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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
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PARTE SECONDA

 

DELLA RIVELAZIONE NATURALE

 

 

 

 

Ci è impossibile il lottare contro il dubbio universale; non potremo mai vincerlo, dimenticarlo; non ci rimane che ad evitarlo, a fuggirlo, riparandoci sul campo stesso ove la natura ci chiama. Noi viviamo sicuri in mezzo ad un caos di contraddizioni; prima di imprendere il lavoro della critica eravamo certi della nostra esistenza e di quella delle cose; la critica si è sforzata di svellere dalla nostra mente, l'una dopo l'altra, tutte le nostre credenze. Le ha essa distrutte? cessiamo noi di cercare il bene e di fuggire il male? dubitiamo noi realmente di noi medesimi, della famiglia o dello stato? La critica ha distrutto ogni cosa, e nondimeno ogni cosa alla critica sopravive. Tutte le apparenze che la critica dichiarava impossibili, sussistono; la guerra universale di tutte le cose e di tutti i pensieri è stata inoffensiva; nessun oggetto è sparito, nessun fenomeno svanito. Havvi dunque una via di salvezza, e ci è indicata dalla critica stessa. Perchè ci sospinge essa alla contraddizione? perchè abbiam dato lo scettro dell'universo alla logica: l'identità, l'equazione, la deduzione non si trovano in nessuno luogo, e ne risulta che l'intera natura si sviluppa per l'assurdo. Vogliamo noi porre in disparte la logica? Tentiamo noi di accettare i fenomeni naturali a dispetto dell'identità, dell'equazione e del sillogismo? allora sì che l'universo è possibile; ma nel tempo stesso tutto è possibile: tale è l'assioma della natura francata dal giogo della logica. Questo assioma appartiene egli di fatto alla natura? No, la natura vi è straniera, non è una semplice possibilità: l'assioma che tutto è possibile non è ancora che l'assioma della logica: se per una finzione della mente si abolisce la logica, essa dichiara che tutto è possibile, perfin l'impossibile, e noi ci troviamo di nuovo nel dubbio. Regina della natura, la logica nega ogni cosa, ogni pensiero, non potendo soffrire le contraddizioni che fa sorgere; rivale della natura, ci confonde di nuovo, sfidandoci a proclamare la contraddizione universale se l'osiamo.

Non possiamo tollerare la logica, o comandi o gareggi colla natura: sottomettiamola alla natura, onde serva d'istrumento ai fenomeni; i dubbi, le contraddizioni svaniranno, l'assurdo si troverà confinato in una sfera esteriore a quella della nostra azione. Questo partito non è arbitrario; ci è suggerito dall'indole stessa della logica. L'esperienza c'insegna che la logica, non era predestinata a comandare; essa non precede i fenomeni, ma li seguita: l'identità non è che l'identità di una data cosa; l'equazione svela il rapporto tra due termini presupposti; il sillogismo è sempre in balia delle sue premesse, che lo spingono verso la conclusione: la nostra mente, la nostra vita, tutto comprova che, subordinate all'impero dei fatti, la logica coordina i nostri pensieri e determina le nostre cognizioni. Il disordine della contraddizione non si è mostrato che nel giorno in cui la filosofia ha loro chiesto l'origine dei fenomeni; in questo giorno fu commesso un errore; ne sarà eterna la pena. L'affermazione e la negazione, che furono attinte nel seno delle cose e accozzate insieme dalla dialettica, resteranno sempre sospese sovr'ogni cosa, sovr'ogni pensiero. Per riprendere quello che ci resta, voglio dire il fenomeno materialmente indistruttibile, e per mantenere la proprietà di quell'evidenza che ci illumina, bisogna che la logica sia soggiogata.

È antica l'idea che la logica deve servire ad una rivelazione, che un'autorità divina deve signoreggiare il sillogismo; quest'idea si trova nel fondo di tutte le religioni; il genere umano ha sempre compreso che il mistero era alle origini, che le origini ci sfuggono, e devono restare nel seno dell'eterno. Quindi si obbediva ai rivelatori, si accettavano i profeti; e un libro sacro, un'impossibilità logica, un assurdo era il primo principio alla scienza e all'azione. Il tempo dei miti è passato; noi non crediamo a nessun libro sacro, a nessun profeta o rivelatore. Noi dobbiamo credere alla rivelazione della natura; essa non è scelta a capriccio, viene a noi, ci inviluppa, ci invade e ci trascina nella sua corrente; la volontà, la ragione possono resisterle? Adunque la rivelazione naturale s'impadronisca dell'istrumento della logica, e domini per sempre le tre forme della certezza. Non ci sarà mai dato di riconquistare l'innocenza primitiva; il dubbio resterà invitto nella nostra mente; pure non potrà toccare se non la regione trascendente, ove si formano i mondi; sulla terra non potrà falsificare la forza delle cose, alterare quella della giustizia.

Triplice è la rivelazione naturale, essa si manifesta in primo luogo negli oggetti, poi nella vita, e da ultimo nell'ispirazione morale: noi seguiremo passo passo le tre forme della rivelazione.

 

 

 




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