Capitolo
III
LA RIVELAZIONE MORALE DETERMINA LE
CONDIZIONI
DELLA MORALITÀ
Il dovere suppone
tre condizioni: la libertà, il merito e la sanzione: le tre condizioni sono
fissate dalla ispirazione giuridica, che rivelandosi ci dichiara liberi,
responsabili delle nostre azioni, e degni d'essere puniti o ricompensati.
La libertà si
svela nella coscienza; ivi appare inseparata dal dovere, e immanente ad ogni
azione morale. Fuori della coscienza, la libertà svanisce. Togliamo noi lo
sguardo dalla rivelazione morale per recarlo sullo spettacolo della natura
esteriore? Dinanzi alla storia, dinanzi alla politica, la fatalità delle cause
e degli effetti trae seco gli uomini e le moltitudini, disponendo dei vizi e
delle virtù. In noi l'uomo è figlio delle sue opere, fuori di noi è figlio
della natura; finchè noi operiamo immedesimati coi nostri cittadini, dominiamo
la fatalità; se ci osserviamo noi stessi quali spettatori, siamo servi delle
circostanze. Nella sua coscienza ogni popolo tiranneggiato deve accusare la
propria corruzione. Vuole osservare sè stesso qual mero spettacolo di vitalità?
Può accusare il clima, la tradizione, il governo, la conquista, tutto, fuorchè
la sua volontà, figlia delle circostanze che la fanno nascere. Sarebbe questa
una contraddizione? Sì, quando si voglia passare matematicamente dal mondo
reale al mondo morale; no, se vien rispettata la misteriosa distinzione che ha
sottoposto i due mondi a due leggi contrarie. Ogni atto è moralmente libero e
fisicamente fatale: per la logica lo stesso atto, come libero e non
libero si palesa assurdo. Ma qual'è quest'assurdo? Quello che vieta agli
oggetti di mutare, di subire le leggi contrarie dell'atomismo e della chimica,
della chimica e dell'organismo, dell'organismo e del pensiero; se si ascolta la
logica che dichiara impossibile l'azione moralmente libera, fisicamente fatale,
bisogna negare, in Un colla libertà, tutte le cose della natura e tutti i
pensieri dell'uomo. E così, la libertà appare, dunque esiste: non appare se non
nel mondo morale, dunque rimane nella sfera della morale.
Il merito
segue la sorte della libertà. Posto il sentimento della libertà, sentiamo le
nostre azioni libere e spontanee; intuita la libertà ne nostri simili, più non
possiamo considerarli come automa. Qualunque siano le nostre teorie, le nostre
convinzioni, noi non possiamo rimanere indifferenti all'ingiuria e all'elogio;
la rivelazione morale ci sforza a stimare o a disprezzare i nostri
simili. Dimandiamo conto del merito alla logica? Essa vorrà transire dal morale
al fisico, dal merito alle forze meccaniche; riporrà il merito
nell'organizzazione, nel temperamento, nelle circostanze, il merito svanirà.
Secondo la logica, Nerone, Socrate, Ulisse, Tersite sono creazioni egualmente
fatali, egualmente meritorie, o piuttosto egualmente irresponsabili. Ma hannovi
due rivelazioni, due mondi, due serie di fenomeni schiettamente separate ed
opposte; la logica, che non può riunirle, deve esserne dominata e vinta dalle
due rivelazioni, essa afferma il merito nel mondo interiore, distruggendolo nel
mondo fisico. Così nella serie fatale dei fenomeni storici, Socrate doveva
apparire, e soccombere; la Grecia doveva produrlo e sacrificarlo; Melito era
predestinato a condannarlo, e Platone a celebrare la sua morte. Qui il merito
sparisce. Se c'identifichiamo coll'azione di Socrate o di Melito, la fatalità
si trova surrogata dalla moralità; stimiamo il sacrifizio, disprezziamo
l'egoismo, e la logica stessa ristabilisce quella nozione del merito ch'essa
nega nella serie delle cause e degli effetti.
La sanzione è
la conseguenza inevitabile del merito. Stando alla logica, la sanzione si
ridurrebbe ad un premio, ad una pena; essa pagherebbe la virtù, multerebbe il
vizio, trasformerebbe la morale in un traffico mercantile, la dissolverebbe. Ma
se si rimane nella coscienza, nel campo della rivelazione morale, al fenomeno
del merito succede necessariamente quello della sanzione. L'uomo morale si
sacrifica senza sperare alcun premio, rifiuta il prezzo del suo sacrificio,
vuole star solo colla sua responsabilità, vuol essere quello che è. Questo è il
merito nella sua grandezza tragica. Ma noi, spettatori del sacrifizio altrui,
sentendo il merito, sentiamo il dovere di premiarlo; lesi dal misfatto, il
diritto di punirlo. Sotto l'aspetto esterno le leggi formano il sistema
materiale dei dolori e dei piaceri; sono dettate dall'utile, governano cogli
interessi, si spiegano colla forza; la società si fonda sui tribunali e sugli
eserciti. Sotto l'aspetto esterno, il codice penale è, come fu detto, il
commentario del codice civile; e il codice civile è un'opera di guerra, bellica
meditatio. Sotto l'aspetto esterno vediamo i popoli fatalmente sottoposti
alle loro leggi, formati dai loro legislatori; cambiano di costumi e
d'abitudini, s'innalzano, cadono sotto l'impulso meccanico del piacere e del
dolore. Ma sotto l'aspetto interno, dinanzi alla coscienza, il sistema della
forza è un sistema di libertà; l'opera materiale dipende dalla potenza
invisibile del merito; la guerra suppone il coraggio de' soldati; e la sanzione
del trionfo suppone la forza di una abnegazione tragica che non cura mercede.
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