PARTE SECONDA
DELLA RIVELAZIONE NATURALE
Ci è impossibile il
lottare contro il dubbio universale; non potremo mai vincerlo, nè dimenticarlo;
non ci rimane che ad evitarlo, a fuggirlo, riparandoci sul campo stesso ove la
natura ci chiama. Noi viviamo sicuri in mezzo ad un caos di contraddizioni;
prima di imprendere il lavoro della critica eravamo certi della nostra
esistenza e di quella delle cose; la critica si è sforzata di svellere dalla
nostra mente, l'una dopo l'altra, tutte le nostre credenze. Le ha essa
distrutte? cessiamo noi di cercare il bene e di fuggire il male? dubitiamo noi
realmente di noi medesimi, della famiglia o dello stato? La critica ha
distrutto ogni cosa, e nondimeno ogni cosa alla critica sopravive. Tutte le
apparenze che la critica dichiarava impossibili, sussistono; la guerra
universale di tutte le cose e di tutti i pensieri è stata inoffensiva; nessun
oggetto è sparito, nessun fenomeno svanito. Havvi dunque una via di salvezza, e
ci è indicata dalla critica stessa. Perchè ci sospinge essa alla
contraddizione? perchè abbiam dato lo scettro dell'universo alla logica:
l'identità, l'equazione, la deduzione non si trovano in nessuno luogo, e ne
risulta che l'intera natura si sviluppa per l'assurdo. Vogliamo noi porre in
disparte la logica? Tentiamo noi di accettare i fenomeni naturali a dispetto
dell'identità, dell'equazione e del sillogismo? allora sì che l'universo è
possibile; ma nel tempo stesso tutto è possibile: tale è l'assioma della natura
francata dal giogo della logica. Questo assioma appartiene egli di fatto alla natura?
No, la natura vi è straniera, non è una semplice possibilità: l'assioma che
tutto è possibile non è ancora che l'assioma della logica: se per una finzione
della mente si abolisce la logica, essa dichiara che tutto è possibile, perfin
l'impossibile, e noi ci troviamo di nuovo nel dubbio. Regina della natura, la
logica nega ogni cosa, ogni pensiero, non potendo soffrire le contraddizioni
che fa sorgere; rivale della natura, ci confonde di nuovo, sfidandoci a
proclamare la contraddizione universale se l'osiamo.
Non possiamo
tollerare la logica, o comandi o gareggi colla natura: sottomettiamola alla
natura, onde serva d'istrumento ai fenomeni; i dubbi, le contraddizioni
svaniranno, l'assurdo si troverà confinato in una sfera esteriore a quella
della nostra azione. Questo partito non è arbitrario; ci è suggerito
dall'indole stessa della logica. L'esperienza c'insegna che la logica, non era
predestinata a comandare; essa non precede i fenomeni, ma li seguita:
l'identità non è che l'identità di una data cosa; l'equazione svela il rapporto
tra due termini presupposti; il sillogismo è sempre in balia delle sue
premesse, che lo spingono verso la conclusione: la nostra mente, la nostra
vita, tutto comprova che, subordinate all'impero dei fatti, la logica coordina i
nostri pensieri e determina le nostre cognizioni. Il disordine della
contraddizione non si è mostrato che nel giorno in cui la filosofia ha loro
chiesto l'origine dei fenomeni; in questo giorno fu commesso un errore; ne sarà
eterna la pena. L'affermazione e la negazione, che furono attinte nel seno
delle cose e accozzate insieme dalla dialettica, resteranno sempre sospese
sovr'ogni cosa, sovr'ogni pensiero. Per riprendere quello che ci resta, voglio
dire il fenomeno materialmente indistruttibile, e per mantenere la proprietà di
quell'evidenza che ci illumina, bisogna che la logica sia soggiogata.
È antica
l'idea che la logica deve servire ad una rivelazione, che un'autorità divina
deve signoreggiare il sillogismo; quest'idea si trova nel fondo di tutte le religioni;
il genere umano ha sempre compreso che il mistero era alle origini, che le
origini ci sfuggono, e devono restare nel seno dell'eterno. Quindi si obbediva
ai rivelatori, si accettavano i profeti; e un libro sacro, un'impossibilità
logica, un assurdo era il primo principio alla scienza e all'azione. Il tempo
dei miti è passato; noi non crediamo a nessun libro sacro, a nessun profeta o
rivelatore. Noi dobbiamo credere alla rivelazione della natura; essa non è
scelta a capriccio, viene a noi, ci inviluppa, ci invade e ci trascina nella
sua corrente; nè la volontà, nè la ragione possono resisterle? Adunque la
rivelazione naturale s'impadronisca dell'istrumento della logica, e domini per
sempre le tre forme della certezza. Non ci sarà mai dato di riconquistare
l'innocenza primitiva; il dubbio resterà invitto nella nostra mente; pure non
potrà toccare se non la regione trascendente, ove si formano i mondi; sulla
terra non potrà falsificare la forza delle cose, nè alterare quella della
giustizia.
Triplice è la
rivelazione naturale, essa si manifesta in primo luogo negli oggetti, poi nella
vita, e da ultimo nell'ispirazione morale: noi seguiremo passo passo le tre
forme della rivelazione.
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