Capitolo XV
LA SOCIETÀ E UN SISTEMA
Nell'uomo
isolato la rivelazione è limitata, fugace; ma l'uomo non nasce solitario, vive
co' suoi simili; e la rivelazione si sviluppa nella società.
Se dimandate alla
logica l'origine della società, troverete che non può essere dedotta nè dal
pensiero, nè dalla volontà dell'uomo. La società non può essere dedotta dal
pensiero, perchè l'uomo, per desiderarla, avrebbe dovuto conoscerla prima, per
imaginarla avrebbe dovuto provarne i vantaggi; quindi l'origine della società
diventa impossibile su tutti i punti, mercè l'assioma che non s'impara se non
ciò che si conosce. La parola non è forse la prima di tutte le condizioni della
società? La stessa parola suppone la società, suppone la parola, essendo il
linguaggio necessario all'invenzione del linguaggio. Istessamente, la società
non può essere dedotta dalla volontà dell'uomo: corrisponde essa ai nostri
bisogni? Ci resta a sapere se i nostri bisogni hanno creata la società, o se la
società ha creati i nostri bisogni; se la società è figlia de' nostri istinti,
o se ha falsato i nostri istinti. Il selvaggio la respinge con orrore; per lui
la società è una servitù senza limite, i nostri campi sono luoghi di pena, in
cui l'uomo è avvinto alla terra come il bue, le nostre città sono prigioni, le
nostre scuole sono fabbriche dove si preparano le catene della civiltà; invece per
l'uomo incivilito è lo stato selvaggio che ci rende servi, la società emancipa,
la libertà nasce sui campi coltivati, nelle città popolose; il ben essere è ben
creato e governato da quella dura disciplina della scienza che il selvaggio
respinge qual tortura. L'incivilimento è desso un bene o un male? il pensiero è
desso il privilegio naturale, o la malattia artificiale dell'umanità? Ecco il
dilemma; è il dilemma di Tacito quando opponeva i Germani ai Romani; di
Machiavelli quando opponeva la Svizzera all'Italia; di Rousseau quando opponeva
la natura primitiva alla civiltà; di tutti gli uomini quando vogliono optare
tra la pace e la guerra: di tutti i filosofi che vogliono interrogare il
possibile per sapere se la natura doveva essere più avara d'uomini o più
prodiga di viveri, onde non costringerci a combattere l'indigenza
coll'associazione forzata e sanguinosa dell'incivilimento. La logica non dà
risposta; risponde la fatalità soggiogandosi prima d'essere interrogata: essa
ci fa nascere nel seno della famiglia, sacrifica di continuo una generazione
all'altra, i parenti vivono per immolarsi a posteri ignoti, che loro
succederanno nel lavoro senza fine, che disciplina il genere umano nell'atto
stesso che lo moltiplica. La fatalità ci vieta la solitudine, ci anima colla
presenza de' nostri simili, ci dà la parola per manifestare i nostri pensieri;
ci impone i nostri stessi pensieri dominando la nostra intelligenza, quasi
fosse un istrumento che non ci appartiene né dovesse mai appartenerci. Da
ultimo, la fatalità fa nascere ogni popolo sotto una data rivelazione, lo
congrega sotto la verga di una medesima legge, e spinge tutte le famiglie che
lo compongono ad attuare nel mondo uno stesso principio. La società forma
dunque un sistema unico, indivisibile; non è se non la ragione di un popolo
fatta serva di una rivelazione, la logica sottoposta ad alcuni dati, diretta ad
uno scopo da tutte le forze della natura e dell'uomo. La società non è dunque
una agglomerazione d'uomini; è l'uomo che non tollera la contraddizione, che
lotta di continuo per escluderla, e che vuol l'ordine nelle idee, l'ordine
nella propria rivelazione. Le cieche ribellioni dell'istinto, le passioni
sfrenate, e quanto non coincide col sistema della società, non conta se non
come la follìa, come il male che bisogna reprimere.
Spesso ne'
dogmi de' popoli hannovi misteri e contraddizioni che ripugnano alla ragione:
nondimeno la società rimane sempre un sistema: i misteri e le contraddizioni
che figurano nelle religioni sono le stesse antinomie che sovrastano alle
origini di tutte le cose, e che la ragione umana materializza e compendia nei
suoi simboli. L'assurdo del simbolo non viene ammesso se non per meglio
combattere la contraddizione; poichè indicata e accettata d'un tratto una
contraddizione, evitansi meglio le innumerevoli incoerenze della natura. Il
mistero religioso riducesi ad un fatto come l'alterazione, ad una storia, ad un
prodigio; esso è la trinità divina, la passione del Cristo, il miracolo dell'eucaristia;
fa solamente l'ufficio di un fatto storico; e una volta stabilito, tocca alla
logica a difenderlo, a distinguerlo dagli altri fatti, a dedurre le conseguenze
che contiene. Dunque, a malgrado de' misteri, ogni religione è un sistema; sarà
erronea senza cessare d'essere logica; travolgerà nelle sue favole la vera
rivelazione, senza che il suo errore sorga dalla vuota possibilità di tutto
ammettere; falserà materialmente i fatti, senza mai negare la rivelazione
naturale nel principio.
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