Capitolo
IV
LA CRITICA NEGATIVA E LA CRITICA
POSITIVA
Negando le
conseguenze della logica sottoposta alla rivelazione, cadiamo, non più in una
contraddizione critica, ma in una contraddizione positiva, che ci rende
insensati. Se affermasi che un albero è nel tempo stesso a Parigi ed a Vienna,
l'albero, il fenomeno è materialmente distrutto; la contraddizione lo rende
positivamente impossibile, l'impossibilità distrugge persino l'apparenza.
Possiamo
tollerare la contraddizione critica; essa è insolubile, eterna, senza uscita,
senza speranza; pure essa è senza risultato; trovasi nella natura, vi resta,
noi l'imputiamo alla fatalità. Al contrario la contraddizione positiva è in
noi, l'imputiamo a noi stessi, non è mai nella natura. Nella natura il fenomeno
non cambia se non per dar luogo ad altro fenomeno; l'apparenza succede alle
apparenze; se il gelo scompare, l'acqua appare; se l'acqua svanisce, diventa
vapore; che se il vapore si annullasse, gli succederebbe almeno la nuova
apparenza del vuoto. La rivelazione è una cosa o l'altra. Ignorate voi se quel
fenomeno è tale o tal altro, se quel punto che appare all'orizzonte è nave o
scoglio, accusate voi stessi; sarà nave o scoglio. Che se voi vi trovate a
fronte di contraddizioni critiche, l'affermazione e la negazione sono
contemporanee, coesistenti negli oggetti, i quali saranno finiti e infiniti,
possibili e impossibili. Accusate la natura, siete giustificato.
Accusandoci,
la contraddizione positiva diventa intollerabile, ci opprime, ci rende
insensati e ci costringe a cercarne la soluzione. Se un monte pare alto, basso
bisogna investigare se è alto o basso, le due apparenze non sono contemporanee;
esse si succedono; ciò basta a spiegarle. Se nell'osservare gli oggetti la
terra pare immobile, se nell'osservare gli astri essa par mobile, vuolsi
aderire all'apparenza, la quale non mancherà di mostrare che la contraddizione
è in noi, nei nostri giudizi. La natura cambia di continuo; essa s'invola, per
così dire, alla contraddizione positiva; ne rende successivi i due termini
nella serie delle sue trasformazioni, è sempre nuova nella sua forma. Il nostro
tardo intelletto non può seguirla, e indietro si rimane; i due termini
successivi della contraddizione positiva diventano contemporanei nella nostra
mente; e allora la contraddizione positiva ci accusa di demenza. E così ci
condanna a metterci in cerca del vero.
La scienza
nasce dalla soluzione delle contraddizioni positive; la falsa scienza nasce
dalla soluzione imaginaria delle contraddizioni critiche: le due specie di
contraddizioni non possono distinguersi compiutamente se non quando si esamina
il modo con cui si formano. La contraddizione critica esce dalla logica, che
domina la natura; l'altra esce dalla natura, che domina la logica. Dimenticate
questa formola, non saprete più distinguere le due antinomie; gli errori di un
chimico, le contraddizioni di un politico avranno il diritto di figurare tra le
contraddizioni dell'individuo, del moto e del rapporto: voi cercherete una
conciliazione, e nascerà, per natural conseguenza, che il dubbio positivo e il
dubbio eterno saran confusi, che i problemi positivi e i problemi insolubili
saranno messi insieme, scambiati gli uni cogli altri, e che le ricerche sulla
natura si troveranno in balia d'altre ricerche, nelle quali la scoperta è
impossibile. La metafisica sorge da questo procedere. Non è nella sua origine
altro che una fisica ignorante: immersa in errori di fatto, spera dominarli;
non sospettando la logica, intravede nuove oscurità nel fondo de' suoi errori:
al di là del dubbio fisico vede un nuovo dubbio, e crede di uscire perfetta
dalla lotta se vince ad un tempo i due nemici. Ma l'uno è effimero, l'altro
eterno. Trascinata ad oltrepassare l'apparenza, la metafisica prende un termine
qualunque, che penetri o sembri penetrare a traverso tutti i dilemmi, veri e
falsi, solubili e insolubili: per meglio raggiungere lo scopo, deve porsi prima
o dopo, al disopra o al disotto dei fenomeni, mai nel fenomeno stesso. Errante,
estravagante, vedesi avviluppata da contraddizioni ognora crescenti;
ignorandole eterne, le confonde colle contraddizioni di un giorno, colle
contraddizioni positive, figlie de' nostri errori; ed è così che si addentra in
un errore senza fine, transportando le nostre speranze nell'impossibile.
