Capitolo
XIX
LA CORRUZIONE DE' SISTEMI
La terza antitesi
che la logica oppone al sistema sociale consiste nella corruzione de' sistemi,
per cui ad un tratto la società si ferma, si strazia, si scioglie, benchè la
rivelazione persista, benchè nulla sia mutato nella natura, benchè il sole non
cessi di splendere sulla terra, e lo stesso genio delle scoperte non cessi di
illuminare il popolo. La lotta tra i popoli e l'umanità assale il sistema
sociale dal di fuori, la corruzione l'assale interiormente: in qual modo havvi
unità, armonia, movimento progressivo, e l'unità del genere umano in ogni
società, se d'un tratto vien meno, quasi colpita a morte dal suo proprio
procedere?
L'antitesi
della corruzione è in pari tempo rozza e sottile. È rozza perchè nasce da un
errore di fatto; suppone falsamente che le società si corrompano, attribuisce
ad un male interno l'opera degli accidenti esterni, rende ragione dei disastri
accidentali considerandoli quali effetti naturali. E gia inteso che la forza
del sistema sociale è interiore, umana, intellettuale; tolte le catastrofi
fisiche ed esterne, nessun popolo muore, nessun disordine può turbare il suo
progresso. Il progresso del sistema, il corso della tradizione verso l'umanità
suppone un dato fisico, che concede ad ogni popolo la terra, il numero degli
abitanti, la prosperità, la forza reclamate dallo sue idee e da' suoi dogmi. Le
condizioni esterne mancano? I popoli si fermano; e se vengono sacrificati dalla
fortuna, le loro tradizioni devono scomparire. Quindi hannovi nazioni in
ritardo; il suolo veniva meno agli abitanti delle isole, il ferro all'America,
i fiumi mancavano ad alcune parti dell'Asia, le pioggie ai deserti dell'Africa.
Hannovi popoli compressi dalla vicinanza di nazioni terribili, altri sorpresi
dalle guerre, dalle invasioni nel momento delle loro crisi: il chiedere ad essi
che procedano verso l'unità universale torna lo stesso che l'esigere un
progresso dagli Atlantidi sommersi negli antichi cataclismi della terra. Al
contrario, accordasi il dato fisico supposto da ogni popolo in progresso?
accordansi le condizioni reclamate, il suolo, la temperature, i metalli, in una
parola i mezzi fisici correlativi alla vita intellettuale? Non solo il popolo
sarà immortale, ma dovrà esaurire la serie de' sistemi fino a confondersi
coll'umanità. Hannovi adunque disastri nella storia, un popolo può essere
conquistato, svenato, sommerso nelle acque; può soffermarsi per più secoli in
un sistema da altri popoli a capo di pochi secoli respinto; pure l'umanità
trovasi sempre in germe presso ogni nazione, nelle stessa guisa che ogni
nazione trovasi in potenza presso ogni famiglia. In qual modo un germe potrebbe
corrompersi naturalmente? La sua natura lo sollecita a svilupparsi, le cause
esterne possono sole paralizzarlo o distruggerlo,
Se l'antitesi
della corruzione è rozza e falsa, in seguito si fa sottile, nessuno la sfugge.
Ogni cittadino combatte per un principio, al quale vede vincolata la salute
della patria: che accade il giorno in cui la sua fede è vinta? Egli deve
credere vinta la patria: deve lodare il tempo antico, gemere sui tempi in cui
vive, celebrare i primi legislatori, maledire i novatori; quanto più grande e
la loro forza, tanto più terribile si presenta l'avvenire della società. In
balia di un falso dato, il cittadino che ha pronunziato una sol volta questa
parola: la mia patria si corrompe, non rimane coerente con se stesso finchè non
è addotto a intervertire tutte le tesi della nuova civiltà, finchè non ha dato
il nome di male ad ogni bene, finchè non ha negato la stessa civiltà, celebrando,
come Tacito o Rousseau, i benefizi della barbarie. L'antitesi varia di forma
col variar degli eventi e delle fasi sociali, pure riman sempre in sostanza la
stessa. Cattolici o filosofi, regii o repubblicani, siamo sempre addotti al
dubbio momentaneo che esce dalla doppia apparenza del bene e del male: nè si
sfuggirebbe al dubbio senza cessare di esser uomini. Perchè ogni evento non
corre a nostro grado, ogni fallo non coincide colla nostra previsione, le
grandi guerre nelle quali viviamo suppongono dai due lati grandi sconfitte. Si
può sperare, si può sfidare la sorte, si può accettare il martirio; però la
cieca fede, sempre plaudente ad ogni evento, quasi fosse una certissima
vittoria, un segno evidentissimo di progresso, si confonderebbe coll'idiotismo
che celebra i fatti compiuti, e ammette ogni vittoria. Se possiamo innalzarci
alle regioni di un'altissima fatalità, se per astrazione possiamo contemplare
il corso della società quasi fosse inevitabile come il corso d' un fiume,
nell'azione dobbiamo imputarci scambievolmente il nostro agire, vederlo figlio
della libertà; dobbiamo attribuire ad una causa umana le nostre sconfitte; e
qual sarà questa causa, se non cercasi nell'egoismo e nelle misere passioni per
le quali ci confessiamo degradati?
