Capitolo
IV
LA CRITICA CONFERMATA DAL
DOGMATISMO
Non potrei accettare
il rimprovero di avere esagerato la critica con sofismi; ho combattuto con armi
leali. Il mio processo è stato semplice; ho cercato l'identità, l'equazione e
la deduzione nelle cose e nei pensieri, poi nella logica stessa. Non poteva
raggiungere la certezza se non a questo patto, e la logica ha tutto distrutto;
come il fuoco, essa ha divorato sè stessa. Per confermare la mia critica ho
solo ad invocare la storia della filosofia e della religione.
Si esamini
ogni sistema metafisico; vi si troveranno due momenti; l'uno dogmatico, l'altro
critico.
Nel momento
dogmatico si stabilisce un principio; lo si mostra in tutti i fenomeni; si
dimostra ch'essi ne dipendono, che ne derivano, che ne sono generati; il perchè
ne restano spiegati. La spiegazione non si ottiene se non sotto la condizione
d'ammettere che il principio è generatore, che si áltera, poco importa in qual
modo, e che prende la forma di tutti i fenomeni. Concedete voi che una cosa
possa cessare di essere ciò che è per diventare una nuova cosa? Non havvi più
freno che vi ritenga: l'alterazione regna sola, trascina seco l'identità,
l'equazione, il sillogismo: va dove vuole, e forza il sillogismo a dare una
falsa apparenza logica a tutte le sue metamorfosi. Qual principio alterandosi
non potrebbe creare tutti i principj? Alterandosi, l'idea di Platone genera il
mondo, l'entelechia d'Aristotele cambia il non-essere in un essere positivo,
reale e individuale; la monade di Leibnitz può diventare una pietra, un albero,
un uomo, ogni cosa. Grazie all'alterazione, l'universo di Condillac è una
sensazione trasformata; l'universo dei deisti è un'opera che s'oppone a sè
stesso. Dunque il momento dogmatico di ogni sistema si fonda l'alterazione, e
in generale sulla materia della logica governata dall'assioma: tutto è
possibile.
Il momento
critico dei sistemi è quello in cui la deduzione dev'essere forzata; alcuni
fatti sono ribelli al principio, la logica non li vede omogenei; e cercando
l'identità, l'equazione e il sillogismo, li trova in contraddizione col
principio. Che fare? La logica li nega. La scuola di Elea, per difendere l'ente
unico, dichiara illusorj tutti gli enti, falso ciò che nasce, falso ciò che
muore. Platone ed Aristotele si difendono anch'essi, abbandonando il mondo
sensibile alla contradizione. Seguasi Descartes: si vedrà l'applicazione della
logica al non-io, che scompare; seguasi Leibnitz: si vedrà che la logica
annichila i rapporti, la materia, il moto. I filosofi più dogmatici, sapendolo
o ignorandolo, hanno tutti collaborato alla demolizione universale. Non era
loro concesso di dar forma logica al loro principio generatore, senza che tosto
o tardi non Fossero addotti a negare tutti gli altri principj. Senofane,
Platone, Aristotele, Descartes, Leibniz dimostrano che tutto è impossibile,
tranne i loro dogmi. Ecco l'assioma della logica: e deve universalizzarsi
perchè i principj che si vogliono sottratti alle contraddizioni della natura,
contraddiconsi alla loro volta. È lecito a Leibniz d'illudersi accordando alla
monade la facoltà di generare ogni cosa alterando sè medesima; ma deve subire
la critica del principio della materia posto da altri; quindi la monade e la
materia distruggonsi a vicenda; così gli altri principj; ed ogni filosofo
divien critico per ciò stesso che è dogmatico: ed ogni dogma viene divorato
dalla critica.
La storia
della metafisica si riduce così ad una lotta tra l'alterazione e la logica, tra
la materia della logica e la logica, tra il possibile e l'impossibile.
La religione
è una vera metafisica, e subisce la legge della metafisica. Qualunque sia la
sua origine, essa comincia col dogma, si stabilisce assoluta, non dubita mai di
sè. Qual'è dunque la base su cui poggiano le religioni? Se sono dogmatiche, se
spiegano l'universo, se sono sistemi (e non havvi religione che non sia tale),
bisogna necessariamente che abbiano per base l'alterazione, e che si sviluppino
col processo del possibile.Di là gli Dei dell'India, che presiedono all'ordine universale.