Gli antichi e
i barbari del medio-evo dovevano la loro ignoranza nelle scienze fisiche alla
confusione delle due specie di contraddizioni. Le verità della natura erano
velate da fantastici problemi; gli alberi, gli animali dovevano germogliare
nelle astrazioni, uscire dal fango delle nozioni scolastiche. La natura
involavasi all'uomo che voleva dimostrarla. Il mondo moderno non cominciò di
fatto che quando si sentì la necessità di separare la fisica dalla metafisica,
separazione che i filosofi moderni non si stancano di consigliare questa
separazione. Galileo e Newton seguirono felicemente il consiglio: pure non
distinte le due specie d'antinomie, la distinzione tra la fisica e la
metafisica non è possibile, non è scientifica, è un tentativo empirico.
Si possono
staccare dalla metafisica alcune teorie, alcuni frammenti di scienza; si può
dissimulare per prudenza l'intervento temerario della metafisica nel regno
dell'esperienza: finchè le due antinomie restano confuse, la critica lasciò una
speranza, anzi ci condanna a sperare una soluzione, e conviene che la
metafisica s'intruda nella fisica. Lo stesso vero, a contatto col falso,
diventa errore. Perchè la fisica possa vivere, la metafisica deve perire; e non
si spegne, se non colla generalizzazione compiuta della critica, che distingue
per sempre le antinomie critiche dalle positive.
Se l'apparenza svela
la verità, ne consegue che all'apparenza sola spetta di combattere l'errore,
che nella sua sterilità la critica non combatte, non distrugge alcun errore,
alcun'illusione, non si applicando se non a un dato fenomeno; per essa questo
fenomeno è materialmente incontestabile, per ciò stesso che è concesso. Lo si
pone come, e la critica lo accetta evidente; lo analizza, e ne cerca
l'identità, l'equazione, il sillogismo. Il fenomeno esiste realmente? è
veramente evidente? La critica lo ignora, non appartiene ad essa di verificare
materialmente i fatti. Sia sottoposta alla critica l'esistenza di un animale,
come l'aquila, la troverà contraddittoria; siale sottoposta la esistenza della
fenice, la troverà egualmente contraddittoria, cioè finita e non finita, una e
multipla, identica e variante, in relazione e senza relazione cogli altri
esseri, ecc. Trattasi poi di verificare se la fenice esiste? Interrogate, non
più la critica, ma i fatti; paragonate il testimonio dei poeti con quello dei
naturalisti; la contraddizione si mostra, e questa volta è positiva, le si deve
un'uscita; e la logica, soggiogata dalla rivelazione, arriva alla scienza.
Non havvi
pregiudizio che non possa resistere alla critica. Vi sono gli angeli, gli
arcangeli, i troni, le dominazioni? Per la critica tutto è possibile, tutto è
impossibile; gli angeli possono esistere come gli uomini, contraddittorj quanto
gli uomini. Il Cristo è egli incarnato? La stessa risposta; il fenomeno
dell'incarnazione non è più assurdo che non lo sia l'unione dei generi cogli
individui. L'eucarestia ci amministra la carne e il sangue sotto le forme del
pane e del vino? Questo miracolo non è più prodigioso, che il miracolo della
qualità che si unisce alla sostanza. Sotto l'impero della logica non si nega
nulla, perchè si nega tutto; non si prova nulla, perchè si prova tutto. Il Cristianesimo
potrebbe essere materialmente vero, benchè logicamente impossibile; è
l'apparenza, è la storia, è la natura che distruggono il Cristo del pari che la
fenice.
