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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE PRIMA   LA RIVELAZIONE DEGLI ESSERI
      • Capitolo XVIII   I POPOLI E L'UMANITÀ
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Capitolo XVIII

 

I POPOLI E L'UMANITÀ

 

La seconda antitesi opposta dalla logica al sistema sociale, vien tratta dall'umanità. Noi diciamo che uno è il sistema sociale, e la logica ce lo mostra vario nelle cento religioni che captivano i diversi popoli, quasi fossero esseri di diversa natura: per noi il sistema sociale si svolge autonomo, armonico, e la logica ci mostra le influenze d'un popolo sull'altro, tali che in pochi anni il buddismo o il cristianesimo possono a caso distruggere l'incivilimento del popolo più antico: per noi ogni società s'avvia verso l'umanità, e la logica ci oppone la guerra di tutti i popoli, universale; in guisa che, nel fatto, ogni popolo è nemico dell'umanità. Queste antinomie possono tutte tradursi nell'antinomia tra l'idea del vero, una per essenza, e le varietà delle opinioni, molteplici quanto gli individui.

La metafisica, che vuol transire colle astrattezze dai popoli all'umanità, complica i due termini colle antinomie de' criterj, trova uscita alcuna. La rivelazione scioglie il dilemma col fatto.

La diversità delle religioni non rappresenta se non la diversità dei momenti istorici del sistema sociale; ogni culto non e se non l'una delle fasi delta serie de' sistemi; ogni culto è in moto verso un culto superiore, per giungere alla religione dell'umanità. Non havvi religione stazionaria, non culto che possa persistere nel suo isolamento; la rivelazione e la ragione vietano ad ogni popolo di sostare nella via che conduce all'umanità. Il più barbaro dogma non deve difendersi? non trovasi assalito dalle religioni che lo circondano? esse coll'esistenza loro lo accusano; il conflitto divien necessario; poi, svolgendosi la rivelazione, smente il dogma, lo condanna a rettificarsi, a mutarsi, a cessare di essere quello che è, a cambiarsi in un nuovo dogma. Il cristianesimo non si ordinava combattendo i sacerdoti del paganesimo e la scuola di Alessandria? non profittava della rivelazione naturale per negare gli oracoli e i miracoli della mitologia?

La guerra tra le religioni non turba il procedimento delle diverse religioni, nessun caso può turbare il corso del sistema sociale; nessun individuo, nessuna invenzione; lo spettacolo stesso della civiltà perfettissima non vale a precipitare d'un punto le nostre deduzioni. Esse possono essere precipitate, ritardate net tempo istorico; ma nel tempo ideale, la serie deve essere regolare, il tre non può precedere il due; Watt non può precedere Augusto, o lo precede inutilmente. Del resto, la guerra si fonda sulla convinzione che uno è il vero, che dobbiamo cedere alla verità; suppone che in ogni pagano havvi un cristiano in potenza, che in ogni cristiano havvi un uomo riserbato al dogma dell'umanità. Il risultato della guerra è il trionfo assoluto di un sistema, o un trionfo limitato che concede ai diversi culti una data regione, un numero di genti proporzionato alle sue forze esperimentate.

Quindi la terra, il clima sono dominati dalle religioni, ch'essi non dominano; sono conquistati dal pensiero, ch'essi non conquistano; sono i confini, le fortezze, la materia naturale dei diversi dogmi ch'essi non creano, e da cui, al contrario, sono creati confini, fortezze, mezzi di attacco o di difesa. Nella barbarie, ogni religione sembra figlia della terra, radicata nel suolo, immedesimata coi luoghi, colle circostanze di un popolo, e tale che non può essere adottata da altre genti, non può emigrare senza svanire. In fondo, la religione barbara e locale, perchè dinanzi ad essa la località e il mondo intero, l'assoluto de' metafisici: quest'assoluto potrà poi ingrandire all'infinito. La religione barbara deve fissare gli uomini alla terra, incivilire il suolo, stabilire la società sulla sua base: una volta compita la sua opera prima, la religione diventa mobile, si stacca dalla terra, non ha più patria, non focolari domestici, si fa cosmopolita: il globo perlustrato, le arti, le invenzioni, i lavori delle diverse regioni, avvicinati, scambiati, son materia di principj che non possono più capire in un confine determinato.

Concludiamo che una è la storia ideale, eterna, nella quale corrono nel tempo le storie particolari di tutte le nazioni; che questa storia conduce all'umanità da tutti i punti della terra, che la diversità dei culti esce dalle sue epoche, non dal clima, non per isolare, ma per associare tutti i viventi. Vico, il primo a pronunziare la parola di storia ideale, s'ingannava nel determinarne le epoche; ad altri sarà questa opera agevole: - la storia ideale deve procedere astratta, le è interdetto di pronunziare i nomi degli uomini e delle cose; - si svolge a traverso momenti ideali, con uomini ideali, con vittorie ideali; - non può toccare la terra senza cadere in particolarità, senza mancare al suo carattere di scienza; - non vedo come si potrebbe determinare un Cristo ideale, un Maometto ideale, un Confucio eterno, che siano formola e tipo degli uomini particolari che attuano i diversi momenti de' rispettivi sistemi; - non vedo come questa scienza, involta nelle nubi della nostra ignoranza, possa essere riscontrata nella storia positiva, in cui le similarità de' popoli restano quasi frammenti di scheletri sconosciuti, che la mancanza di un'anatomia comparata non concede di giudicare. - Pure la storia ideale esiste; tutta quanta la storia positiva ne porta le traccie; le similarità si moltiplicano ad ogni tratto, quasi altrettanti echi di una stessa parola, caduta nel tempo; i momenti si schierano succedanei nelle diverse regioni: e benchè oscuri, tutti proclamano falso che le religioni escano dal suolo, falso che le influenze reciproche delle nazioni violino il sistema sociale, falso che ogni popolo sia nemico dell'umanità.

A traverso il variare dei dogmi, la verità progredisce sempre verificata con motivi reali, non mai dai criterj astratti, che trascorrerebbero oltre il dilemma del vero e del falso senza risolverlo, ed anzi complicandolo con altri dilemmi.

 

 




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