Al cospetto
della metafisica il dilemma pende tra l'organizzazione e la corruzione della
società: se ammettesi che il sistema sociale tende naturalmente a costituirsi,
la corruzione diventa impossibile: viceversa, ammessa la corruzione qual
tendenza naturale, devesi negare l'organizzazione. Per transire da una tesi
all'altra, la metafisica cerca un termine medio: due ne furono proposti,
coll'uno imputasi la corruzione alle idee, coll'altro alle passioni.
Machiavelli
rappresenta la prima teoria, che spiega la corruzione colle idee. In sentenza
di Machiavelli ogni popolo passa a traverso due epoche, l'una di credulità,
l'altra d'incredulità. Nella prima, dice egli, le religioni si formano per
ordinare la società, per sottrarre l'individuo al suo naturale egoismo. Nel
secondo periodo, la scienza infrange le catene delta superstizione, l'errore
utile della religione svanisce, e vinta l'impostura benefica del cullo,
l'egoismo riappare per dissolvere la società. Hannovi realmente epoche
d'incredulità sociale nella storia? Non se ne trovano: la mera incredulità e un
fenomeno individuate come l'impostura; la società sta nella comunanza delle
idee, fondasi sui dogmi; non havvi fede sociale che possa venir distrutta senza
venir supplita da un'altra fede. Qual'è la società che abbia inaugurato il
dubbio come principio? Si imaginò che gli ultimi tempi del paganesimo fossero
tempi d'impostura e d'egoismo; erano i tempi de' primi cristiani; e d'altra
parte, il paganesimo era sì forte, che la potenza devastatrice degli imperatori
cristiani fu necessaria per distruggerlo nei villaggi. Si irnaginò che il
risorgimento fosse un periodo d'incredulità: certo, i Medici e i Borgia non
anelavano at martirio; pure il protestantismo era fervente, il cattolicismo
avventurava tutto per difendersi secondo lo stesso Machiavelli anche a Firenze
potevasi fondare una nuova religione. L'incredulità dell'uomo senza fede, senza
legge, non è se non malvagità, non è sociale, non tocca la società, muore
nell'individuo, il quale muore all'umanità. Quanto all'incredulità critica,
spesso viene applicata a distruggere la religione; dissolve in pari tempo il
dovere, la felicità, il mondo, ogni cosa, ogni pensiero; negasi da sè, resta
nella scuola, nel filosofo, nell'individuo. Al contrario, quando appaiono gli uomini
meritamente odiati quali increduli dai ministri del culto, essi trovansi
sottoposti alla rivelazione naturale, sostituiscono fatti a fatti, principj a
principj, calpestando i sofismi della ragione individuale che spira ne' propri
dilemmi. Dunque. se è naturale il nascere delle religioni, è impossibile il
loro perire; se i fondatori delle religioni erano credenti, ogni capo della
società sarà sempre un credente, dato anche che i fondatori delle religioni
fossero impostori (ed è l'opinione di Machiavelli); perchè la loro incredulità
era un secreto personale, solo per la loro impostura erano in relazione co'
popoli, la religione sola costituiva il sistema sociale.
Il secondo
espediente col quale la metafisica vuoi conciliare logicamente la generazione e
la corruzione del sistema sociale consiste nell'imputare la corruzione alla
volontà degli uomini. Questa è la teoria che Vico perfezionava nella Scienza
Nuova, dove vedeva i fatti quali offrivansi a Machiavelli; pensava che la
fede fonda le società, che l'incredulità le scioglie: era convinto che ogni
popolo passa per le due fasi della credulità e della incredulità: ma giudicando
le due fasi al rovescio di Machiavelli. Secondo Vico la credulità è santa,
l'incredulità empia; la fede fonda la società, l'impostura la distrugge: al
primo costituirsi i popoli subiscono il dominio del vero; fidando
nell'intelligenza e nel vero, sarebbero immortali; ma le passioni dei popoli
inciviliti pervertiscono ls ragione e distruggono i dogmi; la società si
perde.Vico dava così la forma di una teoria a tutti i luoghi comuni della
retorica, contro il lusso, la
mollezza, generati dalle corti, contro le passioni infiammate dal commercio,
contro l'egoismo raffinato dalla civiltà. Vedendo crescere l'incivilimento
attendevasi ad una dotta barbarie, a una guerra universale, che avrebbe
restituita la prima barbarie nel seno delle società moderne. Timori chimerici!