Gli enti
stessi inventati dai metafisici sfuggono alla critica. Essa ignora se i numeri
di Pitagora esistono, se l'idea di Platone è un sogno; se devesi accettare il
mediatore plastico di Cudworth o l'armonia prestabilita di Leibniz o
l'esistenza di Dio. Se la critica sembra competente, se lo diventa di fatto, si
è che le invenzioni metafisiche sono trovate per isciogliere le contraddizioni
eterne. La critica vi prende in parola, accetta i vostri trovati, il vostro
Dio, solo si restringe a continuare la sua azione. Pensate voi evitare le
contraddizioni dell'alterazione attribuendola ad una causa divina? La critica
vi dimostra: 1° che l'alterazione è contraddittoria; 2° che, imputata ad una
causa, resta ancora contraddittoria; 3° che la causa stessa è una nuova
contraddizione, perchè si áltera producendo l'effetto. Se vi sforzate di togliere
quest'ultima contraddizione replicando che la causa non s'áltera perchè
infinita, la critica accetta ancora il vostro infinito, e si limita a
dimostrarvi: 1° che l'alterazione è assurda, 2° che la causa lo è alla volta
sua, 3° che l'azione della sostanza infinita è assurda quanto l'alterazione,
quanto la causa, quanto il passaggio dalla causa all'effetto. Egli è certo che
la critica produce in voi l'effetto di distruggere la credenza a una causa
infinita, e di obbligarvi ad abbandonare un'ipotesi concepita per evitare la
contraddizione vedendola inutile. Ma quest'effetto non è dovuto direttamente
alla critica, è dovuto a voi stesso: dunque se la critica distrugge gli enti
della metafisica, il risultato è indiretto, dipende dall'essere questi enti
inventati per mettere fine alla mia contraddizione, che rinasce sempre più
forte.
Dunque non la
filosofia, ma la fisica dei filosofi spegneva gli Dei del paganesimo. Quando la
scuola di Elea dimostrava che tutte le cose erano una cosa unica, e che la
distinzione degli oggetti riducevasi ad un'illusione, combatteva la distinzione
degli Dei, e dava la prima scossa all'Olimpo di Omero. Ma l'assalto era
inutile; gli uomini che credevano impossibile e incontestabile la distinzione
delle cose della terra, dovevano credere la distinzione degli Dei
incontestabile, benchè impossibile nel cielo. L'assalto di Platone è più
decisivo. Platone accusa gli Dei d'essere ingiusti, di essere inferiori ai savi
e condannati nella coscienza dell'uomo. Pure sussistono ancora, sono malefici,
quindi temuti. Epicuro si spinge più innanzi studia la fisica per liberarsi dal
timore degli Dei, e la mitologia è atterrata dalla rivelazione naturale.
Possiamo fare
le stesse riflessioni sul Cristianesimo; non havvi obbiezione critica contro la
Bibbia, che non si trovi nei dottori: e, certo, gli scolastici non ignoravano
le contraddizioni della trinità, dell'incarnazione, dell'eucarestia. Anzi la
scolastica è la critica del Cristianesimo sottoposto alla logica; critica alla
quale i dottori rispondono con una metafisica semi-astratta e semi-istorica.
Qual'è il risultato della scolastica? le sue credenze sussistono; le antinomie
dei miracoli inventati si confondono colle antinomie dei miracoli naturali,
cercasi nel tempo stesso di conciliare le contraddizioni della trinità, e
quelle dell'individuo in genere; tentasi di spiegare ad un tempo l'eucarestia e
l'universale. La metafisica cristiana si compenetra colla metafisica profana;
la lotta è sterile, la fede trionfa. Più tardi Pomponaccio e Vanini erano i primi
a scuotere realmente il Cristianesimo; essendo fisici, sono potenti: e questa
volta dinanzi alla natura la tradizione cessa di mentire, la leggenda è
surrogata dalla storia, e la contraddizione positiva annienta l'errore
cristiano.
Così vi sono
due critiche, l'una negativa, l'altra positiva; la prima ci getta in un'eterna
irresoluzione, la seconda ci sforza di continuo a prendere una decisione; nella
prima non si fa che distruggere, la seconda edifica nel tempo stesso in cui
distrugge. Dinanzi alla critica negativa la natura si confessa contraddittoria,
dinanzi alla critica positiva la natura ci accusa di contraddizione; e ci
accusa di aver resi contemporanei nel nostro spirito i fenomeni successivi
fuori di noi.
Due sole cose
ci sono: il dubbio e la scienza: la critica negativa e la positiva: la
contraddizione universale e la contraddizione fisica. La è l'illusione dei
filosofi che vollero conciliare la critica e la fisica, e sciogliere
fisicamente le contraddizioni critiche. Noi evitiamo l'illusione della
metafisica, distinguendo le due specie di antinomie, esaminando se la
contraddizione è nella natura o nell'intelletto, se è figlia della logica che
domina la natura, o figlia della natura che domina la logica, e per noi
l'apparenza sola decide, perchè ogni fenomeno si spiega da sè.
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