Capitolo
II
DEL METODO
Le regole del
metodo devono ridursi tutte al precetto di accettare le apparenze, di
non parlare nè del possibile, nè dell'impossibile quando siamo in presenza de'
fatti. Da che si oltrepassa una sola apparenza, l'azione della logica si
sviluppa, guadagna, e sovverte uno a uno tutti i fenomeni; la contraddizione si
fa universale.
Accettiamo
adunque il fato delle apparenze, restiam servi del fenomeno; è assurdo, pure
dobbiam ripetere con Tertulliano: credo quia absurdum.
L'idea di
fermarsi al fatto, di non chiedere la dimostrazione del vero, di non cercare di
risalire al di là delle verità primitive non è in alcun modo idea nuova. È
antica quanto la filosofia: Aristotele la raccomanda; Bacone non cessa di
predicare l'osservazione; Reid non si stanca di accusare i filosofi che
pretendono di spiegare i fatti primitivi della ragione e del senso comune. Pure
il nostro metodo non è il metodo di Aristotele, nè quello di Bacone, nemmeno
quello di Reid; se questi filosofi annunciavano un principio vero, pure non
sapevano, non potevano farlo valere.
Per
soffermarsi al fenomeno bisogna conoscere il momento in cui si sta per
oltrepassarlo, il momento in cui la logica ci trascina nel suo vortice; in
altri termini, bisogna conoscere la critica e sapere che il fenomeno è assurdo
nella sua essenza, nella sua origine, nelle sue trasformazioni, nelle sue
combinazioni. Chi ignora la critica, incomincia a dare dimostrazioni legittime,
fisiche; l'equazione e la deduzione scoprono in qualche modo la contraddizione:
allora il filosofo resta sorpreso e sconcertato.
Che importa
il predicare l'osservazione quando si ignorano tutte le insidie che
l'attendono? Non havvi filosofo che non voglia fondarsi su alcuni fatti presi
in un punto qualsiasi della rivelazione, e da lui dichiarati non doversi
dimostrare. Ma quando la critica è ignorata, i fatti che il filosofo adotta
trovansi, per così dire, sfidati a dare l'equazione dell'universo, sono fatti
primi, universali, e ne risulta che devono spiegare o contraffare ogni cosa e
ogni pensiero. Così Aristotele non vuole dimostrare nè la materia, nè il moto,
nè l'essenza, nè il fine: e nondimeno, assumendo questi fatti come primitivi,
li trasforma in principj primi d'ogni essere; deve derivarne la costituzione
delle cose; dunque cerca in essi e per essi l'equazione di tutti i fatti;
dunque lascia il terreno dei fatti nel tempo stesso in cui si propone di
rimanervi; dunque i suoi quattro principj devono essere eguali al tempo, allo
spazio, all'alterazione, alla vita, alla morte, ec.; dunque ogni essere deve
scomporsi e ricomporsi in modo da obbedire alla matematica dei quattro
principj. Che più? i quattro principj di Aristotele subiscono nella mente stessa
di Aristotele la reazione dell'universo previamente alterato, per ricevere la
spiegazione. I quattro principj non sono più apparenze, sono fenomeni mezzo
imaginati, mezzo falsati. La materia di Aristotele non è la materia de' fisici,
la sua essenza è un'ipotesi, il suo scopo, Dio, è un'altra ipotesi; il moto
stesso, che pur dovrebbe restare nel regno delle apparenze, nel sistema di
Aristotele si scompone, e per obbedire alla teoria dell'atto e della potenza
diventa l'atto del possibile in quanto è possibile. L'oscura definizione
rende il moto eguale all'atto e al possibile combinati insieme, e l'evidenza
del modo per tal modo scompare, benchè Aristotele si fondi sull'osservazione
Anche Bacone
vuoi osservare i fatti, vuol essere positivo, e le sue opere sono la prefazione
di quella filosofia che ai nostri tempi si potrebbe dire positiva. Ma ad essere
osservatore e positivo non basta volerlo. Bacone non conosce la critica, non la
sospetta nemmeno; e ciò vale a dire, che non sa fermarsi nei fatti. nè. Il suo
metodo è interamente fisico, non è dunque abbastanza positivo, non esplora quei
fatti che Bacone chiama sottili come le tele del ragno; non esplora nè i
generi, nè il pensiero, nè la vita. Il suo metodo pretende dare a tutti l'arte
di inventare, di fare scoperte; in altri termini, pretende di rendere quasi
inutile il genio stesso. Bacone non è dunque osservatore, non ha osservato nè
il genere, nè l'istinto, nè il pensiero; e la conseguenza sarà che i discepoli
di Bacone cercheranno l'equazione della vita, della morale e del pensiero
prendendo il loro punto di partenza nei fatti esteriori e fisici. Invece di
osservare, saranno i falsari dei fatti più importanti.
Finalmente ho citato
Reid, il filosofo dei collegi, il patriarca dei luoghi comuni, l'uomo caro agli
accademici; Reid ha il merito di aver proclamate alcune comunissime verità;
volle seguitare l'osservazione, e spinse la mania dell'osservare fino a ridursi
ad un sistema di minuti particolari tecnici, rinserrandosi nella sfera della
psicologia. Possiamo noi considerare come un filosofo osservatore Reid, che non
sospettò mai la critica, e che propose il senso comune puro e semplice come
l'ultimo limite della scienza? No; Reid non è stato più che un onest'uomo, una
specie di Petrarca filosofico, un professore eminentemente classico amico
dell'equivoco e della confusione. Per difetto di critica, fu spinto verso le
equazioni metafisiche; per difetto di critica, volle procurarsi un fatto
primitivo, al quale dovessero ridursi tutti gli altri; scelse la percezione
come il il termine primo del suo sistema, ne volle dedurre il pensiero, la
morale, il bene, il male; schivò con inaudita prudenza mille scogli; rifiutò
come lavori spurj della mente tutti i grandi sistemi tormentati dalla critica;
poi, spinto esso stesso dalla critica che ignorava, ci diede un deismo vago,
senza carattere, senza forza, e certamente fuori della percezione, che Reid
proclamava come suo principio. Era pensiero di Reid di mettere tutti d'accordo
e di fondare la filosofia del senso comune, ed il suo senso comune non è un
fatto esatto, non è un fatto determinato, è un fenomeno immenso, complesso,
inconsistente; contiene in germe il vero ed il falso, lascia passare tutte le
religioni, non ne rettifica alcuna, e riceve la mentita più solenne dall'eucarestia,
dalla trinità, dal cristianesimo e dal Buddismo che il genere umano accetta ad
onta degli assiomi del dottor Reid e senza che il dottor Reid vi ponga mente.
Tolta la critica l'osservazione non basta.
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