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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE SECONDA   LA RIVELAZIONE DELLA VITA
      • Capitolo V   IL RITMO DELLA VITA
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Capitolo V

 

IL RITMO DELLA VITA

 

La vita si compone di più istinti, governata da un'aritmetica misteriosa che li combina e li trasforma, in forza di una legge incognita. Io chiamo ritmo della vita, la misura primitiva e proporzionale che presiede alla combinazione de' nostri istinti.

L'essenza dell'uomo trovasi nel ritmo, e non nella ragione. La ragione si limita ad affermare, a negare; non può spiegar nulla; non ha scopo, nulla vuole, nulla cerca: se un dramma s'interrompe, non ne dimanda il seguito; se la conversazione si ferma, non ne cerca la conclusione. Per la ragione tutte le proposizioni hanno lo stesso valore, o piuttosto non hanno valore alcuno. La vita sola apprezza, un valore alle cose, e pertanto il ritmo della vita solo un senso al dramma, alla commedia, al discorso: ne dimanda la fine, la conclusione, respingendo la leggerezza, la frivolezza, la stravaganza come vizi che falsano i valori. L'intelligenza non regna dunque sulla vita; al contrario, la vita si serve dell'intelligenza; essa determina lo scopo, l'interesse che si vuol raggiungere, e l'intelligenza obbedisce, subordina i mezzi allo scopo, attua le nostre intenzioni nel mondo in una maniera meccanica. La ragione dev'essere serva dell'istinto. Se i miei desiderj cessassero, a che la mia ragione?

Siamo adunque mezzo ispirati e mezzo automi. Siamo ispirati per l'istinto, per la vita; siamo automi per la ragione che la vita domina onde attuarsi meccanicamente nel mondo. Il doppio fenomeno della ispirazione e del meccanismo trovasi dappertutto. L'amante è ispirato quando ama, e diventa intelligente e meccanico per raggiungere lo scopo dell'amore; l'ispirazione del coraggio sorge da un mistero vitale, ma nell'attuarsi rende ragione de' suoi atti. La presenza di spirito è istantanea, ma la sua azione è ragionata e positiva; l'improvvisare trasporta l'oratore, ma egli non persuade che col mezzo delle prove, e la sua ispirazione si traduce in dimostrazione per quelli che la seguono. Il carattere degli uomini, eroico od egoista, grande o vile, tenero o feroce, vien costituito a priori dall'armonia occulta degli istinti; pure nell'azione diventa automatico, voglio dire intelligente. Il contegno, il discernimento, la fermezza, tutto l'uomo esteriore viene governato dall'uomo interiore: la ragione è governata dall'istinto; noi non siamo ragionevoli se non perchè le nostre passioni trovansi imprigionate nei nostri organi, e i nostri organi nel mondo. La vita diventa intelligente, perchè deve diventare meccanica.

Non è la ragione, è il ritmo della vita che distingue l'uomo dall'animale. Non considerate voi se non le facoltà della ragione? Le differenze più essenziali tra l'uomo e l'animale scompaiono. La ragione percepisce gli oggetti: rifiuterete voi la percezione agli animali? direte che la rondine non percepisce il suo nido? La ragione si fonda sulla memoria: rifiuterete voi la memoria al cavallo che vi guida traverso i labirinti delle mine quando avete dimenticato tutte le uscite? La ragione contiene la facoltà di giudicare: ardirete voi di negarla alle bestie? Esse percepiscono, dunque giudicano; esse esitano, dunque deliberano: esse decidonsi, dunque ragionano. Per intenderle, per indovinarle noi dobbiamo indurre, dedurre, dimandarci ciò che faremmo noi stessi se posti nella loro condizione: in qual modo rifiutar loro la facoltà di ragionare? Neppure le idee correlative ai generi mancano agli animali: essi le hanno perchè percepiscono, perchè giudicano, si fondano sull'esperienza, e bisogna accordar loro tutte le condizioni dell'esperienza, lo spazio, il tempo, la sostanza, la causa, l'ente, tutte le nozioni che i razionalisti credono riservate all'uomo. Hannovi tra gli animali le gerarchie, le pene, le ricompense; e bisogna cadere nella più profonda ignoranza della natura, nel più crasso idiotismo della scienza per contestar loro la nozione della giustizia, mentre li vediamo intenti alla educazione della prole, e mentre noi stessi li ammaestriamo colle pene e colle ricompense.