Il Dio cristiano è creatore nella persona del Padre, riparatore nella persona
del Figlio; l'alterazione ammessa, non può più essere contenuta: Dio s'incarna,
soffre, geme, è crocifisso, muore, ed è inalterabile. Come gli Dei di tutte le
religioni, il Dio cristiano domina di continuo colla forza del possibile le
contraddizioni che sorgono dalla natura. Opponetegli nuovi miracoli; saranno i
miracoli del genio del male permessi da lui per rivelarsi con nuove vittorie:
opponetegli la storia; il Buddismo che accusa il Cristianesimo di plagio, il
Buddismo sarà un'invenzione di Satana, che travisa la tradizione della Bibbia:
opponetegli una nuova religione che l'oltrepassi con nuovi prodigi, sarà la
religione profetizzata dell'Anticristo. Ogni religione spiega l'universo col
suo proprio principio, ed è architettato in modo da vivere per sempre, potendo
il suo principio prendere tutte le forme e trovarsi in tutti i fenomeni.
Il momento critico
non manca alle religioni; e pure in esse comincia quando la religione devesi
difendere. Allora essa s'impadronisce della logica; se ne serve contro le
assimilazioni, contro le induzioni, diventa scettica, non esiterà ad
avventurare la propria esistenza per dimostrare che tutto è impossibile. Strano
spettacolo che ci presenta l'umana natura! L'uomo è inceppato dalle favole più
assurde; vive di credulità e di superstizione; non havvi enormità ch'egli non
adori; è stupido di fede, ma assalito, si difende colla penetrazione del genio;
distingue, e fa indietreggiare la filosofia; ragiona, e atterisce il senso
comune; critica, e la religione più puerile sa distruggere il mondo per salvare
il suo Dio. Se il cattolicismo ridotto agli estremi, ferito a morte, ha potuto
ancora ispirare alcuni uomini, non fu se non per dimostrare che tutto era
impossibile, tranne la fede in Gesù Cristo.
La nostra
critica, legittima per sè stessa, non è dunque se non la critica esercitata
involontariamente dai filosofi più dogmatici, e dai profeti più ardenti nella
loro fede. Il doppio movimento dogmatico e critico che si è sviluppato nelle
scuole e nei tempj ha scomposto più volte e ricomposto il mondo, ed ha
trasformato la ragione umana in una scacchiera, sulla quale si possono disporre
tutti gli elementi della natura e del pensiero secondo tutte le combinazioni
possibili, salvo a distruggerli in pari tempo con tutte le combinazioni
possibili.
Le
contraddizioni sono sì molteplici, sì equivalenti su tutti i punti del creato,
che non si può enumerarle, nè classificarle, nè svolgerle con ordine. Dove sarebbe
il punto di partenza? Trovasi dovunque. La critica comincia dove si vuole, in
quella guisa che s'incomincia a misurare lo spazio prendendo un punto a caso:
non havvi ragione per prenderlo più vicino o più lontano, più alto o più basso.
Inoltre, ogni scienza ha le sue contraddizioni: le antinomie della fisica
debbono esse signoreggiare quelle della chimica? oppure le antinomie della
chimica devono forse primeggiare su quelle della fisica? Tutte le
contraddizioni aspirano alla supremazia, tutte sono reciproche, tutte
scambievoli; io sono partito dall'alterazione per giungere al rapporto, e di là
alla causa e all'effetto: la causa e l'effetto alla volta loro dominano il
rapporto, e col rapporto l'alterazione. Classificare le antinomie è un
disconoscerle, è ignorare che la classificazione si fonda sulla nostra maniera
di vedere, sulla base di un sistema preconcetto. D'altronde, da una classe
all'altra le transizioni sono innumerevoli, impercettibili; e quivi l'antinomia
ingrandisce; poi le classi sono reciproche, e la reciprocità ristabilisce il
dilemma riconducendoci al punto di partenza. Separate la scienza dell'interesse
da quella del dovere; questa scomparirà; tolto l'interesse, son tolti l'utile,
il danno, la possibilità stessa di violare la giustizia; il concetto stesso del
dovere scompare. Istessamente tutti i contrari nascono e muoiono insieme; ma
qual nozione si sottrae al loro dominio? Lo scetticismo che si fonda sopra un
dato numero di sofismi, o di luoghi comuni, o sopra certe considerazioni psicologiche,
o sui contrari della ontologia, non è vero scetticismo; conserva le traccie dei
dogmi di una metafisica presupposta, ne ritiene l'ordine, si ricorda troppo
dell'origine delle sue proprie negazioni. La critica può e deve intervertirne
le regole, il metodo, la direzione, l'ordine, i precetti per ridurlo alla
formola unica: la logica applicata alla materia della logica distrugge tutto,
distruggendo sè stessa.
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