di esso Caligola, essendo condotta a li tormenti, [84v] calcando col piede su ’l piede de li congiurati, significò che essi dovessero confidarsi e che non dovessero temere niente da li suoi tormenti; e quello che ella avea significato, in effetto dimostrò, sprezzando li tormenti, da li quali talmente ella fu guasta e fatta brutta, essendo prima per la sua bellezza amabile e cara a tutti, che ancora dagli istessi suoi amatori ella era risguardata con poco piacere, anzi ella era sprezzata; laonde Caligola la liberò e le donò molti danari: Gioseffo lib. 9 cap. ultimo dell’Antichità. Ma quante altre donne e verginelli si leggono che più tosto hanno voluto morire che tradire il suo Signore? Chi mai apieno loderà Caterina, Barbara, Agata, Agnese, Margherita, Apollonia e l’ondeci milia vergini, oltre l’altre innumerabili? Di queste si legge nel Leggendario de li Santi e appresso Battista Campofulgosi lib. 3 De pacienza. Ma per contrario quanti traditori uomini e mancatori di fede si ritrovano appresso i scrittori, sì come si legge appresso [85r] Battista Campofulgosi, lib. 9 cap. 6, oltre i quali anco altrove si leggono questi da noi infrascritti. Enea e Antenore e alcuni altri Troiani, quali poi per molti anni furono vagabondi, sono notati per traditori della sua patria: Livio nel principio, il Testore e molti altri. Laomedonte, re di Troia, avendo promesso una certa quantità de danari a Nettuno e a Apollo, quali aveano aiutato a quello a fabricare le mura troiane, li mancò della promessa fede né li volse dare quella: Vergilio lib. 4 dell’Eneida. Del tradimento e mancamento della fede di Teseo verso Arianna, di Demofonte verso Filada, di Giasone verso Medea, di Enea verso Didone, è detto nel capo de li ingrati. Abselone, tirando a sé il popolo, lo congregò in Ebron, e avendo fatta la congiura contra David suo padre, sì come traditore li tolse il regno; ma tosto il traditore [85v] fu pagato come egli meritava, perciò che, rimanendo egli per i capelli sospeso a li rami d’una quercia, fu da Ioab ucciso: lib. 2 de li Re cap. 18. Il medesimo Ioab, bacciando Amasa che li venia incontra sì come amico, l’uccise da traditore: lib. 2 de li Re cap. 20. Cassio e Brutto tradirono e uccisero Cesare loro signore e padre della patria: Plutarco nella Vita di esso Cesare. Curione tradì la patria vendendo quella a Cesare ventisei milia scudi: Vergilio lib. 6 dell’Eneida. Ma, acciò che mettiamo fine a questo ragionamento, qual maggior tradimento fu di quello di Giuda, dando per trenta danari il suo Signore nelle mani de’ suoi nimici? Giovanni cap. ultimo.
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