L'uomo non è distinto adunque dall'animale se non dal ritmo della vita, dal sistema generale de' suoi istinti, dal valore esclusivamente umano che agli oggetti. Se la tigre avesse le passioni, gli istinti, le tendenze dell'uomo, tra essa e noi vi sarebbe solo la differenza della forma, della forza, dell'agilità; le sue cognizioni sarebbero le nostre cognizioni, perchè la ragione, isolatamente presa, nella tigre opera come nell'uomo.

Nel fatto, malgrado l'immensa diversità degli ingegni, tutte le facoltà che si chiamavano razionali sono le stesse in tutti gli uomini. Il giudizio è il medesimo in Ulisse e in Tersite, il ragionamento parimente il medesimo in Aristotele e nell'ultimo dei sofisti; se trattasi di verificare un'addizione, una divisione, una moltiplica, Newton non è superiore ad alcun maestro di scuola. Ciò che differisce tra gli animali si è la forza istintiva dell'ispirazione; quindi la varietà delle diverse attrazioni che le cose esercitano sopra di noi; quindi la diversa intensità dell'attenzione; e per l'impulso di questi dati primitivi differiscono poi le abitudini, l'educazione e l'istruzione, e tutte le facoltà acquisite.

Istessamente la ragione dell'animale è simile a quella dell'uomo, viene posseduta o non posseduta, le sue operazioni non ammettono alcuna gradazione, bisogna accordarle o negarle. Voi percepite o non percepite, non havvi mezzo; se l'animale percepisce, percepisce come voi; se conosce il tempo, lo spazio, i generi, li conosce come voi; se giudica, se ragiona, ha la vostra ragione; s'egli è logico, ha la vostra logica. Quindi è razionale quanto voi; automa quanto voi; egli è vostro eguale, e partecipa all'eguaglianza assoluta di tutti gli esseri ragionevoli.

La differenza tra l'istinto dell'animale e il ritmo dell'uomo consiste in ciò, che il primo è limitato, preciso, infallibile: la precisione dell'istinto fissa in un modo invariabile il valore d'ogni oggetto per ogni animale, per cui la vita presentasi qual problema matematico istantaneamente risolto. Nell'uomo, al contrario, l'istinto rimane indeciso, si muta, si attua lentamente; e ammette una vastissima latitudine nella determinazione dei valori. Il ritmo presentasi quasi una quantità che domina più qualità diverse, vale a dire più sistemi di vizi e di virtù.

Se la ragione è serva del ritmo, se deve obbedire all'istinto, se deve attuarlo senza mai dominarlo, se per la ragione Tersite non differisce da Ulisse, l'animale dall'uomo, a che riducesi il vantato regno della ragione? Si riduce ad una chimera della metafisica, che prende le contraddizioni della vita quali problemi solubili. Per iscioglierli deve stabilire un principio, identificarsi con un dato bene, e creare un'arte di vivere astratta, in cui tutto vien dedotto da una unica volontà, quasi che gli uomini fossero tutti eguali nelle tendenze, negli istinti, nelle vocazioni; quasi che si possa transire logicamente da un bene all'altro bene, da una passione alle altre passioni. Il regno dell'astratta ragione è il regno dell'impossibile; nessuno vi può vivere; la pianta uomo non vi può germogliare, perchè la logica insulta alla nostra natura, e vi trascura l'immensa varietà degli istinti onde emerge l'umanità. Come seguire gli stoici o i cinici? Antistene o Platone? La metafisica in azione ha messo i filosofi in conflitto coll'umanità.

 

 




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