Capitolo
XIII
I SIMBOLI RELIGIOSI
La bellezza de'
dogmi che periscono non è muta, ma significativa, rappresenta una verità; in
altri termini è simbolica.
Il simbolo
viene fatto dalla natura; l'uomo, creandolo, agisce fatalmente, è l'istrumento
cieco di una vita fatidica. Per chi lo inventa, il simbolo è la stessa verità,
non rappresenta se non sè stesso: per gli evangelisti, Gesù Cristo è il figlio
di Dio, la sua vita è un fatto. Il simbolo nasce nell'istante in cui la fede
cessa, quando il Cristo ha cessato di essere il figlio di Dio, quando la sua
vita non è altro che una leggenda, allora la tradizione del Cristo si
abbellisce, e la sua bellezza ce lo mostra come la figura della religione
dell'umanità.
Nel simbolo
l'errore indica la verità: in qual modo il falso può indicare un vero? Non lo
sappiamo; l'indicazione è affatto poetica e vitale; se la vogliamo
meccanicamente precisa, il senso del simbolo scompare. Perchè il Cristo non
sarebbe un simbolo astronomico, piuttosto che quello dell'umanità? Non si può
rispondere; il simbolo è ambiguo, le sue interpretazioni saranno sempre
contraddittorie presso i filologi.
I sistemi
filosofici partecipano al privilegio delle religioni; quando hanno cessato di
essere veri, divengono simbolici, fatidici, indovinano il sistema che ad essi
deve succedere. Platone adombra il cristianesimo, lo predice, egli è fatidico;
paragoniamo la repubblica colla chiesa, vedremo la chiesa profetizzata in tutti
i punti in cui splende il bello della repubblica. Vogliamo noi cercare la
precisione, l'esattezza nel confronto? Il simbolo svanisce, la repubblica
riprende il suo senso materiale; essa non è la chiesa, non è il cristianesimo;
essa non è se non la repubblica.
I politici
divengono involontariamente utopisti, inventori di simboli tosto che si
sforzano di oltrepassare il loro secolo. Mai non possono indovinare la vita che
deve attuarsi; è forza che nelle loro previsioni si restringano ad attuare
materialmente il loro concetto coi dati della loro vita. Platone deve figurarsi
il cristianesimo seguendo l'analogia dell'uomo antico, quindi il suo
cristianesimo sarà la città impossibile della Repubblica. Rousseau deve
figurarsi il trionfo della libertà rimanendo nell'antica Europa, rimanendo
cittadino di Ginevra; quindi il pensiero di Rousseau si attua coi dati
materiali del cantone svizzero; non prevede, nega la repubblica in ogni grande
nazione, e la gran repubblica di Francia trovasi imprigionata nella città
simbolica del Contratto sociale. Potrei moltiplicare gli esempi a
piacere; mostrerei dappertutto la mobilità progressiva della vita, che sempre
si fa giuoco de' mezzi meccanici proposti dagli inventori.
Furono distinti i pensatori dagli uomini d'azione: i
primi danno i principj, i secondi li attuano. Orbene, l'attuazione è in
contraddizione, non coi principj, ma colla forma materiale data dai pensatori
all'utopia del loro principio. Il filosofo vagheggierà l'eguaglianza dei
pastori, la felicità campestre, l'età dell'oro: l'uomo d'azione spingerà al
patibolo i regi, i preti, i nobili; sarà un uomo di guerra. Il filosofo predirà
la democrazia frequentando le corti, il democratico attuerà la democrazia
combattendo il despotismo illuminato, l'utopia materiale vagheggiata dal
filosofo.
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