Capitolo
XII
IL MOVIMENTO DEL PENSIERO
Abbiamo esposto gli
elementi del pensiero: ora dobbiamo mostrare come il pensiero procede: qual'è
dunque il suo movimento?
Per sè, il
pensiero riducesi al giudizio; afferma quanto pare, nega quanto dispare; rimane
sempre servo del fenomeno; quindi il suo movimento riducesi all'esatta
ripetizione del moto delle cose, e costituisce una specie di meccanica
intellettuale. Il pensiero non penetra le metamorfosi molecolari ed organiche;
dinanzi ad esso non havvi se non il grande o il piccolo, il contenente o il
contenuto, il sì o il no, l'essere o il non-essere; nel pensiero un germe che
si sviluppa è un germe che scompare, un albero che appare; noi seguiamo lo
sviluppo molecolare ed organico, gli esseri, con una serie d'affermazioni, di
cui l'ultima distrugge sempre le precedenti. Quel fanciullo cresce: affermasi
l'uomo negando il fanciullo; quell'uomo muore: affermasi il cadavere negando
l'uomo: qual'è la causa, la legge interna dello sviluppo che spinge il
fanciullo alla gioventù, il vecchio alla morte? Noi l'ignoriamo, ristretti ad
asserire meccanicamente i diversi stati dello sviluppo, la loro successione, la
loro disparizione. Benchè la successione, la disparizione non siano meccaniche,
pure accettiamo il fatto come fatto, come quantità, come cosa che deve essere o
non essere, che devesi affermare o negare, che deve contenere o essere
contenuta.
In ultima
analisi, il movimento del pensiero è il meccanismo logico, il meccanismo
dell'essere. L'identità consiste nell'essere che è; - l'equazione consiste
nell'identità sotto due forme diverse; - il sillogismo consiste in una doppia
equazione che conduce dal più al meno. La natura, soggiogando il pensiero,
soggioga la logica e si rivela meccanicamente al nostro intelletto,
riservandosi il segreto impenetrabile delle sue manifestazioni, delle sue
qualificazioni, delle sue differenze, di cui non lascia giungere a noi se non
l'essere o il non-essere.
Noi vorremmo
ogni nostro pensiero certo, come se il suo oggetto fosse materialmente dinanzi
a noi; aneliamo alla percezione immediata, alla rivelazione immediata. Alcuni
mistici sperano uno stato di perfezione, in cui il nostro occhio potrà
penetrare nelle profondità dell'universo. La percezione immediata essendo
ristrettissima, dobbiamo divinare, congetturare, supporre quanto sfugge alla
vista; il percepire viene supplito col riflettere. Anche nella riflessione il movimento
del pensiero rimansi lo stesso; procede meccanicamente dal presente
all'assente, dal noto all'ignoto, dalle premesse alle conseguenze. Lasciasi
guidare dalla rivelazione che domina la logica, colla differenza che non
afferma più ciò che appare, ma ciò che deve apparire; non nega più ciò che
dispare, ma ciò che deve disparire. Questa necessità per cui le cose non viste
devono essere o non essere in un dato momento, non è se non la necessità della
logica, che vieta a una cosa d'occupare il luogo occupato da un'altra cosa, di
essere in due luoghi diversi; in una parola, di trovarsi in contraddizione
colla propria rivelazione. Escludere la contraddizione positiva da un complesso
di apparenze che non ci è dato verificare per una ragione qualunque: ecco la
funzione del pensiero. Accordato il pensiero, il suo movimento conduce dunque
ad un sistema, cioè ad un insieme di apparenze armoniche, ordinate, e senza
contraddizioni materiali.
Il menomo
congetturare già forma un sistema, la persuasione di essere nella città, nella
casa che si abita, già componsi di pensieri coordinati in modo da escludere la
contraddizione. Sarà agevole l'ordinamento, non si farà attenzione al processo
mentale; per ciò non cessa di essere sistematico: poichè quando un evento, un
accidente qualsiasi, un delirio, un rapimento, ci rende difficile il verificare
in qual città, in qual casa noi siamo; gli stessi oggetti, le stesse cose, le
torri, le cupole, l'architettura degli edifizi, le apparenze più note
trasformate in indizi ci faranno riconquistare, col sentimento del sistema che
formiamo, le convinzioni che non avvertiamo sistematiche, tanto sono
immedesimate col nostro vivere. Hannovi gli antipodi? la terra è immobile. Le
risposte a tali questioni saranno sempre un sistema. Qual'è l'origine dei
fiumi? che havvi al disopra delle nubi, al di là degli astri? qual'è
l'origine dell'uomo? dove abitavano i nostri progenitori? chi ci ha date le
prime leggi? chi ha inventate le arti? Rispondendo a tali interrogazioni,
semplici e naturali, indefinite nel loro sviluppo, il pensiero si estende, e
sempre sistematicamente. Può confondere i problemi eterni coi problemi di un
giorno, può lottare colle contraddizioni critiche prendendole per
contraddizioni positive; ma procede sempre nella stessa maniera, vuol sempre
giungere ad un sistema; volontà tanto naturale, tanto profonda, che rimane
inconscia di sè, e suppone il sistema nella stessa rivelazione, credendo
limitato il nostro lavoro a coordinare le apparenze più sfuggevoli, perchè
occupino nel nostro intelletto il luogo correlativo a quello da esse realmente
occupato nella natura.
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