Non vi è mai stato un popolo di
Messaline e di Tiberii, come mai non vi è stato un popolo che dubitasse della
propria esistenza. La volontà generale segue fatalmente l'intelligenza dei
popoli, cerca solo il bene, non può vederlo che là dove lo mostrano i dogmi:
accusiamo noi un popolo di esser corrotto? Siamo in errore, e l'errore consiste
nell'esigere dal popolo il coraggio, la virtù de' principj che non professa;
vien franteso; gli si domanda d'esser protestante quando è cattolico, di esser
rivoluzionario quando è monarchico: interrogatelo sulla sua vera fede, sarà
eroico quanto i Romani. Se hannovi popoli senza coraggio quando il nemico li
minaccia, sì è che sono indifferenti sulla persona del signore, si è che spesso
desiderano il nemico qual liberatore; in una parola, si è che la vita de'
popoli risiede nei principj, e non nella terra, nelle cose materiali, nel fatto
personale del governo, o nella configurazione accidentale dello Stato. La
storia ideale de' sistemi che si sviluppano ne' popoli è più forte della terra:
per progredire invocherà, se occorre, i nemici della patria; emigrerà forse per
cercare una nuova patria al culto che deve trionfare. La storia ideale sottrae
il buddismo al bramismo che l'opprimeva nelle Indie; essa sottraeva la
democrazia protestante dell'America all'aristocrazia che la opprimeva in
Inghilterra: in generale, ogni rivoluzione religiosa sposta i governi, i
centri, altera la geografia politica, per fondare nuove nazionalità e dalla
China agli Stati-Uniti vediamo schierati nei diversi paesi i diversi momenti
della storia eterna de' sistemi, che si succedono nella mente di ogni uomo.
Coosì la
corruzione dei sistemi non è se non il movimento della storia; non degrada
l'intelligenza, nè la volontà de' popoli; non può essere funesta se non in una
catastrofe fisica o guerriera dove periscano le condizioni esterne
dell'incivilimento. Come l'albero, come la quercia, la società tende a
svilupparsi; la ghianda cade essa in terreno sterile? al primo germogliare vien
essa sradicata dai venti? Perisce senza che la legge colla quale la quercia si
sviluppa si trovi falsata.
I filosofi
antichi rendevano ragione dei dei fenomeni della società colla legge della
generazione e della corruzione; fermavano l'attenzione sulle circostanze
esterne delta patria, e però dovevano trasportare al movimento interno delta
società l'idea della nascita e della morte, fornita da tutte le circostanze
esterne. Platone subordinava ad un numero misterioso e fatale l'esistenza e la
perfezione della repubblica, e doveva prevederne la caduta perchè la
repubblica, naturalmente alterandosi, cessava di stare nell'equazione voluta dal
fato. Aristotele credeva pure al numero di Platone; e però vedeva in ogni
governo giunto all'apice delta perfezione un'opera fragile, presto travolta nel
moto generate della vita e della morte, che dispone di tutti gli esseri.
Pomponaccio e Vanini affrontavano la storia col mezzo dell'astronomia,
subordinavano le rivoluzioni dei popoli a quelle delle sfere, e qui pure il
movimento circolare della generazione e della corruzione comunicatasi alla
storia, e signoreggiava tutti i popoli per mezzo delle condizioni esterne della
loro esistenza. Anche Machiavelli, sedotto a metà dal sistema astronomico di
Pomponaccio, trasportava fuori della ragione delle moltitudini l'origine della
società che attribuiva ad un miracolo trasmondano e al fatto d'una grande e provvida
impostura. Anche in Vico trovasi l'ultima traccia di quest'impulso esterno, che
chiede uno scoppio di tuoni, un terribile ardere di fulmini per riscuotere le
menti dei primi uomini, e svegliarli al sistema sociale. Tutti poi i filosofi
del risorgimento guardavano attoniti alla grande catastrofe dell'impero romano;
fermavano l'attenzione sui governi più che sui principj, affrontavano la storia
dal lato della politica, della pace, della guerra, delle conquiste;
concentravano l'umanità nello Stato, lasciandola così aggirarsi nel circolo
fatale della vita e della morte. Pure, se si dimenticano le evoluzioni degli
astri, le circostanze materiali, se si pon mente alle idee, il circolo
scompare, il progresso appare, e ogni famiglia mostrasi avviata verso lo Stato,
ogni Stato verso l'umanità.
Quanto ai
dubbi che ci assalgono al momento delle nostre sconfitte, quando crediamo di
decadere, restano compenetrati colle antinomie della fallibilità e
dell'infallibilità; la soluzione astratta riproduce le antinomie dell'origine
della società, dei criteri del vero; la soluzione positiva sta tutta nel già
esposto sulla prima costituzione del sistema sociale.
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